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Armi chimiche - Wikipedia

Armi chimiche

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Le armi chimiche sono armi usate in combattimento che utilizzano le proprietà tossiche di alcune sostanze chimiche per uccidere, ferire o comunque mettere fuori combattimento il nemico.

Le armi chimiche sono diverse da quelle convenzionali o da quelle nucleari perché i loro effetti distruttivi non sono strettamente dovuti ad una esplosione. L'uso di microorganismi nocivi (come l'antrace) non rientra nelle armi chimiche ma in quelle biologiche, ma l'uso di sostanze nocive prodotte da organismi (per esempio la tossina botulinica, la ricina o la saxitossina) rientra sotto il controllo della Convenzione sulle armi chimiche. In base a questa convenzione, ogni agente chimico di qualunque origine è considerato arma chimica a meno che non sia usato per scopi non vietati.

Le armi chimiche sono classificate dalle Nazioni Unite come armi di distruzione di massa, e la loro produzione e stoccaggio sono stati messi al bando dalla Convenzione sulle armi chimiche del 1993, in base alla quale gli agenti chimici in grado di poter essere usati come armi chimiche o da essere usati per fabbricare tali agenti chimici, vengono divisi in tre gruppi a seconda del loro scopo e del loro trattamento:

  • Lista 1: hanno pochi, quando ne hanno, usi legittimi. Possono essere prodotti o usati solo per scopi di ricerca: medici, farmaceutici o protettivi. Comprende iprite, lewisite, gas nervino, ricina.
  • Lista 2: non hanno usi industriali su larga scala, ma possono averne su piccola scala, come il dimetil metilfosfonato, un precursore del sarin usato come sostanza ritardante negli incendi, e il tiodiglicole, che è un precursore chimico dell'iprite, ma è anche un solvente per inchiostri.
  • Lista 3: hanno legittimi usi industriali su vasta scala, come il fosgene e la cloropicrina; il fosgene è un importante precursore per molte materie plastiche, la cloropicrina è utilizzata come fumigante.

Indice

[modifica] Tecnologia

Evoluzione della tecnologia delle armi chimiche
Agenti Disseminazione Protezione Rilevazione
1900 Cloro
Cloropicrina
Fosgene
Iprite
Dispersione atmosferica Odore
1910 Lewisite Proiettili a gas Maschera antigas
Indumenti cerati
1920 Proiettili a carica centrale Indumenti CC-2
1930 Agenti nervini serie G Bombe d'aereo Rilevatori tascabili
Cartine sensibili
1940 Testate missilistiche
Spruzzatori su carri armati
Unguenti protettivi (iprite)
Protezioni collettive
Maschere antigas con whetlerite
1950
1960 Agenti nervini serie V Aerodinamica Maschera antigas con scorta d'acqua Sistema d'allarme per i gas nervini
1970
1980 Munizioni binarie Miglioramenti nelle maschere antigas Rilevamento laser
1990 Agenti nervini Novichok
Un soldato dell'esercito svedese indossa una tuta per la protezione chimica (C-vätskeskydd) e la maschera antigas (skyddsmask 90).
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Un soldato dell'esercito svedese indossa una tuta per la protezione chimica (C-vätskeskydd) e la maschera antigas (skyddsmask 90).

Sebbene per migliaia di anni l'uomo abbia fatto ricorso a sostanze chimiche in ambito bellico, la guerra chimica moderna iniziò con la prima guerra mondiale. Da principio furono usati solo agenti chimici già disponibili in produzione; tra questi il cloro ed il fosgene. I metodi di dispersione usati erano inizialmente rozzi ed inefficienti, consistendo nel semplice rilascio in atmosfera degli agenti gassosi contenuti in bombole, lasciando al vento il compito di trasportarli sulle posizioni nemiche. Solo in un secondo tempo si cominciarono ad utilizzare appositi lanciabombe e proiettili d'artiglieria o bombe a mano.

Dalla prima guerra mondiale in poi, lo sviluppo delle armi chimiche seguì quattro principali direzioni: ricerca di aggressivi chimici nuovi e sempre più letali; ricerca di metodi di dispersione più efficienti; ricerca di mezzi di difesa più affidabili; ricerca di mezzi più sensibili e accurati per l'individuazione degli agenti chimici.

[modifica] Aggressivi chimici

Un elemento o un composto chimico usato a scopi bellici viene denominato aggressivo chimico. Durante il XX secolo ne sono stati prodotti e stoccati circa 70 tipi diversi. Questi aggressivi possono essere liquidi, solidi o gassosi: quelli liquidi in genere evaporano rapidamente (volatili o con una elevata tensione di vapore); molti agenti chimici sono volatili in modo da poter esser rapidamente dispersi sopra una vasta area.

Il primo obiettivo della ricerca verso nuove armi chimiche non fu tanto la tossicità quanto lo sviluppo di aggressivi che riuscissero a colpire il nemico attraverso la pelle ed i vestiti, rendendo inutili le maschere antigas. Nel luglio 1917 i tedeschi introdussero l'iprite, il primo aggressivo chimico che aggirò la difesa delle maschere antigas, in grado di penetrare facilmente gli indumenti di cuoio e di tessuto ed infliggere dolorose bruciature cutanee.

Gli aggressivi chimici si possono dividere in letali e incapacitanti. Una sostanza si classifica come incapacitante se meno del 1% della dose letale causa inabilità, per esempio tramite nausea o problemi alla vista. Questa distinzione non è rigorosa ma stimata statisticamente in base alla LD50.

Tutti gli aggressivi chimici sono classificabili in base alla loro persistenza, una misura del periodo di tempo durante il quale l'aggressivo chimico mantiene la sua efficacia dopo la dispersione. Si classificano in persistenti e non persistenti. I non persistenti perdono la loro efficacia dopo pochi minuti o poche ore. Agenti gassosi come il cloro sono non persistenti, come anche il sarin e molti altri agenti nervini. Dal punto di vista tattico gli agenti non persistenti sono molto utili contro quegli obiettivi che devono essere presi e controllati in breve tempo. Si può dire che nel caso degli agenti non persistenti l'unico fattore di rischio è l'inalazione. Al contrario gli agenti persistenti tendono a rimanere nell'ambiente anche per una settimana, rendendo complicata la decontaminazione. La difesa contro questo tipo di agenti richiede protezioni per prolungati periodi di tempo. Gli agenti liquidi non volatili, come l'iprite, non evaporano facilmente, e il fattore di rischio consiste soprattutto nel contatto.

[modifica] Classificazione

Gli agenti chimici sono classificati in varie categorie in funzione del loro effetto sull'organismo. I nomi ed il numero delle categorie variano leggermente secondo le fonti, ma in generale sono:

Classificazione delle armi chimiche
Classe Agenti Azione Sintomi Velocità Persistenza
Nervini
  • Ciclosarin (GF)
  • Sarin (GB)
  • Soman (GD)
  • Tabun (GA)
  • VX
  • Insetticidi
  • Novichok
Inibiscono l'enzima acetilcolinesterasi impedendo la degradazione del neurotrasmettitore acetilcolina nelle sinapsi della vittima. Causano effetti sia muscarinici sia nicotinici
  • Inalazione: secondi o minuti;
  • Contatto cutaneo: da 2 a 18 ore
Il VX è persistente e presenta rischio da contatto; gli altri agenti, invece, sono poco persistenti e presentano principalmente rischio per inalazione
Asfissianti
  • Arsina: Causa emolisi intravascolare che può portare a blocco renale
  • Cloruro di cianogeno/acido cianidrico: Inibiscono l'utilizzo cellulare dell'ossigeno. Le cellule allora utilizzano la respirazione anaerobica creando un accesso di acido lattico e acidosi metabolica
  • Possibile colorito rosso ciliegia
  • Possibile cianosi
  • Confusione
  • Nausea
  • Senso di soffocamento
  • Convulsioni
  • Acidosi metabolica
Immediata Non persistenti
Vescicanti Questi agenti sono composti che formano acidi che danneggiano pelle e sistema respiratorio causando ustioni e problemi respiratori.
  • Gravi irritazioni a pelle, occhi e mucose
  • Eritemi cutanei con formazione di grandi vesciche che guariscono lentamente e tendono ad infettarsi.
  • Lacrimazione, congiuntivite, danni alla cornea
  • Lieve distress respiratorio
  • Gravi danni alle vie respiratorie
  • Iprite: Vapori: da 4 a 6 ore, gli occhi ed i polmoni sono colpiti più rapidamente; contatto cutaneo: da 2 a 48 ore
  • Lewisite: Immediata
Persistenti con rischio di contatto
Polmonari Con un meccanismo simile agli agenti vescicanti, questi composti sono o formano acidi ma il loro effetto è più pronunciato sul sistema respiratorio.
  • Irritazione delle vie respiratorie, della pelle e degli occhi
  • Dispnea, tosse
  • Secchezza delle fauci
  • Oppressione toracica
  • Respiro affannoso
  • Broncospasmo
Da immediata a 3 ore Non persistenti con rischio d'inalazione
Lacrimogeni Causa gravi urticazioni agli occhi e conseguente cecità temporanea. Forte irritazione oculare Immediata Non persistenti con rischio d'inalazione.
Inibenti
  • Agente 15 (BZ)
Causa inibizione dell'acetilcolina e effetti sul sistema nervoso periferico opposti a quelli degli agenti nervini.
  • Sintomi simili ad un'intossicazione di droghe psicoattive, vivide allucinazioni e confusione
  • Ipertermia
  • Atassia
  • Midriasi
  • Secchezza delle fauci e della pelle
  • Inalazione: da 30 minuti a 20 ore;
  • Contatto cutaneo: Fino a 36 ore dall'esposizione. La durata dei sintomi è tipicamente compresa tra le 72 e le 96 ore.
Estremamente persistente nel suolo, in acqua e sulla maggior parte delle superfici.
Citotossici

Proteine biologiche:

Inibiscono la sintesi delle proteine
  • Sintomi influenzali
  • Tosse, dispnea, edema polmonare
  • Nausea, emorragie gastrointestinali
  • Problemi renali o epatici
Dalle 4 alle 24 ore Gli agenti si degradano rapidamente nell'ambiente

Esistono altri agenti chimici non direttamente classificati come armi chimiche:

  • Defoglianti, che distruggono la vegetazione ma non sono direttamente tossici per gli esseri umani. Per esempio l'Agente Arancio usato dagli Stati Uniti in Vietnam, conteneva diossina ed è noto per i suoi effetti cancerogeni a lungo termine e per causare danni genetici che portano a malformazione nei neonati.
  • Incendiari o esplosivi, come il napalm, i cui effetti distruttivi sono dovuti principalmente al fuoco o alle esplosioni e non all'azione chimica diretta.

[modifica] Nomenclatura

La maggior parte degli agenti chimici sono indicati con una sigla composta da una a tre lettere detta "NATO weapon designation". Le munizioni binarie in cui i componenti delle armi chimiche sono contenuti e automaticamente miscelati appena prima dell'uso son indicati da un "-2" che segue la designazione dell'agente (es. VX-2).

Alcuni esempi di nomenclatura:

Asfissianti: Vesicanti:
Polmonari: Inibenti:
  • Quinuclidinil benzilato: BZ
Lacrimogeni: Nervini:
  • Sarin: GB
  • VE, VG, VM, VX

[modifica] Impiego

Il principale fattore per l'efficacia delle armi chimiche è una corretta diffusione nell'ambiente. Le tecniche di diffusione più comuni includono munizioni (come bombe, proiettili, testate missilistiche) che permettono la diffusione a distanza e l'utilizzo di aerei serbatoio che disperdono l'agente volando a bassa quota.

Benché dalla prima guerra mondiale ad oggi le tecniche di diffusione degli agenti chimici si siano molto evolute, un utilizzo efficace delle armi chimiche è ancora difficoltoso. La dispersione delle sostanze dipende fortemente dalle condizioni ambientali poiché la maggior parte degli agenti si presenta in forma gassosa.

In generale l'impiego degli aggressivi chimici pone delle difficoltà a causa di fattori intrinseci quali:

  • persistenza: alcuni agenti sono difficilmente idrolizzabili e il loro smaltimento risulta estremamente difficoltoso, cosicché essi permangono per molto tempo in situ ad esplicare la loro azione tossica. Questo comporta che anche chi abbia utilizzato tali agenti allo scopo di conquistare un certo territorio, si troverà ad occupare un territorio saturo di una sostanza aselettivamente tossica (ovvero, tossica anche contro chi l'ha impiegata)
  • inaffidabilità: l'area e la direzione di dispersione non possono essere calcolati con sicurezza assoluta
  • corrosività: lo stoccaggio di alcuni composti pone problematiche di tenuta dei contenitori
  • assenza di antidoti efficaci: alcuni di questi aggressivi chimici si trovano tuttora privi d'un antidoto efficace.

I requisiti richiesti agli aggressivi chimici per il loro impiego sul campo di battaglia sono connessi alla velocità d'efficacia nel rendere non operative le truppe nemiche, e, per quanto possibile, alla creazione rapida d'una cospicua massa d'invalidi più che una strage in sé. Infatti, crea maggiori problemi logistici il ricovero di un notevole quantitativo di feriti nei servizi ospedalieri dietro le linee avversarie, che non la morte immediata dei soldati nemici.

In linea teorica, gli aggressivi chimici dovrebbero possedere le seguenti caratteristiche:

  • estrema stabilità agli agenti atmosferici, biologici, biochimico-metabolici, chimico-fisici in generale, al fine di conservare a lungo il loro potenziale offensivo
  • scarsa o nulla reattività agli agenti chimici (dovrebbero essere inerti, od il meno reattivi possibile), così da non venir rapidamente degradati
  • elevata persistenza sul campo di battaglia, come conseguenza dei precedenti requisiti.
  • produzione e conservazione agevoli e possibilmente sicure, cosicché sia facile conservarne scorte cospicue
  • amfipaticità, tale che possano essere sia liposolubili, che idrosolubili; ciò li rende penetranti in ogni ambiente e per qualsiasi via (corpo umano incluso)
  • multiaggressività: In particolare, devono poter penetrare nell'organismo tramite più accessi contemporaneamente od alternativamente. La penetrazione nell'organismo mediante vie plurime si configura come la qualità più essenziale, al fine di rendere difficoltosa l'opera di difesa
  • difficoltà d'identificazione da parte di test chimici estemporanei e di esami chimici accurati
  • possibilità d'inattivazione veloce da parte di coloro che accidentalmente venissero intossicati (devono esistere antidoti, protezioni, e mezzi di difesa a disposizione della parte attaccante)
  • rapidità d'azione, unitamente a tossicità elevata: devono possedere una diffusibilità ed una capacità di veloce e totale saturazione di ambienti aperti e ventilati; le sopracitate caratteristiche, così come l'essere fortemente tossici, ossia attivi alle concentrazioni minime richieste e, per i neurogas, anche a dosi infinitesimali. Non essendo suscettibili d'alcuna biodegradazione, tali qualità vengono pienamente soddisfatte da composti gassosi, vapori, aerosol, o, meglio ancora, da liquidi a bassa tensione di vapore. Questi ultimi, infatti, sono suscettibili d'immagazzinamento e di trasporto sicuri, e garantiscono una pronta e spontanea vaporizzazione una volta rilasciati nell'ambiente.

[modifica] Dispersione

Dispersione di cloro nella Prima guerra mondiale
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Dispersione di cloro nella Prima guerra mondiale

La dispersione è il metodo di diffusione più semplice. Consiste nel rilasciare l'agente nelle vicinanze del bersaglio prima della diffusione.

Agli inizi della prima guerra mondiale si aprivano semplicemente i contenitori di gas aspettando che il vento lo disperdesse oltre le linee nemiche. Benché relativamente semplice questa tecnica presentava diversi svantaggi. La diffusione dipendeva dalla velocità e dalla direzione del vento: se il vento era incostante, come nella battaglia di Loos, il gas poteva essere spinto indietro contro gli utilizzatori stessi. Le nuvole di gas, inoltre, erano facilmente percepibili dai nemici che avevano spesso il tempo di proteggersi. È da notare tuttavia che la visione dell'arrivo della nuvola di gas aveva per molti soldati un effetto terrorizzante. Con la tecnica della diffusione aerea inoltre il gas presentava una penetrazione limitata riuscendo a colpire solo le prime linee prima di essere dispersa. L'apprestamento delle batterie di bombole richiedeva poi molta manodopera, sia per il trasporto del materiale che per l'allestimento delle trincee, e tutto il lavoro poteva essere vanificato da un colpo d'artiglieria nemico che andando a segno danneggiasse qualche bombola; l'effetto sorpresa, indispensabile per cogliere impreparato il nemico, era infine inversamente proporzionale al tempo necessario alla preparazione dell'attacco.

Soldati britannici allestiscono una batteria di lanciabombe "Livens"
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Soldati britannici allestiscono una batteria di lanciabombe "Livens"

Per queste ed altre considerazioni si ricercarono fin da subito modalità alternative per far giungere il gas sulle trincee nemiche senza rischi per i propri uomini, e in concentrazione sufficiente. I primi ritrovati messi a punto furono dei lanciabombe adattati al lancio di contenitori di gas destinati a rompersi nell'impatto col suolo; numerosi furono i modelli costruiti fra i vari eserciti (il più diffuso fu probabilmente il britannico "Livens"), ma in genere il criterio di impiego era il medesimo: venivano apprestate in prossimità della prima linea vere e proprie batterie di centinaia di lanciabombe interrati; questi, al momento dell'attacco, venivano azionati contemporaneamente tramite un comando elettrico e lanciavano il proprio carico venefico a distanze variabili da 400 metri ad un paio di chilometri.

L'utilizzo del lanciabombe rimase in voga per tutta la guerra, ma la ricerca da parte di tutti gli eserciti marciava verso l'impiego dell'artiglieria. Ciò permise di superare molti inconvenienti legati all'impiego delle bombole. L'arrivo a destinazione dei gas era indipendente dalle condizioni del vento e si aumentava il raggio d'azione secondo la portata dei cannoni; si era in grado inoltre di scegliere quali bersagli colpire, con relativa precisione, ed eventualmente differenziare i gas utilizzati in una stessa azione a seconda della tipologia di bersaglio. I proiettili inoltre potevano diffondere l'agente senza alcun preavviso per i nemici, specialmente il fosgene, quasi inodore. In molti casi i proiettili caduti senza deflagrare venivano giudicati normali colpi inesplosi, il che lasciava il tempo all'agente di diffondersi prima che fossero prese le precauzioni necessarie.

Il difetto maggiore di questa tecnica era la difficoltà a raggiungere concentrazioni sufficienti di gas. Ogni proiettile poteva trasportare una quantità relativamente piccola di gas e per ottenere una nube paragonabile a quella generata dalle bombole era necessario eseguire un intenso bombardamento di artiglieria. Negli anni cinquanta e sessanta i razzi d'artiglieria per la guerra chimica contenevano molte "sotto-munizioni" in modo da formare un gran numero di piccole nuvole tossiche sul bersaglio.

[modifica] Diffusione termica

La diffusione termica prevede l'uso di esplosivi o sistemi pirotecnici per distribuire l'agente chimico. Questa tecnica, nata nella prima guerra mondiale, rappresentò un netto miglioramento nelle tecniche di diffusione poiché permise di disseminare grandi quantità di agente a grandi distanze.

La maggior parte dei dispositivi per la diffusione termica è costituita da un un guscio contenente l'agente chimico e da una carica detonante al centro. Quando la carica esplode, l'agente è espulso lateralmente. Questi dispositivi, benché molto usati, non sono particolarmente efficienti. Una parte dell'agente viene bruciata dall'esplosione iniziale e una parte può essere spina contro il terreno. L'esplosione inoltre produce una miscela di gocce di liquido la cui dimensione è molto variabile e difficilmente controllabile.

L'efficacia delle tecniche di diffusione termica è limitata dall'infiammabilità di alcuni agenti, per alcuni dei quali la nuvola si può incendiare totalmente o parzialmente in un fenomeno detto "flashing". Il VX diffuso mediante esplosione prendeva fuoco circa il 30% delle volte. Nonostante molti sforzi il fenomeno del flashing non è stato del tutto compreso.

Nonostante le limitazioni dovute all'utilizzo di esplosivo, la diffusione termica è stata la tecnica più utilizzata nelle prime fasi di sviluppo delle armi chimiche, questo perché era possibile modificare armi convenzionali per impiegarle come vettori di agenti chimici.

[modifica] Diffusione aerodinamica

La diffusione aerodinamica è la distribuzione non esplosiva di un agente chimico per mezzo di un aereo, lasciando che questo sia poi diffuso da forze aerodinamiche. Questo è la tecnica di diffusione più recente, sviluppata nella metà degli anni sessanta.

Questa tecnica permette di eliminare i difetti della diffusione termica eliminando la combustione dell'agente e permettendo, almeno in teoria, un preciso controllo della grandezza delle particelle dell'agente, in realtà l'altitudine e la velocità dell'aereo, la direzione e la velocità del vento ne influenzano fortemente la dimensione. L'utilizzo di questa tecnica richiede che l'aereo diffusore voli a bassissima quota (generalmente inferiore ai 60-100 metri) esponendo il pilota a grandi rischi.

Sono in corso delle ricerche per migliorare questa tecnica, per esempio modificando le proprietà del liquido in modo da controllare con più accuratezza la distribuzione delle particelle. Inoltre i progressi nella conoscenza della fluidodinamica, della modellistica numerica e della meteorologia permettono un calcolo più preciso della direzione, della dimensione e della velocità delle particelle consentendo una maggiore accuratezza nel colpire il bersaglio.

[modifica] Opinioni sociali e politiche sulla guerra chimica

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«Armis bella non venenis geri debere »
Collabora a Wikiquote (IT)
«La guerra si combatte con le armi, non coi veleni »
(Valerio Massimo - Lib. 3, cap.4 )

Sebbene lo studio degli agenti chimici ed il loro uso in ambito militare fu molto diffuso sin dall'antichità in Cina, nel mondo occidentale l'uso di sostanze tossiche è sempre stato visto con emozioni contrastanti ed una certa repulsione.

Una delle prime reazioni all'uso di agenti chimici risale all'Impero romano. Nel tentativo di difendersi dalle legioni romane, le tribù Germaniche avvelenarono i pozzi dei loro nemici.

Prima del 1914 l'uso di composti chimici in battaglia era tipicamente il risultato di iniziative individuali e non di programmi governativi di armamento chimico. Possediamo molte cronache sull'utilizzo di agenti chimici in battaglie o assedi, ma non esisteva una vera tradizione del loro uso, fatta esclusione per agenti incendiari e fumo. Nel corso del tempo sono stati fatti molti tentativi di sviluppare programmi per il largo uso di armi chimiche, ma fatta eccezione per la prima guerra mondiale le autorità si sono generalmente rifiutate per ragioni etiche: nel 1854 ad esempio Lyon Playfair, un chimico inglese, propose l'uso di un proiettile d'artiglieria riempito di cianuro durante la guerra di Crimea. Il British Ordnance Department rifiutò la proposta in quanto era «un modo pessimo di fare la guerra tanto quanto avvelenare i pozzi del nemico».

[modifica] Sforzi compiuti per la messa al bando delle armi chimiche

  • 27 agosto 1874: la Dichiarazione di Bruxelles riguardante le leggi e gli usi durante la guerra, proibì specificatamente «l'uso di veleni o di armi avvelenate».
  • 4 settembre 1900: entrò in vigore la Conferenza dell'Aia (1899 e 1907), la quale in una dichiarazione proibì «l'uso di proiettili che diffondano gas asfissianti o dannosi».
  • 6 febbraio 1922: dopo la prima guerra mondiale la Conferenza sulle armi di Washington proibì l'uso di gas asfissianti, velenosi e di qualunque altro genere. Fu firmata da Stati Uniti, Gran Bretagna, Giappone, Francia ed Italia, ma la Francia obiettò che altri precedenti trattati non erano mai entrati in vigore.
  • 7 settembre 1929: entrò in vigore il Protocollo di Ginevra, vietando l'uso di gas velenosi e di armi batteriologiche. Al 2004, 132 nazioni hanno ratificato il protocollo.
  • Maggio 1991: Il presidente Bush dichiarò che gli Stati Uniti avrebbero proceduto unilateralmente alla distruzione di tutto il proprio arsenale chimico e avrebbero rinunciato al diritto di usare armi chimiche a scopi difensivi.
    • Il Congresso degli Stati Uniti emanò in seguito a ciò delle leggi che prevedono la distruzione di tutte le armi stoccate entro il 31 dicembre 2004. La politica statunitense ufficiale è di supportare la Convenzione sull'uso delle armi chimiche come mezzo per raggiungere una moratoria globale di questo tipo di armi e fermarne la proliferazione.
  • 29 aprile 1997: entrò in vigore la Convenzione sull'uso delle Armi Chimiche, migliorativa del Protocollo di Ginevra del 1925 specificando che sono vietati la produzione, lo stoccaggio e l'uso di armi chimiche.

[modifica] Proliferazione delle armi chimiche

Nonostante i numerosi sforzi atti a ridurle od eliminarle, alcune nazioni continuano a sviluppare e/o stoccare armi chimiche. Fra le nazioni sospettate di stoccare o possedere armi chimiche sono la Cina ed Israele.

Secondo la testimonianza di Carl W. Ford, vicesegretario di stato statunitense per l'intelligence, resa di fronte alla Commissione affari esteri del Senato, è molto probabile che la Cina possegga un avanzato programma di guerra chimica, il quale include ricerca, sviluppo, produzione e trasformazione in armamenti di vari agenti chimici. Inoltre esiste un fondato timore che la Cina condivida il proprio know-how con nazioni che rappresenterebbero un rischio per la comunità internazionale nel caso in cui entrassero in possesso di simili armamenti.

[modifica] Storia

[modifica] La guerra chimica dall'antichità al Medioevo

Le armi chimiche sono state usate per millenni sotto forma di frecce avvelenate, ma esistono prove di armi più avanzate in epoca antica e classica.

Un buon esempio di guerra chimica primitiva viene dalle società guerriere stanziate in Sudafrica nella tarda età della pietra (circa 10.000 a.C.) conosciute come San. Essi usavano frecce avvelenate, imbevendo il legno e le punte con veleni ricavati dall'ambiente circostante, principalmente da scorpioni o serpenti, ma si ritiene che venissero usate anche alcune piante velenose. La freccia era lanciata sulla vittima, solitamente un'antilope, e poi il cacciatore la seguiva fino a quando questa non collassava.

L'avvelenamento delle derrate alimentari e delle riserve idriche data fin dall'epoca sumerica in Mesopotamia (V - III millennio a.C.). Tali avvelenamenti potevano esser sostenuti sia da sostanze chimiche di origine non biologica (veleni propriamente detti), sia - più raramente - di origine biologica (tossine).

Esistono scritti cinesi risalenti al IV secolo a.C. che descrivono l'uso di soffietti per pompare fumo da fuochi accesi con vegetali tossici (alcune varietà di senape, ed altri), nei tunnel scavati dagli assedianti. Scritti cinesi ancora più antichi, circa del 1000 a.C., contengono centinaia di ricette per la produzione di gas velenosi od irritanti da usare in guerra ed in altre occasioni. Tramite questi reperti siamo venuti a conoscenza delle «nebbie cacciatrici di uomini» che contenevano arsenico, e dell'uso di calce finemente triturata, dispersa nell'aria per sedare una rivolta popolare nell'anno 178.

La testimonianza più antica dell'uso di gas velenosi in guerra risale al V secolo a.C., durante la guerra del Peloponneso, fra ateniesi e spartani. Le forze di Sparta allestirono durante un assedio una miscela incendiata di legno, resina e zolfo sperando che il fumo velenoso incapacitasse gli ateniesi, in modo da renderli indifesi nell'attacco che sarebbe seguito. Sparta non era però unica depositaria di questa tecnologia: si narra che Solone usò radici di elleboro per avvelenare le acque della città di Cirrha durante un assedio nel 590 a.C..

I persiani ricorsero all'uso di veleni per opporsi all'avanzata di Alessandro Magno (334 - 331 a.C.), i romani contro i sasanidi tra il 247 ed il 363 d.C., i bizantini li utilizzarono contro gli arabi tra il 636 ed il 711.

È noto anche l'uso di armi chimiche nella Cina medievale.

Il cronista polacco Jan Długosz narra l'impiego di gas velenosi da parte degli eserciti mongoli nella battaglia di Legnica nel 1241.

[modifica] La riscoperta della guerra chimica

Durante il Rinascimento si considerarono nuovamente le possibilità della guerra chimica. Uno dei primi riferimenti in tal senso viene da Leonardo da Vinci, il quale nel XV secolo propose l'utilizzo di una polvere di solfuro d'arsenico e acetato di rame (verderame):

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«gettare veleno in forma di polvere sulle galee. Gesso, solfuro d'arsenico triturato, e verderame in polvere si possono lanciare sulle navi nemiche per mezzo di piccoli mangani, e tutti coloro che respirando inaleranno la polvere nei polmoni saranno asfissiati.»
(Leonardo da Vinci)

Non sappiamo se la polvere in questione sia mai stata usata.

Nel XVII secolo, durante gli assedi, si cercò di provocare incendi col lancio di proiettili di artiglieria riempiti di zolfo, sego, colofonia, trementina, salgemma, e/o antimonio. Anche quando non si appiccava il fuoco, i fumi che si sviluppavano costituivano un notevole disturbo per il nemico. Sebbene la loro funzione primaria non fu mai abbandonata, venne sviluppata una varietà di cariche per i proiettili, in modo da massimizzare gli effetti del fumo.

Nel 1672 durante l'assedio alla città di Groningen, Christoph Bernhard van Galen (vescovo di Münster) impiegò diversi tipi di congegni esplosivi ed incendiari, alcuni dei quali riempiti con belladonna, studiati per emettere fumi tossici. Solo tre anni dopo, il 27 agosto 1675, i francesi e i tedeschi conclusero il trattato di Strasburgo, il quale includeva un articolo che bandiva l'uso dei «perfidi ed odiosi» congegni tossici.

Nel 1854, Lyon Playfair, un chimico britannico, propose un proiettile d'artiglieria al cianuro da usarsi contro le navi nemiche per risolvere la situazione di stallo creatasi durante l'assedio di Sebastopoli. La proposta fu respinta dall'ammiraglio Thomas Cochrane della Royal Navy. Venne presa in considerazione dal Primo ministro, Lord Palmerston, ma il British Ordnance Department respinse la proposta come «un modo pessimo di fare la guerra tanto quanto avvelenare i pozzi del nemico».

La risposta che Playfair diede venne utilizzata nel secolo successivo per giustificare il ricorso alla guerra chimica:

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«Non c'era senso in quell'obiezione. Si considera condotta di guerra legittima riempire proiettili con rottami di ferro che schizzano in tutte le direzioni e uccidono nelle maniere più spaventose. Perché un vapore velenoso che dovrebbe uccidere gli uomini senza sofferenze deve essere considerato invece illegittimo rimane incomprensibile. La guerra è distruzione, e quanto più distruttiva la si rende con le minori sofferenze, tanto prima terminerà quale barbaro metodo di proteggere gli interessi nazionali. Non c'è dubbio che col tempo la chimica verrà usata per alleviare le sofferenze dei combattenti, e anche dei criminali condannati a morte.»
(Lyon Playfair)

Più tardi, durante la guerra civile americana, un insegnante di New York, John Doughty, propose l'uso offensivo del cloro, lanciando sul nemico un proiettile d'artiglieria da 254 mm con 2 - 3 litri di cloro liquido, che avrebbe prodotto qualche metro cubo di gas. Sembra che il piano di Doughty non fu mai realizzato, anche se venne probabilmente presentato al brigadier generale James W. Ripley, descritto come congenitamente refrattario alle idee nuove.

Un interesse generalizzato sull'uso dei gas velenosi si manifestò nel 1899 alla conferenza de l'Aia con la proposta di proibire i proiettili riempiti di gas asfissianti. La proposta fu approvata, nonostante il solo voto contrario degli Stati Uniti. Il rappresentante statunitense, il capitano di marina Alfred Thayer Mahan, giustificò il proprio voto col fatto che «L'inventiva degli americani non può essere limitata nello sviluppo di nuove armi».

[modifica] La Prima guerra mondiale

Un soldato con ustioni da iprite, Prima guerra mondiale
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Un soldato con ustioni da iprite, Prima guerra mondiale

I francesi furono i primi ad utilizzare armi chimiche durante la prima guerra mondiale, ricorrendo a gas lacrimogeno. Il primo impiego su vasta scala avvenne nella Seconda battaglia di Ypres (22 aprile 1915), quando i tedeschi attaccarono le truppe francesi, canadesi e algerine con gas di cloro. I morti furono pochi, ma gli intossicati furono relativamente numerosi. Un totale di 50.965 tonnellate di agenti polmonari, lacrimogeni e vescicanti furono impiegati dalle due parti su questo fronte, tra cui cloro, fosgene e iprite. I rapporti ufficiali dichiararono circa 1.176.500 casi di intossicazione non letale, e 85.000 vittime direttamente causate da agenti chimici durante la guerra.

Oggigiorno è ancora frequente che vengano alla luce munizioni inesplose contenenti agenti chimici, quando si scava nei campi di battaglia o nelle zone di deposito, e ciò continua a costituire un rischio per le popolazioni civili soprattutto del Belgio e della Francia (dove l'impiego fu massimo), meno comunemente in altre zone. I governi belga e francese hanno perciò dovuto predisporre appositi programmi per il trattamento delle munizioni rinvenute.

Dopo la guerra, molta parte degli agenti chimici rimasti ai tedeschi venne gettata nel mar Baltico, come pure fecero gli altri contendenti in altre zone di mare. Nel corso del tempo l'acqua salata ha corroso gli involucri dei proiettili, e occasionalmente l'iprite fuoriesce dai contenitori raggiungendo la riva sotto forma di una sostanza cerosa simile ad ambra. Anche in forma solida l'agente è abbastanza attivo da causare gravi ustioni chimiche a chi lo tocca.

[modifica] Gli anni fra le due guerre

Dopo la prima guerra mondiale, gli Stati Uniti e molte potenze europee tentarono di trarre vantaggio dalla guerra tentando di creare o consolidare un proprio impero coloniale. In questo periodo gli agenti chimici furono occasionalmente utilizzati per sottomettere le popolazioni e reprimere le ribellioni.

Dopo la sconfitta del 1917, l'Impero ottomano collassò del tutto, e fu diviso fra le potenze vittoriose, in base al Trattato di Sèvres. La Gran Bretagna occupò la Mesopotamia (l'odierno Iraq) e stabilì un governo coloniale.

Nel 1920 gli arabi e i curdi della Mesopotamia si ribellarono all'occupazione britannica; quando la resistenza guadagnò forza i britannici ricorsero a crescenti misure repressive, e lo stesso Winston Churchill, nella sua veste di Segretario per le Colonie, autorizzò l'uso di agenti chimici, specie iprite, sui ribelli. Consapevole dei costi finanziari di una repressione, Churchill confidava che le armi chimiche si potevano impiegare con poca spesa contro le tribù mesopotamiche, dicendo «Non capisco perché fare tanto gli schizzinosi riguardo l'uso del gas. Sono fortemente a favore dell'impiego di gas velenosi contro tribù non civilizzate.»[1] L'opposizione interna e difficoltà tecniche potrebbero aver impedito l'uso dei gas in Mesopotamia (gli storici sono divisi al riguardo): le armi chimiche avevano causato così tante sofferenze in Europa durante la guerra, che per la gente del tempo il loro uso era sinonimo delle maggiori atrocità. I quotidiani, le riviste e i memoriali erano pieni di resoconti di attacchi coi gas. Negli anni venti i generali sostenevano che da solo il gas non aveva mai vinto una battaglia; i soldati lo odiavano, e odiavano le maschere antigas; solo i chimici affermavano che era una buona arma. Nel 1925 sedici delle maggiori nazioni del mondo firmarono, nell'ambito della Terza Convenzione di Ginevra, un protocollo inteso a vietare l'utilizzo dei gas tossici; gli Stati Uniti lo ratificarono solo nel 1975.

Durante la guerra del Rif, nel Marocco occupato dalla Spagna, fra il 1921 e il 1927 forze congiunte franco-spagnole lanciarono bombe all'iprite nel tentativo di sedare la ribellione berbera.

Nel 1935 l'Italia fascista usò l'iprite durante l'invasione dell'Etiopia nella seconda guerra italo-abissina. Ignorando il Protocollo di Ginevra firmato anni prima l'esercito italiano lanciò l'iprite tramite bombe, la diffuse dagli aerei e la sparse in polvere sul terreno. Quindicimila persone furono colpite.

Anche l'Unione Sovietica impiegò gas velenosi nel periodo fra le due guerre: il comandante sovietico Mikhail Tukhachevsky ricorse alle armi chimiche nel 1921 per sopprimere una rivolta di braccianti vicino Tambov.

[modifica] La Seconda guerra mondiale

La struttura chimica del gas nervino sarin, scoperta dalla Germania nel 1938.
La struttura chimica del gas nervino sarin, scoperta dalla Germania nel 1938.

Durante la seconda guerra mondiale, la guerra chimica fu rivoluzionata dalla Germania nazista, la quale scoprì accidentalmente gli agenti nervini tabun, sarin e soman. I nazisti svilupparono e produssero grandi quantità di numerose sostanze, ma la guerra chimica non venne utilizzata da nessuna delle potenze belligeranti. Documenti nazisti fecero emergere l'erronea convinzione dell'intelligence tedesca che gli Alleati fossero a conoscenza di queste sostanze, interpretando la mancanza di citazioni sui giornali scientifici americani come una evidenza che l'informazione veniva celata. Alla fine la Germania decise di non usare i gas nervini in combattimento temendo una devastante rappresaglia condotta con le stesse armi da parte degli alleati.

William L. Shirer scrisse nel libro The Rise and Fall of the Third Reich che l'alto comando inglese prese in considerazione l'uso di armi chimiche come ultima possibilità difensiva nell'evenienza di un'invasione nazista del suolo britannico.

Sebbene, come sopra detto, le armi chimiche non furono usate su larga scala durante la seconda guerra mondiale, furono registrati sporadici attacchi da parte delle forze dell'Asse quando non c'era timore di una rappresaglia:

  • L'Impero giapponese utilizzò iprite e lewisite contro le truppe cinesi. Durante questi attacchi, i giapponesi utilizzarono anche armamenti batteriologici, diffondendo intenzionalmente colera, dissenteria, tifo, peste bubbonica ed antrace. Nel 2005, sessant'anni dopo la fine della guerra sino-giapponese (1937-1945), alcuni contenitori abbandonati dalle truppe giapponesi in ritirata vennero alla luce in siti di costruzione, causando molti morti ed infetti.
  • Nel 1944 il Gran Mufti di Gerusalemme, Amin al-Husayni, capo degli arabo-palestinesi ed alleato di Adolf Hitler, sponsorizzò un attacco con armi chimiche contro la comunità ebraica nella parte di Palestina da loro occupata. L'attacco si rivelò però un insuccesso. Cinque paracadutisti furono forniti di mappe di Tel Aviv, di contenitori di una «fine polvere bianca» fabbricata in Germania e di istruzioni dal Mufti che ordinava la dispersione di queste polveri nelle sorgenti d'acqua della città. Il comandante del distretto di polizia Fayiz Bey Idrissi ricordò più tardi che «le analisi di laboratorio mostrarono che ogni contenitore portava abbastanza veleno per uccidere 25.000 persone, e furono trovati almeno 10 contenitori.»[2]
  • I nazisti usarono l'insetticida Zyklon B, contenente acido cianidrico, per uccidere un alto numero di ebrei e di altre vittime nei campi di concentramento come quelli di Auschwitz e Majdanek durante l'Olocausto.

[modifica] Guerra chimica durante la Guerra Fredda

Dopo la seconda Guerra Mondiale, gli Alleati recuperarono bossoli di artiglieria contenenti i tre agenti nervini allora in uso (tabun, sarin e soman), facilitando la ricerca nel campo dei gas nervini da parte di tutte le forze Alleate. Nonostante la minaccia di una devastante guerra termonucleare fosse al primo posto nei pensieri di tutti, sia il governo sovietico che quelli occidentali investirono ingenti quantità di risorse nelli sviluppo di armi chimiche e batteriologiche.

[modifica] Sviluppo di armi chimiche da parte dei governi occidentali

Nel 1952 l'esercito statunitense brevettò un processo per la "Preparazione di ricina tossica", pubblicando un metodo di produzione di questa potentissima tossina.

Sempre nel 1952, ricercatori inglesi di Porton Down, inventarono l'agente nervino VX, abbandonando subito il progetto. Nel 1958 il governo inglese scambiò con gli Stati Uniti la tecnologia del VX per avere informazioni sulle armi termonucleari; entro l'anno 1961 gli Stati Uniti producevano enormi quantità di VX e conducevano ricerche sugli agenti nervini. Questi sforzi portarono alla scoperta di almeno tre altri composti: questi quattro agenti (VE, VG, VM, VX) sono comunemente conosciuti come la classe di agenti nervini della "Serie V".

Durante gli anni sessanta, gli Stati Uniti studiarono l'uso di agenti anticolinergici e induttori del delirio. Uno di questi agenti era conosciuto come arma con il nome BZ e fu utilizzato in via sperimentale durante la guerra del Vietnam.

Fra il 1967 ed il 1968, gli Stati Uniti decisero di distruggere le armi chimiche obsolete in un'operazione chiamata Operazione CHASE, che significava «cut holes and sink 'em» (bucali ed affondali). Il materiale dell'operazione incluse anche molte navi cariche di munizioni convenzionali. Come il nome implica, le armi furono messe a bordo di vecchie navi che furono poi affondate in mare.

Nel 1969, 23 soldati ed un civile statunitensi di stanza ad Okinawa in Giappone, furono esposti a bassi livelli di agenti nervini durante i lavori di ripittura dei loro depositi. Queste armi furono nascoste al Giappone e quanto accadde causò attriti ed un incidente internazionale. Le munizioni furono spostate nell'atollo di Johnston con l'operazione denominata Operazione Red Hat.

Un gruppo di lavoro delle Nazioni Unite iniziò a lavorare ad un programma di disarmo chimico nel 1980. Il 4 aprile 1984 l'allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan chiese una moratoria internazionale alle armi chimiche. Il presidente statunitense George H.W. Bush ed il leader dell'allora Unione Sovietica Mikhail Gorbachev firmarono un trattato bilaterale il primo giugno 1990, per terminare la produzione di armi chimiche ed iniziare la distruzione di quelle al momento stoccate. La Convenzione delle Armi Chimiche (Chemical Weapons Convention, CWC) fu firmata nel 1993 ed ebbe effetto a partire dal 1997.

Il giorno 19 aprile 1993 l'FBI utilizzo un alto numero di granate contenenti gas CS durante un assalto alla famosa setta di Waco, Texas. Il gas CS è altamente infiammabile ed esplosivo in ambienti confinati. Il successivo uso di dispositivi incendiari lo avrebbe fatto esplodere. Tutti i palazzi che componevano il ranch bruciarono totalmente e molti cadaveri recuperati dopo il raid presentavano dosi letali di cianuri, un prodotto della combustione del gas CS. 75 membri della setta morirono durante l'attacco.[3]

[modifica] Indagini del Senato degli Stati Uniti

Nel 1994, un'indagine del Senato statunitense intitolata «La ricerca militare è pericolosa per la salute dei veterani? Lezioni apprese in mezzo secolo»[4], prese dettagliatamente in esame gli esperimenti del Dipartimento della Difesa condotte su animali ed umani, spesso senza conoscenza degli effetti o consenso da parte degli interessati.

  • Approssimativamente 60.000 soldati statunitensi furono usati come cavie nei test compiuti durante gli anni quaranta sull'iprite e derivati e sulla lewisite. [5]
  • Fra il 1950 ed il 1970, almeno 2.200 soldati furono esposti a svariati agenti biologici durante l'"operazione Whitecoat". Al contrario della maggior parte degli studi esaminati nell'indagine, l'operazione Whitecoat fu in effetti condotta su volontari.[6]
  • Fra il 1951 ed il 1969, la base denominata Dugway Proving Ground fu il sito ove vennero testati molti agenti chimici e biologici, inclusi alcuni agenti a diffusione aerodinamica. Durante una diffusione nell'aria aperta nel 1968 furono uccise circa 6400 pecore da un agente nervino non meglio specificato. [7]

[modifica] Sviluppo di armi chimiche da parte del governo sovietico

A causa della segretezza mantenuta dal governo dell'Unione Sovietica, le prime informazioni disponibili sui programmi di armamento chimico sovietici sono molto recenti. Dopo la Guerra Fredda (1962-1991) ed il crollo dell'Unione Sovietica, il chimico russo Vil Mirzayanov pubblicò degli articoli che rivelarono esperimenti illegali in Russia. Nel 1993 Mirzayanov fu imprigionato e licenziato dall'Istituto Statale di Ricerca sulla Chimica Organica e la Tecnologia, dove aveva lavorato per 26 anni. Nel marzo 1994, dopo una grande campagna svolta a suo favore da scienziati statunitensi, Mirzayanov fu rilasciato.

Fra le informazioni rese pubbliche da Vil Mirzayanov era inclusa la decisione dei sovietici di sviluppare agenti nervini ancora più tossici. In questo ebbero successo durante la metà degli anni ottanta: molti nuovi agenti tossici furono sviluppati in quel periodo e le uniche informazioni note sono il loro nome: "Foliant", come il programma per cui vennero creati. Esistevano altre denominazioni in codice, come A-230 ed A-232.

Secondo Mirzayanov, i sovietici svilupparono agenti più sicuri da maneggiare, portando alla creazione delle cosiddette "armi binarie", dove ad essere contenuti nelle armi (proiettili, bombe, serbatoi ecc) sono non direttamente i tossici ma i loro precursori chimici, in modo da ricostituire l'agente nervino appena prima dell'uso. Essendo i precursori molto più sicuri da maneggiare, ciò semplifica il trasporto e lo stoccaggio delle armi. Inoltre i precursori sono molto più stabili degli agenti nervini stessi, così fu possibile allungare di molto la naturale scadenza delle armi chimiche. Durante gli anni ottanta e novanta, molte di queste nuove armi vennero sviluppate e designate come agenti Novichok (russo: "nuovo arrivato") .

[modifica] Guerra chimica nella guerra Iran-Iraq

La guerra fra Iran ed Iraq inizio nel 1980 quanto l'Iraq attaccò l'Iran. All'inizio del conflitto, l'Iraq utilizzò iprite e tabun tramite bombe lanciate da aeroplani. Approssimativamente il 5% di tutti i caduti iraniani sono attribuibili all'uso di queste sostanze. L'Iraq ed il governo degli Stati Uniti dichiararono che anche l'Iran stava usando armi chimiche, ma fonti indipendenti non furono in grado di verificare queste affermazioni.

Circa 100.000 soldati iraniani furono vittima degli attacchi chimici iracheni. Molti furono attaccati da iprite. La stima ufficiale non include la popolazione civile contaminata nelle città di frontiera oppure i parenti dei soldati, molti dei quali, secondo l'Organizzazione dei Veterani, svilupparono complicazioni ematiche, polmonari e cutanee. Il gas nervino uccise, secondo report ufficiali, circa 20.000 soldati iraniani. Degli 80.000 sopravvissuti, circa 5.000 ricevono regolarmente assistenza medica, mentre 1.000 sono ancora ricoverati in ospedale in serie e croniche condizioni.[8] [9] [10]

Nonostante la rimozione di Saddam e del suo regime da parte delle forze della Coalizione, esistono forti sentimenti di rabbia e risentimento in Iran perché fu grazie a compagnie occidentali con sede in Germania Occidentale, Francia e Stati Uniti che l'Iraq poté sviluppare il proprio arsenale chimico. Questo mentre il mondo stava a guardare e non puniva l'Iraq per quello che aveva fatto.

Poco dopo la fine della guerra, nel 1998, il villaggio curdo di Halabja, in Iraq, fu esposto a numerosi agenti chimici, uccidendo circa 5.000 dei 50.000 residenti. Dopo l'incidente furono trovate tracce di iprite, sarin, tabun e VX. Sebbene sia chiaro che le forze irachene siano colpevoli, ci sono ancora molte discussioni sulla responsabilità e sull'intenzionalità dell'atto.

Durante la prima guerra del Golfo, le forze della Coalizione intrapresero una vasta offensiva di terra. L'Iraq non utilizzò alcun agente tossico, pur possedendone, contro di loro ed il generale comandante delle forze Alleate, Norman Schwarzkopf, suggerì che fu per paura di una rappresaglia con armi atomiche.

[modifica] Guerra chimica nella Guerra delle Falkland

Tecnicamente, l'uso di gas lacrimogeni da parte delle forze argentine durante l'invasione delle Isole Falkland nel 1982 costituì un atto di guerra chimica. Le granate di questo gas furono però usate come armi non letali per evitare vittime inglesi e spesso gli edifici nei quali venivano lanciate erano deserti.

[modifica] Armi chimiche e terrorismo

Per molte organizzazioni terroristiche, le armi chimiche sono la scelta ideale per un attacco, ammesso che siano disponibili: sono economiche, relativamente accessibili e facili da trasportare. Qualunque chimico abbastanza esperto può facilmente sintetizzare la maggior parte degli agenti chimici necessari se in possesso dei relativi precursori.

Alcuni commentatori politici discutono sulla vera efficacia delle armi chimiche e biologiche, sostenendo che siano più difficili da usare delle armi convenzionali, sebbene creino molta più paura.[11]

I primi usi non bellici di agenti chimici risalgono al 1946, quando un gruppo di ebrei chiamati Dahm Y'Israel Nokeam ("Vendichiamo il sangue d'Israele"), motivati da sentimenti di vendetta sulla Germania, si nascose in un panificio nel campo di prigionia Stalag 13 vicino a Norimberga, dove molte truppe delle SS erano detenute. Gli infiltrati applicarono una mistura di arsenico alle pagnotte, avvelenando più di 2.000 prigionieri, dei quali circa 200 furono trasportati in ospedale.

Nel luglio del 1974, un gruppo che si faceva chiamare Aliens of America usò bombe incendiarie sulla casa di un giudice, di due commissari di polizia, incendiarono l'automobile di uno dei commissari e bombardarono il terminal della Pan Am all'aeroporto internazionale di Los Angeles, uccidendo tre persone e ferendone otto. L'organizzazione, che si rivelò poi essere costituita da un solo residente straniero chiamato Muharem Kurbegovic, dichiarò di avere sviluppato e di possedere una riserva di sarin e di quattro nuovi agenti nervini chiamati AA1, AA2, AA3, and AA4S. Sebbene non fu trovato nulla di quanto dichiarato quando fu arrestato nel 1974, egli aveva acquistato tutti i componenti necessari, tranne uno, per produrre un agente nervino. La perquisizione del suo appartamento fece ritrovare una grande varietà di materiali, inclusi i precursori del fosgene ed un tamburo contenente circa 12 Kg di cianuro di sodio [12]

Il primo uso con successo di agenti chimici da parte di terroristi contro una popolazione civile avvenne il 20 marzo 1995. Aum Shinrikyo, un gruppo apocalittico di stanza in Giappone, il quale credeva nella necessità di distruggere il pianeta, rilasciò sarin nella metropolitana di Tokyo, uccidendo 12 persone e ferendone 5.000. Il gruppo aveva già tentato un simile attacco almeno 10 volte, ma riuscì solo ad intossicare membri della setta. Il gruppo rilasciò sarin fuori da un appartamento a Matsumoto nel 1994, ma questo attacco era rivolto solo a specifici individui e non alla popolazione in generale.

Nel 2001, dopo gli attacchi dell'11 settembre a New York, al-Qāˁida annunciò che stava tentando di acquisire armi chimiche, batteriologiche e radioattive. A questa minaccia fu dato molto credito quando la CNN nell'agosto del 2002 mostrò un video dove erano riprese, fra l'altro, immagini di tre cani morti apparentemente a causa di agenti nervini.

Il 26 ottobre 2002 le forze speciali russe Spetznaz utilizzarono KOLOKOL-1, un derivato in forma di aerosol del fentanile, come attacco preventivo su alcuni terroristi ceceni che trattenevano degli ostaggi in un teatro di Mosca. Questo terroristi erano tutti equipaggiati con giubbetti esplosivi che avrebbero causato una strage ed il governo russo decise di usare dei gas tossici per minimizzare i danni. Tutti e 42 i terroristi morirono insieme a 120 ostaggi, dei quali però solo 1 a causa degli effetti del gas tossico.

[modifica] Note

  1. (EN) «I am strongly in favour of using poisoned gas against uncivilised tribe»
  2. (EN) Arab Chemical Warfare Against Jews --in 1944
  3. (EN) . "Reference.com/Encyclopedia/Branch Davidian." URL verificata in data 2006-04-21.
  4. (EN) Is Military Research Hazardous to Veteran's Health? Lessons Spanning Half a Century
  5. (EN) "B. Mustard Gas and Lewisite" Is Military Research Hazardous to Veteran's Health? Lessons Spanning Half a Century
  6. (EN) "C. C. Seventh-Day Adventists" Is Military Research Hazardous to Veteran's Health? Lessons Spanning Half a Century
  7. (EN) "D. Dugway Proving Ground" Is Military Research Hazardous to Veteran's Health? Lessons Spanning Half a Century
  8. (EN) "In Iran, grim reminders of Saddam's arsenal" di Farnaz Fassihi, da The Star Ledgers, 27 ottobre 2000
  9. "It's like a knife stabbing into me" di Paul Hughes, da Saturday Stars, 21 gennaio 2003
  10. " Iraq Chemical Arms Condemned, but West Once Looked the Other Way" di Elaine Sciolino, dal New York Times, 13 febbraio 2003
  11. (EN) "Weapons of mass hysteria" da The Guardian , 20 ottobre 2001
  12. "T Is for Terror", Newsweek Web Exclusive

[modifica] Letture consigliate

  • (EN) Leo P. Brophy and George J. B. Fisher; The Chemical Warfare Service: Organizing for War Office of the Chief of Military History, 1959; L. P. Brophy, W. D. Miles and C. C. Cochrane, The Chemical Warfare Service: From Laboratory to Field (1959); and B. E. Kleber and D. Birdsell, The Chemical Warfare Service in Combat (1966). official US history;
  • (EN) Gordon M. Burck and Charles C. Flowerree; International Handbook on Chemical Weapons Proliferation 1991
  • (EN) L. F. Haber. The Poisonous Cloud: Chemical Warfare in the First World War Oxford University Press: 1986
  • (EN) James W. Hammond Jr.; Poison Gas: The Myths Versus Reality Greenwood Press, 1999
  • (EN) Maj. Charles E. Heller (USAR), Chemical Warfare in World War I: The American Experience, 1917-1918 (Fort Leavenworth, Combat Studies Institute, U.S. Army Command and General Staff College, 1984).
  • (EN) Jeffrey Allan Johnson; The Kaiser's Chemists: Science and Modernization in Imperial Germany University of North Carolina Press, 1990
  • (EN) Benoit Morel and Kyle Olson; Shadows and Substance: The Chemical Weapons Convention Westview Press, 1993
  • (EN) Jonathan B. Tucker. Chemical Warfare From World War I to Al-Qaeda (2006)

[modifica] Bibliografia

[modifica] Collegamenti esterni

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