Persia
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Il termine Persia indica un territorio che corrisponde all'incirca all'attuale Iran e che nei precedenti periodi storici è stato abitato da una serie di popoli che hanno profondamente influenzato la regione mediorientale e che furono in grado di estendere la loro influenza dall'Europa fino in Asia.
[modifica] Etimologia
Il nome Persia è stato a lungo usato in occidente per riferirsi alla nazione dell'Iran, al suo popolo, o ai suoi antichi imperi. Deriva dall'antico nome greco dell'Iran, Persis, che a sua volta deriva dal nome del clan principale di Ciro il Grande Pars o Parsa che ha dato il suo nome anche a una provincia dell'Iran meridionale, detta Fārs in lingua persiana moderna.
Secondo lo storico dell'antica Grecia Erodoto, il nome Persia deriva da Perseo, l'eroe mitologico.
Il 21 marzo del 1935, lo scià Reza Pahlavi chiese formalmente alla comunità internazionale di riferirsi al Paese con il suo nome originario, Iran. Alcuni studiosi protestarono contro questa decisione perché il cambio di nome avrebbe separato il Paese dalla sua storia. Nel 1959, lo scià annunciò che sia il nome di Persia che quello di Iran potevano essere usati indifferentemente.
[modifica] Storia
[modifica] Dalla Preistoria al I millennio a.C.
L'attuale altopiano iranico è abitato sin dalla Preistoria da genti che praticavano l'agricoltura, la pastorizia e la metallurgia. Nel III millennio a.C. si assiste al predominio degli Elamiti. Seguiranno, poi, lo scontro tra questi e i babilonesi e, nel II millennio a.C., le prime migrazioni indoeuropee dall'area caucasica:
- verso l’Asia Minore, dove si afferma la potenza degli Ittiti;
- verso l’India, dove si originano gli Ari;
- verso la Mesopotamia, dove si sviluppano i Mitanni, che si fonderanno con gli Hurriti.
Attorno al 1800 a.C. dalla Persia i Cassiti migrano verso il regno di Babilonia: per oltre cinque secoli domineranno la Mesopotamia. Nel I millennio a.C. le incursioni dei popoli del mare ai danni dei paesi del mar Egeo penetrano anche nella regione iranica.
[modifica] Il primo stato persiano: la Persia achemenide (648 a.C.–330 a.C.)
Per approfondire, vedi la voce Achemenidi. |
La prima menzione dei Persiani proviene da una iscrizione assira (circa 844 a.C.) nella quale sono chiamati Parsu (Parsuash, Parsumash) e li colloca nella regione del Lago di Urmia insieme con un altro gruppo, i Madai (Medi). Nei successivi due secoli, i Persiani e i Medi furono tributari degli Assiri. Nel VII secolo a.C. Achemenes, capostipite della dinastia reale, compare alla testa dei Persiani. È in questo periodo che i Persiani abbandonano lo stile di vita nomadico e si insediano stabilmente nell'Iran meridionale, dando vita al loro primo stato organizzato nella regione di Anshan.
Dopo la caduta del regno degli Assiri, i Medi ne prendono il posto, regnando su una parte molto estesa dei territori che ne facevano parte, e dominando una grande varietà di genti tra cui vi erano i Persiani, fino all'avvento di Ciro il Grande.
Ciro radunò tutti i clan sotto il suo comando, e nel 550 a.C. sconfisse i Medi di Astiage, che fu catturato dai suoi stessi nobili e consegnato a Ciro, ora Scià di un regno persiano unificato. Dopo aver assunto il controllo sul resto della Media e del suo esteso impero medio-orientale, Ciro condusse i Medi e i Persiani uniti verso ulteriori conquiste. Sottomise la Lidia in Asia Minore, e varie regioni orientali in Asia centrale. Infine nel 539 a.C., Ciro entrò trionfante nell'antica città di Babilonia. Dopo la sua vittoria, promise pace ai Babilonesi e annunciò che non vi sarebbero state rappresaglie, e che ne avrebbe rispettato le istituzioni, la religione e la cultura. Ciro fu ucciso in battaglia in Asia centrale, prima di poter compiere la conquista dell'Egitto, che fu portata a termine da suo figlio Cambise. L'impero Achemenide raggiunse quindi la massima estensione sotto Dario I,che si spinse fino all'Indo ad est e fino alla Tracia ad ovest. Cercò di conquistare la Grecia ma fu sconfitto alla battaglia di Maratona. Suo figlio Serse I ritentò l'impresa, ma fu sconfitto anche lui alla battaglia di Platea 479 a.C.
L'Impero Achemenide fu il più grande e potente impero mai visto fino ad allora. Ancora più rilevante, esso fu ben governato ed organizzato. Dario divise il suo reame in una ventina di satrapie (province), ognuna amministrata da un satrapo (governatore), molti dei quali avevano legami personali con lo scià. Istituì un sistema di tributi per tassare ogni satrapia, adottò e migliorò il già avanzato sistema postale assiro e costruì la famosa Strada Regia, collegando tra loro gli estremi dell'impero. Spostò l'amministrazione centrale da Persepoli a Susa, più vicina a Babilonia e al centro del regno. I Persiani furono tolleranti verso le culture locali, seguendo il precedente instaurato da Ciro il Grande, atteggiamento che ridusse notevolmente le rivolte dei popoli soggetti.
Durante il periodo Achemenide, lo Zoroastrismo divenne la religione dei sovrani e della maggioranza dei Persiani. Il suo fondatore Zoroastro visse intorno al 600 a.C. e riorganizzò il pantheon tradizionale nella direzione del monoteismo, enfatizzandone gli aspetti dualistici della lotta eterna tra il Bene e il Male, in attesa della battaglia finale ancora da venire. Lo Zoroastrismo sarebbe diventato, così come le pratiche misteriche della tribù dei Magi, un tratto caratteristico della cultura persiana.
La Persia Achemenide riunì per la prima volta nella storia sotto un'unica guida popoli e regni molto diversi tra loro, che furono in contatto l'uno con l'altro entro i confini di un territorio vastissimo.
[modifica] La Persia ellenistica (330 a.C.–150 a.C.)
Per approfondire, vedi la voce Seleucidi. |
Gli ultimi anni della dinastia Achemenide furono segnati da debolezza e decadenza. Il potente e immenso impero collassò in soli otto anni sotto i colpi infertigli dal giovane re dei Macedoni, Alessandro Magno.
La debolezza della Persia si svelò ai Greci nel 401 a.C., quando Ciro il giovane,secondogenito di Dario II e satrapo di Sardi ingaggiò diecimila mercenari Greci per rafforzare le sue pretese al trono imperiale, occupato dal fratello maggiore Artaserse II, riuscendo ad arrivare a Cunassa vicino a Babilonia, dove morì in battaglia, questi fatti sono narrati ne "le anabasi" ,di Senofonte. Ciò rivelò non solo la debolezza militare ma anche l'instabilità politica degli ultimi anni del periodo Achemenide.
Filippo il Macedone, padrone di gran parte della Grecia, e suo figlio Alessandro decisero di approfittare di questa situazione. Dopo la morte di Filippo, Alessandro portò il suo esercito in Asia Minore nel 334 a.C., e si impossessò rapidamente di Lidia, Fenicia ed Egitto, sconfisse i Persiani di Dario III ad Isso e conquistò la capitale dell'impero, Susa. Dopo aver debellato le ultime resistenze, l'impero Persiano cadde così definitivamente nelle sue mani.
Lungo il suo percorso di conquista, Alessandro fondò numerose città, tutte chiamate "Alessandria". Nei secoli successivi queste città furono i centri da cui si irradiò in Oriente la cultura Greca, processo che viene detto ellenismo.
L'impero di Alessandro si frantumò subito dopo la sua morte, ma la Persia rimase sotto il controllo dei Greci. Un generale di Alessandro, Seleuco I Nicatore, prese possesso della Persia, della Mesopotamia e più tardi della Siria e dell'Asia Minore. Ebbe così inizio la Dinastia Seleucide.
La colonizzazione Greca continuò fino al 250 a.C. circa; con essa si diffusero la lingua, la filosofia e l'arte dei Greci. In tutto quello che era stato l'impero di Alessandro, il Greco divenne la lingua della diplomazia e della letteratura. Il commercio con la Cina, iniziato sotto gli Achemenidi lungo la "Via della Seta", fu incrementato notevolmente nel periodo ellenistico. Con lo scambio di merci, divennero sempre più frequenti gli scambi culturali: il Buddismo si diffuse dall'India, e lo Zoroastrismo si propagò verso ovest, influenzando l'Ebraismo. Meravigliose statue di Buddha, in stile Greco classico, che sono state rinvenute in Persia e Afghanistan, illustrano la commistione di culture che si verificò in questo periodo.
Il regno Seleucide iniziò abbastanza presto il suo declino. Già durante la vita di Seleuco, la capitale fu spostata da Seleucia, in Mesopotamia, alla più mediterranea città di Antiochia, in Siria. Le province orientali di Battriana e Partia si separarono dal regno nel 238 a.C.. Antioco III, dotato di notevoli capacità militari, riuscì a contenere l'espansione dei Parti, ma i suoi successi allarmarono la Repubblica Romana, allora in pieno sviluppo. L'attacco di Roma iniziò proprio mentre i Seleucidi erano impegnati a sedare la rivolta dei Maccabei in Giudea, e a fronteggiare l'espansione dell'impero Kushan a est. L'impero Seleucide cadde e fu conquistato dai Parti e da Roma.
[modifica] La Persia Partica (150 a.C.–226)
Per approfondire, vedi la voce Parti. |
La Partia era una regione a nord della Persia, nell'odierno Iran nord-orientale. I suoi regnanti, la dinastia Arsacide, appartenevano a una tribù Iranica che vi si stabilì all'epoca di Alessandro Magno. Divennero indipendenti dai Seleucidi nel 238 a.C., ma i loro tentativi di espandersi verso la Persia furono infruttuosi fino all'avvento di Mitridate I al trono della Partia nel 170 a.C. circa.
L'impero Partico confinava con Roma lungo l'alto corso dell'Eufrate, e i due imperi combatterono soprattutto per il controllo dell'Armenia. La cavalleria pesante corazzata dei Parti (catafratti), supportata dagli arcieri a cavallo, mise spesso in difficoltà le legioni romane, come alla battaglia di Carre nella quale il generale partico Surena sconfisse Marco Licinio Crasso. Le guerre furono frequenti, e la Mesopotamia servì spesso da campo di battaglia.
Durante il periodo Partico, vi fu una risorgenza della cultura Persiana a scapito di quella ellenistica o ellenizzata, ma l'impero rimaneva politicamente instabile. L'amministrazione era divisa tra sette grandi clan, che costituivano la confederazione dei Dahai, ognuno dei quali governava una provincia dell'impero. Nel I secolo a.C., la Partia era ormai organizzata secondo un sistema feudale, e le continue guerre con Roma ad ovest e l'impero Kushan ad est, drenavano le risorse dello stato.
La Partia si impoveriva e perdeva territori, mentre la nobiltà strappava ai re sempre maggiori concessioni, rifiutandosi spesso di obbedire al sovrano. L'ultimo re partico, Artabano IV, riuscì inizialmente a rendere più coeso l'impero, finché il suo vassallo Persiano Ardashir I si ribellò mettendo fine alla dinastia Arsacide. Nel 226 egli entrava in Ctesifonte e stabiliva le fondamenta del secondo impero Persiano, guidato dai re Sasanidi.
[modifica] La Persia sasanide (226–650)
Per approfondire, vedi la voce Sasanidi. |
La dinastia sasanide deve il suo nome a Sasan, gran sacerdote del Tempio di Anahita, e nonno di Ardashir I. Fu la prima dinastia reale persiana dai tempi degli Achemenidi, e perciò i suoi regnanti si considerarono i successori di Dario e di Ciro. Essi condussero un'aggressiva politica espansionista, riconquistando la maggior parte dei territori orientali ceduti ai Kushan dai Parti e continuando il conflitto con Roma.
La Persia sasanide, a differenza della Partia, fu uno Stato fortemente centralizzato. La popolazione era organizzata in un rigido sistema di caste: sacerdoti, militari, scribi, e plebei. Lo Zoroastrismo divenne la religione ufficiale dello Stato (poco praticata tuttavia dal popolo) e si diffuse in Persia e nelle province. Le altre religioni furono sporadicamente perseguitate, in particolare la Chiesa cristiano-ortodossa per i suoi legami con l'Impero Romano d'Oriente. La Chiesa cristiana nestoriana fu tollerata invece e perfino favorita dai Sasanidi.
Le guerre e la religione che furono alla base della potenza sasanide furono anche tra i motivi del suo declino. Le regioni orientali furono conquistate dagli Unni alla fine del V secolo, e gli appartenenti a una setta radicale mazdea si ribellarono negli stessi anni. Cosroe I riuscì comunque a salvare il suo impero e ad espanderlo verso occidente, annettendo Antiochia e lo Yemen. Entro il 630 i Sasanidi conquistarono anche il Levante e l'Egitto e si spinsero nell'Anatolia.
Tuttavia, la conseguente guerra con i Romani bizantini segnò l'inizio della fine dell'impero sasanide. Dopo aver raggiunto Gerusalemme, l'esercito persiano fu aggirato dall'imperatore bizantino Eraclio in Asia Minore, e si trovava quindi lontano quando questi attaccò la Mesopotamia infliggendo ai Sasanidi una disastrosa sconfitta che li costrinse a ritirarsi e a cedere tutti i territori conquistati. Questa sconfitta è ricordata dal Corano come una "vittoria dei credenti" (con riferimento ai Romani, cristiani e quindi discendenti da Abramo come i musulmani) sui pagani Sasanidi.
[modifica] La Persia e l'Islam (650–1219)
Lo sviluppo rapidissimo del califfato arabo coincise con il declino della dinastia sasanide, sicché tra il 643 e il 650 la maggior parte dell'impero fu conquistata dagli eserciti degli Arabi musulmani. Le ultime resistenze cessarono qualche anno dopo, sancendo il passaggio della Persia nell'età islamica.
Yazdegard III, l'ultimo re sasanide, morì dieci anni, quando il suo impero era ormai (almeno nelle sue regioni più occidenhtali) governato dal vincitore califfato musulmano. Cercò invano di recuperare almeno alcuni dei suoi territori con l'aiuto dei Turchi e di altre popolazioni centro-asiatiche, e cercò, senza riuscirvi, di ottenere l'aiuto della Cina.
L'impero arabo, guidato dalla dinastia Omayyade, fu lo Stato più esteso mai visto fino ad allora. Occupava tutte le terre tra la Penisola Iberica e il fiume Indo, e tra il Lago d'Aral e la punta meridionale della Penisola Araba. Gli Omayyadi assorbirono molto dai sistemi amministrativi persiano e bizantino e governarono la Persia per poco meno di un secolo. La loro capitale fu Damasco.
La conquista araba segnò una svolta determinante nella storia della Persia. La lingua araba divenne la nuova lingua franca e numerose moschee venivano erette mentre lo zoroastrismo veniva soppiantato rapidamente dall'Islam. Alla morte del profeta Muhammad, avvenuta nel 632, la sua famiglia venne tenuta lontano dal potere che fu conferito ai Compagni del profeta. ˁAlī (suo genero e cugino) e al-Husayn (figlio di ˁAlī), che aveva sposato una principessa persiana della dinastia sasanide, furono assassinati uno dopo l'altro, e il potere rimase così nelle mani della corrente che poi, nel III secolo dell'Egira, dopo la nascita del kharigismo e dello Sciismo stesso, si chiamerà sunnita. Seppure la Persia restasse prevalentemente sunnita fino alle forzose "conversioni" allo Sciismo di età safavide, alcune sue componenti persiane, attraverso la fedeltà ad ˁAlī e al-Husayn, manifestarono forse (secondo alcune interpretazioni "psicologiche" della storia dei popoli) la devozione alla linea sasanide e al glorioso passato del loro paese. In tal modo le feste religiose d'età zoroastriana si rimodellarono in funzione della religione islamica predominante a partire dall'800 d.C. In questo periodo, attraversando la notevolissima estensione dell'impero arabo-islamico, parte non esigua delle influenze culturali persiane si propagò verso occidente e, secoli dopo, influenzerà la stessa cultura del Rinascimento europeo.
Nel 750 gli Omayyadi furono sostituiti dagli Abbasidi, sotto i quali la Persia assunse un ruolo centrale nella storia dell'impero. Il califfo al-Ma'mūn, la cui madre era una schiava persiana, spostò addirittura in un primo tempo la capitale a Merv, nella regione persiana orientale del Khorāsān (inglobante allora una parte dell'attuale Afghanistan), lontano dalle terre arabe, ma poco dopo tornò a fissare la sede del califfato a Baghdād, dopo aver prevalso nella lotta fratricida con al-Amīn.
Nel 819, la Persia fu amministrata dal generale persiano Tāhir, che aveva consentito ad al-Ma'mūn di vincere la guerra civile. Finito tuttavia il momento tahiride, durato peraltro abbastanza a lungo, nelle regioni persiane orientali e nelle terre transoxiane il potere passò nelle mani dei Samanidi persiani, che avevano avuto il governo delle regioni al di là dell'Oxus proprio dai loro signori tahiridi che, tra l'altro, avevno a lungo ricoperto anche la carica di governatore militare di Baghdād, consentendo agli Abbasidi di superare indenni vari momenti di grave difficoltà. I Samanidi, una delle prime dinastie autonome indigene dopo la conquista araba, elessero Samarcanda, Bukhara e Herat a loro capitali e rivitalizzarono la lingua e la cultura persiane. Se il primo scrittore in lingua persiana (che usa l'alfabeto arabo e buona parte del suo lessico, ma conserva caratteristiche strutturali indo-europee) fu al-Balˁamī, compendiatore del capolavoro annalistico di Ṭabarī (Kitāb al-rusul wa l-mulūk, "Libro dei profeti e dei re"), in periodo samanide agì il celeberrimo poeta Firdawsi, autore dello Shah Nameh ("Il Codice Regio"), un enorme componimento poetico-epico che narra la storia e le imprese mitizzate degli antichi sovrani di Persia.
Nel 913, la Persia occidentale fu conquistata dai Buwayhidi, una confederazione di tribù indigene provenienti dalle coste del Mar Caspio e dalle montuose regioni circonvicine del Daylam. Essi stabilirono la loro capitale a Shīrāz, in un momento di grave disintegrazione politica del Califfato, cui essi - pur sciiti - imposero una "tutela" non priva di meriti. Non più semplice provincia dell'impero, la Persia accentuò così il suo carattere nazionale, all'interno di un mondo islamico che diventava sempre più composito.
[modifica] La Persia governata dai Turchi (1037–1219)
Per approfondire, vedi le voci Selgiuchidi e Ghaznavidi. |
Il mondo musulmano fu nuovamente scosso nel 1037 dall'invasione dei Turchi Selgiuchidi da nordest. Essi crearono un vasto impero medio-orientale, e fecero rifiorire la cultura islamica medievale. Costruirono la favolosa "Moschea del Venerdì" a Isfahan, e quello che in Occidente è il più noto poeta persiano di ogni tempo, Omar Khayyam (inj realtà un fine matematico e astronomo, pur autore delle Rubāˁiyyāt ("Quartine"), scrisse le sue opere maggiori durante l'età selgiuchide.
All'inizio del XIII secolo i Selgiuchidi cedettero la Persia a un altro gruppo turco della Corasmia (Khwārizm), a sud del Lago d'Aral. Gli scià del Khwārizm-shāh (Impero corasmio]] governarono solo per breve tempo prima di essere annientati dai Mongoli di Gengis Khan ma loro profughi - inizialmente guidati da Jalāl al-Dīn Mangburnï (Manguberti), figlio dell'ultimo sovrano corasmio sconfitto dai Mongoli - seguitarono a lungo ad aggirarsi nel mondo islamico in veste di come predoni o mercenari, giungendo a condizionare non poco gli stessi avvenimenti della Siria ayyubide, poco prima che colà assumessero il potere infine i Mamelucchi.
[modifica] La Persia sotto i Mongoli (1219–1500)
Per approfondire, vedi le voci Ilkhanato e Impero Timuride. |
Nel 1218, Gengis Khan inviò ambasciatori e mercanti alla città di Otrar, al confine nord-orientale del regno del Khwārizm, ma qui essi furono giustiziati dal governatore. Gengis, per vendetta, saccheggiò Otrar nel 1219 e continuò verso Samarcanda e le altre città del nordest. Hulagu Khan completò la conquista della Persia e prese Baghdad e gran parte del Medio Oriente tra il 1255 e il 1258, fermato solo dai mamelucchi del futuro Sultano Baybars. La Persia divenne l'Ilkhanato, una parte del vasto impero Mongolo, come Il-khanato (dominio infeudato alla sovranità mongola).
Nel 1295, l'Ilkhan Mahmud di Ghazni si convertì all'Islam e rinunciò al giuramento di fedeltà al Gran Khan. Gli Ilkhan patrocinarono le arti e coltivarono le raffinate tradizioni della Persia islamica, contribuendo a risollevare il Paese dopo le devastazioni arrecate dai mongoli. Nel 1335, la morte dell'ultimo Ilkhan significò la fine della loro esperienza. Il loro impero si frantumò in numerosi staterelli, esponendo la Persia all'invasione di un altro conquistatore di stirpe turco-mongola, Tamerlano. Questi si rivelò ancora più sanguinario di Gengis Khan: ad Isfahan, per esempio, fece uccidere 70.000 persone per costruire una torre con le loro teste. Dal 1370 fino alla sua morte, nel 1405, egli conquistò e saccheggiò una vasta area, facendo di Samarcanda una città tra le più ricche, ma non si curò di consolidare il suo impero che presto andò in rovina.
Negli anni successivi la Persia continuò ad essere divisa e governata dai discendenti di Tamerlano (i Timuridi), per essere poi conquistata dai Turkmeni.
[modifica] Un nuovo impero persiano: i Safavidi (1500–1722)
La dinastia safavide era originaria dell'Azerbaigian, a quel tempo considerato parte della regione persiana. Lo scià safavide Ismāˁīl I rovesciò il trono di Ak Koyunlu (la confederazione turkmena dei "Montoni bianchi") e fondò un nuovo impero persiano che includeva gli odierni Azerbaigian, Iran e Iraq, più gran parte dell'Afghanistan. Le conquiste di Ismāˁīl furono interrotte dagli Ottomani alla battaglia di Chaldiran nel 1514, dopo la quale la guerra tra Persia e Turchia divenne endemica.
La Persia safavide fu all'inizio uno Stato violento e caotico, ma nel 1588 salì al trono lo scià ˁAbbās I che dette inizio a un rinascimento culturale e politico. Spostò la capitale a Isfahan (che divenne in breve tempo uno dei più importanti centri culturali del mondo islamico), siglò la pace con gli Ottomani, riformò l'esercito, cacciò gli Uzbeki dalla Persia e catturò la base portoghese sull'isola di Ormuz.
Con i Safavidi, che erano sciiti, la Persia divenne la più grande nazione sciita del mondo musulmano (posizione mantenuta dall'Iran moderno), e visse il suo ultimo periodo come potenza internazionale. All'inizio del XVII secolo, fu concordato un confine definitivo con l'impero Ottomano che è quello che ancora oggi divide Turchia e Iran.
[modifica] La Persia e l'Europa (1722–1914)
Nel 1722 la Persia subì la prima invasione dall'Europa dal tempo di Alessandro: Pietro il Grande, zar dell'impero russo, che progettava di impadronirsi dell'Asia centrale, penetrò da nordovest, mentre gli Ottomani assediavano Isfahan.
Anche se la Persia riuscì a respingere sia i Russi che i Turchi senza perdite territoriali, i Safavidi uscirono dalla guerra piuttosto indeboliti, e quando, quello stesso anno, essi cercarono di convertire forzatamente gli Afghani, di confessione sunnita, alla Shīˁa. Ne conseguì una sanguinosa rivolta che mise fine alla loro dinastia.
L'impero persiano visse un'altra breve stagione con Nadir Shah negli anni 1730 e 1740. Egli respinse i Russi, sottomise gli Afghani e sconfisse molte delle tribù nomadi dell'Asia centrale, tradizionali nemici dei Persiani. Il suo impero non gli sopravvisse e fu sostituito dalla dinastia Zand, che era completamente impreparata ad affrontare l'espansione mondiale degli imperi coloniali europei dalla fine del XVIII secolo e per tutto il XIX secolo.
La Persia, che trovò relativa stabilità con la dinastia Qajar, fu schiacciata tra l'impero russo, che si espandeva in Asia centrale e l'impero britannico che si espandeva in India, senza nessuna speranza di poter competere con le potenze industriali europee. Russi e Britannici strappavano via continuamente pezzi dalla Persia, senza mai invaderla direttamente ma rendendola sempre più economicamente dipendente. La Convenzione anglo-russa del 1907 definì le sfere d'influenza russa e britannica, rispettivamente sul nord e sul sud del Paese.
In quegli stessi anni lo scià Muhammad Alì Qajar garantì a William Knox D'Arcy, poi direttore della Anglo-Persian Oil Company, una concessione per esplorare e sfruttare i giacimenti di petrolio scoperti a Masjid al-Salaman nella Persia sud-occidentale, a difesa dei quali fu schierato un contingente di truppe britanniche.
[modifica] La Persia durante e dopo la Prima Guerra Mondiale (1914–1935)
A causa della sua posizione strategica tra l'Impero Ottomano e i possedimenti coloniali russi e britannici nella regione, la Persia fu coinvolta nelle operazioni militari durante la I guerra mondiale. La maggior parte di queste operazioni aveva come obiettivo i giacimenti petroliferi della Persia e delle regioni circostanti, e alla fine della guerra la Gran Bretagna riuscì a imporre il suo controllo sui sempre più lucrosi giacimenti.
Nel 1925 il generale Reza Khan, comandante della Brigata Cosacca dell'esercito persiano, s'impadronì del potere, autonominandosi scià al posto del deposto sovrano Qajar e stabilì la dinastia Pahlavi. Nel 1935 egli consegnò l'antico nome della Persia definitivamente alla storia, e impose alla comunità internazionale il nome di Iran. Il Paese rimaneva comunque soggetto all'influenza dei britannici e dei sovietici e la situazione non mutò fino alla Seconda guerra mondiale, dopo la quale il figlio di Reza il Grande, Reza Muhammad Pahlavi divenne Scià, avviando una protratta stagione politica ed economica in stretta alleanza d'interessi con gli Stati Uniti d'America, per conto dei quali si disse più volte che egli fungesse da suo "guardiano" della vitale area strategica del Golfo Persico.
[modifica] Arte
Per approfondire, vedi la voce Arte islamica. |
Al periodo preistorico (VI-IV millennio a.C.) risale un'abbondante produzione di ceramiche dipinte con figure geometriche e sagome di vari animali, con fitti tratteggi decorativi, provenienti dalle regioni centrali e dall'Elam, nel Sud-Ovest del paese.
Largamente esposta a influenze sumere, la civiltà elamitica (III-II millennio a.C.) ha lasciato un unico monumento, l'imponente ziqqurat di Cioga Zanbil, e numerosi manufatti, ritrovati soprattutto a Susa. A essa si fanno risalire i bronzi del Luristan, mentre ad altre culture, assire ed urartee, rimandano le tazze e i bacili in oro e argento con figurazioni a sbalzo ritrovati presso Hasanlu, Ziwiye e Kalar Dasht.
In epoca achemenide (550-330 a.C.) le capitali imperiali offrono il quadro di una civiltà artistica ispirata a modelli assiro-babilonesi, ma originale nelle novità architettoniche utilizzate. I palazzi di Pasargade, Susa, Persepoli, eretti su terrazze fortificate, includono portici, scalinate, ingressi monumentali e comprendono l'apadana, immensa sala riservata alle udienze su decine di colonne dai fastosi capitelli decorati con figure animali. I rilievi, talora in mattonelle smaltate (Susa) ma più spesso in pietra, illustrano lunghe processioni o combattimenti. Significativi i rari templi zoroastriani a torre e le tombe rupestri dei re con prospetti scolpiti. Di particolare raffinatezza la lavorazione dei metalli e l'oreficeria. Con la conquista di Alessandro e il dominio dei Seleucidi (330-250 a.C.) la decorazione architettonica si arricchì di motivi classici: vennero coniate monete sul modello greco e si costruirono città secondo i principi urbanistici del mondo ellenistico. Alla dominazione partica (250 a.C. - 240 d.C.) risalgono i palazzi di Assur, Hatra, Warka, con grandi arcate coperte di volte a botte, i cosiddetti iwan, destinati a grande fortuna anche in epoca islamica.
Nel periodo sasanide (224-632) sorgono, a Firuzabad, Bishapur e Ctesifonte, palazzi con iwan colossali e coperture a cupola, rivestiti di paramenti di stucco lavorato; la scultura è rinnovata da apporti romani (rilievi rupestri nella valle di Naqsh-i-Rustam); le arti minori sono di grande valore decorativo: ad esempio si realizzavano coppe in argento sbalzato, tessuti di seta con motivi geometrici e araldici.
[modifica] Lingua e letteratura
Il persiano appartiene alle lingue iraniche e la sua evoluzione può essere suddivisa in tre fasi:
- fase antica: antico persiano delle iscrizioni e avestico dell'Avesta,
- fase media: medio persiano, 300 a.C.-900 d.C., distinto in pahlavi partico o pahlavik, e pahlavi sasanide o parsik,
- fase recente: neopersiano o parsi: dal sec.IX ad oggi.
La letteratura neopersiana, scritta in alfabeto arabo e ricca di arabismi, ha il suo primo, grande poeta in Firdowsi (Libro dei Re, 975-1010 circa). I generi più coltivati dai poeti classici, oltre all'epica, sono la qasida, il ghazal e il masnavì: tra i massimi poeti dell'epoca (secoli XII-XIV) si annoverano Omar Khayyam, Hāfez, Gialal al-Din Rumi, Nizami e Saˁdi, nella cui opera si combinano spesso temi erotici e mistici, edonismo e religiosità. Il periodo classico si chiude con Jāmī (1414-92).
Le guerre civili e le conseguenti migrazioni in India diedero vita al cosiddetto stile indiano, che godette la protezione dei principi moghul e, riportato in Persia, influenzò poi la letteratura dell'epoca safavide (1500-1736). La produzione letteraria moderna più significativa è rappresentata dalla poesia satirica e dalla prosa: questa si ispira sia alla prosa di viaggio del medievale Nasir-i Khusraw, sia alle traduzioni di autori occidentali, mentre i poeti cercano una sintesi fra tradizione stilistica classica e modelli europei e americani. Tra gli scrittori più noti in occidente, il prosatore Sadeq Hedayat e Nima Yushij, fautore di una poetica europeizzante.
[modifica] Fonti
[modifica] Voci correlate
- Arii
- Cultura Persiana
- Geografia dell'Iran
- Iran
- Lista dei re della Persia
- Persiani
- Storia dell'Iran
[modifica] Collegamenti esterni
- (EN) http://www.alihessami.com
- (EN) Notizie sui Beni Culturali Iraniani
- (FA) http://www.chn.ir/
- (EN) Articoli sull'antico Iran
- Centro di ricerca iraniano per la conservazione beni culturali
- Sito ufficiale di Persepoli
- Archivio fotografico dell'Istituto Orientale (Quasi 1.000 fotografie di Persepoli e dell'antico Iran)
- (EN) Cultura e Storia
[modifica] Bibliografia
- Michael H. Dodgeon, H. Michael, Samuel N.C. Lieu (eds.), The Roman Eastern Frontier and the Persian Wars (AD 226-363): A Documentary History, Londra, New York, 1991 (ISBN: 0415103177).
- Sheila R. Canby, Jon Thompson, A caccia in Paradiso: arte di corte nella Persia del Cinquecento, Milano, 2004.
- Gerhard Schweizer, I persiani: da Zarathustra a Khomeini, Milano, 1986
- Roman Ghirshman,. La civiltà persiana antica, Torino, Einaudi, 1980.
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