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Ugo Foscolo (opere) - Wikipedia

Ugo Foscolo (opere)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Voce principale: Ugo Foscolo.

Le opere di Ugo Foscolo, così come la sua biografia, sono esemplari per capire le passioni, gli ideali, i problemi di quella generazione di giovani intellettuali che vissero nel periodo napoleonico.

Indice

[modifica] Primo periodo: dal 1796 al 1803

Foscolo iniziò precocemente la sua attività letteraria e anche se i risultati di questa produzione sono scarsi essi rimangono tuttavia importanti. In essi infatti si possono già cogliere alcuni tratti della formazione del poeta che incideranno sulla sua futura evoluzione.

La separazione tra l'esperienza autobiografica e quella letteraria è decisamente netta. Infatti, se sul piano autobiografico, come emerge dalle lettere, si scorge un animo appassionato e ribelle dominato da un senso triste della vita, legato agli affetti familiari e ossessionato dal pensiero della morte, sul piano letterario il Foscolo agiva in un'altra direzione, esercitandosi, con un utile apprendistato tecnico, su modelli come il Metastasio e l'Arcadia in generale.

Solamente tra il 1795 e il 1797 il Foscolo inizia ad esprimersi con degno valore stilistico mettendo a frutto le sue vaste conoscenze enciclopediche, ma soprattutto liberando l'animo da quella materia sentimentalmente bruciante e non ancora del tutto definita che scaturiva dalla sua indole ribelle e nello stesso tempo venata di tristezza.

Risalgono a questo periodo i quattro sonetti "In morte del padre", l'elegia "In morte di Amaritte" e "Le Rimembranze" , dove si sente l'influsso del preromanticismo inglese (nella prima viene ricordato Young e in due terzine della seconda, si sentono gli echi della "Lettera di Eloisa ad Abelardo" del Pope e delle "Notti" dello stesso Young). In questa seconda elegia, dove si fa cenno del sofferto amore del poeta per una Laura, viene rappresentata una scena simile a quella rappresentata nella lettera di Jacopo Ortis del 14 maggio 1798, che prova in modo indiretto che nelle "Ultime lettere" si trova traccia del romanzo di Laura (Laura, lettere) menzionato nel Piano di studi.
Sempre a questo periodo appartengono le odi "Ai novelli repubblicani" e "A Bonaparte liberatore", la sua prima tragedia intitolata "Tieste", il "Sesto tomo dell'io" e gli sciolti "Al Sole" che risentono d'echi ossianeschi e younghiani ma segnano un passo verso l'originalità.
Terminato in un certo senso il suo apprendistato poetico, Foscolo si cimenta nella prima opera importante, le "Ultime lettere di Jacopo Ortis", che rappresentano un punto chiave del suo percorso spirituale e letterario.

[modifica] Tieste

Per approfondire, vedi la voce Tieste (tragedia).

Composta probabilmente nell'ottobre del 1795, revisionata da Melchiorre Cesarotti e rappresentata per la prima volta il 4 gennaio 1797 al Teatro Sant'Angelo di Venezia e data alle stampe nello stesso anno, è la tragedia intitolata "Tieste" che ricalca il modello alfieriano, priva in realtà di grande pregio artistico, ma che diede fama al giovanissimo poeta e lo fece conoscere al pubblico

[modifica] A Napoleone Bonaparte liberatore

Per approfondire, vedi la voce A Napoleone Bonaparte liberatore.

"A Napoleone Bonaparte liberatore" fu pubblicata nel 1799 durante l'assedio di Genova accompagnata da una lettera dedicatoria rivolta a Bonaparte nella quale lo esortava a soccorrere gli italiani. La lettera è piena di amore patrio, in difesa della libertà contro il trattato di Campoformio e contro i pericoli della dittatura. Dopo i comizi di Lione il poeta non volle più pubblicare l'ode fra i suoi componimenti.

[modifica] Sesto tomo dell'io

Per approfondire, vedi la voce Sesto tomo dell'io.

Il "Sesto tomo dell'io" composto tra il 1799 e il 1801 è un abbozzo di romanzo autobiografico rimasto incompiuto nella forma di silloge di brani.

[modifica] Le Ultime lettere di Jacopo Ortis

Per approfondire, vedi la voce Ultime lettere di Jacopo Ortis.

Le "Ultime lettere di Jacopo Ortis", che dopo varie vicende vennero pubblicate nella sua veste definitiva nel 1802 a Milano, rappresentano la prima vera espressione dell'opera artistica di Foscolo. Scritto in forma epistolare e a carattere chiaramente autobiografico, il romanzo segna il momento estremo del pessimismo foscoliano. Se pur debole dal punto di vista artistico, l'Ortis ha un grande valore nella storia della nostra letteratura come primo libro romantico intriso dal mal du siècle che aveva contagiato l'Europa. Esso, condotto sotto l'influenza del Werther di Goethe e degli eventi di Campoformio, ebbe grande diffusione in tutta Europa ed il merito di far conoscere il Foscolo più della sua grande poesia.

[modifica] Le Odi

Nello stesso periodo dell'"Ortis" e dei "Sonetti" risale la composizione delle due "Odi" che esaltano la bellezza femminile scritte, la prima, "A Luigia Pallavicini caduta da cavallo" nel 1800, la seconda "All'amica risanata" nel 1802 e pubblicate insieme ai Sonetti e in edizione definita nel 1803.

Per approfondire, vedi la voce A Luigia Pallavicini caduta da cavallo.

[modifica] A Luigia Pallavicini caduta da cavallo

"A Luigia Pallavicini caduta da cavallo" è la prima ode di carattereneoclassica del Foscolo composta a Genova nella primavera del 1800, dove il poeta era capitano dell'esercito napoleonico comandato dal generale Massena e assediato dagli Austro-Russi. Lo spunto viene dato all'autore da una fatto di cronaca che si riferiva alla caduta da cavallo di una giovane gentildonna, Luigia Pallavicini, durante una cavalcata sulla riviera di Sestri Levante che le aveva causato la deturpazione del viso.

Il Foscolo scrive così un' "augurale consolatoria" per la contessa che, cadendo , aveva subito una deturpazione della sua bellezza. Ne nasce un componimento che, escludendo il dramma, si trasferisce in'aura remota e favolosa in una specie di Eden dove le donne si trasformano in dee e dove il mito di Adone, come simbolo della caducità della bellezza individuale e quello di Artemide, simbolo della caducità della bellezza universale, innalzano l'ode ad un più alto significato. Il Foscolo non celebra in questa ode solamente una donna, ma la bellezza come espressione di un mondo armonioso nel quale poter rifugiarsi, dove la bellezza femminile viene contemplata con trepidazione perché non è un bene immobile ma continuamente minacciato.

Per approfondire, vedi la voce All'amica risanata.

[modifica] All'amica risanata

"All'amica risanata" , scritta nel 1802 in occasione della guarigione da una malattia di Antonietta Fagnani Arese, è un canto pieno di gioia per la salute che l'amica, della quale lo scrittore era perdutamente innamorato, riacquista.
Come nell'ode precedente, anche in questa, il tema è quello della bellezza minacciata e risorgente e del suo alto valore consolatorio nella vita.
Come "In Luigia Pallavicini" il motivo è solo un pretesto per cantare non tanto una donna ma l'idea pura della bellezza come contemplazione che aiuta ad elevarsi a pura idealità.
Nell'ode compare anche un altro tema, fondamentale poi in tutte le opere del Foscolo, quello della poesia eternatrice che rende sublime il nostro vivere, la bellezza e i valori dell'umanità.

[modifica] I sonetti

Sul fascicolo IV dell'ottobre 1802 del "Nuovo Giornale dei letterati" di Pisa, il Foscolo pubblicò nel 1802, con il titolo "Poesie" otto sonetti, per lo più di carattere amoroso, nei quali si sente il senso della tristezza ineluttabile e dove si affronta il tema della bellezza come ristoratrice per l'animo del poeta: "Non son chi fui, perì di noi gran parte", "Che stai?", "Te nutrice alle Muse", "E tu ne' carmi avrai perenne vita", "Perché taccia il rumor di mia catena", "Così gl'interi giorni in luogo incerto", "Meritamente, però ch'io potei", "Solcata ho la fronte".
Solo nell'edizione definitiva, che venne pubblicata a Milano il 2 aprile 1803 con dedica all'amico fiorentino Giovanni Battista Niccolini, sempre con il titolo "Poesie", egli aggiunse altri quattro sonetti che vengono considerati i più belli della nostra letteratura: "Alla sera", "A Zacinto", "Alla Musa", "In morte del fratello Giovanni".

Malgrado l'apparente organicità i dodici sonetti riflettono i momenti differenti della loro produzione e ottengono anche risultati diversi.

[modifica] Secondo periodo: dal 1803 al 1806

Il periodo della lirica, intenso ma breve, finirà proprio con l'ode "All'amica risanata" e il Foscolo non ritornerà più alle forme chiuse del sonetto e dell'ode ma cercherà di coordinare, in un insieme organico e strutturato, i convincimenti maturati in quegli anni di carattere filosofico, morale, politico e civile.
Per tre anni la poesia tace completamente e lascia il posto all'attività dello studioso e del traduttore.
Pubblica infatti, nel 1803, la traduzione in endecasillabi sciolti della "Chioma di Berenice" di Catullo e lavora intanto alla traduzione dell'Iliade ( sarà del 1807 "L'esperimento di traduzione dell'"Iliade"" di Omero) e del "Viaggio sentimentale" di Sterne, dal quale nascerà l'ispirazione del personaggio di "Didimo Chierico".
Dedicandosi così a questa intensa elaborazione culturale egli si impadroniva della tecnica dell' endecasillabo sciolto che sarà il metro usato nei "Sepolcri" e nelle "Grazie" e che egli sperimenterà nella lettera, scritta in versi a Boulogne-sur-mer tra il 1804 e il 1806, "A Vincenzo Monti".

[modifica] Terzo periodo: dal 1806 al 1809

Durante gli anni dei Sepolcri il Foscolo si era nuovamente impegnato nella vita politica e nell'attività educativa come docente all'Università di Pavia e ciò era servito ad allontanare la disperazione che lo rendeva inerte e a sperare ancora nel futuro con rinnovato ardore. In questo clima aveva potuto nascere l'opera civile "Dei Sepolcri" e l' orazione inaugurale al corso che aveva tenuto a Pavia nell'anno 1808-1809 dal titolo "Dell'origine e dell'ufficio della letteratura" che lesse il 22 gennaio del 1809.

[modifica] Dei sepolcri

Per approfondire, vedi la voce Dei Sepolcri.

I Sepolcri o come li intitolò il Foscolo, "Dei Sepolcri" sono un carme composto da 295 endecasillabi sciolti scritto tra il giugno e il settembre del 1806 che venne pubblicato nel 1807 a Brescia. In seguito al decreto napoleonico di Saint-Cloud del 1804 nel quale si imponeva per motivi igienici la sepoltura dei morti al di fuori dalle mura cittadine in cimiteri costruiti appositamente e che avessero, per una questione di democrazia, lapidi di uguale grandezza, erano nate accese discussioni. Il poeta, di ritorno dal soggiorno nelle Fiandre aveva discusso dell'argomento con l'amica Isabella Teotochi Albrizzi e soprattutto con Ippolito Pindemonte, che stava scrivendo il poema in ottave dal titolo i "Cimiteri", per riaffermare il senso del culto cristiano.

Non si possiede una esatta documentazione riguardo l'elaborazione del carme e la maggior parte dei critici ritiene che il Foscolo abbia composto i Sepolcri sotto forma di lettera indirizzata al Pindemonte e in varie riprese in un arco di tempo che va dall'agosto 1806 al gennaio del 1807.

L'opera, che venne stampata a Brescia nel 1807, si accosta alla poesia preromantica anglosassone che si ispirava al tema dei cimiteri ( soprattutto alle "Notti" di Edward Young e all'"Elegy Written in a Country Churchyard " di Thomas Gray), e a quel tipo di poesia e prosa che aveva per argomento i sepolcri ed era nata in Francia al tempo del Direttorio, ma con un intento nuovo rivolto soprattutto ad esaltarne la funzione civile.

[modifica] Dell'origine e dell'ufficio della letteratura

Nell'appassionata orazione sull'importanza della parola, che il Foscolo legge il 22 gennaio 1809 alla lezione inaugurale del corso che è chiamato a tenere all'Università di Pavia, si trovano tutte le linee della sua poetica. In modo intenso e appassionato il poeta riassume nel discorso fatto ogni tappa del suo pensiero e della sua poetica. Il fulcro tematico dell'orazione è l'esaltazione della parola che l'autore ritiene uno strumento insostituibile per rappresentare il pensiero e dare forma alla fantasia. Egli sostiene che l'esigenza di comunicare è tipica dell'uomo e ha una funzione sociale perché aiuta a mantenere l'ordine e l'armonia. Con la parola, dice il Foscolo, si fanno nascere le leggi, vengono fondate le religioni, si tramandano le conoscenze. Se la società si sviluppa è perché c'è stato lo sviluppo della lingua che è indice di progresso, di civilizzazione e di letteratura. Nell'orazione il Foscolo tratta anche del rapporto tra scienza e letteratura che ritiene essere complementari e quindi necessarie. Infine prende in analisi il fiorire delle lettere nella Grecia antica e le cause della sua corruzione che individua nell'opera dei sofisti che ridussero la poesia in retorica e condannarono il pensiero di Socrate.

[modifica] Quarto periodo: dal 1809 al 1812

Proprio quando pareva al Foscolo di aver trovato la serenità, la cattedra di eloquenza da lui tenuta venne soppressa e la mancanza di contatto con i giovani e le nuove difficoltà economiche segna un'altra svolta nella sua vita.
Nel frattempo anche l'involuzione della politica di Napoleone in senso antiliberale e imperialista aumentano la convinzione che i suoi ideali civili e letterari siano solamente delle illusioni e il pessimismo del poeta si fa più radicale allontanandolo dalla scena politica e chiudendolo in uno stanco isolamento. Le opere che scrive in questo periodo, "Sull'origine e i limiti della giustizia", i "Discorsi sulla servitù d'Italia", la "Lettera apologetica", fanno ben intendere in che stato di solitudine nel campo delle ideologie politiche si trovasse il poeta.
Il pessimismo di questo periodo lo spinge ad esaltare, sulla scorta di Machiavelli e di Hobbes, l'autorità del principe e il diritto del più forte a primeggiare sulla plebe come dimostra nella tragedia "Ajace" e nelle lettere di questo periodo.

[modifica] Aiace

Per approfondire, vedi la voce Aiace (Foscolo).

La tragedia in cinque atti intitolata l'Aiace venne composta tra il 1810 e il 1811 e rappresentata nel dicembre di quest'ultimo anno alla Teatro alla Scala di Milano con insuccesso perché la polizia, avendovi trovato delle allusioni a Bonaparte, ne proibì ogni altra rappresentazione.

[modifica] Quinto periodo: dal 1812 al 1816

Con la rappresentazione dell'"Ajace" Foscolo esce dalla vita politica e lascia Milano e cerca un rifugio tranquillo a Firenze dove, con un animo più staccato e sereno, lavora alle traduzioni e negli anni tra il 1812 e il 1813 scrive un'altra tragedia, la "Ricciarda", e compone la "Notizia intorno a Didimo Chierico" che rappresenta un documento dal quale si può capire quale fosse la predisposizione d'animo di Foscolo in questi anni che sono anche quelli in cui egli scrive le "Grazie". Uno stato d'animo non isolato che gli aveva già fatto scrivere precedentemente il "Sesto tomo dell'io", l'epistola in versi "A Vincenzo Monti" che ritornerà nell'"Hipercalipsis" del 1815 e nelle "Lettere dall'Inghilterra" che verranno pubblicate postume nel 1850 con il titolo "Gazzettino del bel mondo".

[modifica] Notizia intorno a Didimo Chierico

Didimo Chierico è un personaggio immaginario dal quale la Francia avrebbe ricevuto il manoscritto della traduzione del Viaggio sentimentale di Sterne con un invito a renderlo pubblico. L'immagine che il Foscolo ritrae nel Didimo, che è poi una sua nuova immagine ideale, è distacata ed ironica. Come scrive il Fubini[1] "Didimo è l'anti-Ortis, o per meglio dire l'Ortis sopravvissuto, divenuto letterato, traduttore, commentatore, meglio disposto all'indulgenza verso sé e verso gli altri, ma con nell'animo integri gli ideali e i sentimenti di un giorno: un Ortis che, scrutato a fondo, si rivela a dir del suo autore, più disingannato che rinsavito".

[modifica] Ricciarda

Per approfondire, vedi la voce Ricciarda (tragedia).

La Ricciarda, terza tragedia del Foscolo in cinque atti e in endecasillabi sciolti, venne composta nel 1813 e rappresentata nello stesso anno a Bologna al "Teatro del Corso" il 17 settembre dello stesso anno ottenendo l'insuccesso già toccato all' Aiace. La pubblicazione della tragedia risale invece al 1820 quando il Foscolo abitava già a Londra da quattro anni.


[modifica] Sesto periodo: dal 1816 al 1827

L'esilio del poeta, dopo Firenze, continuò in Inghilterra dove il Foscolo trovò inizialmente una buona accoglienza negli ambienti liberali di Londra e dove, costretto dalle necessità economiche, si dedicò prevalentemente all'attività editoriale e giornalistica.
Progressivamente questo suo esilio londinese lo allontanò dalle vicende politiche d'Italia anche perché egli non riuscì a stabilire buoni contatti con gli altri esuli che in quegli anni erano confluiti in Inghilterra, come Confalonieri, Berchet, Santarosa e altri. L'allontanamento dalla politica accentuò il suo interesse di saggista e di critico della letteratura italiana sia contemporanea che antica. Risalgono a questi anni, oltre a nuovi saggi di traduzioni omeriche, la quarta edizione dell'"Ortis" pubblicata a Londra nel 1817, la lunga elaborazione delle "Grazie", una raccolta che rimase incompiuta di saggi di costume, "Lettere scritte dall'Inghilterra", di cui una parte edita postuma con il titolo "Gazzetttino del bel mondo", la "Lettera apologetica" che venne anch'essa pubblicata postuma e inoltre i saggi di critica letteraria tra i quali il "Saggio sullo stato della letteratura contemporanea in Italia" pubblicato nel 1818, "Della nuova scuola drammatica italiana" del 1826, i "Saggi sul Petrarca" del 1821, "Epoche della lingua italiana" del 1823, il "Discorso sul testo del poema di Dante" del 1825, il "Discorso storico sul testo del Decamerone" dello stesso anno.


[modifica] Il Gazzettino del bel mondo

Scritto nei primi anni di esilio a Londra con la data 1817 il saggio è formato da otto lettere, con l'aggiunta di alcuni frammenti, indirizzate al conte Cicogna nelle quali il Foscolo fa un paragone tra la realtà inglese e quella italiana e discute di moda, letteratura e politica.
L'opera, che nell'intento dell'autore doveva essere più ampia, rimase incompiuta e pubblicata solamente nel 1850.

[modifica] Lettera Apologetica

La lettera, rimasta incompiuta, consiste in una narrazione poco serena delle vicende politiche dell'autore dal 1814 in poi con la quale egli intendeva difendersi dalle calunnie dei suoi nemici. Essa può considerarsi il suo testamento politico che, per bellezza artistica, può gareggiare con la "Notizia intorno a Didimo Chierico".

[modifica] Le Grazie

L'idea dell'opera doveva essere venuta in mente già nel 1803 quando il poeta, in appendice al commento alla Chioma di Berenice, poneva quattro frammenti di un antico inno alle Grazie che fingeva di aver tradotto da un antico poeta greco, l'alessandrino Fanocle, ma il progetto si ebbe fra il 1812 e il 1813 quando Foscolo si trovava nella villa di Bellosguardo a Firenze e poteva lavorare con una certa tranquillità. Da quegli anni fino alla sua morte il poeta continuò a lavorare attorno al poema aggiungendo episodi nuovi, rivedendo quelli già composti ed elaborando una complessa struttura che avrebbe dovuto racchiudere i vari episodi in un tutto oreganico.
Nel 1822 a Londra, il poeta ne pubblicò alcuni passi con una dissertazione sul "Velo delle Grazie" e nel 1825, insieme alla ristampa del "Tieste", apparvero altri brani accanto a quelli pubblicati precedentemente che erano stati profondamente rielaborati.
Da questi si può desumere la complessa struttura di carattere didascalico-allegorico dell'opera che avrebbe dovuto svolgersi in tre inni.

L'opera, che è rimasta incompiuta, è dedicata allo scultore neoclassico Canova e si articola in tre inni dedicati alle tre dee della mitologia classica ( Venere, Vesta e Pallade) e celebra le tre Grazie ovvero Eufrosine, Aglaia, Talia che, dice il testo, avrebbero portato la civiltà agli uomini prima rozzi e incivili.

[modifica] Note

  1. da Mario Fubini, Introduzione alla critica foscoliana, Firenze, Sansoni,

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni


[modifica] Note

  1. da Mario Fubini, Introduzione alla critica foscoliana, Firenze, Sansoni,
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