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Retorica - Wikipedia

Retorica

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La retorica (dal greco rhetoriké téchne, arte del dire), o rettorica, è l'arte di strutturare intenzionalmente una successione di argomenti (discorso) in una determinata forma dialettica.

Con la retorica, che è dunque un modo della comunicazione (e della dialettica), il contenuto da trasmettere viene in genere svolto nella forma stilisticamente più bella od in modo che possa risultare utile (convincente). Richiede un'ottima conoscenza delle convenzioni linguistiche ed una precisa confidenza con le accezioni del lessico usato, e vi si fa ricorso quando il discorso da tenersi (anche in forma di orazione) rivesta una qualche importanza per il contesto in cui viene pronunziato.

La retorica è oggetto di studio da parte di diverse discipline, tra le quali la filosofia (anche per ragioni storiche dello sviluppo delle scienze umane) ha certo raccolto l'esperienza più profonda.

Si è detto che la rettorica (come si chiamò sino al Novecento) sia l'arte della comunicazione funzionalizzata, quella cioè strumentale all'ottenimento di un dato beneficio. Va però ricordato che essa, nell'estensione dei suoi significati, è anche - e forse più nobilmente - l'arte del bel parlare, una disciplina che si avvicina di più all'estetica che non all'utilitarismo, sebbene in talune visioni (anche in quelle per le quali il "bello" sia un obiettivo da ricercare) mai può mancarvi l'aspetto di perseguita vantaggiosità, giacché la comunicazione si intende sempre, ontologicamente, finalizzata (o non sarebbe comunicazione, ma altro tipo di emissione).

Indice

[modifica] Retorica classica

[modifica] La retorica nell'Antica Grecia

[modifica] Le origini nella Magna Grecia

Solitamente si fa risalire la nascita della retorica classica al V secolo a.C., a Siracusa, ad opera di Corace e del suo allievo Tisia.

Nata a fini prettamente giuridici, la loro precettistica poggiava sul principio] che il sembrare vero conta di più dell'essere vero, da cui deriva la ricerca sistematica delle prove e lo studio delle tecniche atte a dimostrare la verosimiglianza di una tesi.

Contemporaneamente, e sempre in Sicilia, era nata e prosperava un altro genere di retorica, detta psicagogica. Essa mirava a convincere non già dimostrando in modo ineccepibile che un dato argomento fosse verosimile, ma sfruttando l'attrazione che la parola sapientemente manipolata poteva esercitare sugli ascoltatori; si è in proposito avanzato un recente noto paragone con la pubblicità odierna, la quale tende, non tanto a dimostrare che un prodotto sia migliore di un altro sulla base di elementi tecnici, ma più spesso ad attirare il consumatore per indurlo all'acquisto, coinvolgendolo sul piano delle passioni e dei sentimenti, sull'emotività.

L'effetto cui puntava la retorica psicagogica era la reazione emotiva, più che l'adesione razionale; aspetti tipici di questo genere sono il ragionamento per antitesi (nota con spiegazione) e la politropia o polilogia (capacità di trovare tipi diversi di discorso per i diversi tipi di ascoltatori — si veda il Perelman e la pubblicità).

Nell'attribuzione, più o meno corretta, della nascita della retorica ad un singolo individuo vissuto nel V secolo a.C. è comunque da ricercare la verità di fondo consistente nel fatto che l'affermarsi della retorica come arte e tecnica del discorso persuasivo, nel mondo greco, è da collegarsi allo sviluppo della polis e al costituirsi della democrazia, che condusse alle contese politiche e alla volontà di conquistare il favore delle assemblee per essere eletti alle cariche pubbliche.

[modifica] Dalla Sicilia ad Atene

Dalla Sicilia ad Atene, verso la metà del V secolo a.C., per il tramite dei maestri della sofistica, la dottrina retorica si sviluppò e si arricchì di nuovi contributi. Tra le figure più importanti va ricordato Protagora, il quale sviluppò la dottrina dell'antitesi come idea-forza di un'argomentazione, mostrando come uno stesso argomento potesse essere trattato da punti di vista differenti.

L'apporto più innovativo della retorica sofistica fu la tecnica del contraddire (o arte del contraddittorio): l'antilogia.

La retorica appare fusa inestricabilmente con la poetica nel primo autore (filosofo e retore) di cui possediamo una trattazione esplicita di temi retorici: Gorgia da Lentini, un grande sofista emigrato dalla natia Sicilia ad Atene nel 427 a.C.. In una delle sue opere pervenuteci, viene esaltata la potenza psicagogica della persuasione, la quale agisce attraverso l'illusione (apàte) che il discorso (logos) è in grado di provocare.

Gorgia, per primo, distinse i tipi del discorso: i lògoi dei filosofi naturalisti, l'oratoria giudiziaria e la dialettica filosofica. A lui è anche attribuita una prima individuazione di figure. Cinque secoli più tardi Plutarco avrebbe vergato la seguente definizione della retorica gorgiana:

"la retorica è l'arte del parlare, che ha la sua forza nell'essere artefice di persuasione nei discorsi politici intorno ad ogni soggetto; che è creatrice di convincimento e non di insegnamento; i suoi argomenti propri sono soprattutto intorno al giusto e all'ingiusto, al bene e al male, al bello e al brutto. Il successo dei sofisti fu enorme e lo stesso Socrate fu ritenuto uno di questi".

[modifica] Platone

Il più famoso discepolo di Socrate, Platone, pronunciò una condanna severissima della retorica sofista, definendola una sorta di adulazione, accostandola per questo alla cosmetica, giudicandola una contraffazione ed affermando che fosse volta a distrarre la moltitudine seducendola con eleganze incantatrici e vuote sonorità. Contemporaneamente realizzò l'affermazione della sua controparte filosofica, la dialettica, come arte del discutere modellata sui propri contenuti specifici e diretta ad analizzare gli argomenti dei discorsi, componendoli in elementi primi per riportarli a poche categorie essenziali. In Platone la certezza della verità prevale sulla mutevolezza dell'opinabile, rovesciando la posizione dei sofisti.

La posizione antiretorica di Platone si esplicitò direttamente nel Gorgia, nel quale affermò che come la sofistica è contraffazione dell'attività legislativa, così la retorica è contraffazione dell'arte di rendere giustizia. Nella maturità, nel Fedro, tornò ad occuparsi della retorica, non più condannandola in blocco, ma distinguendo stavolta tra la vera retorica ("…l'arte per dirigere le anime attraverso le parole…") e la falsa retorica (quella che ostenta un'apparenza di verità).

[modifica] Il pregiudizio antiretorico

L'atteggiamento antisofistico ha avuto effetti in ogni successiva denigrazione della retorica, dando inizio ad una sorta di sfiducia (o addirittura sospetto) verso le teorie e la prassi dell'arte del dire, su cui si è fondata una parte cospicua dei pregiudizi sedimentati nel corso dei secoli successivi, creando le accezioni negative del termine retorica. Alcuni di questi pregiudizi sottendono che la retorica non sia vera arte bensì un insieme di artifici, un imbroglio, quindi l'opposto della spontaneità e della sincerità; oppure vorrebbero che la persuasione sia manipolazione del consenso che spesso gioca su effetti illusionistici.

E mentre nel mondo di oggi si sviluppano gli studi sulla comunicazione, che come mai prima rivolgono attenzione agli stessi aspetti sui quali la retorica si fonda, talora estremizzando la ricerca della funzionalizzazione dialettica, il nome di quest'arte ha assunto una connotazione prevalentemente negativa, quasi infausta, di apparentemente impervia riabilitazione.

[modifica] Aristotele

Un contributo fondamentale alla teoria e alla pratica della retorica venne dall'opera di Aristotele.

Egli attuò una grande rivisitazione sistematica della disciplina, che comprende una teoria dell'argomentazione, una teoria dell'elocuzione e una teoria della composizione del discorso.

Aristotele, per il quale il primo "inventore" ne sarebbe stato Empedocle, affermava che la funzione della retorica non è la persuasione, ma lo scoprire i mezzi di persuasione che vi sono intorno a ciascun argomento, e traccia una analisi parallela tra dialettica e retorica. Ciò che nella prima è l'induzione, nella seconda è l'esempio (il dimostrare partendo da molti casi simili che una cosa sia in un dato modo); ciò che nella prima è il sillogismo, nella seconda è l'entinema (quando, date certe premesse, risulta per mezzo di esse qualcosa di altro e di ulteriore per il fatto che esse sono tali o universalmente o per lo più; e conduce a conclusioni probabili e confutabili).

Le premesse dei sillogismi, retorici e dialettici, si traggono dai tòpoi (luoghi) che sono di due specie: comuni e propri. Aristotele, riprendendo una tripartizione dei generi retorici proposta nel IV secolo a.C., individuava tre generi del discorso persuasivo, distinti sulla base delle tre differenti tipologie di pubblico alle quali essi si rivolgono.

  1. Il primo è il genere deliberativo, il cui ascoltatore è il membro dell'assemblea politica che decide per il futuro, e quindi verte sui temi dell'utile e del nocivo per la società.
  2. Il secondo è il genere giudiziario, che si riferisce al giudice nei processi che decide riguardo al passato, e si concretizza nel discorso giudiziale di accusa o difesa basandosi sui temi del giusto e dell'ingiusto.
  3. L'ultimo è il genere epidittico, il cui destinatario è il pubblico che deve giudicare la bravura dell'oratore, e si basa su ciò che è bello o, al contrario, turpe.

Nei successivi volumi della sua opera (Retorica) trattò la parte più psicologica della disciplina retorica (éthos e pathos) e la léxis, ossia l'indagine su forme e artifici dell'espressione.

[modifica] Gli altri studi

Seguirono altri nomi illustri nel campo retorico, che diedero il loro contributo a questa importante disciplina.

A cavallo tra il IV e il III secolo a.C. vi fu il continuatore diretto di Aristotele, Teofrasto.

Dello stesso periodo è Zenone, il fondatore della scuola stoica, che tornava ad interrogarsi sul rapporto tra retorica e dialettica.

Verso la metà del II secolo a.C. guadagnò grande risonanza il sistema retorico di Ermagora di Temno.

Erode Attico (104-180 d.C.) fu un illustre retore tanto che l'imperatore Antonino lo scelse in qualità di precettore dei suoi due figli adottivi: Marco Aurelio e Lucio Vero.

[modifica] La retorica a Roma

Dagli inizi del I secolo a.C. la retorica è attestata anche a Roma come precettistica di eloquenza e di stile. Frattanto, nel mondo greco si erano formati degli indirizzi di stile retorico facenti capo alle rispettive scuole: lo stile asiano (asianesimo) caratterizzato dall'esuberanza nella magniloquenza; lo stile rodio, più temperato; lo stile attico (atticismo), la cui peculiarità è la concisione dello stile lineare e schivo. Nella precettistica e nella pratica oratoria sempre più si dilatò il versante stilistico della retorica, e anche più visibili divennero i suoi rapporti con la grammatica.

La retorica romana, nelle sue principali produzioni (dalla Rhetorica ad Herennium a Quintiliano), è una rielaborazione della retorica greca, in particolare delle teorie aristoteliche e postaristoteliche. Originali sono la disposizione della materia, le interpretazioni giuridiche e le proposte procedurali, il ruolo educativo assegnato allo studio ed alla pratica dell'eloquenza, e la sistematicità delle relative formulazioni didattiche.

I retori romani studiarono e si formarono nelle scuole greche, ma bisogna attendere il secondo decennio del I secolo a.C. per trovare un'opera retorica scritta in latino: la Retorica ad Herennium. Essa assolse all'importante compito dell'istituzione della nomenclatura retorica latina mediante traduzioni o calchi dal greco. Inoltre aggiunse la memoria alle quattro parti già codificate della retorica.

[modifica] Cicerone

Grazie alle opere di Cicerone la retorica romana poté compiere un notevole salto di qualità, passando dalla precettistica alla disputa filosofica.

Contro le accuse mosse alla retorica di essere inutile e di non potersi occupare di questioni teoriche, Cicerone mise in atto una difesa della retorica come arte (ars) storicamente determinata, cioè mutevole nel tempo e nei diversi luoghi, complementare alla filosofia, in particolare alla logica e alla dialettica.

Nella sua opera più importante, il De Oratore, svolse la sua difesa e delineò gli scopi fondamentali di ogni parte dell'orazione: insegnare, commuovere, piacere (docere, movere, delectare). Inoltre riprese la suddivisione codificata della retorica e ne descrisse minuziosamente le singole parti.

[modifica] Era imperiale

Con la caduta della repubblica e il consolidarsi dell'assolutismo imperiale l'eloquenza, anche a Roma, si ritira nelle scuole: riducendosi ad un'esibizione artefatta di declamazioni, l'esercizio della retorica si avvia al disimpegno civile e politico. Questo interesse per le declamazioni caratterizza il periodo compreso tra la prima metà del I e il V secolo d.C.. Nel pieno del I secolo d.C. si colloca il grande trattato di Quintiliano, l'Istitutio oratoria in 12 libri, nel quale non traccia una nuova teoria sull'esercizio dell'orazione, bensì delinea tutte le principali tesi che hanno segnato lo sviluppo della retorica antica.

[modifica] Dal Medioevo al giorno d'oggi

[modifica] Medioevo

Il Medioevo eredita in blocco i sistemi delle retoriche e delle poetiche greco-romane, senza avvertire stacchi, e tanto meno la fine di un'epoca, nell'ininterrotta trasmissione della cultura antica. All'interno della cultura classica aveva preso corpo, a partire dal secondo secolo dell'era volgare, l'opposizione tra la tradizione pagana e la nascente teologia del cristianesimo. Principali motivi di rilievo: sui piani giuridico e dialettico, l'eloquenza combattiva degli apologisti; sul piano della comunicazione, l'antiretorica del sermo humilis evangelico (mettere spiegazione se bisogna ampliare). Quella che si è soliti chiamare retorica classica è quella del periodo greco e romano in cui l'arte del discorso gode di profonda considerazione e importanza. Dal Medioevo in poi abbiamo a che fare con un insieme ormai definito nella sua consistenza materiale; le cui eventuali fluttuazioni interessano ambiti e problemi particolari, attribuzioni e sottrazioni di competenze: dall'inclusione della retorica entro la grammatica generale del Medioevo, alla spaccatura rinascimentale tra le prime due e le ultime tre parti dell'arte del discorso, fino alle moderne restrizioni della retorica nel quadro della teoria della letteratura.

[modifica] Ottocento

Importante fu il periodo dei furori antiretorici di fine Ottocento, durante il quale si arrivò alla soppressione dell'insegnamento ufficiale delle retorica; questo tuttavia non ne decretò la scomparsa dalla manualistica letteraria, ove sopravvisse come catalogo di figure, accoppiata o assimilata alla stilistica. Questo scadimento dell'antica arte del parlare fu dovuto alla preminenza assegnata all'elocutio (e alla teoria dell'ornatus).

[modifica] Novecento

Fu il ritorno alla concezione della retorica come teoria del discorso persuasivo, che ha nell'argomentazione il suo fulcro e la sua ragion d'essere, a determinare la grande rinascita della disciplina alla metà del Novecento. Questa ripresa "positiva" dell'arte retorica è da attribuirsi in gran parte agli studi e all'opera (Traité de l'argumentation) di Chaim Perelman e Olbrechts-Tyteca, i quali attuano un moderno ritorno alle teorie classiche, e alla loro matrice aristotelica, per costruire una teoria del discorso non-dimostrativo, organizzando in sistema schemi argomentativi di antica origine. Questi studi si concentrano soprattutto sulla Nuova retorica, ossia "tecniche discorsive atte a provocare o accrescere l'adesione delle menti alle tesi che vengono presentate al loro assenso" (TA 6).

Come nella retorica di Aristotele, il fulcro è l'uditorio, la cui conoscenza (il più possibile realistica e precisa, sul fondamento, soprattutto, di nozioni di psicologia sociale) è condizione preliminare alla buona riuscita dell'argomentazione. Questa è una peculiarità anche della pubblicità la quale si basa su ricerche di mercato per conoscere il target cui rivolgersi in modo da realizzare un processo comunicativo efficace, in quanto specifico e diretto per quel tipo di pubblico/uditorio. Il problema dell'uditorio è legato sia a quello del suo condizionamento sia a quello dell' adattamento del discorso alle opinioni degli ascoltatori e al loro grado di cultura. La seconda parte dell'opera tratta la base dell'argomentazione, e comprende gli elementi dell'accordo con l'uditorio, la scelta dei dati e della loro presentazione, ossia la forma del discorso. Gli oggetti dell'accordo sono: i fatti e le verità, le presunzioni; i valori, le gerarchie e i luoghi.

Oggi la retorica è comunque stata riscoperta in tutte le sue parti le quali possono essere benissimo rintracciate in qualsiasi tipo di discorso destinato a persuadere, convincere o commuovere.

[modifica] Collegamenti esterni

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