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Immanuel Kant - Wikipedia

Immanuel Kant

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Statua di Kant a Kaliningrad
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Statua di Kant a Kaliningrad
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«Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti del tuo proprio intelletto»
(Immanuel Kant da Risposta alla domanda: che cos'è l'illuminismo?, 1784)
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«Il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me»
(Epitaffio sulla tomba di Immanuel Kant dalla Critica della ragion pratica, 1781)

Immanuel Kant (Königsberg, Prussia, 22 aprile 1724 - 12 febbraio 1804), fu un grande filosofo tedesco. La sua importanza è da attribuirsi all'innovativa metodologia di studio della gnoseologia, fondata sul criticismo.

La gnoseologia di Kant mette in discussione i fondamenti del sapere per poter appurare quali ambiti della conoscenza possano dirsi validi. Tali riflessioni sono contenute nella celebre opera Critica della ragion pura.

Passando attraverso l'approfondimento della teoria di Isaac Newton approdò all'Illuminismo e diede inizio ad una ricerca che lo portò fino al superamento dei suoi concetti ed ideali. Il decisivo incontro con lo scetticismo di David Hume (che, secondo le parole dello stesso Kant, lo "risvegliò dal sonno dogmatico"), che aveva teorizzato l'impossibilità di fondare la conoscenza ed il sapere, lo indusse ad indagare sui fondamenti della conoscenza.

Su questa via, Kant indagò la ragione come strumento di conoscenza, per scoprirne i limiti e le potenzialità. L'innovazione conseguita consistette nel rovesciamento del rapporto tra l'oggetto e il soggetto conoscente: nella gnoseologia kantiana non è più il mondo sensibile che forgia il pensiero umano, ma viceversa è l'uomo che modella la realtà applicandovi le proprie leggi conoscitive.

Il perimetro della conoscenza in una filosofia post-kantiana esclude l'io, la cosa-in-sé (ovvero la materia, di cui nemmeno la scienza dà definizione) e Dio. Per l'io e Dio il motivo è che "la ragione che pretende di parlare dell'incondizionato cade in contraddizione" e l'incondizionato in quanto libero può porsi al di sopra del principio di non-contraddizione, tenendo condotte incoerenti. Senza questo principio, come mostrava Aristotele, resta solo l'opinione e non si da verità necessaria; per ragionare dell'io e di Dio, la filosofia dovrebbe negare la libertà che è la loro essenza.

Il paradosso delle due totalità che la filosofia si portava dietro fin dall'inizio, viene accantonato dicendo che è inevitabile che vi sia un paradosso, e che questo compare all'inizio del pensiero filosofico perché è all'inizio del dispiegamento dell'Assoluto che è la storia della filosofia.

Indice

[modifica] Biografia

Nacque a Königsberg nel 1724, da una famiglia d'origine scozzese e di modesta condizione. Il padre, Giovanni Giorgio Kant, era un sellaio, la madre, Anna Regina Reuter, fu una seguace del pietismo. La sua educazione religiosa impartitagli dalla madre continuò anche nel Collegium Fredericianum (il cui direttore era da poco diventato Franz Albert Schultz), il più importante punto di riferimento d'attinenza specifica sullo studio del pensiero di quel periodo. Al collegio Kant studia molto il latino, poco il greco (limitato al Nuovo Testamento) e quasi per nulla le materie scientifiche. Nel 1740, Kant uscì dal collegio per intraprendere studi filosofici, di teologia e di matematica all'università di Königsberg, dove fu allievo di Martin Knutzen, docente di matematica e fisica newtoniana. Il suo interesse per Newton, ma anche per le scienze in generale, si manifesta in questo periodo nello scritto Pensieri sulla vera valutazione delle forze vive, nel quale si sofferma sul problema del calcolo dell'energia cinetica dei corpi. E' questa un'opera dalla forte e chiara impronta illuministica: possiamo infatti ritrovarvi le prime tracce del suo "sapere aude", con il quale demolisce l'autorità dei pensatori precedenti in nome di nuove scoperte supportate dall'intelletto (è chiaro il rinvio a Francesco Bacone).

Dal 1747 al 1754 ebbe delle esperienze come precettore privato; sono questi gli anni più difficili della sua vita, durante i quali è costretto ad una grande fatica per guadagnarsi da vivere, ma sono anche ricchi di stimoli per i suoi studi in ambito scientifico. Nel 1755 ottenne la licenza di magister, mansione che esercitò per quindici anni. Non ha però ancora uno stipendio fisso (viene pagato direttamente dagli studenti), e ciò lo obbliga a lavorare molto; prepara meticolosamente le sue lezioni, dimostrandosi un buon insegnante e piacevole da ascoltare. Nel 1770 lavorò come vicebibliotecario presso la Reale Biblioteca, nello stesso anno in cui pubblicò la "Dissertazione", testo grazie al quale riuscì ad ottenere la cattedra di metafisica e logica all'università di Königsberg, dove svolse la professione sino alla morte avvenuta nel 1804, adempiendo con scrupolosità ai suoi doveri accademici anche quando per debolezza senile gli divennero estremamente gravosi. E' in questi anni che prepara e poi scrive le sue tre più grandi opere: la Critica della ragion pura, la Critica della ragion pratica e la Critica del giudizio.

La vita di Kant fu priva di avvenimenti sconvolgenti, dedicata interamente alle attività intellettive, a cui fece cornice uno stile di vita regolare ed abitudinario. La sua giornata cominciava alle cinque, subito dedicata al lavoro, e continuava con la colazione insieme agli amici (in prevalenza filosofi), poi una passeggiata, il riposo alle dieci... Non lasciò mai la sua città natale, neanche dopo la chiamata dell'università di Halle che gli offriva uno stipendio più alto, un maggior numero di studenti e di conseguenza anche maggior prestigio. Era convinto che Königsberg fosse il posto ideale per i suoi studi. L'unico fatto che uscì fuori dai canoni di una vita completamente dedicata allo studio, fu lo screzio che ebbe con il governo di Prussia a seguito della seconda edizione, pubblicata nel 1794, di Religione nei limiti della semplice ragione, ma con l'incoronazione di Federico Guglielmo III la libertà di stampa venne ripristinata e Kant rivendicò la libertà di pensiero nel Conflitto delle facoltà, del 1798. Morì nel 1804 colpito dal morbo di Alzheimer. Sulla sua lapide vi è una frase che sintetizza il senso profondo della sua filosofia:

"Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me."

[modifica] Le opere

Le opere fondamentali di Kant sono le tre "critiche". Esse sono precedute da una notevole serie di opere minori in età giovanile.

[modifica] Fase pre-critica

Kant da giovane aveva due interessi di fondo: la fisica di Newton e la metafisica di Leibniz. È cosciente del fatto che sono due discipline totalmente diverse, ma tenta di conciliarle. Le opere pre-critiche si dividono in due fasi. La prima va dal 1755 al 1762 mentre la seconda dal 1762 al 1770 (anno in cui scrive la Dissertazione del '70).

[modifica] Prima fase 1755 -1762

Nelle opere scritte in questo periodo Kant tenta di conciliare fisica e metafisica; il pensiero di Newton con quello di Leibniz. In questo periodo scrive

  • Storia universale e teoria dei cieli

dove afferma che l'universo si è formato da una nebulosa originaria (tesi detta di Kant-Laplace). Dice che la fisica spiega il mondo meccanico secondo gli schemi di Newton ma è valida solo per il mondo fisico. Mentre per spiegare la vita abbiamo bisogno del finito della metafisica.

  • Nuova delucidazione dei principi della conoscenza metafisica

Con quest'opera vinse la libera docenza all'università di Koninsberg. È un opera di stampo leibiniziano e mette in evidenza i 2 principi della metafisica: di identità e di non contraddizione. Kant denota l'esigenza di fondare il principio di ragion sufficiente.

  • Monadologia fisica

È un'opera di stampo leibniziano e tratta delle monadi. Però dice che queste non possono esssere solo entità spirituali ma devono anche essere elementi fisici. Anche in quest'opera è presente la tendenza di Kant a conciliare fisica e metafisica.

  • Saggio sull'ottimismo

[modifica] Il noumeno nella filosofia di Kant

Il noumeno "essenza pensabile, ma inconoscibile della realtà in sé" nella filosofia di Kant, posto che i sensi umani siano limitati nelle loro percezioni, è l'oggetto inconoscibile nella sua interezza sensoriale, "la cosa in sé". Dunque il noumeno è l'oggetto dell'intelletto, della conoscenza pura, ovvero ciò che si può conoscere utilizzando null'altro che le capacità intellettuali, contrapposto agli oggetti dell'esperienza comune, conosciuti in modo più immediato per mezzo dei sensi (il fenomeno). Il noumeno si identifica nella realtà inconoscibile e non raggiungibile attraverso la conoscenza diretta, ma solo grazie all'intuizione della sua semplice esistenza.

[modifica] La Critica della ragion pura

Il tema principale trattato da Kant nella Critica della ragion pura è quello della conoscenza e della correlazione sussistente tra metafisica e scienza. Gli interrogativi che si pone sono come siano possibili la matematica e la fisica in quanto scienze e la metafisica in quanto disposizione naturale e in quanto scienza.

Egli vuole inoltre superare le posizioni parziali del razionalismo e dell'empirismo, fondando una metafisica che sia universale e necessaria ma anche progressiva, che si esprima attraverso giudizi sintetici a priori e che sia quindi una scienza.

il giudizio corrisponde per Kant all'unione di un predicato ed un soggetto tramite una copula, distingue quindi i giudizi analitici, i giudizi sintetici a posteriori e i giudizi sintetici a priori.


[modifica] Il giudizio analitico

Il giudizio analitico è un'affermazione formulata a priori la cui validità è universale e necessaria e quindi non necessita della verifica sperimentale, in quanto il concetto che funge da predicato si puo' ricavare dal soggetto. Questi tipi di giudizi sono pero' tautologici perché affermano solamente ciò che è già noto e quindi non danno alcuna informazione aggiuntiva. Ad esempio, la frase "la sfera è rotonda" è un giudizio analitico. Un giudizio analitico puo', semmai, aiutare a comprendere più facilmente i concetti impliciti contenuti in un soggetto. Questo è il tipo di giudizio usato dai razionalisti.

[modifica] Il giudizio sintetico

Il giudizio sintetico è un giudizio in cui il concetto che funge da predicato non si trova implicito nel soggetto anche se vi è connesso, è un giudizio estensivo(estende la conoscenza).

[modifica] Il giudizio sintetico a posteriori

Il giudizio sintetico a posteriori dà sempre delle informazioni aggiuntive riguardo il soggetto considerato. Queste informazioni, pero', derivano dall'esperienza e non sono quindi né universali né necessarie, perché soggettive. Questo è il tipo di giudizio usato dagli empiristi.

[modifica] Il giudizio sintetico a priori

Il giudizio sintetico a priori è un giudizio che pur ampliando la conoscenza, dal momento che il predicato non è implicito nel soggetto, presenta i caratteri di universalità e necessità, perché non deriva dall'esperienza. La validità universale e la certezza che caratterizzano il giudizio sintetico a priori derivano infatti dalla possibilità dell'intelletto di «uscire a priori dal concetto», rivolgendosi all'intuizione pura attraverso la «guida» di un termine medio, cioè dello schema prodotto dall'immaginazione trascendentale. Quando cioè si passa da un concetto ad una intuizione per ottenere un giudizio sintetico a priori occorre stabilire un rapporto con la forma del senso esterno (forma pura spaziale) da parte del senso interno (forma pura temporale) autodeterminata intellettualmente attraverso l'identità dell'appercezione.

I giudizi sintetici a priori sono i fondamenti su cui poggia la scienza poiché accrescono il sapere (in quanto sintetici), ma non necessitano di essere riconfermati ogni volta dall'esperienza perché universali e necessari. In questo caso Kant ha una posizione nettamente distinta da quella di Hume, in quanto il filosofo scozzese, essendo empirista, riterrebbe necessaria ogni volta una conferma giacché a suo parere non si sarebbe in grado di dire che le cose in futuro non potrebbero cambiare.

[modifica] La conoscenza umana

Giunto a questo punto Kant stabilisce un nuovo sistema conoscitivo per determinare da dove arrivino i giudizi sintetici a priori, se questi non derivano dall'esperienza. Questa nuova teoria della conoscenza è una sintesi di materia (empirica) e forma (razionale ed innata). La prima è la molteplicità caotica e mutevole delle impressioni sensibili che provengono dall'esperienza. La seconda è invece l'insieme delle modalità fisse attraverso cui la mente umana ordina tali impressioni. In questo modo la realtà non modella la nostra mente su di sé, ma è la mente che modella la realtà attraverso le forme tramite cui la percepisce. La realtà come ci appare in base alle forme a priori è il fenomeno, mentre la realtà così com'è è indipendente da noi ed è per noi inconoscibile. Quest'ultima è detta noùmeno.

Kant definisce quindi la conoscenza come ciò che scaturisce da tre facoltà: la sensibilità, l'intelletto e la ragione. La sensibilità è la facoltà con cui percepiamo i fenomeni e poggia su due forme a priori, lo spazio e il tempo. L'intelletto è invece la facoltà con cui pensiamo i dati sensibili tramite i concetti puri o categorie. La ragione è la facoltà attraverso cui cerchiamo di spiegare la realtà oltre il limite dell'esperienza tramite le tre idee di anima, Dio e mondo. Su questa tripartizione del processo conoscitivo si articola la Critica della ragione pura suddivisa in dottrina degli elementi e dottrina del metodo. La prima si occupa di studiare le tre facoltà conoscitive tramite l'estetica trascendentale (sensibilità) e la logica trascendentale, a sua volta suddivisa in analitica (intelletto) e dialettica (ragione).

La suddivisione della Critica della ragion pura può essere così schematizzata:

                                Critica della ragion pura
                                 /                     \
                                /                       \
                               /                         \
    Dottrina trascendentale degli elementi               Dottrina trascendentale del metodo
         /                 \
        /                   \
Estetica trascendentale      \
        |                     \
        |               Logica trascendentale
  Spazio, tempo             /               \
                           /                 \
                          /                   \
             Analitica trascendentale         Dialettica trascendentale
                    /         \                    /          |      \
                   /           \              Psicologia  Cosmologia  Teologia
                  /             \             razionale   razionale   razionale
     Analisi concetti puri    Analitica dei
     (o categorie).           principi

[modifica] Estetica trascendentale

Kant usa il termine "estetica" intendendo il suo significato etimologico: aisthesis in greco significa "sensazione", "percezione". Infatti, in questa parte della Critica, Kant si occupa della sensibilità e delle sue forme. La sensibilità svolge due ruoli nel processo conoscitivo. Il primo di questi è recettivo (passivo) ed è il procedimento attraverso cui prende i propri contenuti dalla realtà esterna. In seguito la sensibilità svolge il suo secondo ruolo (attivo) e cioè riordina le informazioni empiriche tramite le forme a priori. Queste sono lo spazio e il tempo. Lo spazio è la forma del senso esterno e si occupa dell'intuizione della sola disposizione delle cose esterne. Il tempo è la forma del senso interno e regola la succesione delle cose esterne.

Spazio e tempo,secondo Kant, sono quadri mentali a priori entro cui connettiamo i dati fenomenici, sono TRASCENDENTALI, cioè "reali" ed "oggettivi" rispetto all'esperienza, ma non derivano da essa in quanto essa presuppone le rappresentazioni di spazio e di tempo. Questi hanno natura intuitiva, cioè non subiscono la mediazione delle categorie, e non discorsiva in quanto non concepiamo lo spazio dai vari spazi, ma intuiamo i vari spazi come un unico spazio (dimostrazione metafisica dell'apriorità dello spazio e del tempo). Secondo Kant la matematica e la geometria sono sintetiche e a priori in quanto la loro validità è indipendente dall'esperienza e aggiungono qualcosa di nuovo al soggetto. La geometria usa intuitivamente lo spazio e la matematica fa lo stesso con il tempo, cioè di successione, senza ricavarli da altro (dimostrazione matematica dell'apriorità dello spazio e del tempo).

Di conseguenza essendo aritmetica e geometria basati su spazio e tempo, così come la sensibilità umana, allora possono essere applicate al mondo fenomenico.

[modifica] Analitica trascendentale

Kant ritiene che le intuizioni siano delle affezioni (passive) mentre i concetti sono funzioni (attive) che riordinano e unificano più rappresentazioni.

I concetti possono essere empirici, cioè derivare dall'esperienza, o puri, cioè essere contenuti a priori dall'intelletto. Ciascun concetto è il predicato di un giudizio possibile ( es: il metallo [soggetto] è un corpo [predicato])e tutti questi sono posti in alcune caselle a priori che sono i concetti puri. I concetti puri coincidono con le categorie aristoteliche. Differentemente da Aristotele, le categorie in Kant hanno valore esclusivamente gnoseologico-trascendentale, quindi si applicano solo al fenomeno e non alle cose in sé. A ciascun giudizio Kant fa coincidere una categoria.

Dopo aver formulato questa teoria, Kant ne deve dimostrare la validità (deduzione trascendentale). In questo caso il termine deduzione implica la dimostrazione della legittimità di una pretesa di fatto. La deduzione riguarda il quid iuris (le cose come le giudichiamo) e non il quid facti (le cose come sono in realtà).

Per giustificare quindi ciò che ci garantisce che la natura obbedirà alle categorie, manifestandosi in esperienza come noi crediamo, Kant procede secondo questo ragionamento:

  1. l'unificazione del molteplice non è fatta dalla molteplicità (che è passiva), ma da un'attività sintetica che ha sede nell'intelletto;
  2. distinguendo l'unificazione dall'unità, Kant identifica la suprema unità fondatrice della conoscenza con il centro mentale unificatore, denominato "Io penso", che è comune a tutte le persone ed è quindi oggettivo;
  3. l'io penso opera tramite i giudizi e cioè il modo in cui il molteplice dell'intuizione viene pensato;
  4. i giudizi si basano sulle categorie, cioè sui vari modi in cui l'io penso agisce.

Di conseguenza un oggetto non può essere pensato senza ricorrere alle categorie. Riassumendo:

  • i pensieri presuppongono l'io penso;
  • l'io penso opera tramite le categorie;
  • gli oggetti pensati presuppongono le categorie.

L'io penso è quindi il principio supremo della conoscenza umana, ma non deve essere inteso come creatore della realtà, ma solo come colui che la ordina. kant afferma "l'Io è il legislatore della natura".Di conseguenza l'interiorità necessita dell'esteriorità per essere concepita.

Kant deve quindi spiegare come le categorie possano operare sulla realtà fenomenica. Ciò avviene in quanto il tempo condiziona gli oggetti, ma è a sua volta condizionato dall'intelletto. Di conseguenza, tramite il tempo, l'intelletto è in grado di condizionare gli oggetti fenomenici. Questa soluzione richiama la dottrina dello schematismo, intendendo per schema la rappresentazione intuitiva di un concetto.

Con la dottrina dello schematismo trascendentale kant abbina a ogni categoria aristotelica(quantità, qualità, etc.) una forma spazio-temporale, facendo vedere che le categorie sono leggi della mente in quanto lo spazio e il tempo senza oggetti sono un'astrazione che esiste solo nell'io-penso che li colloca sulla cosa-in-sé per ordinare il mondo.La sensibilità è la ricezione della cosa-in-sé,la sua modellazione-ordinamento inconsapevole con lo spazio e il tempo e la visione cosciente del risultato. Esso non è un sogno scelto dall'io, ma un'interpretazione che dipende e varia con gli input che vengono dalla cosa-in-sé che è indefinita, ma non indeterminata.

Da qui Kant definisce i principi dell'intelletto puro, cioè le regole di fondo tramite cui avviene l'applicazione delle categorie agli oggetti. Questi sono quattro come le categorie:

  1. Assiomi dell'intuizione (categoria della quantità): affermano a priori che tutti i fenomeni intuiti costituiscono delle quantità estensive e per tanto sono conoscibili sola attraverso la sintesi successiva delle sue parti;
  2. Anticipazioni della percezione (categorie della qualità): affermano a priori che ogni fenomeno percepito ha una quantità intensiva e per tanto sono suddivisibili indefinitamente;
  3. Analogie dell'esperienza (categorie della relazione): affermano a priori che l'esperienza costituisce una trama necessaria di rapporti basata sui principi:
    • a) della permanenza della sostanza;
    • b) della causalità;
    • c) dell'azione reciproca;
  4. Postulati del pensiero empirico in generale (categorie di modalità): stabiliscono
    • a) ciò che è possibile;
    • b) ciò che è reale;
    • c) ciò che è necessariamente.

Le leggi particolari possono essere desunte soltanto dall'esperienza.

Il conoscere ha come limite l'esperienza, in quanto, procedendo oltre questa, non vi sono prove della sua fondatezza. Noi possiamo quindi solo conoscere la realtà fenomenica, cioè la realtà per-noi, ma mai la realtà in-sé. Questo in-sé, che per noi è precluso, può essere conosciuto solo da un'eventuale intelligenza divina superiore, ma non può essere in rapporto conoscitivo con noi. Kant identifica l'in-sé con il termine greco noumeno.

Kant distingue l'esperienza secondo due accezioni. La prima implica la sola esperienza sensoriale, la seconda invece comprende la totalità della conoscenza fenomenica, cioè la conoscenza sensoriale tramite le forme a priori della mente.

[modifica] Dialettica trascendentale

In quest'ultima parte dell'opera Kant si occupa del problema della metafisica come scienza. Il termine dialettica assume il significato di logica della parvenza, arte sofistica in grado di dare alla proprie illusioni l'aspetto della verità, a prescindere dal sapere fondato. Nella dialettica trascendentale Kant intende motivare la necessità profonda che spinge l'uomo ad indagare su argomenti che vanno oltre l'esperienza tramite ragionamenti fallaci. Ciò è dovuto al desiderio innato della mente umana che la spinge a voler trovare una conoscenza totale della realtà. Questo si fonda su tre idee trascendentali:
l'anima: totalità dei fenomeni interni;
il mondo (o cosmo): totalità dei fenomeni esterni;
Dio: totalità di tutte le totalità e fondamento di ogni cosa.
A ciascuna di queste tre associa una scienza che, procedendo erroneamente oltre il limiti del pensiero, giunge a conclusioni sbagliate.

  • L'anima è studiata dalla psicologia razionale che è fondata, secondo Kant, su un paralogisma, cioè su un ragionamento errato che consiste nell'applicare la categoria di sostanza all'io penso rendendolo così una realtà eterna, spirituale, immortale, incorruttibile e personale. In realtà l'io penso è un'unita formale che non ha nessuna prova empirica e di cui quindi non è possibile conoscere nulla, ma è soprattutto una funzione logica a cui non si possono applicare le categorie che agiscono solo sugli elementi di derivazione empirica.
  • Il mondo è studiato dalla cosmologia razionale che pretende di riuscire a spiegare il cosmo nella sua totalità, cosa impossibile a partire dal fatto che è impossibile avere un'esperienza di tutti i fenomeni, ma si può avere solo di alcuni. Pertanto i metafisici, quando tentano di spiegarlo, cadono in procedimenti razionali contradditori con sé stessi (antinomie) e cioè due ragionamenti egualmente validi e dimostrabili dal punto di vista razionale, ma opposti tra di loro e tra cui è quindi impossibile operare una scelta poiché manca un criterio valido. Le antinomie sono quattro: finità/infinità del mondo, semplicità/complessità del mondo, libertà/non libertà della causalità delle leggi di natura, ente necessario/contingente delle cause cosmiche.
  • Dio è invece l'oggetto di studio della teologia razionale, ma è al tempo stesso una concezione che trae le proprie origini da semplici passaggi razionali e non empirici. Per tanto nulla può essere detto sulla sua natura, ma, i teologi, hanno elaborato per colmare questa mancanza tre prove dell'esistenza di Dio:
    • Ontologica: Questa dimostrazione di Dio viene proposta per la prima volta da Anselmo d'Aosta. Delle tre prese in considerazione da Kant, questa è forse la più raffinata dal punto di vista logico, basandosi su di un solido ragionamento deduttivo a priori. Se Dio viene definito come l'essere perfettissimo, del quale non si può pensare niente di maggiore, non può esistere solo nella mente ma anche nella realtà. Da ciò segue che non si può pensare Dio come essere perfettissimo, senza postulare la sua esistenza, in quanto potrei pensare a un essere uguale, ma esistente nella realtà, ma questa è una contraddizione interna al mio ragionamento, perciò Dio deve esistere anche nella realtà. Kant dice che questo ragionamento si basa su di un salto mortale metafisico, che dal piano logico passa al piano ontologico. L'idea di perfezione non contiene al suo interno l'esistenza, che quindi non può essere dedotto a priori, ma solamente a posteriori; Anselmo considerava l'esistenza un predicato, mentre è un quantificatore, come dimostrato da Gottlob Frege nei suoi Scritti postumi del 1986.
    • Cosmologica: La prova cosmologica dell'esistenza di Dio si basa sulle cinque vie di Tommaso d'Aquino. Queste si basano sulla logica aristotelica. È evidente che il mondo sia regolato sul principio di causa-effetto, e risalendo a ritroso la catena causale si deve ammettere la presenza di una causa prima incausata, poiché se non esiste la causa, non esisterebbe l'effetto, ma se esiste l'effetto, deve necessariamente esistere la causa, che coincide con Dio. Kant sostiene che questo argomento è fondato sull'errata applicazione della categoria di causalità, utilizzata per passare dal mondo fisico-fenomenico al piano metafisico. Inoltre questa dimostrazione di Dio richiama implicitamente la prova ontologica, in quanto la causa è necessaria e perfetta non può fare a meno di esistere;
    • Fisico-teologica o teologica: Delle tre, questa è la prova più intimamente accettabile, poiché afferma l'esistenza di una realtà ordinata e strutturata, deve esserci una mente ordinatrice, che viene associata con Dio. Per spiegare l'ordine della natura, bastano le sole leggi scientifiche e non un essere metafisico. Da questo punto di vista, basterebbe soltanto un dio ordinatore e non creatore, quindi il Demiurgo platonico e non il Dio creatore cristiano. Perciò si ricade nella prova cosmologica, in quanto questo essere sarebbe la causa della natura.

L'uomo ha sempre preteso di dimostrare l'esistenza di un Essere che abbia le stesse caratteristiche del mondo (mirabile, saggiamente conformato, ecc...), ma trascura che queste caratteristiche sono determinate e relative a noi, che in quanto finiti non possiamo fare esperienza dell'infinito. È comunque importante notare che Kant non assume una posizione atea, in quanto non nega l'esistenza di Dio, ma semplicemente nega la possibilità di dimostrarla: egli è pertanto agnostico. La figura di Dio viene ripresa all'interno della Critica della Ragion Pratica.

Così, all'interno della sua speculazione filosofica, la idee trascendentali o metafisiche hanno soltanto funzione regolativa, e non certo costitutiva. Queste rappresentano come idea limite verso le quali dirigere la conoscenza del mondo. Da questo il concetto di noumeno perde il suo attributo di esistenza, ma rappresenta solo il concetto limite di ogni nostra idea, assumendo soltanto valenza logica. Per questo la filosofia kantiana viene chiamata filosofia del limite.

Da queste deduzioni, Kant opera un nuovo concetto di metafisica intendola come scienza dei concetti puri.Questa è divisa in metafisica della natura (studia i principi a priori della conoscenza della natura) e la metafisica dei costumi (studia i principi a priori dell'azione morale).

[modifica] La Critica della ragion pratica

Contrapposta alla ragione pura è la ragione pratica. Una volta negata la possibilità di una comunione universale, di un "mondus intelligibilis" (Kant non può che distinguere, secondo l'analisi eseguita sulla ragion pratica, il mondo in fenomeno e cosa in sé), viene introdotta l'ipotesi di un'unità morale. La morale che propone Kant è uno studio sul giusto agire degli uomini che non prescinde dalle regole dettate dalla ragione, ossia l'etica per essere giusta deve seguire i percorsi della ragione, ed è pur sempre ragione, non pura, ma pratica.

In particolar modo Kant introduce il concetto di imperativo categorico, ovvero un comportamento è da considerare morale in modo categorico "senza possibilità di smentita" quando è universalmente riconosciuto, giusto in ogni momento ed in ogni situazione umana. Questo comportamento diventa allora vincolante per la morale di tutti gli uomini, ed una sua mancata applicazione significherebbe azione immorale.

L'idea è che l'uomo possa farsi guidare dalla ragione non solamente nel campo delle scienze ma anche nel campo della pratica morale dell'etica. In particolare l'imperativo categorico che deve guidare l'uomo come necessità volontaria non è una costrizione ma un aderire ad una legge razionale che l'uomo stesso ha formulato per mezzo della propria ragione.

[modifica] L'etica e l'imperativo categorico

Kant distingue fra comandi condizionali e imperativo categorico. Il rischio di una morale utilitaristica come quella cui più tardi pervenne l'inglese Bentham, portò il filosofo a cercare il fondamento della morale in un comando non condizionale.

Dimostrato che la ragione che pretende di parlare dell'incondizionato cade in contraddizione, una fondazione razionale e non contradditoria della morale doveva escludere un imperativo non condizionale. Kant arriva a concludere che l'etica non è fondabile razionalmente ma che è un imperativo categorico che ogni io deve darsi liberamente.

Non si tratta soltanto di una libera scelta, variabile da io a io, l'etica kantiana rientra nell'ambito filosofico e necessario; il rispetto della morale deducibile come una necessità dell'essere in altre costruzioni filosofiche, è qui impedito con l'esclusione di comandi condizionali e non.

Kant parte dalla volontà di dimostrare che l'io è legato al rispetto dell'etica, che considera un giudizio sintetico a priori che la ragione, dunque, conosce e può dimostrare. Lo vuole dimostrare perché è convinto che l'io è legato al rispetto dell'etica, quanto lo è del paradosso della sofferenza del giusto.

Non stupisce che postuli l'esistenza di un imperativo categorico o voce della coscienza, simile al demone socratico, che universalmente in ogni individuo spinge al rispetto di regole morali universali che si traducono in azioni differenti fra i vari contesti. Così il giudizio etico come il giudizio estetico varia nel tempo a seconda della situazione, ma è sempre riconducibile in ogni individuo all'applicazione di regole universali che fanno agire per il giusto e contemplare per il bello, senza variare da individuo a individuo: le regole etiche ed estetiche sono le stesse in ogni individuo ed egualmente la loro applicazione: qualunque individuo purché razionale, nella stessa situazione, avrebbe fatto la stessa cosa e considerato bella una certa opera.

La ragione diventa l'ambito dell'universalità di tutti i giudizi, etici ed estetici, del loro tradursi in atti pratici. Il metro di valutazione del giusto può variare al massimo da una generazione di umani ad un'altra, nel senso della loro applicazione; le regole alla base sono sufficientemente generali da considerarle comuni agli essere umani di ogni spazio e tempo, trascendentali ad ogni spazio ed ad ogni tempo.

Come si vede le scelte etiche e la fruizione del bello che sono tradizionalmente fatti personali, sono ricondotti a principi collettivi: Kant non ha mai parlato dell'io singolare (sé stesso o gli altri, ad es.); quando parlava dell'io, si riferiva sempre all'io trascendentale che da Duns Scoto in poi è rimasto il limite della filosofia.

Un'etica con principi indipendenti dallo spazio e dal tempo (universali per entrambi) che sono posti in essere dall'io, viene prima ossia a priori dell'io (si può pensare innata, mentre l'applicazione dei principi dipende dallo spazio e dal tempo, contesto in cui sono ad agire, che sono però anch'essi realtà trascendentali fra gli individui: l'etica dipende dallo spazio-tempo se non in un contesto oggettivo, comune a tutti, dove oggettività è per Kant intersoggettività; nei sogni, che sono uno spazio-tempo soggettivo, diverso fra individui, ognuno è libero dall'etica entro certi limiti). Se non è dominata dall'io, nemmeno lo domina essendo l'io il protagonista del Regno dei Fini dove ogni persona è il fine delle azioni degli altri.

Scontrandosi con l'affermazione della libertà dell'uomo, l'etica kantiana non ha trovato esseri che necessariamente agiscono per il giusto; ha creato un ambito, quello della ragione, in cui l'io entrato liberamente ha accettato di "farsi costringere" dalla ragione al rispetto di certe regole, pena la perdita del godimento del bello che è negato ai bruti e di una consolante universalità dell'agire umano.

L'imperativo categorico in questo sistema è un postulato non fondabile, che forse lo sarebbe altrove; per Kant era prima di tutto un dato di fatto per il pietismo tedesco, la forte educazione materna che lo portavano ad avere un forte senso etico. Filosofiche sono però le sue conseguenze: l'idea per la quale sarebbe contradditoria una ragione che comanda cose che siamo costretti a raggiungere, da cui la fondazione della libertà della volontà umana:

  • che comanda cose irragiungibili la cui affermazione si scontra con il paradosso della sofferenza del giusto, e richiede una vita ultraterrena per affermare la giustizia fra gli io, ripagando le ingiustizie, bloccando l'attività degli ingiusti, riservando il tempo e la libertà a chi dalla parte della ragione ha scelto (e continuerà) contro l'ingiustizia: da cui l'immortalità dell'anima
  • l'esistenza di un Dio, più forte degli altri io, per porre una compensazione alle ingiustizie terrene e levare la libertà agli ingiusti evitando ingiustizie ultraterrene che ripeterebbero la contraddizione all'infinito; una divinità la cui azione si svolgerebbe principalmente o esclusivamente nell'altra vita, sensibilmente diversa dalle concezioni tradizionali che non concepirono mai una sorta di "Provvidenza ultraterrena".

Dunque, l'imperativo categorico è un dato di fatto, un postulato, un giudizio sintetico a priori, un comando di razionalità che viene dalla ragione in quanto essa è universale.

[modifica] La Critica del giudizio

La critica del giudizio analizza il sentimento attraverso una visione finalistica.I giudizi sentimentali costituiscono il campo dei giudizi riflettenti, i quali si limitano a riflettere su una natura già costituita mediante i giudizi determinati ed ad interpretarla attraverso le nostre esigenze di finalità ed armonia. Mentre i giudizi determinanti sono oggettivamente validi quelli riflettenti esprimono un bisogno che è tipico di quell'essere finito che è l'uomo. La critica del giudizio quindi è un'analisi dei giudizi riflettenti. I giudizi riflettenti sono di due tipi: estetici e teleologici ed entrambi ci pervengono a priori. I giudizi estetici vengono vissuti immediatamente e intuitivamente dalla nostra mente in relazione con l'oggetto e riguardano la bellezza della cosa. I giudizi teleologici invece attraverso un ragionamento pervengono al fine dell'oggetto in relazione al mondo.Per esempio riflettendo sullo scheletro di un animale diciamo che esso è stato prodotto al fine di reggere l'animale.

[modifica] Il giudizio estetico

Kant nella Critica del giudizio analizza il bello dando quattro caratteristiche/definizioni principali:

  • il disinteresse: secondo la qualità un oggetto è bello solo se è tale disinteressatamente quindi non per il suo possesso o per interessi di ordine morale, utilitaristico ma solo per la sua rappresentazione
  • l'universalità: secondo la quantità il bello è ciò che piace universalmente, condiviso da tutti, senza che sia sottomesso a qualche concetto o ragionamento, ma vissuto spontaneamente come bello
  • la finalità senza scopo: secondo la relazione un oggetto è bello non perché fosse il suo scopo esserlo ma è come se vedere un oggetto bello sia vedere la sua compiutezza anche se in realtà non vi è alcun fine
  • la necessità: secondo la modalità è bello qualcosa su cui tutti devono essere d'accordo necessariamente ma non perché può essere spiegato intellettualmente, anzi Kant pensa che il bello è qualcosa che si percepisce intuitivamente quindi non ci sono dei principi razionali del gusto tanto che l'educazione alla bellezza non può esistere in un manuale ma solo nella contemplazione delle cose belle.

Ovviamente Kant cerca di far luce su quella che è l'universalità del bello facendo la distinzione tra il piacevole legato ai sensi e quindi dato da giudizi estetici empirici privi di universalità e il piacere estetico puro che invece non subisce condizionamenti di alcun tipo (quindi universale); tra bellezza aderente riferita ad un determinato modello come un edificio o un abito e bellezza libera appresa senza alcun concetto come la musica senza testo(ovviamente solo quest'ultima è universale).

Il filosofo trovandosi di fronte il problema della legittimizzazione dell'universalità del giudizio estetico decide di spiegarlo affermando che quest'ultimo nasce dall'armonia tra immaginazione (irrazionale)e intelletto (razionale); questo meccanismo, uguale in tutti gli uomini, dimostra che il gusto gode di universalità. Qui risiede la "rivoluzione copernicana" della Critica del Giudizio: il bello non è più qualcosa di oggettivo e ontologico ma l'incontro tra spirito e cose attraverso la mediazione della nostra mente (perché è sempre il soggetto alla base di tutto). Se la bellezza fosse contenuta esclusivamente nell'oggetto non sarebbe universale perché imposta dalla natura.

[modifica] Opere di Kant

  • Pensieri sulla vera valutazione delle forze vive (1746).
  • Storia universale della natura e teoria del cielo (1755)
  • Deigne (dissertazione di dottorato 1755).
  • Principiorum primorum cognitionis methapysicae nova delucidatio (tesi di docenza universitaria 1755).
  • I terremoti (1756).
  • Teoria dei venti (1756).
  • Monadologia physica (1756).
  • Progetti di un collegio di geografia fisica (1757).
  • Sull'ottimismo (1759).
  • La falsa sottigliezza delle quattro figure sillogistiche (1762).
  • Unico argomento possibile per una dimostrazione dell'esistenza di Dio (1763).
  • De mundis sensibilis atque intelligibilis forma et principiis (1770).
  • Critica della ragion pura (1781, 2ª ed. 1787).
  • Prolegomeni ad ogni futura metafisica che voglia presentarsi come scienza (1783).
  • Risposta alla domanda:che cos'è l'Illuminismo? [1] [2] (1784).
  • L'illegittimità della ristampa dei libri [3] (1785).
  • Fondazione della metafisica dei costumi (1785).
  • Princìpi metafisici della scienza della natura (1786).
  • Critica della ragion pratica (1788).
  • Critica del giudizio (1790).
  • La religione nei limiti della semplice ragione (1793).
  • Sul detto comune: "questo può essere giusto in teoria, ma non vale per la pratica" [4] (1793).
  • Per la pace perpetua [5] (1795).
  • La metafisica dei costumi (1797).
  • Il conflitto delle facoltà (1798).
  • Logica (1800, a cura di un suo allievo).
  • La pedagogia (1803)

[modifica] Aneddotica

Il preteso rigorismo morale ha favorito il fiorire di leggende sulla precisione di Kant: si dice che egli stesso si imponesse rigide regole di vita. Stando a queste storie, tutte le sere andava a dormire alle dieci in punto, per alzarsi alle cinque meno cinque del mattino seguente, senza mai anticipare o ritardare l'ora. Altresì, si racconta che i suoi concittadini regolassero gli orologi basandosi sulla sua routine quotidiana.

Solitamente, questi aneddoti sono giustificati dal suo celebre ritiro dalla vita mondana, durante il quale scrisse la Critica della ragion pura. Come attesta Massaro, la costanza richiesta dagli studi unita al contenuto della sua etica si sono fuse nella celebre leggenda.

[modifica] Bibliografia

  • Erich Adickes, Kant und das Ding an sich, Berlino, Heise, 1924 (l'opera alla base dell'interpretazione del noumeno come cosa in sé).
  • Ernst Cassirer, Vita e dottrina di Kant, Firenze, La Nuova Italia, 1984 (il punto di vista di un eminente neokantiano).
  • Herman J. de Vleeschauwer, L'evoluzione del pensiero di Kant, Bari, Laterza, 1976 (un classico dal quale lo studioso serio di Kant non può prescindere).
  • Norman Kemp Smith, Commentary to Kant's Critique of Pure Reason, New York, Palgrave Macmillan, 2003 (opera discussa e discutibile - espone la "teoria del patchwork", secondo la quale i passi più difficili di Kant vanno interpretati ipotizzando che la Critica della Ragion Pura venne pubblicata mettendo insieme fogli di appunti scritti in periodi diversi - che ha tuttavia esercitato notevole influenza).
  • Herbert J. Paton, Kant’s Metaphysic of Experience: A Commentary on the First Half of the Kritik der reinen Vernunft, Londra, Macmillan, 1936 (un altro classico, che dedica particolare attenzione ai giudizi analitici).
  • Luigi Scaravelli, Opere (a cura di M. Corsi), vol. II, Scritti kantiani, Firenze, La Nuova Italia, 1968 (un classico della letteratura italiana su Kant).

[modifica] Voci correlate

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