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Suicidio - Wikipedia

Suicidio

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Per suicidio s'intende l'atto col quale l'individuo si procura volontariamente e consapevolmente la morte.

È il gesto autolesivo più estremo, tipico in condizioni di grave disagio psichico, particolarmente in pazienti psichiatrici affetti da grave depressione e/o disturbi della personalità di tipo psicotico.

Il tentato suicidio non viene considerato reato dall'ordinamento giuridico italiano e da molti altri ordinamenti civili moderni, nonostante lo fosse nei periodi anteriori alla Rivoluzione francese. Inoltre, la legge 580 del codice penale vieta categoricamente sia l'istigazione sia l'agevolazione in qualsiasi modo del suicidio altrui. In molti stati (p.e. la California) il tentato suicidio continua a costituire reato.

Sociologicamente il suicidio è stato trattato in modo molto approfondito da Emile Durkheim, che lo categorizza in quattro diverse modalità:

Indice

[modifica] Metodi

Le modalità con cui viene messo in pratica un suicidio sono molteplici. A volte, ma non sempre, il metodo usato può essere correlato alla causa che ha spinto il soggetto a togliersi la vita: il depresso spesso preferisce la via che gli appare meno dolorosa, quali overdose di farmaci o stupefacenti, mentre individui psicotici tendono a mettere in opera metodi più "spettacolari", quali l'impiccagione, il salto nel vuoto, il taglio delle vene dei polsi. Di seguito si riporta un elenco dei metodi più comuni, suddivisi in base alla causa della morte.

[modifica] Overdose-avvelenamento

Assunzione di farmaci o veleni in quantità letali. Le sostanze più utilizzate - ordinate per pericolosità crescente - sono:

Dal cianuro di potassio in su l'elevata pericolosità è bilanciata dalla scarsa reperibilità attraverso i canali ordinari. Ovviamente, la lista delle sostanze potenzialmente mortali è molto più lunga di quella presentata.

Un discorso a parte merita l'avvelenamento da monossido di carbonio, metodo molto diffuso a causa della facilità nel reperire la sostanza letale: gli scarichi delle automobili, i fornelli da campeggio e le bombole di gas sono potenziali produttori alla portata di tutti. Solitamente, il suicida si rinchiude in un luogo di piccole dimensioni preventivamente isolato (un'auto, una piccola stanza in casa, ecc.), in modo che il monossido non si disperda nell'ambiente. Attraverso l'inalazione, il monossido si lega all'emoglobina nel sangue sostituendo l'ossigeno e causando la morte del soggetto.

La morte tramite monossido di carbonio è anche nota con il nome di "dolce morte", data la relativa mancanza di sintomi dolorosi. In realtà, i sintomi vanno dal mal di testa fino alle convulsioni, dopo cui sopraggiungono coma e morte.

[modifica] Danni fisici

La categoria comprende tutti i metodi che provocano una morte violenta, dovuta ad un danno da impatto, soffocamento, perforazione, ecc. In genere, questi metodi sono più diffusi di quelli nella categoria overdose-avvelenamento in quanto più accessibili: non è infatti necessaria nessuna sostanza particolare. In compenso, questi metodi sono solitamente più dolorosi e richiedono uno sforzo di volontà maggiore per poter essere utilizzati. Le tecniche più comuni sono:

  • taglio delle vene;
  • precipitazione;
  • impiccagione per sospensione;
  • impiccagione per rottura;
  • uso di armi da fuoco.

Il taglio delle vene è uno dei metodi più diffusi in assoluto. Molto spesso, gli piscologi considerano i tentativi falliti più come richieste d'aiuto che come veri e propri tentati suicidi. Il taglio dei polsi è una varietà di taglio delle vene, non l'unica. Si calcola che il 98% dei tentativi di taglio dei polsi fallisca, data la difficoltà nel centrare l'arteria. Altri possibili punti in cui effettuare il taglio sono: collo, interno coscia, avambraccio interno. In questi casi la percentuale di fallimento si abbassa notevolmente.

Anche i salti sono abbastanza comuni. La maggior parte viene effettuata da edifici o ponti molto elevati: di solito, comunque, se l'edificio non è alto almeno una decina di piani, è facile che il suicidio fallisca. Nella categoria possono essere compresi anche i salti contro auto, treni e veicoli in genere. Ovviamente, maggiore sono la stazza e la velocità del veicolo, maggiore è la probabilità che il suicidio riesca.

L'impiccagione per sospensione è la varietà meno conosciuta di impiccagione. Il suicida posiziona la corda e vi poggia la testa cercando di comprimere le arterie carotidee. Poiché lo scopo è il blocco dell'afflusso di sangue ossigenato al cervello, non è necessario "saltare"; basta tenersi - anche non completamente - in sospensione. Tra le due varietà di impiccagione questa è la più dolorosa: lo strofinio della corda sul collo e i problemi respratori dovuti alla possibile compressione della trachea sono fonti di dolore non trascurabili.

L'impiccagione per rottura è molto simile a quella per sospensione; la differenza, è che in questo caso è necessario saltare (avendo posizionato la testa nella corda) da un punto più in alto del pavimento. Nell'arrestare la caduta, la corda dovrebbe riuscire a spezzare il collo al suicida, causandone la morte. Quando riesce, l'impiccagione per rottura è il metodo da danno fisico meno doloroso. Al contrario, nel caso in cui il salto non sia sufficiente a causare la morte, è ancora possibile il soffocamento come nell'impiccagione per sospensione.

L'uso classico delle armi da fuoco (molto diffuso nei paesi in cui il possesso di armi è poco controllato) è il classico colpo in testa. Molto spesso i suicidi preferiscono posizionare la canna dell'arma all'interno della bocca, per evitare che tremori o spostamenti improvvisi impediscano di centrare il bersaglio.

[modifica] Sociologia e religione: il suicidio in azioni belliche e terroristiche

In ambito bellico le azioni suicide fanno spesso parte di una precisa strategia, messa in atto da eserciti o formazioni più deboli e tecnologicamente arretrate opposte ad eserciti più potenti e preparati.

Si tratta di un'arma con un forte effetto psicologico e propagandistico, come nel caso dei kamikaze giapponesi durante la seconda guerra mondiale.

Negli ultimi anni si è molto diffuso il fenomeno degli attentatori suicidi che compiono azioni terroristiche, spesso facendosi esplodere in luoghi considerati obiettivi di alto valore simbolico rispetto alla causa per cui militano.

I soggetti suicidi, in prevalenza uomini, sono nella maggioranza dei casi individui con una scarsa formazione scolastica e difficili condizioni di sussistenza. Cellule terroristiche, sfruttandone il disagio, li arruolano istigandoli al suicidio a scopo propagandistico-terrorista con la promessa di un roseo aldilà. Il fenomeno si è recentemente diffuso anche tra individui con un livello culturale più elevato e tra le donne.

[modifica] Il tema del suicidio nella musica

Il gesto disperato e insieme eroico del suicidio è stato spesso drammatizzato, in chiave per lo più sublime, nel teatro d'opera.

È celebre l'aria della protagonista nell'ultimo atto della Gioconda di Amilcare Ponchielli su libretto di Arrigo Boito, che inizia appunto con la parola Suicidio! ("Suicidio! ... in questi / Fieri momenti / Tu sol mi resti ...").

Lo stesso tema è stato affrontato più volte nel Rock e nel Grunge americani.

[modifica] Psicologia

È il gesto estremo di una manifestazione psicologica di malessere e patologia.

[modifica] Filosofia

Il suicidio è stato giudicato in diverse maniere lungo la storia della filosofia.

Nell'Etica Nicomachea Aristotele definisce il suicidio un atto di viltà; del resto, già il suo maestro Platone non ammetteva il suicidio se non per qualche necessità assolutamente ineluttabile.

Lo stoicismo è forse uno degli esempi più noti di filosofia che accetta il suicidio e, anzi, in determinate condizioni, lo descrive come un atto naturale. Seneca, filosofo che ha chiuso la sua vita con un atto volontario (sebbene dettato da Nerone, ma ricordiamo che uno stoico non fa nulla contro il proprio volere) o tecnicamente più di un atto - successivamente: cicuta, taglio delle vene dei polsi e dietro le ginocchia, bagni di vapore per spossare il corpo già dissanguato - spiega in più punti della sua opera che lo stoico, quando ritenga di aver compiuto la parte che il fato gli ha destinato, può decidere di uscire dalla vita. L'accettazione del suicidio è la conclusione di una filosofia che insegna che i mali spesso sono tali solo in apparenza, e la morte non fa eccezione. Bisogna però ricordare sempre che il suicidio è ammesso non come fuga, ma solo quando il proprio dovere è compiuto, e anche in questo caso è chiaramente solo una libera scelta.

Nel III sec. d.C. Plotino scrisse un trattato riguardante il suicidio (Enn. I 9 [16]). Per via della propria impostazione panteista, egli critica aspramente le posizioni dello stoicismo; ritiene infatti necessario seguire il corso naturale della vita. La vita stessa, in quanto espressione dell'anima che illumina una natura inferiore, è concepita infatti in senso divino, quale prodotto ultimo della processione da Dio. "Non ti toglierai la vita, affinché l'anima non se ne vada", il suicidio provoca, secondo questa impostazione, un danno all'anima che viene cacciata di forza e in maniera innaturale. Non esiste il suicidio razionale, la violenza al proprio corpo è sempre accompagnata da "angoscia, dolore o ira". La vita è inoltre un percorso evolutivo per il filosofo, che permette di elevarsi attraverso la legge che regola il ciclo delle reincarnazioni: "E se il rango che ciascuno avrà lassù corrisponde alla sua condizione al momento della morte, non bisogna suicidarsi finché c'è la possibilità di progredire".

Se il suicidio affrontato per una causa giusta, come la libertà, è giustificato da alcuni filosofi antichi, la totale condanna di questo gesto, pur nell'umana pietà, è solitamente presente nelle filosofie cristiane o che hanno subito l'influsso del cristianesimo. Il suicidio è infatti condannato come atto immorale o vile di fronte alla vita: "contraddice la naturale inclinazione dell'essere umano a conservare e perpetrare la propria vita", recita infatti il Catechismo della Chiesa Cattolica; "al tempo stesso è un'offesa all'amore del prossimo perché spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale ed umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi".

Alfieri intende il suicidio come atto non di debolezza ma di ribellione: quando gli ostacoli della vita diventano insormontabili e l'uomo si sente sopraffatto da un destino che lo condanna inesorabilmente alla sconfitta, egli ricorre al gesto del suicidio, inteso come protesta a ciò che il destino gli ha riservato.

Il protagonista delle Ultime lettere di Jacopo Ortis, romanzo di Foscolo, si suicidia, atto che è insieme una liberazione e una protesta: liberazione dal dolore e protesta contro la natura, che ha destinato l'uomo all'eterna infelicità.

Giacomo Leopardi fa una distinzione su quelli che potevano essere i motivi di suicidio per le genti del passato e quelli della sua epoca. Dice che gli antichi si suicidavano “per eroismo per illusioni per passioni violente”; mentre i suoi contemporanei si suicidano perché sono “stanchi e disperati di questa esistenza”. Sostiene che il suicidio non può essere considerato un atteggiamento folle, ma al contrario la conseguenza di un logico ragionamento di una fredda analisi razionale. Nonostante il suo pessimismo cosmico definisce il suicidio "la cosa piú mostruosa in natura”.

Secondo Schopenhauer l'obiettivo per liberarsi dal dolore dell'esistenza è superare la volontà di vivere, ma non attraverso il suicidio, il quale non è una soluzione ma una delle massime manifestazioni della volontà di vivere. Schopenhauer sostiene che proprio perché si ama troppo la vita e non la si vuole vivere in una condizione sgradevole ci si libera con il suicidio.

Secondo Heidegger il suicidio è una forma di accettazione non autentica della morte.

[modifica] Voci correlate

  • Seppuku (noto anche come Harakiri)

[modifica] Bibliografia

  • Émile Durkheim. Il suicidio. L'educazione morale. UTET, Torino, 1969

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

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