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Emil Cioran - Wikipedia

Emil Cioran

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Emil Cioran (Răşinari, Sibiu, Romania, 8 aprile 1911 - Parigi, Francia, 20 giugno 1995) fu un filosofo, scrittore e saggista franco-rumeno.

Indice

[modifica] Biografia

Emil Cioran nacque a Răşinari, in Romania, nel 1911. Il padre, Emilian Cioran, era un prete ortodosso e la madre, Elivra Cioran (vero cognome Comaniciu) era originaria di Venetia de Jos (Venezia del Sud), un comune situato vicino a Făgăraş. Il padre di Elvira, Gheorghe Comaniciu, un notaio, ascese allo status di barone grazie alle autorità austro-ungariche. Così Emil Cioran, in virtù della sua linea di discendenza materna, poté essere collegato ad una piccola famiglia di nobili della Transilvania.

La casa natale di Cioran a Răşinari
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La casa natale di Cioran a Răşinari

Dopo aver studiato scienze umane alla scuola superiore Gheorghe Lazăr di Sibiu, a 17 anni Cioran iniziò a studiare filosofia all'Università di Bucarest. Al suo ingresso nell'università ebbe modo di fare conoscenza con Eugène Ionesco e Mircea Eliade, che insieme a Cioran avrebbero formato un trio di amici per tutta la vita. Il futuro filosofo rumeno Constantin Noica e il futuro pensatore rumeno Petre Ţuţea divennero i suoi più stretti colleghi nel periodo in cui fu sotto la direzione di Tudor Vianu e Nae Ionescu. Conoscendo il tedesco molto bene, i suoi primi studi si incentrarono su Immanuel Kant, Arthur Schopenhauer e specialmente Friedrich Nietzsche. Diventò un agnostico, assumendo l'assioma “l'inconvenienza dell'esistenza”. Durante i suoi studi all'università fu anche influenzato dalle opere di Georg Simmel, Ludwig Klages e Martin Heidegger, ma anche del filosofo russo Lev Shestov, che aggiunse la credenza che la vita è arbitraria al suo sistema di pensiero. Cioran si laureò con una tesi su Henri Bergson. Tuttavia il Cioran successivo ripudiò Bergson, affermando che il primo non aveva compreso la tragicità della vita. Nel 1933 ottenne una borsa di studio presso la fondazione Humboldt, grazie alla quale si trasferì a Berlino, dove entrò in contatto con Nicolai Hartmann e Ludwig Klages, poi a Dresda e a Monaco, assistendo all'installazione della dittatura hitleriana, all'assembramento dei militari tedeschi, alla notte dei lunghi coltelli. Cioran, futuro scettico di tutti gli idealismi e persecutore dell'Utopia, in quegli anni si entusiasma di fronte al vitalismo e al misticismo dei nazisti.

Dopo la pubblicazione dei primi libri in lingua rumena, che gli valsero l'etichetta di antisemita, si trasferì in Francia nel 1937. A partire dal 1944 scriverà solo in lingua francese, diventando uno dei migliori prosatori contemporanei, nella lingua che fu di Voltaire.

Morì a Parigi nel 1995 all'età di 84 anni.

[modifica] Pensiero

Nell'ambito del pensiero filosofico, Cioran si colloca tra quelle figure che esulano dai canoni stabiliti dall'epoca e dai sistemi, e che non fanno parte di nessuna corrente o scuola. Il suo stile è caustico, diretto e profondamente emotivo, poiché egli scrive non per diffondere le proprie idee ad un pubblico, bensì per dissipare la propria sofferenza, derivante da un'insonnia costante che lo conduce sull'orlo del suicidio. Inaugura, quindi, un proprio filone, definibile di letteratura terapeutica, poiché grazie ad essa si salva dall'auto-uccisione. Dilaniato da contraddizioni insanabili, il pensiero di colui che si auto-definisce un filosofo urlatore si manifesta attraverso affermazioni volutamente provocatorie, in grado di scuotere chiunque. Qualsiasi giudizio su questa figura del Novecento deve tener conto che egli ha fatto dello scandalo uno stile di vita, dell'arte un'esplosione di sentimenti e della scrittura una valvola di sfogo prettamente personale.

[modifica] La Romania

Cioran nasce in una terra di contraddizioni come la Romania, paese latino con carattere slavo, cristiano ortodosso che diventa comunista passando per una forma di fascismo filonazista. Una terra ricca di tradizioni e di superstizioni, dal fascino oscuro e barbaro, il cui «popolo è il più scettico che esista: è allegro e disperato al tempo stesso. Per ragioni storiche coltiva la religione del fallimento» così Cioran e aggiunge: «ricordo della mia infanzia un tizio, un contadino al quale toccò una grande eredità. Passava la giornata di taverna in taverna, sempre ubriaco, accompagnato da un violinista che suonava per lui. mentre gli altri andavano in campagna a lavorare, lui passeggiava di taverna in taverna, l’unico uomo felice al mondo. Quando sentivo il suono del violino correvo a vederlo passare, perché mi affascinava. Spese tutto in due anni e poi morì.» (Dall'intervista in "Cioran, un angelo sterminatore", di Fernando Savater)

[modifica] Il francese

Nonostante un fortissimo ancoramento al paese d'infanzia, ai suoi misteri e ai suoi odori ("darei tutti i paesaggi del mondo per quello della mia infanzia"), Cioran, arrivato a Parigi nel 1937, sceglie il francese come lingua di scrittura, pubblicando il suo primo saggio in questa lingua (Précis de décomposition) nel 1949 da Gallimard. In "Storia e utopia" (1960) il filosofo spiega il suo rapporto conflittuale e resistente con questa lingua, dotata di "una sintassi d'una rigidità, d'una dignità cadaverica" e in cui non c'è "più alcuna traccia di terra, di sangue, d'anima".

[modifica] Disinganno e suicidio

Non c’è dubbio che l’opera di Cioran, pur dispiegandosi in vari libri anche lontani tra loro in ordine di tempo e di argomento, sia pervasa totalmente da uno spirito crudele ma speranzoso come il disinganno.
Crudele perché di fronte ad esso ogni fenomeno mondano sfocia nel fallimento, speranzoso perché niente è più istruttivo, in filosofia, del fallimento stesso.
Gli scritti di Cioran hanno il marchio della vertigine e della lucidità, non sono scritti secondo finalitá pedagogiche. E per questo risultano estremi, laconici epitaffi di un’esistenza casuale, priva di senso, permeata dall’amarezza e che solo l’idea di suicidio può rendere dignitosa, in quanto unico atto veramente libero, frutto del libero arbitrio.

"Ricordo un’occasione in cui per tre ore ho passeggiato nel Lussemburgo con un ingegnere che voleva suicidarsi. Alla fine l’ho convinto a non farlo. Gli ho detto che l’importante era aver concepito l’idea, sapersi libero. Credo che l’idea del suicidio sia l’unica cosa che rende sopportabile la vita, ma bisogna saperla sfruttare, non affrettarsi a tirare le conseguenze. È un’idea molto utile: dovrebbero farci delle lezioni nelle scuole! "( ancora dall'intervista citata)

[modifica] Ironia

Ma cosa rende luminoso un cammino così spericolato attraverso le delusioni, cosa fa di Cioran una figura così speciale tra gli svariati pessimisti e nichilisti?
Si riassume in una parola: ironia. La causticitá delle sue frasi paradossalmente ci fa ritrovare la speranza stessa, si tratta in fondo di precipitare all’infinito senza appigli ed in seguito allo smarrimento farsi solleticare dalle correnti d’aria, dimenticare la possibilità di risalire e godersi il tuffo.

Le sue opere difficilmente lasciano indifferente un lettore; gli danno tuttavia una sensazione di leggerezza, anche attraverso una vena umorisitica che invece é assente nella produzione nietzschiana. È come se dopo esserci scontrati con la vacuità tornassimo a vivere: da una folle vertigine di lucidità si arriva a un nuovo grado di consapevolezza, da un nuovo grado di consapevolezza si arriva a una forma di liberazione.

Ogni aspetto della vita viene passato tra le maglie del setaccio del disinganno, viene formulato un giudizio che si scioglie subito dopo sotto i colpi di un altro giudizio, un gioco di scatole cinesi che porta ad un’inevitabile "epoché".

[modifica] Mostrare, non spiegare

Nessun sistema, nessuna regola, nessun formalismo o accademismo, semmai disprezzo per essi: in fondo un altro sistema, ma di cui Cioran stesso prende atto e si fa forte; non si arroga il diritto di dispiegare come un fazzoletto l’universo stesso, solo mostra il muco incrostato tra le sue pieghe: la vita. La mostra, non la spiega, ci mette davanti ad uno specchio facendo ciò che nessun filosofo o quasi ha mai fatto, ci parla di sé stesso non dell’umanità, delle sensazioni non delle idee, del nauseante concreto, non dell’asettico astratto.

Percorre vie traverse, a prima vista incompatibili tra loro, distanti:

Questa sorta di viaggio iniziatico intrapreso da Cioran non porta a nulla, è un fallimento, come deve essere perché non c’è altra possibilità: si può solo fallire; qui sta tutta l’improbabilità dell’esistenza che nonostante questo destino continua criminalmente a perpetuarsi e del resto, come egli tiene a sottolineare «lo spermatozoo è il bandito allo stato puro.» (dal libro di Cioran "Sillogismi dell'amarezza")

[modifica] Insonnia e autoanalisi

In Cioran pensiero e vita si sovrappongono spietatamente.
Le notti passate lottando con il letto hanno influito, come più volte riportato dallo scrittore stesso in quasi tutti i suoi libri, sullo sviluppo e sulla stesura delle opere stesse. Le notti insonni farcite di letture e di taccuini riempiti forsennatamente hanno costruito e forgiato il pensiero attraverso la noia, eterna compagna, e la lucidità esasperata da una solitudine che forza proprio nelle ore notturne all’autoanalisi.

Un’autoanalisi condotta senza risparmiare colpi, mirata a scrutare nei propri abissi e di conseguenza in quelli dell’umanità stessa.

[modifica] Il tempo

Ed è proprio in questo contesto che entra in gioco un concetto, che sarà minimo comun denominatore, anche se in certe occasioni velato, di tutta la produzione cioraniana: il tempo, nelle sue diverse accezioni, tempo storico e tempo esistenziale.

"Tutti parlano di teorie, di dottrine, di religioni, insomma di astrazioni; nessuno di qualcosa di vivo, di vissuto di diretto. La filosofia e il resto sono attività derivate, astratte nel peggior senso della parola. Qui tutto è esangue. Il tempo si converte in temporalità, ecc. Un ammasso di sottoprodotti. D’altro canto gli uomini non cercano più il senso della vita partendo dalle loro esperienze, ma muovendo dai dati della storia o di qualche religione. Se in me non c’è niente che mi spinga a parlare del dolore o del nulla, perché perdere tempo a studiare il buddhismo? Bisogna cercare tutto in se stessi, e se non si trova ciò che si cerca, ebbene, si deve lasciar perdere. Quello che mi interessa è la mia vita. Per quanti libri sfogli, non trovo niente di diretto, di assoluto, di insostituibile. Dappertutto è il solito vaniloquio filosofico." (Da Quaderni 1957-1972, di Cioran)

[modifica] Bibliografia

  • Al culmine della disperazione (1934)
  • Libro delle lusinghe (1936)
  • La trasfigurazione della Romania (1937)
  • Lacrime e santi (1939)
  • Il tramonto dei pensieri (1940)
  • Sommario di decomposizione (1949)
  • Sillogismi dell'amarezza (1952)
  • La tentazione di esistere (1956)
  • Storia e utopia (1960)
  • La caduta nel tempo (1964)
  • Il funesto demiurgo (1969)
  • L'inconveniente di essere nati (1973)
  • Squartamento (1979)
  • Esercizi di ammirazione (1986)
  • Confessioni e anatemi (1987)
  • Quaderni (2001)
  • L'apolide metafisico (2004)

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