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Totò - Wikipedia

Totò

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Totò
Dati biografici
Nome vero Antonio De Curtis
Luogo di nascita: Italia, Napoli
Italia
15 febbraio 1898
Luogo di morte: Italia, Roma
15 aprile 1967
Informazioni aggiornate al 20 novembre 2006
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«Sono ormai all'età in cui si tirano le somme, e io non ho fatto ancora nulla, sarei potuto diventare un grande attore, e invece su 100 e più film che ho girato, ne sono degni non più di cinque, ma anche fossi diventato un grande attore cosa sarebbe cambiato, noi attori siamo solo venditori di chiacchiere, un falegname vale certo più di noi, almeno il tavolino che fabbrica, resta nel tempo, dopo di lui, noi attori se abbiamo successo, duriamo massimo una generazione.»
(Totò, a proposito della sua arte, in un'intervista)
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«Signori si nasce, e io - modestamente - lo nacqui.»
(Totò, dal film Signori si nasce, 1960)
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«Io sono un uomo di mondo, ho fatto tre anni di militare a Cuneo»
(Una tipica frase di Totò)

Totò (Napoli, 15 febbraio 1898 - Roma, 15 aprile 1967), nome d'arte di Antonio de Curtis, è stato un attore comico italiano del Novecento, nonché compositore di canzoni e poeta.

Il genio di Totò spaziò in tutti i generi teatrali, dal varieté all'avanspettacolo, sino alla grande rivista di Michele Galdieri, passando per il cinema con 97 film interpretati dal 1937 al 1967, visti da oltre 270 milioni di spettatori, un record che non ha eguali nella storia del cinema italiano, e la televisione con una serie di 9 telefilm diretti da Daniele D'Anza, poco prima della scomparsa, ormai ridotto alla quasi cecità che lo aveva costretto nel 1957 ad abbandonare il palcoscenico. Grande maschera della Commedia dell'Arte, accostato di volta in volta ai più grandi nomi della comicità come Buster Keaton o Charlie Chaplin, ha conservato fino alla fine una sua unicità interpretativa che risaltava sia in copioni puramente brillanti, diretto da specialisti come Mario Mattoli, Camillo Mastrocinque o Sergio Corbucci, sia in parti di intenso spessore drammatico, interpretate alla fine della carriera, con grandi maestri del calibro di Alberto Lattuada o Pier Paolo Pasolini.

Indice

[modifica] Biografia

[modifica] Lo scugnizzo del rione Sanità

Nacque nel famoso rione Sanità, in via Santa Maria Antesaecula. Frutto di una relazione clandestina della madre Anna Clemente con uno spiantato sarto, Giuseppe De Curtis (1874-1945) che, in principio, non lo riconobbe. L'assenza della figura paterna pesò molto, anche in seguito, sul carattere dell'attore, tanto che nel 1933, già famoso sui palcoscenici italiani, si fece adottare dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas, in cambio di una rendita. Studiò al collegio Cimino senza ottenere la licenza ginnasiale: la madre lo voleva sacerdote, ma il giovane Antonio, incoraggiato dai primi successi nelle piccole recite in famiglia chiamate a Napoli "periodiche", era attratto dagli spettacoli di varietà e nel 1913, a soli quindici anni, iniziò a frequentare i teatrini periferici esibendosi in macchiette e imitazioni del repertorio di Gustavo De Marco con lo pseudonimo di Clerment.

Proprio su questi palcoscenici di periferia incontrò attori del calibro di Eduardo De Filippo, Peppino De Filippo e i musicisti Cesare Bixio e Armando Fragna. Dopo il servizio militare, svolto ad Alessandria durante la Prima guerra mondiale, si esibì ancora come macchiettista, scritturato dall'impresario Eduardo D'Acierno - diventò poi celebre la macchietta del "Bel Ciccillo" riproposta nel 1949 nel film Yvonne la nuit - e ottenne un primo successo alla Sala Napoli, locale minore del capoluogo campano, con una scatenata parodia della canzone di E. A. Mario "Vipera", intitolata "Vicolo".

Su questi palcoscenici, spesso improvvisati, con orchestre di second'ordine e comprimari raccogliticci, Totò imparò l'arte dei guitti, ossia di quegli attori - napoletani e non - che recitavano senza una sceneggiatura ben impostata, arte alla quale Totò aggiunse caratteristiche tutte sue: una conformazione particolare del naso e del mento - frutto di un incidente sciagurato col precettore del ginnasio - movimenti del corpo in libertà totale, da burattino snodabile, e un carattere surreale e irriverente, sempre pronto tanto a sbeffeggiare i potenti di turno quanto ad esaltare i bisogni umani primari: la fame, il sesso, la salute mentale.

[modifica] I primi successi

Nel 1922 si trasferì a Roma con la madre e in un primo momento ottenne scritture in compagnie di basso livello impegnate nella recitazione di farse pulcinellesche, nelle quali gli toccava il ruolo minore del mamo, ovvero la spalla di Pulcinella. Con la compagnia di Umberto Capece fece poca strada; dopo un breve periodo di disoccupazione venne però notato da Giuseppe Jovinelli, titolare del teatro omonimo, dove iniziò ad esibirsi in balletti musicali comici che ottennero un grande successo di pubblico. Approdò quindi alla Sala Umberto I°, frequentata dalla migliore società della capitale: il successo crebbe ancora. Il suo costume di scena al tempo era già quello tipico al quale restò fedele sino alla fine: un logoro cappello a bombetta, un tight troppo largo, una camicia col colletto basso, una stringa come "farfallino", pantaloni "a zompafosso" e un paio di calze colorate su scarpe basse e logore.

[modifica] Il varieté e l'avanspettacolo

Dal 1927 iniziò a farsi conoscere anche livello nazionale, recitando in spettacoli di varieté, e andando in tournée nelle maggiori città italiane; dapprima con la compagnia di Achille Maresca con la celebre Isa Bluette come primadonna, poi nel 1929 arrivò al Teatro Nuovo di Napoli con la Compagnia Stabile Napoletana Molinari diretta da Enzo Aulicino, nella quale recitò per la prima volta insieme a Titina De Filippo in una parodia dei Tre Moschettieri di Alexandre Dumas e soprattutto con Miseria e nobiltà di Eduardo Scarpetta.

Conobbe un'attrice di varietà, Liliana Castagnola, con la quale visse una breve ma intensa storia d'amore (pare che una sera Totò recito in un teatro al buio solo per lei) la relazione con lei però fu funestata da contrattempi e avversità, Totò riceveva ogni giorno biglietti e telefonate anonime che lo mettevano in guardia da quella donna dal carattere strano.
Liliana pur di restare accanto a lui si scritturò al nuovo di Napoli, ma Totò era stanco della relazione con quella donna possessiva e opprimente, allora decise di accettare un contratto con la compagnia "Cabiria" che lo avrebbe portato a Padova.
Liliana lo supplicò di non abbandonarlo ma Totò aveva già deciso, così nella sua camera la donna ingerì un intero tubetto di sonniferi, fu trovata morta il mattino dopo dalla cameriera.
Totò ne rimase sconvolto tanto che decise di seppellirla nella cappella dei De Curtis a Napoli.

Riprese a lavorare con grande intensità, e dal 1932 diventò capocomico, proponendosi nel genere dell'avanspettacolo, una sorta di spettacolo della durata di circa un'ora che tutte le compagnie teatrali portano in scena prima degli spettacoli cinematografici. L'avvento del cinema sonoro e la scomparsa delle figure teatrali fino allora tradizionali come il "fine dicitore" imposero questo cambiamento, e Totò divenne l'esponente più rappresentativo del nuovo genere, con riviste da lui anche scritte, non di rado insieme a Guglielmo Inglese, Eduardo Passarelli e Mario Castellani (in seguito fedeli spalle cinematografiche), per tutti gli anni 30, e portate in scena in tutto il Paese.

Ridi che ti passa, Se quell'evaso io fossi, L'ultimo Tarzan sono alcuni titoli; le soubrettes che lo circondavano erano anch'esse celebri: Clely Fiamma, Adriana Edelweiss, Clary Sand e Olivia Fried. Il 6 marzo 1935 si sposò con la fiorentina Diana Bandini Rogliani conosciuta quattro anni prima nel capoluogo toscano durante uno spettacolo; dall'unione nel 1933 nacque Liliana.
Nel 1937 Giuseppe De Curtis lo riconobbe legalmente come figlio. In seguito Totò intraprese una lunga causa per farsi riconoscere titoli nobiliari, anche se oggi sappiamo, secondo le ricerche degli studiosi Giovanni Grimaldi e Camillo De Curtis, che in realtà Totò non aveva nessun diritto a tali titoli nobiliari. Antonio De Curtis, però, dal dopoguerra in poi ingaggiò costosissime battaglie legali per difendere il proprio lignaggio e grazie a esperti avvocati ed all'approssimazione in materia della legislazione dell'epoca riuscì sempre a far valere le proprie pretese.

[modifica] L'incontro con il cinema

Totò incontrò il cinema già nel 1930, con l'avvento del sonoro, quando Stefano Pittaluga, un esercente ligure che aveva rilevato la Cines dal fallimento e in quel momento produceva il 95% dei film italiani, decise di fare un provino all'attor giovane che in quel momento impazzava nei teatri di tutta Italia. Il film, intitolato Il ladro disgraziato, non vide mai la luce, ma il provino con Totò, ritrovato e restaurato nel 1995 e tuttora visibile, sorprende per l'estrema modernità e scioltezza dei movimenti burattineschi del giovane attore trentaduenne nel pieno delle forze. Furono allora gli intellettuali più stimati, che già lo ammiravano a teatro, i primi a volerlo in qualche loro progetto: tra di loro Umberto Barbaro e soprattutto Cesare Zavattini; il grande scrittore di Luzzara tentò di imporlo nel 1935 per la parte di Blim nel film Darò un milione di Mario Camerini - ruolo andato poi a Ernesto Almirante - e quindi nel 1943 pubblicò il romanzo Totò il buono pensando a lui.

Non realizzandosi questi progetti cinematografici il vero debutto avvenne sotto l'egida di Gustavo Lombardo, il fondatore della Titanus, il quale nel 1937 produsse il primo film di Totò, Fermo con le mani! diretto da Gero Zambuto, mediocre tentativo di proporre temi toccati dal personaggio di Charlot, già superati dalla forza surreale, da burattino irriverente e snodabile, di Totò. In una scena del film rimasta celebre e stranamente non tagliata dalla censura dell'epoca, arriva a prendere in giro il Duce, Benito Mussolini. Nell'anteguerra girò altri cinque film, con spunti interessanti nel surreale Animali pazzi del 1939 di Carlo Ludovico Bragaglia, già militante nelle file del futurismo con testo scritto da Achille Campanile, e in San Giovanni decollato del 1940 di Amleto Palermi, dignitosa trasposizione della commedia teatrale di Nino Martoglio, già cavallo di battaglia del mattatore teatrale siciliano Angelo Musco.
Una menzione particolare la merita poi Il ratto delle Sabine del 1945 di Mario Bonnard, storia di una scalcagnata compagnia di guitti in giro per le città di provincia che decidono di rappresentare il testo mediocre di un professore deriso dai suoi stessi alunni, con un insuccesso colossale.

[modifica] La grande rivista

Più in generale, questi primi esperimenti cinematografici, lunari e surreali, non ottennero il successo di pubblico come avvenne invece sul palcoscenico. Quando tornò al teatro, alla fine del 1940, l'avanspettacolo era già tramontato, sostituito dalla grande rivista caratterizzata da scenografie sfarzose, primedonne da sogno - su tutte Wanda Osiris - testi moderatamente satirici e qualunquistici per quanto concesso dal regime fascista, comprimari e orchestre di grande livello. Totò ebbe la fortuna di incontrare sul suo cammino il più grande scrittore di riviste teatrali degli anni Quaranta, Michele Galdieri, e una grande soubrette e attrice di livello e bravura pari alla sua, Anna Magnani, in spettacoli rimasti memorabili nella storia del nostro teatro. Con Galdieri strinse un sodalizio inossidabile durato nove anni, con spettacoli messi in scena dagli impresari Elio Gigante - poi scopritore della cantante Mina - e Remigio Paone. I titoli bastano da soli per consegnare il tutto alla leggenda: Quando meno te l'aspetti del 1940, Volumineide del 1941, Orlando Curioso del 1942, Che ti sei messo in testa? del 1943 e Con un palmo di naso, rappresentata dopo la liberazione di Roma il 6 giugno 1944.

In essi la forza satirica esercitata in vario modo prima contro il regime fascista e quindi contro gli occupanti tedeschi, è impressionante: più volte la censura di regime intervenne per modificare battute considerate irriverenti, ma Totò, rischiando di suo, pronunciava ugualmente le frasi tagliate suscitando autentiche ovazioni: la Magnani, dal canto suo, si faceva forte della propria umoralità di popolana, tipica del personaggio in scena, con un linguaggio diretto ed esplicito. Un sodalizio dunque tra i più riusciti e irripetibili, interrotto bruscamente dopo la grande rivelazione a livello mondiale dell'attrice romana con un film epocale diretto dal suo compagno Roberto Rossellini: Roma città aperta, del 1945. Da quel momento le loro strade si divisero: la Magnani vinse un Premio Oscar nel 1955 e recitò con i grandi nomi del cinema hollywoodiano come Burt Lancaster e Marlon Brando, Totò invece rimase fino in fondo la grande maschera della Commedia dell'Arte in una serie impressionante di pellicole assemblate alla meglio su canovacci che davano mano libera all'attore. Il primo artefice di questa riscoperta cinematografica di Totò fu l'avvocato marchigiano Mario Mattòli, già organizzatore e regista di spettacoli teatrali per la sua Compagnia Teatrale Za-Bum, lo scopritore autentico di Vittorio De Sica.

[modifica] La Totò-mania

Totò con Isa Barzizza nel film Le sei mogli di Barbablù del 1950
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Totò con Isa Barzizza nel film Le sei mogli di Barbablù del 1950

Il periodo d'oro del comico si può circoscrivere dal 1947 al 1952, quello in certo senso più libero, con parodie di grande successo che contengono riferimenti satirici piuttosto espliciti, in molti casi piuttosto pesanti, con l'attualità; il dopoguerra, la borsa nera, i nuovi arricchiti, la sterilità di chi comanda (gli onorevoli e i caporali) furono presi di mira sia sul palcoscenico con le ultime due grandi riviste di Michele Galdieri, C'era una volta il mondo del 1947 e Bada che ti mangio! del 1949 sia nel cinema. Se in teatro il successo crebbe a dismisura (basti pensare al celeberrimo sketch del vagone letto con Isa Barzizza e Mario Castellani) anche sul grande schermo giunse un grandioso successo di pubblico, a partire da I due orfanelli del 1947 fino a Totò a colori del 1952. In questi film l'attore si scatena e la comicità di avanspettacolo è più pura, meno imbrigliata dalle maschere o personaggi che in seguito, per motivi diversi, alcuni autori tentarono di cucirgli addosso. Assediato da proposte di tutti i generi, senza neanche avere a disposizione una giornata libera, l'attore lavorava continuamente, girando a ritmo frenetico alcune delle sue parodie più folli, dirette dai "registi velocisti" Mattòli, Bragaglia, Stefano Vanzina e il giovane Luigi Comencini.

Ebbe anche, durante la stagione 1948-1949, un'esperienza come doppiatore cinematografico per un film non suo, l'avventuroso-esotico La vergine di Tripoli (Slave girl) diretto per la Universal Pictures da Charles Lamont e interpretato da Yvonne De Carlo e George Brent. Nel film, ritrovato e riproposto in televisione nel 1996, il comico napoletano è la voce fuori campo di un cammello, ribattezzato Gobbone nella versione italiana. Inoltre, nel manifesto nostrano della pellicola appare un curioso Totò disegnato a fumetti che pronuncia la frase In questo film dico la mia anch'io!. Totò stesso fu in seguito doppiato, con risultati piuttosto stridenti, da Renato Turi, voce radiofonica molto popolare negli anni Cinquanta e Sessanta (nel film Totò a Parigi del 1958 nel ruolo del marchese, e in Totò diabolicus del 1962 nel ruolo del monsignore), ma soprattutto da Carlo Croccolo, l'unico doppiatore autorizzato dall'attore (sempre in Totò diabolicus nel ruolo della baronessa, e in altri film) e insieme al quale, nel 1964, scrisse la sceneggiatura per un film, Fidanzamento all'italiana, che non fu mai realizzato per mancanza di finanziamenti.

Diventato un beniamino del pubblico infantile, gli fu dedicata una collana a fumetti, Totò a fumetti, pubblicata tra il 1952 e il 1953 in 12 numeri e 3 albi speciali da una casa editrice romana.

Proprio quando le cose a livello lavorativo sembravano andare per il meglio, alcune nubi oscurarono una vita familiare che l'attore, schivo, timido e riservatissimo (esattamente il contrario da come lo si vedeva sul set o in palcoscenico) desiderava fosse serena e tranquilla. La moglie, che in precedenza si era separata legalmente ma continuava a vivere accanto a lui, durante un ricevimento conobbe un avvocato, che poi sposò; stesso destino per l'adorata figlia, che sposò Gianni Buffardi. Nel 1951 Totò rimase solo, e si gettò a capofitto nel lavoro interpretando film prodotti da Carlo Ponti e Dino De Laurentiis, i quali grazie ai cospicui guadagni delle sue pellicole avevano potuto allestire una loro società; in questo periodo Totò corteggiava insistentemente un'attrice dal grande fascino, Silvana Pampanini, che però lo respinse.

Nel febbraio 1952 conobbe Franca Faldini, altra affascinante attrice romana appena rientrata da Hollywood dove aveva recitato in un film con Jerry Lewis e Dean Martin, i due si innammorarono subito l'uno dell'altra, dopo alcuni mesi di fidanzamento il matrimono fu realizzato segretamente in Svizzera nel 1954, perché come spiegò in una lettera:

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«Perché ho il senso della misura, il senso del ridicolo, Franca è molto più giovane di me, e io non avrei mai sopportato i soliti maligni commeni del prossimo, l'attore Totò deve fare ridere, ma l'uomo Totò, anzi il Principe De Curtis mai, il Principe De Curtis - lo sappiamo - è una persona seria»

A onor del vero c'è però da dire che Franca ha sempre smentito che il matrimonio sia avvenuto.

Poco tempo dopo i due andarono a vivere insieme in un appartamento in via dei Monti Parioli, e la Faldini gli starà poi accanto per tutta la vita. Dalla relazione nacque un figlio nel 1954, Massenzio, che però, prematuro, visse solo poche ore, per una malattia della madre. Dopo la morte del figlio, Totò rimase in casa per molti giorni, la morte di quel figlio maschio, che avrebbe potuto portare il suo cognome, lo aveva profondamente prostrato, l'amore per Franca, pallida e smagrita per la malattia, gli diede la forza di continuare a vivere e a lavorare, Totò e la moglie così diversi, sia di carattere che di mentalità, avevano molti scontri, dovuti alla differenza di età, stavano anche sul punto di dirsi addio, ma poi rimarranno sempre insieme, con amore e rispetto reciproco.

[modifica] L'ultimo palcoscenico

Negli anni '50 l'attore era osteggiato da una critica che non vedeva di buon occhio la sua grande verve comica e scoppiettante, essa gli negò sino alla fine il riconoscimento di un grande spessore artistico, ecco alcuni articoli dell'epoca:

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«È veramente doloroso constatare come la comicità di certi film italiani sia ancora legata a sorpassati schermi appartenuti al più infimo teatro di avanspettacolo, e Totò sfoggia come al solito i tipici attegiamenti di quella comicità così banale»
(Su Il medico dei Pazzi)
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«È proprio vero, con Totò e Peppino si ride sempre, ma il soggetto è proprio questione di avanspettacolo, se il regista e gli sceneggiatori si sforzassero le loro meningi, per tirare fuori una storia decente, con Totò e Peppino si potrebbero vedere dei film godibilissimi, e invece...»

Inoltre si fece imbrigliare in trame neorealiste con Guardie e ladri e Totò e Carolina, girato nel 1953 e massacrato dai tagli censorii, che uscì nelle sale gravemente manomesso solo nel febbraio 1955; tentò la via pirandelliana con i mediocri La patente di Luigi Zampa e L'uomo, la bestia e la virtù di Steno; tentò di produrre i suoi film nel 1955 ma rinunciò dopo i malinconici Destinazione Piovarolo e Il coraggio, entrambi diretti da Domenico Paolella; si rifugiò quindi nelle predilette farse di Scarpetta, di ambiente napoletano ma tratte da pochade francesi di fine Ottocento, nella trilogia diretta da Mattòli Un turco napoletano (sulla bramosia di donne, quindi sul sesso), Miseria e nobiltà (sulla voglia di cibo, quindi sulla fame) e Il medico dei pazzi (sulla sanità mentale): questa si può dunque considerare una ideale trilogia dei bisogni primari tipici della maschera di Pulcinella, qui incarnata dal voluttuoso Felice Sciosciammocca.

Totò si prestò anche ad esperimenti di cinema, come il già citato Totò a colori, primo film italiano girato a colori col sistema Ferraniacolor, e Il più comico spettacolo del mondo, primo e unico film italiano tridimensionale, manomesso quasi subito dopo la sua uscita e sostituito con la versione normale bidimensionale. In queste pellicole la quantità di luce necessaria era talmente grande che nessuno osava guardare direttamente le lampade ad arco per paura di danni alla retina; durante una scena di Totò a colori, però, l'attore fuggì dal teatro di posa con la parrucca bruciacchiata e fumante. Qualcuno ipotizzò che proprio quelle luci troppo forti avessero provocato il primo danno alla vista.

Nel 1956 Totò fece la sua ultima rivista teatrale; in quello spettacolo si ammalerà definitivamente e il danno alla vista non lo abbandonerà più.

La rivista era stata scritta da Nelli e Mangini e organizzata da Remigio Paone, Totò si ammalò di broncopolmonite, verso Marzo, iniziò a soffrire di disturbi alla vista, ma a Palermo il 5 maggio 1957, avvenne il dramma.

Totò perse infatti quasi completamente la vista nella parte centrale della pupilla (vedeva soltanto sui lati degli occhi, come un vetro appannato).

A causa di questo è costetto a rimanere immobile per un anno intero, proprio quando l'anno precedente aveva ottenuto un irripetibile successo con alcuni film memorabili diretti da Camillo Mastrocinque e interpretati con Peppino De Filippo.

Grazie alle cure dei medici, la vista migliorò un po', ma non in modo molto soddisfacente

Dovette rientrare a lavorare nel cinema poiché un'altra tegola, di natura fiscale, lo colpì, con l'intervento della legge Vanoni.

Nel 1958 non era più quello che 10 anni prima conquistava le folle con Fifa e arena e Totò al giro d'Italia.

[modifica] Il malinconico rientro

Totòtruffa 62 (1961)
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Totòtruffa 62 (1961)

Costretto a lavorare senza sosta, con la malattia agli occhi che peggiorava sempre più (subì due distacchi di retina, durante la lavorazione di La legge è legge con Fernandel e de La cambiale), l'attore era costretto ad accettare qualsiasi copione, anche di infimo livello; i produttori non si fidavano più a lasciarlo solo e gli affiancavano partner in molti casi gradevoli come Agostino Salvietti, Erminio Macario, Ugo Tognazzi e un grande Nino Taranto, oltre al prediletto Peppino De Filippo, oltre ad infarcire i suoi film di melense storie d'amore parallele; infine lo utilizzavano come veicolo di lancio per cantanti come Johnny Dorelli, Fred Buscaglione, Rita Pavone e Adriano Celentano, di meteore come Pablito Calvo interprete di Marcellino pane e vino. Gli intellettuali, che negli anni '30 stravedevano per lui, adesso non lo consideravano quasi più, tranne qualche sortita sporadica di Aldo Palazzeschi, Giuseppe Marotta e Mario Soldati.

Poche furono le vere occasioni importanti: Eduardo De Filippo per Napoli milionaria, Vittorio De Sica per L'Oro di Napoli, Mauro Bolognini per Arrangiatevi!, e Sergio Corbucci, forse l'ultimo regista brillante importante per il comico, autore con lui di almeno due film da rivalutare ampiamente, I due marescialli e Gli onorevoli, nonché i meno riusciti Yvonne la Nuit di Giuseppe Amato, il primo tentativo drammatico proposto all'attore, e il frammentato Dov'è la libertà? di Roberto Rossellini, girato nel 1952 ma abbandonato quasi subito dall'autore; terminato da Lucio Fulci e da Federico Fellini per le scene del tribunale (e non da Mario Monicelli come più volte affermato) uscì nelle sale soltanto nel 1954.

Nel tempo libero Totò componeva canzoni (la più celebre è Malafemmena, composta nel 1951 e dedicata alla moglie Diana Bandini, nota in tutto il mondo ed eseguita da un'infinità di cantanti), e poesie (famosa 'A Livella, sulla morte che uguaglia le differenze sociali delle persone). Come autore di canzoni partecipò anche al Festival di Sanremo del 1954 con il brano Con te! classificandosi al nono posto nella graduatoria finale. Leggeva i romanzi gialli di Georges Simenon dei quali era un grande appassionato (si entusiasmò vedendo il Maigret superbamente reso da Gino Cervi nella prima serie di telefilm del 1964-1965).
Dava prova della sua grande generosità aiutando con grandissima discrezione i più bisognosi, e inoltre curando e assistendo amorevolmente in un canile fuori Roma, fatto costruire da lui stesso, ben 220 cani randagi.

Nel 1960 scrisse anche i suoi scritti, pubblicati in seguito come "Gli scritti di Totò".

[modifica] La prima rivalutazione

Nel 1963 venne pubblicizzata una grande notizia: Totò interpretava il suo centesimo film, il primo interamente drammatico, Il comandante, malinconica storia di un generale in pensione scritta da Rodolfo Sonego (sceneggiatore di fiducia di Alberto Sordi) e diretta da Paolo Heusch, regista romano di documentari conosciuto dagli appassionati per aver girato nel 1958 il primo film di fantascienza italiano, La morte viene dallo spazio, che Totò aveva provveduto immediatamente a trasformare in parodia, Totò nella luna. In realtà si trattava dell'ottantaseiesimo film.
Lello Bersani intervistò Totò in una celebre rubrica televisiva (mentre il primo approccio di Totò sul piccolo schermo fu disastroso: ospite d'onore in una puntata del Musichiere di Mario Riva del 1958, il comico si fece scappare incautamente un Viva Lauro!, leader del partito Monarchico, che gli costò una sospensione); Oriana Fallaci e Maurizio Costanzo lo intervistarono per i maggiori periodici italiani del tempo.

Ma il film di Heusch non ebbe alcun successo, rivelandosi un disastro al botteghino nonostante il grande impegno profuso. Totò fu dunque costretto a rientrare nei ranghi, recitando curiose rivisitazioni di film mitologici diretti da Fernando Cerchio (contro Maciste, Cleopatra e il Pirata Nero); esplorò il filone notturno-sexy insieme ad Erminio Macario nel dittico Totò di notte n. 1 e Totò sexy, senz'altro il punto più basso della sua carriera, il secondo addirittura assemblato con gli scarti di lavorazione del precedente; recitò accanto al grande attore hollywoodiano Walter Pidgeon nel film I due colonnelli, diretto da Steno; infine scoprì un potenziale di sadismo nella maschera e nel personaggio, rimasto fino ad allora poco esplorato (si pensi al balletto nella taverna di Algeri, tutto a spese della ballerina, in Totò le Mokò di Bragaglia), con i nerissimi Totò Diabolicus di Steno, nel quale recita ben sei personaggi diversi in una parodia del genere horror, e soprattutto con il sottovalutato Che fine ha fatto Totò Baby?, diretto da Paolo Heusch ma firmato dallo sceneggiatore Ottavio Alessi per ragioni di distribuzione. Qui la cattiveria del personaggio di Totò raggiunge il limite estremo in un film all'epoca rifiutato dal pubblico, ma oggi ampiamente da rivalutare.

[modifica] Fellini, Lattuada, Pasolini

Proprio quasi fuori tempo massimo, quando il grande comico pensava di avere sprecato il suo talento in filmetti dozzinali, arrivarono le proposte di grandi cineasti per le quali il principe riservò entusiasmo e perplessità. Federico Fellini lo volle per il suo progetto più ambizioso e mai realizzato, Il Viaggio di G. Mastorna, interrotto per la grave malattia del maestro riminese; Alberto Lattuada nel 1965 gli affidò il ruolo del frate Timoteo nella versione di un grande testo teatrale di Niccolò Machiavelli, La Mandragola; qui le scene della persuasione di madonna Lucrezia e il dialogo con i teschi nella cripta, considerate tra le migliori della sua arte, vennero girate in condizioni impossibili e in clandestinità dentro un convento di Urbino.

La critica lo lodò compatta e a quel punto Totò capì di essere stato male utilizzato, lasciandosi andare a reminiscenze malinconiche e vagheggiando ancora i due grandi progetti ai quali teneva tantissimo: la trasposizione di un don Chisciotte della Mancia e un film da girare interamente muto. Lattuada lo voleva anche come interprete di un film tratto da una novella di Pirandello, La cattura, ma questo progetto si arenò perché Totò incontrò sulla sua strada uno dei più lucidi scrittori e intellettuali del Novecento, Pier Paolo Pasolini, il quale lo spogliò di tutta la sua aggressività e cattiveria, per farne un sottoproletario innocente in un film sulla crisi del marxismo dopo la morte di Palmiro Togliatti, Uccellacci e uccellini, oggi indubbiamente datato in molti punti, tranne ovviamente nelle sequenze stupende dei tentativi di evangelizzazione dei falchi e dei passerotti, uno dei massimi punti della sua arte. Per questa interpretazione Totò vinse nel 1966 una Palma d'Oro speciale al Festival di Cannes, e un Nastro d'Argento come miglior attore di quell'anno. Con Pasolini fece in tempo a girare altri due cortometraggi tra la fine del 1966 e l'inizio del 1967, il più riuscito La Terra vista dalla Luna e l'emozionante e poetico Che cosa sono le nuvole? il suo autentico testamento artistico, nel quale interpreta la marionetta di Jago nella recita shakesperiana in un teatro dei burattini che, dopo aver convinto Otello (Ninetto Davoli) a uccidere Desdemona (Laura Betti) viene distrutta dal pubblico e mandata al macero in una discarica, dove, prima di morire, si accorge di quella grande bellezza del creato che sono le nuvole. Questa degnissima conclusione della carriera cinematografica ebbe però un'appendice assai deludente col piccolo schermo.

[modifica] Amare delusioni televisive

Dopo il forzato addio per l'incidente nella trasmissione Il Musichiere e l'intervista di Lello Bersani, Totò rientrò sul piccolo schermo nel 1965 in un varietà del sabato sera, Studio Uno, scritto da Castellano e Pipolo, accanto a Mina. Partecipò a due trasmissioni: nella prima cantando in duo una sua canzone, nella seconda proponendo un vecchio sketch con Mario Castellani. Ma provocò sconcerto il fatto che la censura televisiva tagliasse una battuta che ironizzava sugli onorevoli.

Allora Totò propose un'idea accarezzata da tempo: una storia della comicità teatrale attraverso ricostruzioni di battute di ogni tempo, con una introduzione per dimostrare come si rideva in una determinata epoca, a confronto con battute più fresche e moderne. Se fosse stata realizzata e conservata sarebbe oggi un documento impressionante di dimostrazione comica: Totò, insieme al fidato Castellani, impiegò diversi mesi per ricostruire e ricercare vecchi copioni brillanti, ma i produttori alla fine decisero di proporre e realizzare una serie di nove telefilm a cura di Daniele D'Anza, girati alla meglio e in gran fretta; cinque episodi autoconclusivi in cui Totò è protagonista assoluto, e altri quattro nei quali il principe è costretto a dividere la scena con le mode del momento (il bravissimo Ubaldo Lay, popolarissimo in quel periodo come il Tenente Sheridan) e con i cantanti e complessi musicali più in voga.

Una disgraziata operazione nella quale si mise in mezzo un'implacabile censura televisiva, che richiese di rigirare interamente un episodio, Il tuttofare, e modificarne parecchi altri.

Daniele D'Anza venne intanto chiamato a girare uno sceneggiato, presumibilmente Abramo Lincoln e la direzione passò dapprima a Bruno Corbucci, fratello di Sergio e in seguito a Sandro Bolchi, i quali non finiranno in tempo il lavoro; il 12 aprile 1967 si girò lo sketch del contrabbasso del telefilm Totò Ye Ye.

Purtroppo tre giorni più tardi l'attore morì lasciando incompleta la serie.

[modifica] Gli ultimi lavori

Gli ultimi giorni di vita di Totò furono densi, quasi sovraccarichi di lavoro. Nonostante la malattia l'attore continuava ancora a fumare una sessantina di sigarette al giorno e a bere una quindicina di tazze di caffè, la sua normale razione quotidiana.

I progetti si accavallavano sempre di più.

Apparve in un ruolo da guest-star nel film di Dino Risi Operazione San Gennaro.

Ugo Gregoretti, regista graffiante e sarcastico famoso per Omicron e Il pollo ruspante, che aveva già lavorato con lui nel 1964 in un episodio grottesco e riuscito del film Le belle famiglie, lo volle nella parte del giudice nello sceneggiato Il circolo Pickwick da Charles Dickens (lo sostituirà poi Tino Buazzelli).

Gli fu anche proposta una parte ne I fratelli Cuccoli, tratto dal romanzo di Aldo Palazzeschi;

Il regista di caroselli pubblicitari Luciano Emmer, col quale aveva lavorato nell'autunno del 1966 in una serie di nove short per un famoso dado da brodo (dei quali oggi, ne sopravvivono soltanto due) lo voleva in una parte nello sceneggiato televisivo Geminus (realizzato solo due anni più tardi); persino Luchino Visconti pensò a lui per il ruolo di Antonio Petito in un progetto di film sulla sua vita.

Totò progettava anche un rientro sul palcoscenico con Napoli notte e giorno di Raffaele Viviani, diretto da Giuseppe Patroni Griffi.

Riuscì ad accordarsi col regista Giuliano Biagetti per il progetto di una seconda serie di caroselli pubblicitari, realizzati solo in parte e poi misteriosamente trafugati, come documentato da Marco Giusti nel suo studio sul più famoso contenitore pubblicitario italiano.

Venne invece chiamato da Nanni Loy per interpretare la parte dell'anarchico Romeo nel film Il padre di famiglia (lo sostituirà in seguito Ugo Tognazzi), e l'unica scena girata, il 13 aprile 1967, fu quella di un funerale. Un triste presagio.

[modifica] La scomparsa improvvisa

Totò morì infatti nella sua casa ai Parioli alle 3:30 del mattino del 15 aprile 1967, stroncato da una serie improvvisa di tre infarti.

Le sue ultime parole furono per Franca: "T'aggio voluto bene Franca, proprio assaie". Ciò però non trovò riscontro nella figlia del comico, poiché secondo la sua versione disse: "Ricordatevi che sono cattolico, apostolico, romano".

La sua salma fu vegliata per due giorni da tutte le personalità della politica e dello spettacolo giunte a commemorarlo e a rimpiangerlo.

Il 17 aprile 1967 il feretro partì tra ali di folla per Napoli, sua città natale, dove si svolsero i funerali solenni di fronte a una folla straboccante, valutata in circa 200.000 persone, poi il suono delle campane salutò per l'ultima volta Totò.
Certe persone furono colte da malore in quel luogo per aver avuto lo spavento di vedere lì in mezzo ai funerali, Totò vivo, l'uomo che tanto assomigliava al principe era Dino Valdi, attore, per molti anni controfigura di Totò.

L'orazione funebre venne tenuta da Nino Taranto:

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«Amico mio, questo non è un monologo, ma un dialogo perché sono certo che mi senti e mi rispondi, la tua voce è nel mio cuore, nel cuore di questa Napoli, che è venuta a salutarti, a dirti grazie perché l'hai onorata. Perché non l'hai dimenticata mai, perché sei ruscito dal palcoscenico della tua vita a scrollarle di dosso questa malinconia che l'avvolge,. Tu amico hai fatto sorridere la tua città, sei stato grande, le hai dato la gioia, la felicità, l'allegria di un'ora, di un giorno, tutte cose di cui Napoli ha bisogno, i tuoi napoletani, il tuo pubblico. ha voluto che il suo totò facesse a Napoli l'ultimo "esaurito" della sua carriera, e tu, tu maestro del buonumore questa volta ci stai facendo piangere tutti. Addio Totò, addio amico mio, Napoli, questa tua Napoli affranta dal dolore vuole farti sapere che sei stato uno dei suoi figli migliori, e che non ti scorderà mai, addio amico mio, addio Totò»

Peppino De Filippo, impossibilitato a partecipare, invò un telegramma da Salsomaggiore Terme.

Fu sepolto nella tomba di famiglia del Cimitero del Pianto, sulle colline partenopee, accanto ai genitori e all'amata Liliana Castagnola.

La figlia Liliana raccontò che un guappo del rione sanità, chiese a tutti i costi, nel quartiere stesso, di fare una sorta di funerale bis, da tenersi il 22 maggio, pochi giorni dopo il trigesimo, nonostante la bara fosse vuota, c'era la stessa folla acclamante e piangente di qualche giorno prima.

Franca Faldini, diventata giornalista professionista nel 1968, raccontò in un emozionante scritto del 1977, Quindici anni con Antonio de Curtis, l'uomo umano (come lei lo definisce) che faceva capolino nella vita privata del grande artista.
Nel 1981 venne pubblicato anche Dedicate alla amore raccolta di poesie che Totò aveva scritto alla Faldini.

Liliana De Curtis, unica figlia del comico, si prodiga oggi per mantenere vivo il ricordo del padre.

[modifica] Il rilancio definitivo

Totò anche se aveva realizzaro le ultime parti serie fino alla sua morte è stato sempre sottovalutato.

Ma cinque anni dopo la sua morte prese il via un imprevisto e fulmineo revival, iniziato nel 1971 con proiezioni in sordina nei cinema di periferia di film come Totò a colori o Miseria e nobiltà (si racconta che qualcuno vide persino Michelangelo Antonioni uscire visibilmente soddisfatto da una sala dove si proiettava un suo film). Ma è grazie alla televisione privata che Totò ottenne il meritato rilancio. Due registi della tv CANALE 21 (tv privata napoletana in auge negli anni Settanta) nel 1976 recuperarono in archivio i film di Totò per mandarli in onda il giovedì sera, fino a passaggi televisivi sempre più massicci, per approdare al mercato delle videocassette e dei DVD. Per non parlare degli spot pubblicitari, alcuni piuttosto discussi; per finire con libri, dischi e gadget editoriali di ogni tipo.

Totò è stato forse l'unico attore italiano (e non solo italiano) ad aver conquistato la quinta generazione.

[modifica] Filmografia

[modifica] Attore cinematografico

Nota:Nel 1943 venne girato un film dal titolo Arcobaleno; Totò vi fece una piccola partecipazione e per molto tempo si credette che il film non fosse mai stato realizzato, mentre era solo rimasto incompleto e molte delle sue scene furono montate nel film Dove sta Zazà del 1947

[modifica] Doppiatore cinematografico

  • La vergine di Tripoli (1947) voce di Gobbone, il cammello che narra le vicende del film

[modifica] Sceneggiatore cinematografico

[modifica] Film di montaggio

  • 10 anni della nostra vita, regìa di Romolo Marcellini (1953)
  • Carosello del varietà, regìa di Aldo Quinti e Aldo Bonaldi (1954)
  • L'italiano ha 50 anni, regìa di Franca Maria Trapani (1962)
  • Risate all'italiana, regìa di AA. VV. (1964)
  • Totò story, regìa di AA. VV. (1968)
  • Un sorriso, uno schiaffo, un bacio in bocca, regìa di Mario Morra (1975)
  • Kolossal - i magnifici macisti, regìa di Mario Morra e Antonio Avati (1977)
  • Totò, une anthologie, regìa di Jean-Louis Comolli (1978)
  • SuperTotò, regìa di Brando Giordani ed Emilio Ravel (1980)

[modifica] Attore televisivo

Sul piccolo schermo l'attore realizzò nel 1967 TuttoTotò, una serie di 9 telefilm diretti da Daniele D'Anza, Bruno Corbucci e Sandro Bolchi per l'episodio Totò Ye Ye, così composti:

  • Il Latitante, andato in onda il 4 maggio (nel ruolo di don Gennaro La Pezza; l'episodio venne ricavato dalla sceneggiatura per un film mai realizzato, Le belve)
  • Il Tuttofare, andato in onda il 10 maggio (nel ruolo di Rosario De Gennaro, detto Lallo)
  • Il Grande Maestro, andato in onda il 13 maggio (nel ruolo di Mardocheo Stonatelli)
  • Don Giovannino, andato in onda il 18 maggio (nel ruolo omonimo del titolo)
  • La Scommessa, andato in onda il 25 maggio (nel ruolo di Oberdan Lo Cascio)
  • Totò Ciak, andato in onda l'8 giugno (nel ruolo dell'agente segreto; è una parodia dei generi cinematografici in voga con la partecipazione di alcuni cantanti)
  • Totò a Napoli, andato in onda il 13 giugno (nel ruolo della guida non autorizzata, recita alcune poesie sue)
  • Totò Ye Ye, messa in onda annunciata il 29 giugno, ma in realtà mai avvenuta (nel ruolo del capellone in uno special con la partecipazione di cantanti e complessi musicali)
  • Premio Nobel, con Corrado, andato in onda il 6 luglio (nel ruolo di Severino Bolletta)

[modifica] Sceneggiatore televisivo

[modifica] Pubblicitario

Nell'autunno 1966 Totò girò nove sketch pubblicitari per la Rai, che andarono in onda su carosello, nella prima serie i titoli erano questi, oggi però dei nove ne sopravvivono solo due, forse gli altri sono stati distrutti.

  • Totò cassiere
  • Totò calzolaio
  • Totò spazzino
  • Totò petroliere
  • Totò proprietario di ristoranti
  • Totò farmacista
  • Totò barista
  • Totò giocatore
  • Totò elettricista

Nel gennaio 1967 vennero girati altri sette caroselli, il progetto era di dieci ma Totò non riusci a finirli tutti perché era impegnatissimo, questi altri sketch però non li vide mai nessuno perché prima della messa in onda sono stati misteriosamente trafugati, qualcuno cerca ancora di ritrovarli.

  • Totò ingegnere
  • Totò pittore
  • Totò metereonauta
  • Totò iettatore
  • Totò ferroviere
  • Totò operaio
  • Totò giardiniere

[modifica] Programmi televisivi sull'attore

  • Il pianeta Totò, di Giancarlo Governi (1981, in 30 puntate; riproposto, accorciato in 25 puntate, nel 1983 e nel 1988)
  • Viva Totò, condotto da Nanni Loy (1987)
  • Caro Totò, ti voglio presentare..., condotto da Renzo Arbore (1992)
  • Totò, un'altro pianeta, di Giancarlo Governi (1993, in 15 puntate)
  • Tocco e ritocco, di Giancarlo Governi (1994, in 4 puntate)
  • La vita del principe Totò, di Giancarlo Governi (1995, in 2 puntate)
  • Omaggio a Totò, di Giancarlo Governi (1997, in una puntata)
  • Totò 100, di Giancarlo Governi (1998, in 2 puntate)

[modifica] Musica

[modifica] Canzoni

(da completare)

  • Malafemmina (1951)
  • Carme... Carme (1953)
  • Miss... mia cara miss (1958)
  • La mazurka di Totò (1949)
  • Core Analfabeta (1955)
  • Nun si na femmena (1951)
  • Margherita (1935)
  • Baciami (1965)
  • Filomè (1960)
  • Nemica (1959)
  • Luntano a te (1953)
  • Napule, tu e io (1948)
  • Aggio perduto ammore (1959)
  • Casa mia (1950)
  • Che me diciste a ffà (1951)
  • Con te (1954)
  • Ddoje strade(1944)
  • Uocchie ca me parlate (1963)
  • Dincello, mamma mia (1945)
  • Ischia mia (1946)
  • L'ammore avesse a'essere (1949)
  • Mammarella (1958)
  • Margellina blu (1947)
  • Le Lavandou (1962)
  • Tapioca (1954)
  • I voglio bene è femmene (1962)
  • Scettico Napulitano (1961)
  • Sulo (1955)

[modifica] Festival di Sanremo

  • 1954:Con Te

[modifica] Teatrografìa

[modifica] Attore teatrale

Compagnìa di Isa Bluette:

  • 1928: Madama Follia
  • 1928: Il Paradiso delle Donne
  • 1928: Mille e una donna
  • 1928: Girotondo
  • 1928: Peccati... e poi Virtudi

Compagnìa di Achille Maresca:

  • 1928: Sì, Sì, Susette
  • 1928: La Stella del Charleston
  • 1929: Monna Eva
  • 1929: La giostra dell'amore

Compagnia Stabile Napoletana Molinari di Enzo Aulicino:

  • 1929: Messalina
  • 1929: Santarellina
  • 1929: Miseria e nobiltà
  • 1929: Amore e Cinema
  • 1929: Il Processo di Mary De' Can
  • 1929: Bacco, Tabacco e Venere
  • 1930: I Tre Moschettieri

Compagnìa di Riviste e Fantasie Comiche Totò di Achille Maresca:

  • 1931: La Vile Seduttrice
  • 1931: La vergine di Budda (primo avanspettacolo scritto da Antonio De Curtis)
  • 1932: Colori Nuovi (scritto da Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese)
  • 1932: Ridi che ti passa (scritto da Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese)
  • 1932: Era lui, Sì... Sì...! Era lei, No... No...! (scritto da Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese)
  • 1932: La Vergine Indiana (scritto da Antonio De Curtis)
  • 1932: Totò, Charlot per Amore (scritto da Antonio De Curtis)
  • 1933: Al Pappagallo
  • 1933: Se quell'evaso fossi io
  • 1933: Questo non è sonoro
  • 1933: Il mondo è tuo (scritto da Antonio De Curtis)
  • 1933: La Banda delle Gialle
  • 1933: Dalla Calza al Dollaro
  • 1933: Il Grand'Otello
  • 1934: La Mummia Vivente
  • 1934: I Tre Moschettieri
  • 1935: 50 milioni... c'è da impazzire! (scritto da Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese)
  • 1937: Dei due chi sarà (scritto da Antonio De Curtis)
  • 1937: Uomini a Nolo (scritto da Antonio De Curtis)
  • 1937: Novanta fa la Paura (scritto da Antonio De Curtis)
  • 1938: Se fossi un Don Giovanni (scritto da Antonio De Curtis)
  • 1938: L'Ultimo Tarzan (scritto da Antonio De Curtis)
  • 1938: Accade una notte che... (scritto da Antonio De Curtis)
  • 1939: Fra Moglie e Marito, la Suocera e il Dito (ultimo avanspettacolo scritto da Antonio De Curtis)

La Grande Rivista:

  • 1940-1941: Quando meno te l'aspetti..., scritta da Michele Galdieri e messa in scena dalla Compagnia Grandi Riviste Totò
  • 1941-1942: Volumineide, scritta da Michele Galdieri e messa in scena dalla Compagnìa Teatrale Errepi di Remigio Paone
  • 1942-1943: Orlando Curioso, scritta da Michele Galdieri e messa in scena dalla Compagnìa Teatrale Errepi di Remigio Paone
  • 1943-1944: Aria Nuova, scritta da Antonio De Curtis e messa in scena dalla Compagnia Totò organizzata da Antonio De Curtis ed Elio Gigante
  • Che ti sei messo in testa?, scritta da Michele Galdieri prima della liberazione di Roma (6 giugno 1944) e messa in scena dalla Compagnia Grandi Riviste Totò-Magnani
  • 1944-1945: Con un palmo di naso, scritta da Michele Galdieri subito dopo la liberazione di Roma, e messa in scena dalla Compagnia Grandi Riviste Totò-Magnani
  • Imputati... alziamoci!, scritta da Michele Galdieri e messa in scena dalla Compagnia Totò-D'Albert di Remigio Paone
  • 1945-1946: Un anno dopo, scritta da Oreste Biancoli e messa in scena dalla Compagnia Totò-D'Albert di Remigio Paone, con Lucy D'Albert, Vittorio Caprioli e Alberto Bonucci
  • 1946-1947: Eravamo sette sorelle scritta da Aldo De Benedetti e Michele Galdieri e messa in scena dalla Compagnìa Totò di Romagnoli
  • Ma se ci toccano nel nostro debole... scritta da Nelli, Mangini, Garinei & Giovannini e messa in scena dalla Compagnìa Totò di Romagnoli
  • 1947-1948: C'era una volta il mondo, scritta da Michele Galdieri e messa in scena dalla Compagnia Spettacolo Errepi di Remigio Paone, che presenta la Compagnia Totò-Barzizza
  • 1949-1950: Bada che ti Mangio!, scritta da Michele Galdieri e Antonio De Curtis e messa in scena dalla Compagnia Spettacoli Errepi di Remigio Paone, che presenta la Grande Compagnia di Riviste Totò-Barzizza-Giusti
  • 1956-1957: A Prescindere, scritta da Nelli e Mangini e messa in scena dalla Compagnia Spettacoli Errepi di Remigio Paone che presenta la Compagnia Totò-Yvonne Menard (l'ultima rivista di Totò, interrotta per l'improvvisa malattia agli occhi del comico il 4 maggio 1957, al Teatro Politeama di Palermo)


[modifica] Curiosità

Nato col nome di Antonio Vincenzo Stefano Clemente nel dopoguerra, approfittando della sospesa consulta araldica, il tribunale di Napoli gli permise di farsi aggiungere vari cognomi e titoli nobiliari divenendo così all'anagrafe Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno de Curtis di Bisanzio Gagliardi, altezza imperiale, conte Palatino, cavaliere del Sacro Romano impero, duca di Macedonia e d'Illiria, principe di Costantinopoli, di Cicilia e di Tessaglia, di Ponte, di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo.

Recenti ricerche degli studiosi Giovanni Grimaldi, e del marchese Camillo de Curtis, rivelano come non vi sarebbe stato alcun fondamento alla base di tali pretese nobiliari, e come il tutto fosse opera di "consulenti araldici" e valenti avvocati, unitamente alla scarsa preparazione dei tribunali dell'epoca. In realtà però, con ogni verosimiglianza, Totò apparteneva effetttivamente a un ramo molto decaduto dei veri marchesi de Curtis, quello dei conti di Ferrazzano [1], i quali, come molte famiglie della nobiltà non solo italiana, avevano tra i loro antenati ascendenze imperiali bizantine, tenuto conto anche che, per loro stessa ammissione, i due studiosi non hanno mai potuto visionare la documentazione ufficiale presentata a suo tempo dal popolare attore.

[modifica] Note

  1. I De Curtis (ed anche Della Corte) furono una antichissima famiglia longobarda (attestata dal X-XI sec.), originaria della zona fra Salerno e Cava dei Tirreni (infatti in una compravendita in Salerno del 1278 Bartolomeo acquistando un terreno, ricordò che il suo capostipide era stato il conte Atenolfo (XI sec.), padre di Ademario, da cui in linea retta erano discesi Mario, Landolfo e Matteo, padre del detto Bartolomeo); il ramo in Cava si radicò nel casale che essi eressero e che da loro fu detto De Curti, entrando a far parte del patriziato locale; un loro ramo ebbe poi la contea di Ferrazzano e da essi discese il celebre attore comico Antonio (1898-1967), in arte Totò; la famiglia si ramificò anche a Ravello, dove furono patrizi locali e dopo lo scioglimento dei sedili nobili (1800) furono ascritti nel Libro d'Oro di Ravello; fra i personaggi celebri di questa famiglia: Giovanni e Bartolomeo (XIII sec.), prestarono denaro a Carlo I d'Angiò; Leonetto (XV sec.), milite e regio consigliere, partecipò alla famosa impresa cavese alla battaglia di Sarno (1460) e fu capitano di Reggio (1465), attualmente la sua tomba è ancora in Cava; Giovan Andrea, Presidente del Sacro Regio Consiglio; Francesco e Scipione, Consiglieri di S. Chiara; Camillo vice cancelliere del regno, avvocato del R. patrimonio, Presidente della Regia Camera della Sommaria e Reggente del Supremo consiglio d'Italia nella corte cattolica (un suo quadro è attualmente ancora al comune di Cava e fu oggetto di una contesa con l'attore Totò, che non riuscì però ad ottenenerlo); Tommaso, nativo di Napoli, cavaliere di Malta (1582); Paolo (XVI-XVII sec.), Vescovo di Ravello (1591) e poi di Isernia; secondo alcuni studiosi moderni anche papa Benedetto XII ( (Jacques Fournier) era di questa famiglia, giacchè suo padre era emigrato in Francia a Savardin, nel Foix, ed aveva fatto ivi il mugnaio e fornaio (da cui il cambiamento del cognome della famiglia), ma sembra poco probabile. La Repubblica di San Marino riconobbe il titolo di conte con il predicato di Ferrazzano alla figlia di Totò, Liliana, con Decreto Presidenziale Sanmarinese il 16-3-1960. STEMMA: d'oro a tre bande di azzurro, al capo dello stesso, con un crescente montante di argento, accompagnato da tre stelle di otto raggi d'oro, 1 e 2.

[modifica] Bibliografia e Poesie

[modifica] Poesie

(da completare)

  • A livella
  • Sarchiapone e Ludovico
  • L'aquaiola
  • A vita

[modifica] Raccolte di poesie

  • Antonio De Curtis, 'A Livella, edizioni Fausto Fiorentino di Napoli (ottobre 1968)
  • Antonio De Curtis, Dedicate all'amore, a cura di Franca Faldini, edizioni Colonnese di Napoli (luglio 1981)

[modifica] Monografie e studi su Totò

  • Liliana De Curtis, Matilde Amorosi: Totò, mio padre, edizioni Mondadori (1990)
  • Liliana De Curtis, Matilde Amorosi: Totò, a prescindere, edizioni Mondadori (1992)
  • Liliana De Curtis, Matilde Amorosi: Totò, femmine e malafemmine, edizioni Rizzoli (2004)
  • Enrico Giacovelli, E poi dice che uno si butta a sinistra! - le battute più divertenti di tutti i film di Totò, edizioni Gremese (1994)
  • Alberto Anile, I film di Totò (1930 - 1945) L'estro funambolo e l'ameno spettro, edizioni Le Mani di Genova (1995) - vincitore del Premio Filmcritica - Umberto Barbaro per il miglior saggio sul cinema dell'anno
  • Alberto Anile, I film di Totò (1946 - 1967) La maschera tradita, edizioni Le Mani di Genova (1997)
  • Alberto Anile, Totò proibito - Storia puntigliosa e grottesca sui rapporti tra il principe de Curtis e la censura, edizioni Lindau di Torino (2005)

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

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