E. A. Mario
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Ermete Giovanni Gaeta, più noto come E. A. Mario (Napoli, 5 maggio 1884 - 24 giugno 1961) è stato autore di numerose canzoni di grande successo, come La leggenda del Piave.
I brani furono composti in parte in lingua italiana, altri in dialetto napoletano; di essi, quasi sempre, scriveva sia i testi che la musica.
È sicuramente da annoverare tra i massimi esponenenti della canzone napoletana della prima metà del Novecento ed uno dei protagonisti indiscussi della canzone italiana dal primo dopoguerra agli anni cinquanta, sia per la grandissima produzione - dovuta alla sua felice ed inesauribile vena poetica - che alla qualità delle sue opere.
[modifica] Biografia
Il futuro E. A. Mario nacque da una modesta famiglia di Pellezzano(SA) (il padre, Michele Gaeta, era barbiere e la madre, Maria della Monica, una casalinga), in un basso di Vico Tutti i Santi, in uno dei quartieri più popolari della città, quartiere Vicaria.
Il retrobottega della barberia del padre era tutta la loro casa. Un locale dove vivevano molte persone di famiglia; il fratello Ciccillo, le sorelle Agata e Anna, lui, la mamma ed il padre. In altre due piccole stanzette, tre zie ed uno zio.
Si sposò nel 1919 con Adelina, figlia di un'attrice molto famosa all'epoca, Leonilde Gaglianone. Il loro fidanzamento fu brevissimo, durò infatti appena tre mesi. Dal loro matrimonio nacquero poi tre figlie; Delia, Italia e Bruna .
Nella sua giovinezza frequentò e fu molto benvoluto da un altro grande artista napoletano, poeta e commediografo, Eduardo Scarpetta, genitore di quella felice stirpe di talenti che furono poi i fratelli "Eduardo, Peppino e Titina De Filippo".
Collaborò molto con il massimo editore napoletano dell'epoca; Ferdinando Bideri, che fu editore anche di Gabriele D'Annunzio.
Non divenne mai ricco ed agiato poiché, molto presto, a causa di una grave malattia della moglie, e per poter provvedere la sostentamento della sua famiglia, decise di vendere i diritti di tutte le sue canzoni ad una casa editrice di Milano, ricevendo poi, negli anni successivi, solo una piccolissima percentuale.
[modifica] Lo studio
Fu un appassionato ed accanito lettore di libri, specie di quelli storici, per cui si ritrovò a formarsi una grande cultura, molto ricca e pluridisciplinare.
Un suo vezzo era, di tanto in tanto, arricchire la sua dialettica con citazioni sempre precise.
In gioventù riuscì persino ad iscriversi all'Istituto nautico ma, non potendo il padre sostenerlo negli studi, poiché le tasse risultavano troppo impegnative per la modesta economia familiare, non poté mai diventare capitano di lungo corso.
[modifica] Il mandolino
Quando aveva circa dieci, undici anni, un giorno capitò che, un posteggiatore che era entrato nel negozio di barbiere del padre, per radersi o per farsi tagliare i capelli, dimenticò un mandolino sulla sedia e, fu proprio con quello strumento, strimpellando piano piano, giorno dopo giorno, che imparò ad usarlo ed a tirare poi fuori tante bellisssime melodie. Suonava bene il mandolino ed imparò la musica grazie ad una pubblicazione settimanale della Casa Editrice Sinzogno, "La musica senza maestro".L'intera raccolta è tutt'ora in possesso della figlia Bruna.
Molti lo chiamavano "Maestro" ma, lui, pue ssendolo di fatto divenuto, per riservatezza si cherniva dicendo di non esserlo.
Egli componeva la melodia, l'armonia completa di motivo, e in seguito un bravo maestro esperto gli trascriveva le partiture senza cambiare quasi mai nulla del motivo originale che a lui veniva naturale far scivolare così, come richiedeva la canzone, sui testi precisi nel ritmo che, già all'abbozzo, risultavano perfetti e facili da trascrivere sul pentagramma.
[modifica] Il lavoro alle Poste
Giovanissimo si impiegò nelle Regie Poste Italiane a Napoli, lavorando negli uffici di Palazzo Gravina, zona di Monteoliveto, vecchia sede delle Poste Napoletane, dove già un tempo - alcuni anni prima di lui - lavorò come telegrafista un'altra grande scrittrice napoletana, Matilde Serao.
Gaeta fu assegnato allo sportello delle raccomandate e dei vaglia, dove, dopo poco tempo, fece un incontro fortunato. Un giorno, riconobbe davanti a lui, avendone letto il cognome come mittente di una raccomandata, il musicista Raffaele Segrè, noto compositore di canzonette dell'epoca.
Con la sfrontatezza e la sincerità propria del suo carattere e della sua giovanissima età, ebbe a dirgli: "Maestro, le vostre musiche sono bellissime ma i testi sono tante papucchielle!".
Il musicista, risentito, stava quasi per rispondergli in malo modo ma le molte persone presenti ed i colleghi del poeta, che già lo conoscevano molto bene, gli fecero capire che il ragazzo era molto bravo poeticamente: " Professò, chisto è uno ca 'e poesia se ne intende!".
Il Segrè allora, preso da un'istintiva simpatia, gli lanciò una sfida: "Facimme 'na cosa, scrivetemi voi un testo, una poesia ed io, se sarà bella, ve la musicherò!".
Fu così che nacque la sua prima canzone in dialetto napoletano, "Cara mamma", pubblicata dalla Casa editrice Ricordi.
[modifica] L'inizio dell'attività di poeta
La sua attività di Poeta iniziò nel 1902 a Genova ed a Bergamo. A Genova conobbe Alessandro Sacheri, giornalista e redattore capo del "Il Lavoro" che, resosi conto del valore del giovanotto (aveva 18 anni), gli diede il suo primo lavoro da giornalista.Il giovane talento scelse di utilizzare lo pseudonimo di "Hermes" utilizzato alternativamente con "Ermes".
Grazie alla cultura molto varia che si era costruito leggendo tantissimo era in grado di scrivere articoli su vari argomenti che, poi riusciva a pubblicare in diversi giornali. Dalle Poste fu successivamente allontanato per "scarso rendimento, poiché l'impiegato postale era in realtà Giovanni Gaeta, assentatosi in apparenza senza giusti motivi. Ma successivamente, accertato che Giovanni Gaeta altri non era che il celebre E.A.Mario,fu reintegrato perché tutti erano orgogliosi di lui. Nelle Poste, quindi, finì con il lavorare per tutta la vita.
Fu una persona di grande cultura musicale e letteraria.
La sua generosità e la grande disponibilità, sempre disinteressata, verso gli altri, il suo carattere e la sua sensibilità, lo resero oggetto di grande stima e di profondo affetto, da parte di tutti coloro che ebbero modo di frequentarlo.
In molti cercarono d'imitarlo ma, il talento poetico e musicale non s'improvvisa.
Anche il grande Totò, agli inizi della sua carriera, nel tentativo di cambiare genere di spettacolo, scrisse e recitò "Vicoli", una parodia della canzone "Vipera" di E. A. Mario.
[modifica] La leggenda del Piave
Nel 1918, nella notte del 23 giugno, quasi al termine della prima guerra mondiale, in seguito alla resistenza, la riscossa prodigiosa e la vittoria italiana sul Piave, scrisse di getto, i versi e la musica de La leggenda del Piave, che gli procurò subito una grande notorietà.
La canzone divenne fu a torto considerata l'inno nazionale italiano, poiché esprimeva la rabbia e l'amarezza per la disfatta di Caporetto e l'orgoglio per la grande riscossa e la vittoria sul fronte veneto.
La leggenda del Piave, solo per caso non divenne l'inno nazionale italiano definitivo. Solo perché ad Alcide De Gasperi, che l'aveva convocato a Roma, per chiedergli di scrivere l'inno ufficiale per la Democrazia Cristiana, facendogli intendere che avrebbe, con grande piacere, appoggiato la candidatura della sua canzone, nella scelta dell'inno della Patria, E. A. Mario rispose che non se la sentiva, perché lui non scriveva su commissione ma, solo per ispirazione, solo col cuore. Alcide De Gasperi ci rimase molto male e, all'occasione, non fece avanzare la candidatura della "Leggenda del Piave".
Egli volle rendere un tributo alla amata Patria: di tutte le medaglie che aveva ricevuto dai comuni interessati, le prime cento le donò "alla Patria", assieme alle fedi nuziali sua e di sua moglie, nel novembre del 1941. Le altre che gli restarono, furono poi rubate dopo la sua morte, nel maggio 1974 nella casa di una delle figlie, esclusa la Commenda in oro che gli aveva consegnato il Re Vittorio Emanuele III ed i gemelli in oro donati dall'ex re Umberto II in occasione del suo settantesimo compleanno. Questi cimeli sono attualmente conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli, Lucchesi Palli, nella sala a lui intitolata e dedicata.
[modifica] Lo pseudonimo
Nel 1904, Giovanni Gaeta adottò per la prima volta lo pseudonimo di E. A. Mario, che gli avrebbe poi portato tanta fortuna facendolo diventare famoso in tutto il mondo con le sue canzoni. Il suo nome d'arte E. A. Mario, è la composizione di varie scelte. “E” deriva dal suo primo pseudonimo Ermes (o Ermete), “A” fu scelto come segno di riconoscimento e stima verso Alessandro Sacheri, giornalista e scrittore, suo amico fraterno, nonché caporedattore del giornale Il Lavoro di Genova, che gli pubblicò i suoi primi lavori di scrittore. Mario stava ad indicare il patriota Alberto Mario, che fu suo idolo nella giovinezza, trascorsa con grande passione Mazziniana e, forse, anche perché gli piaceva lo pseudonimo con il quale si firmava la poetessa polacca, direttrice del periodico "Il Ventesimo" di Bergamo Maria Clarvy. Il suo pseudonimo fu adottato per la prima volta nel 1904, nella pubblicazione della sua prima canzone in vernacolo napoletano, intitolata "cara mamma'", della quale si è detto in precedenza presso l'Editore Ricordi di Milano.
[modifica] Mazzini
Agli inizi della sua carriera,era solito firmare i suoi lavori con il suo vero nome; Giovanni Gaeta. Nutriva in quel periodo, una grande ammirazione per il Carducci e per Mazzini, ai quali spesso dedicava i suoi versi.
Una delle sue prime composizioni in lingua, nel 1905, fu proprio la sua “ Canzone a Mazzini “, con prefazione della poetessa veneta Vittoria Aganoor Pompilj, un poemetto di 999 novenari, che gli procurò anche un “amichevole richiamo” da Mario Rapisardi, appassionato mazziniano.
Ciò però non lo distolse dal desiderio di portare la prima copia del suo lavoro, direttamente sulla tomba di Mazzini a Staglieno, in segno di grande ammirazione.
[modifica] La vena inesauribile
Nella sua attività di poeta e compositore, esplose tutta la carica vulcanica della sua viscerale napoletanità. Nella sua lunga carriera, scrisse oltre 2.000 canzoni e molte di queste le musicò anche.
La versatilità del suo genio artistico, lo portava a toccare con eguale abilità, tutte le varie sfaccettature di quel prisma luminoso che è l'arte letteraria; saggi storici, novelle, poesie, canzoni .
La sua passione per le poesie e la sua vena ricca ed inesauribile, oltre che di grandissimo spessore e qualità, finezza ed originalità, lo portarono ad essere, nella storia della letteratura partenopea, uno degli autori più produttivi e fecondi; un gigante ed un punto di riferimento, diventando poi, con il tempo, un vero monumento artistico.
[modifica] Le incisioni famose
Incisioni famose di sue canzoni sono, le interpretazioni di “Santa Lucia luntana” di Enrico Caruso, Beniamino Gigli, Franco Ricci, Gilda Mignonette, Francesco Albanese, registrate sui vecchi supporti in vinile a 78 giri.
In seguito molte delle sue canzoni più famose, vennero registrate ed interpretate dai più grandi tenori di tutti i tempi, quali, tra gli altri; Giuseppe Di Stefano, Mario Del Monaco, José Carreras, Plácido Domingo, fino al grande Luciano Pavarotti.
Le sue canzoni hanno fatto parte del repertorio dei maggiori cantanti napoletani di varie generazioni, da Massimo Ranieri a Mario Merola, da Peppino Di Capri a Roberto Murolo, Mario Abbate, Sergio Bruni e tanti altri ancora.
[modifica] Tammuriata nera
La famosa canzone “Tammuriata nera”, della quale E. A. Mario compose la musica, nacque da una circostanza assai curiosa. Edoardo Nicolardi, amico di E. A. Mario, nonché dirigente amministrativo di un famoso ospedale napoletano, “Il Loreto”, un giorno vide un particolare trambusto nel reparto maternità. IL fatto che aveva suscitato tanta meraviglia era che, ad una ragazza napoletana, era nato un bambino di colore.
Quando la sera i due amici si ritrovarono a casa di E. A. Mario, ( i due, oltre che essere amici e colleghi, stavano per diventare anche consuoceri, poiché Italia terza figlia di E.A.Mario, doveva di lì a poco sopsare Ottavio, figlio del Nicolardi), si resero subito conto della svolta epocale che quel fatto rappresentava ed E.A.Mario esclamò commosso: "E' 'na mamma curaggiosa! E' 'na mamma chiena 'e core! Edua', facimmo 'sta canzone!" E fu così che sull'onda della commozione, con spirito partenopeo, sull'immediatezza dei versi del Nicolardi, dettati di getto, e l'istintiva melodia di E. A. Mario, nacque quella canzone che è diventata poi, famosa in tutto il mondo.
[modifica] La Commenda della Corona
Nel1922, il Re Vittorio Emanuele espresse il desiderio di conoscerlo, avendo avuto modo di ascoltare per la prima volta “La leggenda del Piave”, in occcasione dell'arrivo al Vittoriano, a Roma, della salma del Milite Ignoto.
E fu in quella occasione che il Re, entusiasta, chiese chi fosse l'autore e lo convocò al Quirinale.
Saputo che l'autore era un impiegato delle Regie Poste Italiane, diede l'incarico al ministro delle Poste Giuffrida, che con orgoglioso interessamento lo fece cercare. Il poeta si presentò al Quirinale, al cospetto del Re che, gli conferì personalmente l'onorificenza insignendolo della Commenda della Corona, assieme alla sua ammirazione ed a parole di lode. Un ministro gli disse che la sua canzone era servita a dare coraggio ai nostri soldati più di un qualsiasi pur bravo generale.
Quando per strada incontrava dei soldati, questi gli facevano il saluto militare.
A Santacroce del Montello (TV), il carillon del campanile, suona ancora oggi, ad ogni mezzogiorno, le note de “ La leggenda del Piave”.
[modifica] La fine
L'ultima sua abitazione, in fitto, fu quella del Viale Elena, oggi Viale Antonio Gramsci , dove poi morì. A ricordarlo vi è affissa una lapide. La moglie morì pochi mesi prima di lui. Le figlie, giacché il poeta era molto malato, per non dargli un ulteriore dispiacere, gli nascosero la morte della moglie, conoscendo il suo profondo affetto per lei e lo fecero scendere al piano di sotto, nell'abitazione dell'altra figlia.
Inizialmente lui non riusciva a comprendere perché non potesse vedere la moglie ma, dopo pochi giorni, capì e disse: “ Adelina è finita, è overo? “
Da quel momento, lui che già parlava pochissimo, con la sua voce ormai roca, non parlò più e incominciò a lasciarsi morire piano piano.
Finì il 24 Giugno, giorno del suo onomastico. Aveva 77 anni.
Un'altra targa bellissima e famosa, che ricorda uno dei suoi più grandi succesi mondiali, oltre che l'emigrazione di tanti napoletani, è quella fatta apporre sopra la scaletta al Borgo Marinaro. Non ci sono elogi e commemorazioni, solo i primi due versi di “ Santa Lucia luntana”.
In molte città italiane esistono oggi, strade, piazze e scuole che ricordano il poeta E. A. Mario .
Nell'olimpo degli autori napoletani di poesie e di canzoni, E. A. Mario occupa, sicuramente, un posto di grande rilievo.
Le sue più famose canzoni, specie quelle napoletane, hanno fatto il giro del mondo, dando un notevole contributo alla diffusione della musica partenopea in ogni angolo della terra.
[modifica] (Testi consultati e…) Bibliografia
- Ettore La Mura. Enciclopedia della Canzone Napoletana. Napoli, Il Torchio, 1969.
- Ettore De Mura. Poeti napoletani dal Seicento ad oggi. Napoli, Marotta Editore, 1977.
- Libro di Famiglia N° B1. Biblioteca Nazionale di Napoli, Deposito: Lucchesi-Palli.
- Max Vajro. E. A. Mario. A cura del comitato per le celebrazioni del centenario della nascita di E. A. Mario, promosso dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni. 1984.
- Bruna Catalano Gaeta. E. A. Mario ( Leggenda e Storia ) di. Napoli, Liguori Editore, 1989.
- Salvatore Palomba. La Canzone Napoletana. Napoli, L'ancora del Mediterraneo, 2001.
- Ottavio Nicolardi. Funtane e funtanelle – E. A. Mario. Napoli, Morano Editore, 1984.
- Maurizio Becker. La canzone napoletana. Firenze, Octavo Edizioni, 1999.
- Aldo De Gioia. Frammenti di Napoli. Napoli, RCE Edizioni s.r.l., 2000.
- Giovanni Capurro. Carduccianelle. Istituto Grafico Editoriale Italiano.
- Celebri canzoni napoletane ed italiane di E. A. Mario. Napoli, Edizioni Bideri, 1984.
- Vittorio Paliotti. Storia della canzone napoletana. Roma, Newton & Compton, 2004.
[modifica] Le sue opere
- Circa 2.000 canzoni
- Raccolte di poesie e poemetti
- Acqua chiara (Prima raccolta di poesie) (1908 – 1918 ) Illustrazioni di E. A. Macchia. Edizioni Matelda.
- Cerase (Sonetti) Edizioni Remo Sandron.
- Vangelo (Poesie) Edizioni Albrighi-Segati & C.
- Il libro grigioverde (Raccolta di canzoni di trincea). Edizioni E. A. Mario Napoli.
- Parentali (Poema storico musicale in due atti). Edizioni E. A. Mario. Napoli.
- 'E rrose (Attounico dialettale) Illustrazioni P. Scoppetta e G. Spagnolo. Editrice Bideri. Napoli
- Albero piccerillo (Raccolta di poesie). E. Chiurazzi Editore. Napoli 1930.
- Funtane e funtanelle (Pubblicato postumo). Morano Editore.
- 'A storia d' 'o core. Istituto Grafico Editoriale Italiano.
- All'insegna della Sirena (doppia edizione) Edizioni Chiurazzi 1930. Istituto Grafico Editoriale Italiano.
- Cunfiette (Poemetto autobiografico). Edizioni Matelda.
- Cunfessione (Poemetto con prefazione di A. Costagliola). Editrice Matelda.
- 'A Morte (Poemetto con illustr. Di Amos Scorzon). Editrice Matelda.
- Mamme (Quattro episodi – Quattro atti dialettali). Illustr. Di E. A. Macchia. Editrice Matelda.
- 'O Quarantotto (Poemetto).
- Il fu Pulcinelle
- 'O libro d' 'e canzone
[modifica] Voci correlate
- Poesia napoletana
- Canzone Italiana
- Canzone napoletana
- Personalità legate a Napoli
- Elenco di pseudonimi