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Filosofia ebraica - Wikipedia

Filosofia ebraica

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Il termine filosofia ebraica non è universalmente accettato, ma in effetti questa dottrina è effettivamente esistente. È tuttavia un argomento che richiede un'attenta analisi, ed un'accurata definizione e spiegazione dei termini. Secondo alcuni essa è un tentativo di fondere insieme gli insegnamenti laici ed ateistici con quelli religiosi del Giudaismo, secondo altri, invece, che si tratta piuttosto di una forma relativamente moderna di razionalizzazione del Giudaismo stesso. Va notato che le fonti principali del Giudaismo, come Torah, Tanakh e Talmud non contengono i termini filosofia (che è di origine greca e significa letteralmente "amore della saggezza") e giudaismo, poiché tali fonti partono dal presupposto che gli insegnamenti in essi contenuti servono come precetti per il comportamento dei fedeli, e non come come base per elaborazioni di tipo speculativo o filosofico.

Come con ogni fusione tra filosofia e religione, l'approccio è difficoltoso, perché i filosofi classici cominciano senza ipotesi certe da cui dedurre le conclusioni che devono raggiungere con la loro ricerca, mentre i pensatori religiosi hanno una serie di principi religiosi che devono assumere come veri.

A causa di queste divergenze negli obiettivi e nei punti di vista, alcuni sostengono che non si può veramente sia essere filosofi che aderire ad una determinata religione. Secondo questo concetto, tutti i tentativi di sintesi tra religione e filosofia sono destinati a fallire. Per esempio, il Rabbino Nachman, un mistico chassidista, considera tutta la filosofia falsa ed eretica. Affrontando l'argomento in modo opposto, Baruch Spinoza, un panteista, considera la religione rivelata inferiore alla filosofia, e quindi la filosofia ebraica tradizionale come un fallimento intellettuale.

Altri sostengono la possibilità di una sintesi tra questi due mondi. Una via è quella di usare argomenti e ragionamenti filosofici per dimostrare la veridicità dei principi di una religione. Questa è una tecnica molto comune di cui si trovano testimonianze in scritti appartenenti a tradizioni di molte religioni, incluse il Giudaismo, il Cristianesimo e l'Islam, ma questa non è generalmente accettata come vera filosofia dalla maggior parte dei filosofi. Un esempio di questo approccio si trova negli scritti di Lawrence Kelman, nel suo Permission to Believe, (Feldheim 1990).

Un altro modo di unire filosofia e religione è l'astenersi dal ritenere veri i principi di una data religione, fino a che non si giunga alle stesse conclusioni attraverso un processo filosofico. Questo è in un certo modo presente nell'opera del Rabbino ricostruzionista Mordecai Kaplan (XX secolo). Comunque questo approccio implica una mancanza di fede, secondo gli appartenenti alla religione stessa.

Un altro modo di procedere è applicare filosofia analitica alla propria religione per rafforzare le basi della fede. Tra i pensatori ebrei che presero questa posizione si notano Saadia Gaon, Gersonides, e Abraham Ibn Daud. Con questa impostazione un credente sarebbe anche un filosofo se si ponesse queste domande:

  • Qual'è la natura di Dio? Come sappiamo che esiste?
  • Qual'è la natura della rivelazione? Come sappiamo che Dio rivela la sua volontà agli uomini?
  • Cosa della nostra tradizione religiosa deve essere interpretato alla lettera?
  • Cosa va interpretato allegoricamente?
  • Cosa bisogna credere per essere considerati aderenti ad una religione?
  • Come si possono conciliare le scoperte della filosofia con la religione?
  • Come si possono conciliare le scoperte della scienza con la religione?

Secondo alcuni questo potrebbe essere il compito della filosofia ebraica, ma il dibattito non è chiuso.

Indice

[modifica] Filosofia ebraica arcaica

In questa fase la filosofia ebraica fu pesantemente influenzata dal pensiero di Platone, Aristotele e dalla filosofia islamica. Molti dei primi filosofi ebraici medievali (a partire dall'VIII secolo fino alla fine del IX secolo) furono influenzati specialmente dai filosofi islamici mutaziliti; essi negarono tutti gli attributi limitanti di Dio ed erano i paladini dell'unità e della giustizia divina.

Nel tempo Aristotele divenne il filosofo per eccellenza tra i pensatori ebrei. Questa tendenza non fu meno marcata nelle scuole di pensiero islamica, bizantina e cristiana.

[modifica] Filone d'Alessandria

Filone d'Alessandria (20 a.C. - 40 d.C.) era un filosofo ebreo dell'età ellenistica nato ad Alessandria d'Egitto.

Filone incluse nella sua filosofia sia la saggezza dell'antica Grecia, che del Giudaismo. Egli voleva armonizzarne le conoscenze attraverso l'arte dell'allegoria che aveva imparato tanto dall'esegesi ebraica quanto dagli Stoici. Il suo lavoro fu grandemente criticato. Filone aveva il proposito di difendere e giustificare i suoi principi religiosi. Egli esaminò questi principi, li determinò e li precisò; e la filosofia fu usata come un supporto della verità, e come un modo di scoprirla. Con questo obiettivo Filone scelse tra i principi filosofici dei Greci, scartando quelli che non si accordavano con la religione Ebraica, come la dottrina aristotelica dell'eternità e dell'industruttibilità del mondo.

[modifica] Avicebrone, Solomon ibn Gabirol

Il filosofo-poeta Solomon Ibn Gabirol è anche conosciuto come Avicebrone. Egli morì verso il 1070. Fu influenzato da Platone. La sua principale opera filosofica fu il Mekor Chayim, "L'origine della vita". La sua opera sull'etica è intitolata Tikkun Middot HaNefesh, "La correzione delle qualità dell'anima".

Nel lavoro di Gabirol Platone è l'unico filosofo citato per nome. Tra le caratteristiche comuni a queste due filosofie c'è l'idea di un tramite tra Dio e il mondo, e tra le specie e l'individuo. Aristotele aveva già formulato una critica alla teoria platonica delle idee, che mancava di un intermediario o terzo elemento tra Dio e l'Universo, tra forma e materia. Questo "terzo uomo", questo collegamento tra cose incorporee (idee) e corpi ben poco ideali (materia), è, secondo Filone, il Logos; per Gabirol è la volontà divina. Filone dà al problema una valenza intellettuale; invece Gabirol lo considera una questione di volontà, avvicinandolo a pensatori moderni come Arthur Schopenhauer e Wilhelm Wundt.

Gabirol fu uno dei primi maestri neoplatonici in Europa. Il suo ruolo è stato paragonato a quello di Filone. Filone ha fatto da intermediario tra la filosofia greca e il mondo orientale; mille anni dopo Gabirol ha occidentalizzato la filosofia greco-musulmana e l'ha restituita all'Europa. Gli insegnamenti di Filone e Ibn Gabirol furono ignorati dai suoi compagni ebrei; si può aggiungere che Filone e Gabirol esercitarono invece una grande influenza in ambienti estranei all'Ebraismo: Filone presso il primo Cristianesimo, e Ibn Gabirol nello scolasticismo del Cristianesimo medievale.

La filosofia di Gabirol fece una piccola impressione sui filosofi ebrei seguenti. Il suo impatto più grande fu sulla liturgia. Il suo lavoro è citato da Moses ibn Ezra e da Abraham ibn Ezra. Gli scolastici cristiani, inclusi Alberto Magno e il suo pupillo, Tommaso d'Aquino, si riferiscono a lui frequentemente e con gratitudine.

[modifica] Misticismo ebraico, Cabala

La Cabala è un argomento a parte. Una differenza fondamentale tra i cabalisti e gli esponenti della filosofia è dovuta alle loro visioni differenti della potenza della ragione umana. I cabalisti respingono le conclusioni della ragione, e si rivolgono alla tradizione, all'ispirazione, e all'intuizione. I filosofi invece sostengono che la ragione è un requisito fondamentale per la percezione e la conoscenza.

[modifica] Saadia Gaon

Saadia Gaon (892-942) è considerato tra i più grandi dei primi filosofi ebraici. Il suo Emunoth ve-Deoth era originalmente chiamato Kitab al-Amanat wal-l'tikadat, il "Libro degli articoli della Fede e delle dottrine del Dogma". Era la prima presentazione sistematica e fondazione filosofica dei principi del Giudaismo, e fu completata nel 933.

In essa egli espone la razionalità della Fede ebraica, con la condizione che la logica è sottoposta alla tradizione nei casi di contraddizione. Il dogma ha la precedenza sulla ragione. Al riguardo dell'eternità del mondo, la ragione insegna, fin dai tempi di Aristotele, che il mondo non ha inizio; che non è stato creato; al contrario, il dogma ebraico asserisce la creazione dal nulla. Dai tempi di Aristotele si affermava che il ragionamento logico poteva solo provare l'esistenza di una generica forma di immortalità, e che nessuna forma individuale di immortalità poteva esistere. Il dogma ebraico di maggioranza, invece, manteneva l'immortalità dell'individuo. La ragione, secondo Saadia, deve cedere il passo.

Nell'organizzazione del proprio lavoro, Saadia seguì fedelmente le regole dei Mutaziliti (i dogmatisti razionalisti dell'Islam, a cui lui deve in parte la sua tesi e i suoi argomenti), seguendo per la maggior parte l'insegnamento di Al-Jubbai. Seguì il Kalam Mutazilita, specialmente in questo aspetto, che nelle prime due sezioni egli discusse i problemi metafisici della creazione del mondo (I) e l'unità di Dio (II), mentre nelle sezioni seguenti trattò la teoria ebraica della rivelazione (III) e della dottrina basata sulla giustizia divina, inclusa l'obbedienza e la disobbedienza (IV), come anche i meriti e i demeriti (V). Strettamente connessi a queste sezioni sono quelle riguardanti l'anima e la morte (VI), e la resurrezione dei morti (VII), che, secondo l'autore, fa parte della redenzione messianica (VIII). Il lavoro finisce col trattemento delle ricompense e delle punizioni della vita ulteriore (IX).

[modifica] Filosofia Karaita

Una setta che rifiuta le opere rabbiniche, il Karaismo, sviluppò una sua forma di filosofia, una versione ebraica del Kalâm islamico. I primi Karaiti basarono la loro filosofia sul Kalâm mutazilita; alcuni karaiti successivi, come Aaron ben Elijah of Nicomedia (XIV secolo), si rifà, nel suo Etz Hayyim (in ebraico "Albero della vita") ad Aristotele.

[modifica] Bahya ibn Paquda e "I doveri del cuore"

Bahya ibn Paquda visse in Spagna nella prima metà dell’XI sec.. Fu l’autore del primo sistema di norme etiche ebraico, scritto in Arabo nel 1040 con il titolo Al Hidayah ila Faraid al-hulub, vale a dire "Guida ai doveri del cuore", e fu tradotto in Ebraico da Judah ben Saul ibn Tibbon nel 1161-1180 con il titolo Hovot ha-Levavot, Duties of the Heart.

Sebbene egli citi frequentemente le opere di Saadia Gaon, non appartiene alla scuola razionalistica dei Mutaziliti che seguiva Saadia, ma come il suo contemporaneo un po’ più giovane, Solomon ibn Gabirol (1021-1070), aderiva al misticismo neoplatonico. Utilizzò spesso l’ordine degli enciclopedisti arabi conosciuto come "i Fratelli della Purezza". Incline al misticismo contemplativo e all’ascetismo, Bahya eliminò dal suo sistema ogni elemento che gli sembrava potesse offuscare il monoteismo o essere in contrasto con la legge ebraica. Aveva l’intenzione di creare un sistema religioso allo stesso tempo elevato, puro ed in pieno accordo con la ragione.

[modifica] Yehuda Halevi e il Kuzari

Nella sua opera polemica, il Kuzari, il poeta e filosofo ebreo Yehuda Halevi (XII sec.) condusse una decisa critica ai filosofi. Divenne in tal senso un al-Gazali ebraico, dato che l’opera dell’arabo, Destructio Philosophorum, fu il modello per il Kuzari.

Secondo lui la ragione umana non aveva un gran ruolo; al contrario l’illuminazione e la visione emotiva erano tutto. Il Kuzari presenta i rappresentanti delle diverse religioni e delle varie filosofie che dibattono, finché il re dei Kazari, pur riconoscendo i rispettivi meriti delle dottrine che essi sostengono, alla fine non premia l’Ebraismo per la corretta visione dell’essere.

[modifica] L’Ascesa del pensiero aristotelico

Judah ha-Levi non avrebbe potuto arrestare il progresso dell’Aristotelismo tra gli Ebrei che scrivevano in Arabo. Come tra gli Arabi Ibn Sina (Avicenna) e Ibn Rashid (Averroè) propendevano sempre più per Aristotele, così tra gli Ebrei fecero Abraham ibn Daud e Mosè Maimonide.

Il Rabbino Levi ben Gershon, conosciuto anche come Gersonides, o Ralbag, (1288-1345) è celebre per la sua Milhamot Ha Shem (o solo Milchamot), ("Guerre del Signore"). Tra gli Scolastici, Gersonide era forse il più innovatore; pose la ragione al di sopra della tradizione. Il Milhamot HaShem è modellato sulla Guida dei Perplessi di Mosè Maimonide. Può esser visto come una raffinata critica da un punto di vista filosofico (soprattutto Averrostico) del sincretismo tra l’Aristotelismo e l’ortodossia ebraica presentato in quest’ultima opera.

Hasdai Crescas (1340-1410) è noto per la sua Or Hashem ("Luce del Signore"). La manifesta intenzione di Crescas è quella di liberare l’Ebraismo da ciò che egli riteneva la schiavitù dell’Aristotelismo, il quale, attaverso Maimonide, influenzato da Avicenna, e Gersonide (Ralbag), influenzato da Averroè minacciavano di offuscare la distinzione dalla fede ebraica, riducendo le fondamenta dottrinali dell’Ebraismo a imitazioni dei concetti aristotelici. Il libro, Or Hashem, comprende quattro parti principali (ma'amar), suddivise in kelalim e capitoli (perakim): la prima parte tratta del fondamento di ogni certezza- l’esistenza di Dio; la seconda delle basilari dottrine della fede; la terza di altri sistemi che, sebbene non essenziali, legano ogni seguace dell’Ebraismo; la quarta di quei concetti che, nonostante siano tradizionali, non hanno un preciso carattere e sono aperti alla speculazione filosofica.

Joseph Albo era un rabbino e teologo spagnolo del XV sec. conosciuto soprattutto in quanto autore di un’opera sui princìpi di fede ebraici, Ikkarim. Albo limitava le basi della fede ebraica a tre: (1) la credenza nell’esistenza di Dio; (2) nella rivelazione; e (3) nella giustizia divina in quanto collegata all’idea dell’immortalità. Albo trova l’occasione di criticare le opinioni dei propri predecessori, eppure si prende cura di evitare la caccia agli eretici. È concesso un ampio spazio per l’interpretazione; così ampio che sarebbe difficile che sarebbe difficile, seguendo le sue teorie, criticare l'ortodossia dell'Ebreo più liberale. Albo rifiuta che l’accettazione della creazione ex nihilo sia una necessaria conseguenza della fede nell’esistenza di Dio, e critica liberamente i tredici princìpi di Maimonide sulla fede e i sei di Crescas.

[modifica] Maimonide

Rav Moshe ben Maimon (1135 - 1204), in ebraico רב משה בן מימון, comunemente noto col nome Rambam, era anche un medico ed un filosofo.

Maimonide affermava che non si possono riferire aggettivi con valore positivo a Dio: il numero dei suoi attributi ne pregiudicherebbe l'unità. Per preservare intatto questo concetto, bisogna evitare di riferirgli gli attributi relativi all'uomo, come l'esistenza, la vita, il potere, la volontà, la conoscenza - gli attributi positivi tradizionali del Kalâm. Tra gli attributi di Dio e quelli dell'uomo non c'è altra analogia che nella parola (omonimia), non c'è somiglianza nell'essenza ("Guida", I 35, 56). Gli attributi negativi implicano che non si può sapere nulla riguardo la vera natura di Dio, che è ciò che realmente intende Maimonide. Come Kant dichiara che la cosa in sé non è indagabile, così Maimonide dichiara che di Dio si può sapere solo che è, non cosa è.

Maimonide scrisse i suoi tredici principi della fede, in cui, affermava, tutti gli Ebrei devono credere. I primi cinque riguardano la conoscenza del Creatore, i quattro successivi la profezia e l'origine divina della Torah, e gli ultimi quattro la ricompensa, la punizione e l'ultima redenzione.

Il principio che ispirò tutta l'attività filosofica di Maimonide era identico al fondamento della Scolastica: non ci può essere contraddizione tra le verità rivelate da Dio e le scoperte della ragione umana in scienza e in filosofia. Inoltre, attraverso la filosofia e la scienza egli comprese gli insegnamenti di Aristotele. Comunque Maimonide si allontanò dal testo aristotelico in alcuni punti importanti, affermando, per esempio, che il mondo non è eterno, come Aristotele pensava, ma fu creato ex nihilo, come viene esplicitamente scritto nella Bibbia. Ancora, egli rifiutò la dottrina aristotelica della Provvidenza divina estesa solo all'umanità, e non all'individuo. Ma, mentre in questi importanti punti Maimonide precedette gli Scolastici e senza dubbio li influenzò, egli era guidato dalla propria ammirazione per i commentatori neoplatonici e dalla sua spontanea decisione di mantenere molte posizioni che gli Scolastici non avrebbero potuto accettare.

[modifica] Posizione nella storia del pensiero

Gli Scolastici preservarono la continuità del pensiero filosofico. Senza l'attività di questi filosofi arabo-ebraici, difficilmente la cultura occidentale avrebbe preso la direzione che l'ha portata alla situazione attuale, almeno non con la velocità mantenuta nei periodi dell'Umanesimo e del Rinascimento. I filosofi ebrei del mondo arabo erano gli umanisti del medioevo: essi stabilirono mantennero una fusione tra i filosofi, i medici e i poeti arabi da una parte e il mondo latino e cristiano dall'altra.

Gersonides, Gabirol, Maimonide, e Crescas sono considerati importantissimi per la continuità della filosofia, perché essi illuminarono non solo i giganti della Scolastica cristiana Alberto Magno e Tommaso d'Aquino, ma hanno fatto arrivare la loro luce fino alla filosofia moderna.

[modifica] Filosofi del Rinascimento

Il Giudaismo classico vide la crescita di un ramo della filosofia ebraica che si avvicinava al misticismo della Torah derivato dall'esoterismo della Zohar e dagli insegnamenti del rabbino Isaac Luria. Questo fu particolarmente evidente nell'imponente opera del rabbino Judah Loew ben Bezalel, conosciuto come il Maharal di Praga.

[modifica] Filosofi Ebrei post-illuministi

  • Baruch Spinoza (adottò il panteismo e ruppe col Giudaismo ortodosso)
  • Samuel Hirsch (appartenente al Giudaismo riformato)
  • Salomon Formstecher

[modifica] Filosofia Ebraica moderna

Una delle maggiori tendenze della filosofia ebraica moderna fu il tentativo di sviluppare una teoria del Giudaismo attraverso l'esistenzialismo. Uno dei protagonisti in questo campo fu Franz Rosenzweig. Nella preparazione della sua tesi di laurea sul filosofo tedesco del XIX secolo Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Rosenzweig attaccò l'idealismo di Hegel in favore di un approccio esistenzialista. Rosenzweig considerò a lungo la conversione al cristianesimo, ma nel 1913 si diede alla filosofia ebraica. Egli divenne un filosofo e allievo di Hermann Cohen. L'opera prima di Rozensweig, la Stella della Redenzione, mostra la sua nuova filosofia, in cui ritrae le relazioni tra Dio, l'umanità e il mondo nel modo in cui essi sono connessi dalla Creazione, la Rivelazione e la Redenzione. I successivi pensatori ebrei includono i Rabbini conservativi Neil Gillman e Elliot N. Dorff.

La forma di filosofia maggiormente polemica che si sviluppò all’inizio del XX secolo è forse il naturalismo religioso del Rabbino Mordecai Kaplan. La sua teologia era una variante della filosofia di John Dewey. Il naturalismo di Dewey combinava le convinzioni atee con una terminologia religiosa per creare una filosofia religiosamente accettabile per coloro che avevano perso la loro fede nella religione tradizionale. Seguendo i pensatori classici ebrei medievali, Kaplan affermò che Dio non è personale, e che tutte le descrizioni antropomorfiche di Dio sono, al massimo, metafore imperfette. La teologia di Kaplan proseguì dichiarando che Dio è la somma di tutti i processi naturali che permettono all’uomo di diventare auto-realizzato. Kaplan scrisse che “credere in Dio significa prendere per vero che il destino dell’uomo è innalzarsi dallo stato selvaggio ed eliminare tutte le forme di violenza e di sfruttamento dalla società umana”.

Una delle tendenze più recenti è stata una riformulazione della teologia ebraica attraverso la lente della filosofia dell’azione, e più specificatamente della teologia dell’azione. La filosofia dell’azione suggerisce che gli elementi fondamentali dell’universo sono occasioni di esperienza. Secondo questa nozione, ciò che le persone comuni ritengono concreti oggetti sono in realtà successioni di queste occasioni di esperienza. Le occasioni di esperienza possono essere organizzate in gruppi; qualcosa di complesso come un essere umano è perciò un gruppo di molte occasioni di esperienza più piccole. In questo tipo di visione, tutto nell’universo è caratterizzato dall’esperienza (che non deve essere confusa con la con la coscienza); non esiste dualismo mente-corpo in questo sistema, perché la “mente” è visto semplicemente come un tipo di esperienza molto sviluppata.

Inerente a questa visione del mondo è la nozione che tutte le esperienze sono influenzate da esperienze anteriori, e influenzeranno tutte le esperienze future. Questo processo di influenza non è mai deterministica; un’occasione di esperienza consiste in un processo di comprensione di altre esperienze, e poi una reazione a ciò. È questa l’azione della filosofia dell’azione. La filosofia dell’azione dà a Dio un posto speciale nell’universo delle occasioni di esperienza. Dio racchiude tutte le altre occasioni di esperienza ma al tempo stesso le trascende; perciò la filosofia d’azione è una forma di panteismo

Le idee originali della teologia dell’azione furono sviluppate da Charles Hartshorne (1897-2000), e influenzarono un numero di teologi ebraici, incluso il filosofo inglese Samuel Alexander (1859-1938) e i Rabbini Max Kaddushin, Milton Steinberg e Levi A. Olan, Harry Slominsky e un po’ più in basso, Abraham Joshua Heschel. Oggi alcuni rabbini che sostengono la teologia dell’azione o una teologia simile includono i Rabbini William E. Kaufman, Harold Kushner, Anton Laytner, Nahum Ward, Donald B. Rossoff e Gilbert S. Rosenthal.

Forse il cambiamento più inaspettato nel pensiero religioso ebraico alla fine del XX secolo fu la rinascita di interesse nella Cabala. Molti filosofi non la considerano una forma di filosofia, poiché la Cabala è una forma di Misticismo. Il Misticismo in generale viene solitamente compreso come un’alternativa alla filosofia, e non una sua variante.

[modifica] La Teologia dell’Olocausto

Il Giudaismo ha tradizionalmente insegnato che Dio è onnipotente, onnisciente e onnivolente. Tuttavia, queste affermazioni sono in stridente contrasto con il fatto che c’è molto male nel mondo. Forse la domanda più difficile con cui si sono confrontati i monoteisti è come si possa conciliare l’esistenza di Dio con l’esistenza del male. Questo è il problema del male. Tutte le fedi monoteiste hanno proposto molte risposte. Comunque, alla luce della grandezza del male visto nell’ Olocausto, molte persone hanno riesaminato le visioni classiche a questo proposito. Come può al gente avere ancora un qualsiasi tipo di fede dopo l’Olocausto? Questa tendenza di filosofie ebraiche è discussa nell’articolo sulla teologia dell’Olocausto.


[modifica] Filosofi ebraici moderni

I seguenti filosofi hanno avuto un impatto sostanziale sulla filosofia di Ebrei dei giorni moderni che si identifichino come tali. Essi sono scrittori che hanno trattato consapevolmente con tematiche filosofiche all’interno di una struttura ebraica.


[modifica] Filosofi ebraici ortodossi

Per approfondire, vedi la voce Giudaismo ortodosso.
  • Shalom Carmy
  • Eliyahu Eliezer Dessler
  • Samson Raphael Hirsch
  • Yitzchok Hutner
  • Menachem Kellner
  • Steven T. Katz
  • Abraham Isaac Kook
  • Norman Lamm
  • Joseph Soloveitchik

[modifica] Filosofi ebraici conservatori=

Per approfondire, vedi la voce Ebraismo conservatore.
  • Elliot N. Dorff
  • Neil Gillman
  • Abraham Joshua Heschel
  • William E. Kaufman
  • Harold Kushner

[modifica] Filosofi ebraici riformatori

Per approfondire, vedi la voce Giudaismo riformatore.
  • Emil Fackenheim

[modifica] Filosofi ebraici della Ricostruzione

Per approfondire, vedi la voce Giudaismo della Ricostruzione.
  • Mordecai Kaplan

[modifica] Altri

[modifica] Filosofi istruiti con formazione ebraica

[modifica] Collegamenti esterni

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