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Baruch Spinoza - Wikipedia

Baruch Spinoza

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Ritratto di Baruch Spinoza
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Ritratto di Baruch Spinoza
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«Deus, sive natura»
(Baruch Spinoza)

Baruch (Benedetto) de Spinoza, spesso citato semplicemente come Spinoza (Amsterdam, 24 novembre 1632 - L'Aia, 21 febbraio 1677) è stato uno dei maggiori filosofi razionalisti dell'età moderna insieme a René Descartes e Gottfried Leibniz.

Indice

[modifica] Vita

Nato da una famiglia ebraica costretta ad abbandonare il Portogallo a seguito dell'intolleranza religiosa, Spinoza fu inizialmente educato nella comunità ebraica sefardita di Amsterdam, città nella quale nacque. Presso la scuola della comunità, il Talmud Torah, portò a termine i primi quattro gradi di istruzione. Nel 1649, in seguito alla morte del fratello maggiore Isaac, fu costretto ad abbandonare gli studi per aiutare il padre Michael nella conduzione dell'azienda di import/export di famiglia. La sua curiosità e la sua sete di conoscenza rimasero comunque inalterate, spingendolo a frequentare innanzitutto le yeshivot (gruppi di studio per adulti) della comunità e - in seguito alla maturazione di una sempre più marcata insoddisfazione nei confronti della vita e della religione ebraica, e di un interesse crescente per altre idee filosofiche e scientifiche - la scuola di latino di Franciscus Van den Enden, a partire dal 1654. Come è noto, grazie agli inventari portati a termine dopo la morte del filosofo, la biblioteca di Spinoza conteneva un certo numero di testi in latino, tra cui opere di Orazio, Gaio Giulio Cesare, Virgilio, Tacito, Epitteto, Livio, Plinio, Ovidio, Omero, Cicerone, Marziale, Petrarca, Petronio, Sallustio, a riprova di una passione nata probabilmente durante il periodo vissuto a contatto con Van den Enden. Cosa più importante, oltre a questa preparazione in letteratura e filosofia classica, gli studenti di Van den Enden venivano quasi certamente messi al corrente di problemi più moderni, soprattutto di questioni attinenti allo sviluppo delle scienze naturali: è probabile che risalga a questo periodo della vita di Spinoza il suo primo contatto diretto con le opere di Cartesio.

Nel 1656 la comunità lo scomunicò, lo espulse e lo maledisse a causa delle «abominevoli eresie che egli ha compiuto e insegnato, nonché [dei] suoi atti mostruosi». Il documento di cherem (bando o scomunica), gravissimo e mai revocato, era assai esplicito e non faceva ricorso ad eufemismi: «che egli sia maledetto di giorno e maledetto di notte, maledetto quando si sdraia e maledetto quando si alza, maledetto quando esce e maledetto quando rientra. Il Signore non lo risparmierà: al contrario, la collera del Signore e la sua gelosia si abbatteranno su quest'uomo, e tutte le maledizioni scritte in questo libro penderanno su di lui, e il Signore cancellerà il suo nome da sotto il cielo». Secondo studi recenti (Steven Nadler) l'eresia principale che portò alla scomunica di Spinoza sarebbe stata il non credere all'immortalità dell'anima che determinava il crollo della dottrina della ricompensa nell'aldilà e quindi la perdita del controllo delle anime sulla terra da parte delle autorità religiose. Dopo un breve periodo passato a casa di Van den Enden, che lo ospitò senza chiedere nulla in cambio, se non un aiuto nelle lezioni di latino, Spinoza abbandonò dunque Amsterdam, stabilendosi prima in un villaggio presso Leida e poi a L'Aia dove passò il resto della sua vita.

La tesi centrale del pensiero di Spinoza è l'identificazione panteistica o, meglio, immanentistica di Dio con la Natura ("Deus sive natura"), ed in essa convergono i temi ed i motivi appartenenti alle tradizioni culturali più disparate, ossia la filosofia ellenistica, la teologia giudaico-cristiana, la filosofia neoplatonico-naturalistica del Rinascimento, il razionalismo cartesiano ed il pensiero musulmano, ed infine le sfumature di Thomas Hobbes.

Giovanissimo, all'età di 29 anni e dopo la drammatica esperienza dell'espulsione dalla Comunità, Spinoza pubblica i "Principi della filosofia di Cartesio" con una appendice di "Pensieri Metafisici", opere che gli diedero fama di esegeta della filosofia cartesiana. In questa data (1661), egli si era già formato una cerchia di amici e discepoli, con i quali intratteneva un nutrito scambio epistolare, fonte preziosa sull'andamento della sua riflessione.

Iniziò la scrittura dell' "Ethica more geometrico demonstrata" nel 1661 a Rijnsburg, dove viveva della vendita di lenti che egli stesso molava con grande perizia, per poi tentare di pubblicarla una prima volta nel 1664 col titolo di "Methodus inveniendi argumenta redatta ordine et tenore geometrico", adottando sistematicamente per la dimostrazione il metodo geometrico, appunto. Questa scelta aveva il significato preciso di rendere immediatamente evidente il carattere di verità, dimostrabile ed eterna, che aveva la sua filosofia. In realtà, l'opera vide la luce solo dopo la sua morte, nella raccolta delle "Opera Posthuma" (1677), voluta e messa a punto dai suoi discepoli a pochi mesi dalla sua scomparsa, e che comprende anche il "Trattato sull'emendazione dell'intelletto", il "Trattato Politico", l' "Epistolario" e una grammatica ebraica, il "Compendium grammatices linguae hebreae".

Nel 1670 Spinoza aveva pubblicato, da anonimo, il "Trattato Teologico-Politico", opera che suscitò un clamore ed uno sdegno generali, in quanto presentava un'accurata analisi dell' "Antico Testamento", e in special modo del "Pentateuco", tendente a negare la sua origine divina. La Scrittura viene infatti definita come prodotto storico, come insieme di testi redatti da uomini in diverse epoche storiche, e non come il mezzo privilegiato della rivelazione di Dio all'uomo. Le profezie narrate nel testo sacro vengono spiegate ricorrendo alla facoltà della "immaginazione" di coloro che le hanno pronunciate, mentre gli eventi miracolosi, privati di qualsiasi consistenza reale, vengono definiti come accadimenti che gli uomini non riescono a spiegarsi e che per questo, per l'ignoranza delle cause che li hanno prodotti, finiscono per attribuire ad un intervento soprannaturale. Infine, il Trattato sostiene la necessità per uno stato di garantire ai suoi cittadini libertà di pensiero, di espressione e di religione attraverso una politica di tolleranza di tutte le confessioni e di tutti i credi, e di non interferire in questioni che non ledano la sicurezza e la pace della società. Nelle pagine conclusive, il filosofo olandese addita come modello di convivenza pacifica, pur nella diversità, la città di Amsterdam e le Province Unite olandesi. Nonostante l'anonimato, Spinoza venne presto riconosciuto come autore dell'opera, che venne messa al bando dalle autorità olandesi a partire dal 1674, insieme con il "Leviatano" di Thomas Hobbes.

Cominciò così a formarsi quel mito di Spinoza empio ed ateo che trova conferma con la pubblicazione dell' "Ethica", la cui prima parte, "De Deo", sulla divinità, propone la definizione di Dio come l'unica ed infinita sostanza dotata di infiniti attributi, dei quali solo due, il pensiero e l'estensione (ovvero il mondo fisico), sono conoscibili da parte dell'uomo. I corpi sono definiti modi dell'estensione, mentre le idee sono dette modi del pensiero, e viene stabilita una corrispondenza tra modi del pensiero e modi dell'estensione (il cosiddetto parallelismo), dalla quale consegue che la potenza di pensare di Dio è uguale alla sua capacità di agire. Pertanto, Dio non può agire in modo diverso da come agisce, né può pensare e non agire: il mondo non può essere stato creato in un dato momento, ma deve esistere da sempre, né può esserci dell'arbitrio nell'azione divina, per cui non ha senso parlare di Provvidenza o di miracoli. Al contrario, tutto avviene per necessità, nel senso che tutto ciò che è non può essere altrimenti. Dio non è tuttavia soggetto a coazione, in quanto la sua libertà, così come la libertà dell'uomo in quanto essere modale, consiste nell'agire in conformità con la propria natura.

Le tre proposizioni proposte, la LIII, LVI e la LVII, sono tratte dalla quarta parte "Della schiavitù umana", ossia delle Forze degli affetti:

"Chiamo schiavitù" - dice Spinoza nella prefazione - "l'impotenza umana nel moderare e tenere a freno gli affetti. L'uomo che è soggetto agli affetti, infatti, non è padrone di sé, ma in balia della fortuna nel cui potere è a tal punto che spesso è costretto, sebbene veda il meglio, a seguire tuttavia il peggio".

Questo fu, nella sostanza, il suo peculiare ed essenziale concetto filosofico.

[modifica] La riflessione politica

La situazione storica dei Paesi Bassi del tempo è costituita da continue lotte politiche tra un partito repubblicano e uno monarchico a sostegno della casata degli Orange; a tali dispute si intrecciano violenti movimenti religiosi che vedono da una parte varie sette riformate e dall'altra la grande Chiesa Calvinista.

A differenza di Hobbes Spinoza afferma che lo stato ideale non è quello autoritario assoluto (cioè absolutus, sciolto dalle leggi), quindi con un monarca con potere inscindibile e irrevocabile. Un vero Stato deve essere retto da un monarca assoluto, ma non autoritario. Se infatti lo fosse, priverebbe i cittadini della libertà di parola e quindi in pratica non saprebbe come comportarsi per il bene comune. Inoltre secondo Spinoza l'assolutismo autoritario è la più fittizia forma di governo che ci sia, dal momento che si occupa di limitare con continui sforzi la libertà, che però essendo intrinseca al cittadino, non può mai essere soffocata totalmente: dunque gli sforzi del governo sarebbero alllo stesso tempo sistematici, quindi faticosi, ma vani.

[modifica] Il determinismo

Il rapporto che intercorre tra causa ed effetto può essere tradotto in un rapporto tra premessa e conseguenza; viene dunque a coincidere la necessità causale con la necessità logica (qui Spinoza sembra rifarsi ad Aristotele, il quale aveva affermato l' identità di sostanza e principio di non contraddizione). Infatti, se b può essere spiegato in modo adeguato da a, allora a sarà la causa di b e questo deriverà da a in modo logicamente necessario. Ora, se senza Dio nessuna cosa potrebbe essere concepita, Dio è la causa di tutte le cose. Per questo, propria dell'essenza divina non sarà nessuna cosa se non la potenza (tesi vicina a quella della sovrabbondanza d'essere concepita dal neoplatonismo). A questo punto risulterebbe contraddittorio affermare che in un determinato istante avvenga un certo fenomeno, come se negassi che dal triangolo discendano tutte le sue proprietà. Lo stesso vale per Dio: è impossibile, cioè, che da egli non seguano tutti gli effetti di cui è capace, e dunque il mondo in cui viviamo è l'unico mondo possibile. È questo il forte determinismo di Spinoza, che sarà tanto criticato da Leibniz: non solo tutti i fenomeni devono verificarsi necessariamente, ma questa è anche una necessità di tipo logico, in quanto sarebbe contraddittorio il suo non verificarsi. Ecco quindi confutata l'esistenza di caso e contingenza. Da quanto detto si evince che il Dio di Spinoza non è un Dio libero, o meglio, lo è, ma solo nel senso che egli non è determinato da altro nel suo agire. Determinati sono invece gli enti finiti, dunque anche l'uomo, che finisce così per perdere il suo libero arbitrio.

[modifica] Il tempo

Il tempo non è né un qualcosa che appartiene a Dio, ma nemmeno un ente assoluto. Collocare un dato fenomeno nel tempo significa porlo dopo le sue cause e prima delle sue conseguenze; per questo il tempo rientra nella dimensione spaziale. Se l'uomo osserva un fenomeno (per esempio il movimento di una palla), conoscendo tutte le sue cause e tutte le sue premesse, potrà arrivare ad un'affermazione priva di ogni riferimento al tempo, quindi vera sempre (la palla si muove). Tuttavia l'uomo non può conoscere tutte le cause e le conseguenze delle cose, ed è per questo che egli vede le cose nascere e perire: vede le cose sub specie temporis. Dio, al contrario, conosce tutte le cause e tutte le conseguenze di tutte le cose, in quanto presenti nel suo intelletto, e dunque vede le cose sub specie aeternitatis: per lui le cose non nascono né periscono, ma sono eterne.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

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