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Martin Buber - Wikipedia

Martin Buber

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Martin Buber
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Martin Buber

Martin Mordechai Buber (Vienna, 8 febbraio 1878 - Gerusalemme, 13 giugno 1965) è stato un filosofo e studioso della Bibbia, pedagogista e narratore austriaco.
Si deve a lui l'emersione alla cultura europea del movimento chassidico.

Indice

[modifica] Biografia

[modifica] La giovinezza

Buber nacque in una famiglia viennese di ebrei assimilati.
Trascorse l'infanzia, dopo il divorzio dei genitori, a Leopoli (allora Lemberg, nella Galizia asburgica, oggi L'vov, in Ukraina), presso suo nonno Salomon, uomo d'affari ma soprattutto famoso erudito nella tradizione e nella letteratura ebraiche.

Nella sua prima educazione ebbero grande parte le lingue: in casa si parlava yiddish e tedesco, imparò l'ebraico (lingua della religione) e il francese (lingua della borghesia colta europea dell'epoca), e anche l'inglese e l'italiano, già nell'infanzia, e il polacco durante gli studi superiori.

Nel 1892, anche a seguito di una crisi religiosa adolescenziale, fece ritorno all'ambiente laico della casa paterna. Durante questo periodo scoprì Kant, Kierkegaard e Nietzsche.
Nel 1896 intraprese a Vienna studi di filosofia, filologia e storia dell'arte, continuando poi a studiare a Lipsia e a Zurigo.

[modifica] La maturità


Nel 1898 aderì al neonato movimento sionista e ne divenne un membro attivo ed impegnato, pur discostandosi rapidamente dalle posizioni del suo fondatore Teodor Herzl, dal quale lo divideva la convinzione che le ragioni del sionismo fossero piuttosto culturali e religiose, che nazionalistiche e politiche.

Nel 1899 incontrò Paula Winkler, giovane intellettuale cattolica che si sarebbe successivamente convertita all'ebraismo, che divenne sua moglie e la madre dei suoi due figli, nati nel 1900 e nel 1901, e collaborò anche al suo lavoro.

Nel 1902 partecipò alla pubblicazione del giornale sionista Die Welt, che divenne il principale mezzo di comunicazione del movimento.
Nel 1904 pubblicò la sua tesi, Beiträge zur Geschichte des Individuationsproblems (Contributi alla storia del problemi dell'individuazione). In quel periodo soggiornò a Firenze per due anni.

Negli stessi anni si era interessato alle filosofie mistiche rinascimentali (Böhme, Cusano, Paracelso), reincontrando in questo percorso il chassidismo della sua infanzia e dedicandosi attivamente alla raccolta e alla traduzione dei sui documenti.
Da questi studi nacque la pubblicazione delle Storie di Rabbi Nahman, raccolta di racconti sul Rabbi Nahman di Breslavia, grande figura del chassidismo di cui Buber cerca di rinnovare il messaggio e l'importanza (1906) e delle Storie del Baalshem (La leggenda del Baal Shem Tov), fondatore del Chassidismo (1908).

Tra il 1910 e il 1914 si dedicò in particolare a studi mitologici e all'edizione di testi mistici. Nel 1916 lasciò Berlino per Heppenheim.

Durante la prima guerra mondiale partecipò alla creazione della Commissione Nazionale Ebraica, finalizzata a migliorare le condizioni di vita degli ebrei dell'Europa orientale, e divenne redattore del mensile Der Jude, che cessò le pubblicazioni nel 1924.

Nel 1921 Buber incontra Franz Rosenzweig che diviene una delle sue grandi figure di riferimento, con il quale comincia a collaborare per il Freies Jüdisches Lehrhaus ed inizia, nel 1925 l'opera che lo accompagnerà per il resto della vita, cioè la traduzione della Bibbia ebraica in tedesco. Si tratta, più che di una traduzione, di una trasposizione, secondo un procedimento che Rosenzweig e Buber chiamarono Verdeutschung (germanizzazione), non esitendo a reinventare le regole linguistiche e grammaticali tedesche, per aderire allo spirito del testo originale.

Nel 1923 egli scrisse il suo capolavoro, “Io-tu”. Durante il periodo che va dal 1924 al 1933 insegnò filosofia della religione ebraica all’ Università Johann Wolfgang Goethe di Francoforte sul Meno.

[modifica] L'avvento del nazismo e il "ritorno" in Israele

Egli dovrà lasciare questa cattedra con l’avvento al potere di Hitler. D’altronde il 4 ottobre 1933 le autorità naziste gli avevano proibito di tenere qualsivoglia conferenza pubblica. Martin Buber fonda allora l’organizzazione centrale dell’educazione ebraica per adulti. Come era prevedibile i nazisti non tardarono ad impedire il funzionamento pure di questa nuova struttura. Soltanto nel 1938 Martin Buber lasciò la Germania e si trasferisce a Gerusalemme, dove gli viene offerta una cattedra di antropologia e sociologia all’università ebraica.

In Israele Buber prende rapidamente parte al dibattito sui problemi del ritorno degli ebrei in Israele, in specie per la convivenza con la popolazione araba. Quale membro del partito Yi'houd, egli lavora per un’intesa fra ebrei ed arabi, facendosi sostenitore di uno Stato democratico binazionale. Egli non cessa tuttavia di lavorare sui propri scritti e sulla traduzione della Bibbia e sui racconti assidici. Nel 1946 pubblica “Vie dell’Utopia”.

[modifica] Gli ultimi anni

Al termine della II guerra mondiale Martin Buber intraprende un giro di conferenze in Europa e negli Stati Uniti. Significativo al riguardo il ravvicinamento con gli intellettuali tedeschi. Nel 1951 riceve il premio Goethe dall’Università di Amburgo, nel 1958 (anno in cui muore la moglie Paula) il Premio Israele e, infine nel 1963, il premio Erasmus a Amsterdam.

Martin Buber si spegne, il 13 giugno 1965, nella propria abitazione di Talbiyeh, Gerusalemme.

[modifica] La sua filosofia

[modifica] "Ogni vita vera è incontro"

L'essere umano, secondo Buber, è per essenza dialogo, e non si realizza senza comunicare con l'umanità, la creazione e il Creatore. E' anche homo religiosus, perché l'amore dell'umanità conduce all'amore di Dio, reciprocamente. E' quindi impensabile palare agli uomini senza parlare a Dio, e questo avviene ancora reciprocamente. La Presenza divina partecipa dunque a ogni incontro autentico tra gli esseri umani e abità in quelli che realizzano il vero dialogo.

Il dialogo riposa sulla reciprocità e sulla responsabilità, che esiste unicamente là dove vi è una vera risposta alla voce umana. Dialogare con l'altro significa affrontare la sua realà e farsene carico nella vita vissuta. Il dialogo con Dio non avviene differentemente: la Sua "parola" è una presenza reale, alla quale occorre rispondere. Per Buber, la Bibbia testimonia questo dialogo tra il Creatore e le sue creature, e Dio ascolta l'uomo che intercede in favore di coloro sui quali la collera divina deve abbattersi o supplica il suo Creatore di manifestare la Sua provvidenza.

[modifica] Io e Tu (Ich und Du)

Nella sua opera più celebre, Martin Buber sottolinea la propensione duplice verso il mondo: la relazione Io-Tu e la relazione Io-ciò.
Nè l’Io nè il Tu vivono separatamente, essi esistono nel contesto Io-Tu, antecedente la sfera dell’Io e la sfera del Tu. Così, nè l’Io nè il ciò esistono separatamente, esistono unicamente nel contesto Io-ciò. La relazione Io-Tu è assoluta solo rispetto a Dio - il Tu eterno - e non può essere pienamente realizzato negli altri domini dell’esistenza, comprese le relazioni umane, dove sovente Io-Tu fa posto all’Io-ciò (Io-Tu o Io-ciò non dipendono dalla natura dell’oggetto, ma dal rapporto che il soggetto isituisce con l’oggetto). L’essere umano non può transfigurarsi e accedere a una dimensione di vita autentica senza entrare nella relazione Io-Tu, confermando così l’alterità dell’altro”, che comport un impegno totale: “La prima parola Io-Tu non può essere detta se non dall’essere tutto intero, mentre invece la parola Io-ciò non piò mai essere detta con tutto l’essere”. Io e Tu sono due esseri sovrani, l’uno non cera di condizionare l’altro nè di utilizzarlo.
Secondo Buber l’uomo può vivere senza dialogo, ma chi non ha mia incontrato un Tu non è pienamente un essere umano. Tuttavia, chi si addentra nell’universo del dialogo assume un rischio considerevole dal momento che la relazione Io-Tu esige un’apertura totale dell’Io, esponendosi quindi anche al rischio del rifiuto e al rigetto totale.
La realtà soggettiva dell’Io-Tu si radica nel dialogo, mentre il rapporto strumentale Io-ciò si realizza nel monologo, che trasforma il mondo e l’essere umano stesso in oggetto. Nel piano del monologo l’altro è reificato - è percepito e utilizzato - diversamente dal piano del dialogo, dove è incontrato, riconosciuto e nominato come essere singolare. Per qualificare il monologo Buber parla di Erfahrung (una esperienza “superficiale” degli attributi esteriori dell’altro) o di Erlebnis (una esperienza interiore insignificante) che si oppone a Beziehung - la relazione autentica che interviene tra due esseri umani.

[modifica] Lo "stretto spartiacque"

Queste convinzioni si oppongono tanto all’individualismo, dove l’altro non è percepito che in rapporto a se stessi, quanto alla prospettiva collettivista, dove l’individuo è occultato a vantaggio della società .
Vi è chi ha utilizzato questa idea per spiegare il passo biblico della “dispersione delle lingue”: nessun individuo è nominato, perché la lingua unica conosce una voce unica. Babele vive intera sotto lo stivale di un dirigente che ha una sola idea: uguagliare Dio. Ma è Questi dunque a intervenire facendo nascere il sentimento dell’essere intero, non reificato).
Per Buber una persona non può vivere nel senso pieno della parola se non si trova nella sfera interumana: “Sullo stretto spartiacque dove l’Io e il Tu si incontrano, nella zona intermediaria”, che è una realtà esistenziale - un evento ontico che avviene realmente tra due esseri umani.

[modifica] Le principali opere in italiano

  • Israele : un popolo e un paese, Milano 1964
  • Sette discorsi sull'ebraismo, Assisi-Roma 1976
  • Il problema dell'uomo, LDC, Leumann (Torino) 1983
  • Confessioni estatiche, Adelphi 1987
  • I racconti dei Chassidim, Milano 1988
  • L'eclissi di Dio, Mondadori, Milano 1990
  • La leggenda del Baal-Shem, Milano 1995
  • Due tipi di fede: fede ebraica e fede cristiana, Cinisello Balsamo, San Paolo 1995
  • Il principio dialogico e altri saggi, Cinisello Balsamo 1997
  • Le storie di Rabbi Nachman, Milano 1999

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

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