Storia del Piemonte
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Il Piemonte, regione italiana confinante con Francia e Svizzera, è forse una delle zone italiane in cui maggiormente si fece sentire l'influenza dei paesi confinanti. La sua particolare geografia, ai piedi delle Alpi, ne fece territorio ambito da molte potenze come "chiave d'accesso" in Italia. In particolare, la Francia più volte cercò d'impossessarsi della regione.
«Il principato del Piemonte [...] si può chiamare, per le guerre continue, e sanguinose, che vi sono state, la Fiandra dell'Italia. »
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(Giovanni Andrea Pauletti)
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Furono i Savoia, comunque francesi, a riuscire a dominare sul Piemonte a partire dal XVI secolo: da quando Emanuele Filiberto di Savoia spostò la capitale da Chambéry a Torino la dinastia prese le redini della storia piemontese mantenendo il dominio sul ducato prima e sul regno poi fino alla unità d'Italia.
[modifica] Il Piemonte delle origini
La regione che oggi viene chiamata Piemonte (letteralmente ad pedem montium) fu abitata fin dai tempi più remoti dai Liguri, un popolo stanziatosi in gran parte dell'Italia settentrionale. Essa vide anche altri abitanti di diverse tribù, quali i Taurini, i Galli, i Celti o i Salassi. Una grande varietà di popolazioni, dunque, che vivevano di pastorizia ai piedi delle montagne o di pesca lungo i grandi corsi d'acqua. Sembra perfino che la città di Torino sia sorta in epoca romana poco lontano da un insediamento di Taurini, da cui potrebbe prendere il nome (D'altrande, il nome romano per Torino era Julia Augusta Taurinorum... cioè dei Taurini)
[modifica] L'epoca Romana
I romani giunsero in Piemonte all'epoca di Cesare, durante la campagna gallica. Va detto che già precedentemente spedizioni latine vennero effettuate nell'area piemontese: nel 101 a.C. Caio Mario sconfisse presso Roddi, nella Battaglia dei Campi Raudii, i Cimbri.
Comunque, solo una parte della regione venne annessa a Roma da Cesare: l'altra, specie l'area montuosa, era ancora in mano a popolazioni primitive, che vennero sottomesse quasi del tutto solo da Ottaviano Augusto.
Il Piemonte venne diviso tra la Gallia Cisalpina e le prinvincie romane delle Alpes Cotiae, Alpes Marittimae ed Alpes Poenniae.
I Romani fondarono alcune tra le principali città piemontesi: oltre alla già citata Torino, sono di fondazione romana Asti, Alba, Acqui Terme, Novara, Vercelli. Le dimensioni di queste città non erano di gran rilievo: più che altro, i romani avevano creato questi borghi partendo da campi militari trincerati (da qui la pianta quadrangolare che caratterizza il centro di queste città), solo successivamente esse erano passate ad ospitare civili, anche se comunque si trattava sempre di una popolazione scarsa.
Evento significativo nella storia piemontese è, alla fine dell'epoca romana, la Battaglia di Pollenzo, combattuta da Stilicone contro le truppe degli Visigoti vicino alla attuale Pollenzo.
[modifica] Il Primo Medioevo
Nei primi anni successivi alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente il Piemonte passò sotto il controllo delle tribù barbariche. L'arrivo dei Longobardi nel VI secolo fece entrare la regione sotto il controllo dei nuovi signori ed essa prese il nome di Langobardia. Alcuni dei nuovi padroni longobardi stanziatisi in Piemonte divennero anche re del nuovo regno con capitale a Pavia: tra essi, importante è la figura di Agilulfo, prima duca di Torino.
La posizione strategica del Piemonte era ben chiara nel Medioevo, quando Carlo Magno comprese la necessità d'impossessarsi della regione per conquistare il regno longobardo di Desiderio. La battaglia che si svolse ai presso la Chiusa di San Michele fu decisiva per il re franco: sconfitti i longobardi, egli penetrò in profondità nel territorio piemontese, raggiungendo Torino e marciando a tappe forzate verso Pavia.
Entrato a far parte integrante dell'Impero Carolingio, il Piemonte venne prima diviso in tre regioni amministrative franche, dai confini incerti, e in seguito divenne membro della grande Marca di Ivrea, retta dagli Anscarici. Era questa una potente famiglia feudale, di origine franca, che aveva avuto il suo capostipite in Anscario I. Divenuti troppo potenti, nel 926 il re d'Italia Ugo di Provenza decise di smembrare la marca, facendo uccidere Anscario II. Ne nacquero tre nuove marche, che prendevano il nome dai loro fondatori:
- la Marca Aleramica
- la Marca degli Obertenghi
- la Marca degli Arduinici.
La Marca di Ivrea venne quindi ridimensionata. Le nuove famiglie posero la loro sede in importanti città, anche fuori dal Piemonte (come Savona, primo capoluogo degli Aleramici). Non c'era ancora la distinzione netta tra Piemonte e Liguria: il nome Piemonte, oltretutto, venen acquisito come toponimo dell'intera regione solo molto tempo dopo, dal XV secolo: prima indicava solo una zona compresa tra il Tanaro e le Alpi Cozie.
Grandi signori feudali delle marche piemontesi furono Arduino d'Ivrea e Olderico Manfredi II, signore di Torino. Entrambi cercarono di estendere i loro domini con la forza, ma i loro potentati durarono poco e si dissolsero molto rapidamente. Ai discendenti di Arduino rimase la marca Arduinica, ad Adelaide di Susa, figlia di Olderico, rimasero Torino e Susa, in cui la marchesa si installò. Con il matrimonio contratto con Oddone di Savoia, Adelaide univa i territori piemontesi del padre Olderico con quelli alpini in Savoia che la dinastia del marito possedeva sin dai tempi di Umberto I Biancamano. In questo modo, grazie al matrimonio tra l'erede Savoia ed Adelaide, la dinastia francese iniziò a progettare mire espansionistiche in Piemonte.
[modifica] Le invasioni Saracene
A partire dall'VIII secolo e per tutto l'Alto Medioevo la presenza sulle coste della Liguria di pirati saraceni e predoni ebbe come risultato la penetrazione di questi nel territorio piemontese, raggiungendo i valichi alpini e segnando profondamente la storia della regione.
I predoni, che provenivano principalmente dalla Spagna e dalla Provenza e avevano posto la loro base principale a Frassineto, ben presto arrivarono a saccheggiare anche Asti e Susa, terrorizzando la popolazione e rendendo insicuri i commerci via terra lungo i valichi alpini. Tra il 912 e il 920 venne anche saccheggiata l'antica abbazia di Novalesa, che sorgeva presso il Moncenisio e Oulx fu quasi raso al suolo. I monaci della Novalesa, dopo il saccheggio, scapparono a Torino.
Utilizzati dal re d'Italia Ugo di Provenza contro il suo rivale Berengario II, i saraceni di Frassineto vennero alla fine cacciati dall'azione congiunta del re d'Italia, del conte di Torino e del conte di Provenza nel 973.
[modifica] I Comuni
Momento importante della storia piemontese è il XIII secolo: in questo periodo si assiste ad una vera rinascita della regione dopo i secoli bui precedenti. Il grande decadimento delle città avvenuto nell'Alto Medioevo si arresta e quegli stessi borghi prima semi-spopolati prendono nuova vita con l'avvento dei Liberi comuni. Tra i liberi comuni più importanti e potenti, vi sono:
Quando, nel 1162 Milano fu saccheggiata dalle milizie del Barbarossa, molti comuni piemontesi entrarono anch'essi nella grande Lega Lombarda che aveva come scopo la sconfitta dell'imperatore tedesco.
La prima città ad entrare nella Lega fu Ivrea. Gran parte delle altre seguirono il suo esempio negli anni successivi, tutte mosse anche dal desiderio di allargare i loro domini comunali a spese dei vassalli di Federico I, come il marchese Guglielmo V del Monferrato: questi, alla fine, dovettero cedere dinanzi alla forza costituita dai comuni.
In onore al papa Alessandro III, che tanto si era operato contro la minaccia ghibellina, i comuni lombardi fondarono, in un punto strategico tra i fiumi Tanaro e Bormida una nuova città costruita a dispetto dell'imperatore tedesco: Alessandria.
Nel 1174 Federico I discese per la quinta volta in Italia. Dopo aver saccheggiato Susa, egli piombò nella Pianura Padana assediando Alessandria. La città sostenne un lunghissimo assedio, facendo alla fine desistere gli invasori che sarebbero stati da lì a poco sconfitti a Legnano.
La dura sconfitta non mutò però l'assetto politico che si era venuto a creare in Piemonte: da una parte le città appartenenti alla Lega, come Ivrea, Novara, Vercelli ed Alessandria, dall'altra quelle che sostenevano l'Impero, soprattutto perché rette da signori vassalli di Federico: Chieri, Casale, Torino e Tortona in particolare. Le lotte tra le milizie di queste città continuarono a lungo, specie per le mire espansionistiche dei potentati aleramici del Monferrato e Saluzzo.
[modifica] I marchesati di Saluzzo e Monferrato
Per approfondire, vedi le voci Marchesato del Monferrato e Marchesato di Saluzzo. |
La nascita di questi due marchesati, che segnarono profondamente la storia piemontese, si deve ad Aleramo del Monferrato, di cui la leggenda vuole abbia sposato la figlia dell'imperatore Ottone I del Sacro Romano Impero. Aleramo avrebbe ricevuto in dono da Ottone tanta terra quanta egli sarebbe riuscito a percorrere a cavallo in tre giorni: quella zona era il Monferrato, ed Aleramo venne insignito del titolo di Marchese di Monferrato.
Una leggenda, questa, che spiega in modo alquanto romanzato come i primi Aleramici (i successori di Aleramo) ottennero il potere in Piemonte. A dire la verità, il dominio aleramico era molto più vasto del Monferrato: esso si estendeva dal fiume Po alla Liguria centro-occidentale, avendo come centro principale del loro potere Savona.
Aleramo era probabilmente figlio di un grande signore feudale della zona, Guglielmo, di cui si conosce assai poco. La figura di spicco che invece si conosce decisamente meglio è Bonifacio del Vasto, nipote di Aleramo e signore di Savona. Bonifacio, che possedeva un'estensione terriera enorme, (che aggiungeva ai domini piemontesi anche feudi in altr parti d'Italia, specie in Toscana), divise tra i suoi figli i suoi vastissimi domini, generando in questo modo i principali potentati del Piemonte. Tra essi, di grande rilievo il Monferrato e Saluzzo.
In Monferrato, dove i marchesi godettero subito di un discreto potere, si ebbero importanti figure quali Guglielmo V il Vecchio, Corrado, Bonifacio, Guglielmo VI, Bonifacio II e Guglielmo VII. Questi personaggi, estero notevolmente il potere del loro stato consolidando la dinastia e mirando a dominare su tutto il Piemonte meridionale.
Guglielmo V e Corrado parteciparono alla Terza Crociata, e Corrado divenne anche erede al trono del Regno di Gerusalemme. Le morti improvvise Guglielmo V e Corrado posero quale successore il marchese Bonifacio I del Monferrato, che divenne re di Tessalonica. In questo regno, che ebbe una vita effimera, Bonifacio morì combattendo i Bulgari. I suoi successori vennero esclusi dalla corona di Tessalonica anche perché il regno crollò di lì a poco.
La corte piemontese di Bonifacio, comunque, rimase intatta. Guglielmo VI e Bonifacio II fecero ruotare intorno a Chivasso una corte aristocratica incentrata sulle epiche gesta cortesi dei loro predecessori, impegnati nelle Crociate.
L'apice del potere avvenne forse sotto il regno di Guglielmo VII, che divenne anche capitano di Genova e Milano. Catturato dagli alessandrini, venne fatto morire e il figlio Giovanni I morì senza eredi. A mantenere il controllo del monferrato arrivò Teodoro I, un Paleologo di Bisanzio, imparentato con gli Aleramici.
A Saluzzo, invece, il potere marchionale fu meno evidente. Manfredo I, il primo marchese, era il primogenito di Bonifacio del Vasto e ottenne gli strategici territori di Saluzzo e poche altre terre. I suoi successori non godettero mai di grande potere. La guerra civile che contrappose Manfredo V a Federico I rischiò addirittura di distruggere l'indipendenza stessa del marchesato.
Uscito dalla guerra civile e abbandonata l'idea di estendere la sua egemonia su tutto il Piemonte, Saluzzo divenne un borgo florido durante i regni di Ludovico I e Ludovico II.
[modifica] La potenza dei Savoia
Per approfondire, vedi la voce Casa Savoia. |
I primi Savoia, come già accennato, non erano piemontesi. Il cuore del loro potere era la Moriana, al di là del Moncenisio, e solo successivamente al matrimonio tra Oddone e Adelaide di Susa questi ottennero i territori padani.
La loro signoria era incentrata sul controllo dei valichi alpini. I territori sabaudi erano alquanto imprecisi, sparpagliati sulle montagne, di difficile controllo tra di loro. E' Umberto III di Savoia, salito al potere a soli 12 anni dopo la partenza del padre Amedeo III di Savoia per le Crociate, a definirsi per la prima volta "Conte di Moriana, di Savoia e Marchese d'Italia".
I rapporti dei primi Savoia con l'Impero sono simili a tutti gli altri potentati piemontesi. Da quando Umberto III decide di staccarsi dall'influenza borgognona per crearsi uno stato incentrato su mire italiane, i Savoia dapprima furono lontani dalla politica imperiale, poi vi si avvicinarono diventando fieri vassalli. Alla fine, però, sempre seguendo i maggiori profitti, Umberto III si schierò apertamente contro l'impero, scatenando la reazione di Enrico VI che discese in Italia e saccheggiò Avigliana e Rivalta.
Gli anni successivi proseguirono con le lotte tra Umberto III e il potere vescovile, specie quello di Torino, favorito dai successivi imperatori a scapito dei Savoia. Tommaso I, invece, modificò la politica sabauda da apertamente ostile a riconciliatrice nei confronti dell'Impero. La potenza della casata rimase stabile tra il governo di Tommaso I e del successore Amedeo IV.
Alla morte di Amedeo IV, però, iniziarono sanguinose lotte intestine tra i figli (numerosissimi) del conte. Alla fine, il territorio dei Savoia venne riunificato dal valoroso Pietro II, definito dai contemporanei "il Piccolo Carlo Magno". Con la sua tempra riuscì a mettere pace tra i parenti lasciando al fratello Filippo I la successione senza altri pretendenti al trono.
Dopo un periodo di difficoltà successive alla morte di Amedeo V di Savoia, lo stato sabaudo ottenne maggiore potenza in seguito alle gloriose imprese militari di Amedeo VI e Amedeo VII, ricordati come "il Conte Verde" e il "Conte Rosso". Amedeo VII, in particolare, riuscì a conquistare nel 1388 uno sbocco al mare con Nizza, che rimase il principale porto sabaudo e divenne una delle maggiori piazzeforti del potere della Casa in Piemonte.
L'inquisizione e l'eresia dolciniana in Piemonte |
Periodo di grande incertezza, anche religiosa, il Medioevo vide il sorgere di numerose eresie, e il Piemonte fu la culla di una delle principali: i Dolciniani, che prendevano il nome dal loro fondatore, Fra Dolcino. Nonostante cercasse di aderire alla purezza dei primi ècristiani, secondo l'anonimo autore della Historia fratis Dolcini eresiarchi, questi incominciò a saccheggiare ed ad uccidere vagando tra vari paesi del biellese e del novarese. Il vescovo di Novara, Raniero Avogadro, fu incaricato da papa Clemente V di organizzare una specie di crociata contro Dolcino, che venne catturato e condannato a morte nel 1307.
Per contrastare la crescente opposizione alla Chiesa Romana in Piemonte, dal XIII secolo incominciarono quindi a essere istituiti numerosi tribunali dell'Inquisizione, a partire dal pontificato di papa Innocenzo IV. Generalmente presiedevano il tribunale gli inquisitori del milanese o del Delfinato. Spesso si verificarono tra i popolani e i religiosi veri e propri scontri armati, come quando nel 1365 l'inquisitore Pietro Cambiani venne assalito ed ucciso dalla popolazione di Susa. Stessa sorte toccò qualche anno dopo ad Antonio Pavoni. Sotto il regno di Amedeo VIII di Savoia il tribunale ottenne sempre maggiore potere, e le repressioni divennero ancora più violente sotto Lodovico |
[modifica] Il XV secolo
Durante il XV secolo si assiste ad un consolidamento del potere signorile a scapito delle città comunali (già decadute da almeno un secolo) e soprattutto dei vescovi. Il potere temporale della Chiesa aveva funzione, nel Medioevo, di collante tra le varie città, ma dagli inzi del quattrocento, con l'avanzata dei Savoia e il consolidamento delle altre signorie di Monferrato e Saluzzo il potere vescovile venne messo in disparte.
Il XV è anche il secolo in cui il Piemonte forma i suoi confini geografici attuali: le terre dell'attuale regione, infatti, sono pressoché quelle che possedevano i tre stati dell'epoca. Nella prima metà del trecento, infatti, i Visconti avevano conquistato Asti e Cherasco. I Savoia in quei tempi si appoggiavano ai milanesi per poter conquistare il Monferrato, passato sotto i Paleologi di Bisanzio e che era precipitato rapidamente nella miseria in seguito al termine repentino della dinastia aleramica. Teodoro I del Monferrato aveva ereditato lo stato dalla moglie Violante, e durante il suo governo era stato in grado di mantenere il controllo in modo abbastanza buono.
Purtoppo, i suoi giovani successori non seppero fare altrettanto e dopo l'eseperienza disastrosa di Ottone III e la guerra scoppiata sotto uno dei suoi successori, Giovanni Giacomo, lo stato monferrino non seppe più riprendersi. Nel 1432 Giovanni Giacomo deve firmare una pace vantaggiosa per i Savoia cedendo loro gran parte delle sue terre e dichiarandosi loro vassallo.
Parentesi nel degrado del marchesato monferrino il governo di Teodoro II, divenuto anche padrone di Genova per qualche tempo, la cui potenza si basava sul capitano di ventura Facino Cane, che al termine delle guerre venne ricompensato con Alessandria, Novara e Tortona. Vercelli venne occupata dai monferrini e passò nel 1427 ai Savoia.
Disgregatosi i domini viscontei, Amedeo VIII di Savoia seppe prodigarsi per conquistarli ed annetterli al suo potere. Costui, che nel 1418 ottenne il titolo ducale, concesse al figlio Lodovico il primo titolo di Principe del Piemonte della dinastia. Amedeo, dal canto suo, ottenne il titolo papale salendo al soglio pontifico come antipapa col nome di Felice V. Amedeo concesse anche il primo sistema di statuti (Statuta Sabaudiae) nel 1430.
Mentre i marchesi di Monferrato iniziavano il loro lento declino, i Saluzzesi conoscevano nel XV secolo il massimo loro splendore. I marchesi Ludovico I e Ludovico II aprirono la loro piccola capitale alle arti, rendendo la corte pittoresca e vivace. Ludovico I, che spesso apparve come paciere nelle beghe piemontesi, diede grande splendore allo stato, gloria che già sotto il figlio Ludovico II, in seguito alle sue spedizioni militari, fu compromessa. In seguito alla morte di Ludovico II, anche Saluzzo iniziò il suo lento declino.
[modifica] Il XVI secolo
Nel XVI secolo il Piemonte visse momenti duri. Già dal 1494 esso veniva attraversato dalle truppe di Carlo VIII di Francia durante una campagna, quella italiana, che avrebbe stravolto la situazione politica della penisola.
I Savoia, unici signori che in Piemonte detenevano un discreto potere, erano nella fine quattrocento - inizio cinquecento in una situazione di debolezza. Dopo la morte di Amedeo VIII il potere era passato al figlio Lodovico e poi al nipote Amedeo IX. Questi, seppur ricordato come un uomo di grande spiritualità e generosità tanto da essere dichiarato beato, era malfermo in salute e morì dopo un breve governo. I suoi successori si dimostrarono poco propensi alle conquiste territoriali, governando spesso per soli pochi anni.
In una situazione di debolezza dei principali potentati piemontesi, la discesa di Carlo VIII prima e di Luigi XII dopo segnò un periodo di crisi. Durante le guerre italiane tra spagnoli e francesi, questi ultimi occupano la Savoia e la stessa capitale del ducato, Chambéry. Dopo la schiacciante vittoria di San Quintino ad opera di Emanuele Filiberto nel 1559 sui francesi. Costui, che era stato insignito da Filippo II del titolo di Governatore dei Paesi Bassi, era diventato in breve uno dei migliori generali del continente e, quando rientrò, dopo la Pace di Cateau-Cambresis, in possesso dei suoi Stati, attuò una serie di riforme atte ad accentrare, intorno alla sua pesante mano, il Piemonte. Abolì molti degli antichi privilegi fiscali, così come la servitù della gleba, rafforzò i confini e l'esercito, portandolo ad alti livelli e aiutando con la sua flotta l'impresa cristiana a Lepanto, cercò (impresa, questa, non riuscitagli) di annettere al Piemonte il Marchesato del Monferrato e quello di Saluzzo. E, cosa assai più importante, egli comprese che il futuro di Casa Savoia non fosse da cercarsi nella zona francese, ormai unita sotto una potente monarchia, ma in Italia: spostò pertanto la capitale da Chambery a Torino nel 1562.
In Torino egli volle fare edificare la cittadella, della quale oggi rimane solo visibile il maschio centrale, importantissimo sistema difensivo che pià di una volta salvò il Piemonte dalle invasioni nemiche. Essa viene ricordata da Andrea Pauletti in questo modo:
I tentativi di Emanuele Filiberto, già citati, di conquistare Saluzzo e il Monferrato furono possibili solo perché i territori dei due piccoli stati piemontesi erano, in realtà, scomparsi. Nel 1533 era morto Govanni Giorgio, ultimo Paleologo, e per la successione era iniziata una dura battaglia diplomatica che vinse Federico Gonzaga, che divenne da quel momento anche marchese di Monferrato. Saluzzo, dal canto suo, aveva spontaneamente ceduto la sua indipendenza in un Consiglio, cacciando Gabriele del Vasto e venendo annesso alla Francia. Sarà Carlo Emanuele I di Savoia che riuscirà ad annettere dopo la Pace di Lione del 1601 il piccolo territorio ai suoi Stati.
[modifica] Il XVII secolo
Carlo Emanuele I di Savoia tentò una decisiva politica di rafforzamento degli Stati Sabaudi, divenendo come già osservato padrone di Saluzzo e volendosi poi appropriare a tutti i costi del Monferrato, per la cui successione scoppiò quel conflitto che Alessandro Manzoni contestualizza nei suoi Promessi Sposi. Così lo ricorda Andrea Pauletti:
Col trattato di Cherasco del 1631 il successore Vittorio Amedeo I riusciva a prendersi una parte dei territori monferrini, ma doveva cedere ai francesi la città di Pinerolo, che da sempre era stata contesa tra le due nazioni per la sua munita piazzaforte ed era stata continuamente presa e ripersa da entrambi i contendenti.
I successori di Vittorio Amedeo I furono Francesco Giacinto (morto ancora bambino) e Carlo Emanuele II. Fu Carlo Emanuele a rafforzare ancor di più la macchina bellica piemontese, facendo ipotizzare già un'ulteriore espansione sabauda se non fosse morto prematuramente. Lasciava il figlio ancora bambino, Vittorio Amedeo II nella reggenza della "Madama Reale" Maria Giovanna Battista.
Vittorio Amedeo II, preso il potere dalla madre in modo assai brusco, fu al centro delle vicende politiche che lo condussero a divenire primo re di Sardegna. Iniziati gli screzi con Luigi XIV di Francia, Vittorio Amedeo si trovò più volte a dover fronteggiare la minaccia d'oltralpe e venne ripetutamente, agli inizi, sconfitto nella guerra franco - piemontese del 1690-1696 (battaglie di Staffarda e della Marsaglia). Entrato allora a far parte degli alleati del Re Sole, Vittorio Amedeo rientrò tra le fila dei suoi avversari quando gli si presentò l'occasione propizia.
[modifica] Da Ducato a Regno
Per approfondire, vedi le voci Assedio di Torino del 1706 e Regno di Sardegna. |
Le annessioni del Piemonte nel XVIII secolo |
I Savoia intervennero attivamente nelle guerre dinastiche che dilaniarono il continente nel '700, riuscendo, grazie alla loro abile politica, ad estendere i possedimenti piemontesi.
Ecco le annessioni in seguito ai trattati di pace:
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Vittorio Amedeo II subì allora la più minacciosa delle invasioni francesi, sostenuta nel 1706 e che forse si sarebbe risolta in una disastrosa sconfitta se non fosse arrivato il principe Eugenio di Savoia con gli imperiali a difendere Torino assediata da oltre tre mesi (è di questo periodo l'eroico sacrificio di Pietro Micca). La battaglia che si svolse sotto le mura della capitale il 7 settembre fu decisiva per il Piemonte, che si vide liberato dai nemici e alla fine, col Trattato di Utrecht del 1713, ottenne la corona regia di Sicilia commutata in seguito con quella di Sardegna.
Il successivo re di Sardegna fu Carlo Emanuele III, che nel suo lungo regno entrò nelle due sanguinose guerre che insanguinavano allora l'Europa: la guerra di successione polacca e la Guerra di successione austriaca. Ottenuti alcuni vantaggi nel primo conflitto, si vide decisamente meno fortunato nella seconda guerra, arrivando nuovamente a vedere i suoi Stati invasi dai francesi. Persa la Battaglia di Madonna dell'Olmo, riuscì però ad infliggere una pesantissima sconfitta ai nemici sulle alture dell'Assietta nel 1747, ottenendo nuovamente la piena sovranità sul Piemonte.
In questo periodo la corte torinese raggiunge i suoi massimi splendori. Il prestigio di Casa Savoia, che si era celebrato dopo la Battaglia di Torino con la costruzione della Basilica di Superga e la ricostruzione della città in stile barocco, chiamando a corte il grande architetto Filippo Juvara, si evidenzia con fastosi ricevimenti e feste nel Palazzo Reale, nella reggia di Venaria Reale e nella Palazzina di caccia di Stupinigi, tutti veri capolavori dell'arte. Torino si trasforma in quegli anni divenendo una città completamente barocca, con chiese di grande bellezza quali, ad esempio San Lorenzo, in Piazza Castello, realizzata dallo Juvarra.
[modifica] L'epoca Napoleonica
Il Piemonte riceve, sotto la spinta della Rivoluzione Francese, una nuova invasione esterna. I francesi, infatti, sotto la guida del giovane còrso Napoleone Bonaparte marciano sull'Italia contro gli asburgici, e per farlo devono attraversare il Piemonte. Il generale francese infligge alle milizie di Vittorio Amedeo III di Savoia una cocente sconfitta a Millesimo, costringendo il re a firmare un trattato a Cherasco in cui si impegna a concedere il passaggio a Napoleone in tutti i territori sabaudi oltre che alla cessione di gran parte dei domini Savoia.
Vittorio Amedeo III si spegne nel 1796. Gli succede, per appena due anni, il figlio Carlo Emanuele IV, che nel 1798 si troverà costretto ad abdicare trasferendo la sua corte in Sardegna. Il Piemonte veniva così direttamente annesso alla Francia.
Mentre Bonaparte era in Egitto, gli austriaci avevano ripetutamente sconfitto i francesi in Italia. Nel 1800, così, Napoleone scese nuovamente nella pianura padana valicando le Alpi con un'impresa che trovò impreparati i nemici. A Marengo lo scontro decisivo vide i francesi vincitori.
La dominazione napoleonica ebbe pochi vantaggi. Innanzitutto, l'economia sembrò assai ridotta (si verificò un considerevole crollo dell'industria tessile) e i commerci con l'estero iniziarono a languere. Si assistette, invece, ad un evento inverso: furono cioè molti stranieri (ed in particolare francesi) a voler impiantare qui le loro fabbriche e le loro attività.
[modifica] La Restaurazione
Caduto Bonaparte nel 1815, si assistette al fenomeno denominato Restaurazione, che rimise sul trono le vecchie dinastie spazzate via dalle truppe francesi. In Sardegna, dopo l'abdicazione nel 1802 di Carlo Emanuele IV di Savoia, era succeduto Vittorio Emanuele I. Questi, dunque, venne imposto sul trono a Torino nel Congresso di Vienna in qualità di nuovo Re di Sardegna.
Vittorio Emanuele I e il suo successore Carlo Felice di Savoia erano figli di Carlo Emanuele IV. Vittorio Emanuele I aveva solo figlie femmine e Carlo Felice non ebbe figli. La successione a Casa Savoia, dunque, divenne un affare in cui l'Austria vedeva la possibilità di imporre il proprio potere anche su queste terre se mai Vittorio Emanuele I avesse scelto come suo successore il principe Francesco IV d'Este, imparentato con gli Asburgo. Invece, Vittorio Emanuele scelse Carlo Alberto, del ramo Savoia-Carignano, che divenne re nel 1831.
Il Piemonte di quegli anni era sconvolto dai moti rivoluzionari. Già nel 1821 gli studenti dell'Università di Torino si erano scontrati con le truppe inviate dal re per fermare l'occupazione dell'istituto attuata dagli alunni. Tutta la regione era in subbuglio, difficile da controllare, anche perché la rivolta era segretamente appoggiata dal principe Carlo Alberto. Santorre di Santarosa, il capo dei ribelli, si era incontrato col principe di nascosto, ottenendo il suo appoggio. Ma l'aiuto promesso da Carlo Alberto venne meno proprio quando la rivolta stava per scoppiare.
l'8 marzo 1821 la rivolta scoppiò lo stesso ad Alessandria e rapidamente si estese fino a Torino, dove Vittorio Emanuele I preferì abdicare nei confronti di Carlo Felice. Siccome questi si trovava a Modena, Carlo Alberto assunse la reggenza e proclamò la costituzione, subito sconfessata dallo zio. Il giovane principe assicurò che stava preparando la resistenza contro l'intervento in Piemonte degli austriaci, ma scappò prima a Novara e poi a Modena. Le forze costituzionali cercarono egualmente di tenere testa a quelle austriache, ma vennero sconfitte a Novara. Carlo Felice fece incarcerare molti patriotti e la rivolta sembrò placata.
[modifica] Verso l'Unità d'Italia
Nel 1848 Carlo Alberto, divenuto re di Sardegna, muove contro l'Austria nella prima guerra d'indipendenza. A fianco dell'esercito sardo intervengono anche altri soldati provenienti da altri stati italiani, ansiosi di liberare i territori soggiogati.
All'inizio vi sono alcuni successi importanti: nelle battaglie di Monzambano, Valeggio e Pastrengo i sardi ottengono alcune vittorie; l'esercito piemontese, comunque, avanza con ritardo: una colonna entra in Milano, ma non insegue subito gli austriaci in rotta.
Carlo Alberto pone l'assedio a Peschiera, una delle quattro città del "Quadrilatero". L'attacco del maresciallo Radetzky si risolve con la disfatta nemica nella battaglia di Goito (30 maggio). Lo stesso giorno si arrende Peschiera. Carlo Alberto, però, ancora una volta tergiversa e il maresciallo tedesco riesce a riconquistare le piazzeforti venete.
In seguito al ritiro delle truppe pontificie e napoletane, il Piemonte si trova solo a fronteggiare l'Austria e viene sconfitto nella battaglia di Custoza. Le truppe sarde dovettero ripiegare e vennero ancora sconfitte a Novara. Carlo Alberto firmò l'armistizio e partì in esilio per Oporto. Gli succedeva il giovane Vittorio Emanuele II di Savoia.
In seguito alla disfatta, il Piemonte cercò di ristabilire la sua economia. Massimo d'Azeglio, presidente del consiglio, approvò le leggi "Siccardiane" in seguito alle quali i privilegi di cui il clero aveva sempre goduto venivano aboliti. Il Piemonte stava cercando di rimodernarsi, e un grande passo avanti in questo processo diede Camillo Benso conte di Cavour, presidente dal 1852. Egli, conscio della situazione degli altri paesi europei, inizia una serie di riforme che contemplano, tra l'altro, la canalizzazione del Vercellese, finanziamenti alle industrie, creazione di ferrovie, di navi. Per avvicinarsi alle grandi potenze anche dal campo militare, insiste ed ottiene che i suoi soldati partecipino alla guerra di Crimea. Cavour partecipò al Congresso di Parigi figurando tra le nazioni vincitrici.
Rafforzato l'esercito e lo Stato, il Piemonte (con il tacito appoggio di Napoleone III, ammassa sul ticino le truppe aspettando che l'Austria, sentendosi minacciata, attacchi per prima, facendo sì che i francesi entrino in aiuto dei piemontesi. La trappola funziona, e i nemici vengono respinti nella battaglia di Montebello e a Magenta. Il 24 maggio sono ripetutamente sconfitti a Solferino e San Martino, mentre Giuseppe Garibaldi marcia verso il Veneto: sarà costretto a fermarsi per il rifiuto di Napoleone III di proseguire nel conflitto. In seguito alla pace, la Lombardia passerà al Piemonte.
Rapidamente altre nazioni dell'Italia Centrale passano attraverso plebisciti nel nuovo Regno d'Italia che si stava venendo a creare. Ormai la nuova nazione comprendeva tutte le terre dal Piemonte alle Marche. La Savoia e Nizza, invece, erano state cedute, come da trattato, alla Francia per il suo intervento in guerra.
Garibaldi, intanto, nel 1860 sbarcava a Palermo e conquistava la Sicilia, attraversando con le sue mille camicie rosse lo Stretto di Messina e raggiungendo la Calabria. La debole resistenza borbonica viene presto fiaccata e molte città insorgono in favore di Garibaldi. A Torino, Vittorio Emanuele II decide di raggiungere Garibaldi verso sud, marciando nelle Marche per raggiungerlo. Il 7 settembre Garibaldi entra in Napoli. Vittorio Emanuele incontrerà a Vairano Scalo il generale nizzardo, prendendò sì possesso dell'intera Italia Meridionale.
[modifica] Dall'Unità d'Italia agli inizi del novecento
Momento di incredibile sviluppo della società piemontese e, in generale, dell'Italia intera furono gli anni che seguirono l'unità d'Italia del 1861. I bersaglieri sarebbero arrivati a Roma solo nel 1870, e per quasi cinque anni Torino rimase quindi capitale del nuovo regno (fino al 1865), prima di essere abandonata nei confronti di Firenze.
L'abbandono della casa regnante sabauda dalla vecchia capitale fu salutato con un po' di sconforto dalla popolazione, abitutata a vivere in una città resa capitale e che si stava espandendo geograficamente ed economicamente.
Torino raggiunse agli inizi del novecento il milione di abitanti, divenendo la città più popolosa d'Italia. Molte altre città piemontesi acrebbero notevolmente la loro popolazione, per lo più grazie ai nuovi cittadini venuti dal sud Italia in cerca di lavoro. In Piemonte l'industria forniva molti posti di lavoro. La FIAT, la principale industria piemontese e italiana, venne fondata nel 1899. Nel capoluogo piemontese fecero la loro prima comparsa anche il calcio, la moda, la radio, il telefono, la televisione.
In una città che andava via via accrescendo la sua importanza, agiva in quegli anni l'architetto Alessandro Antonelli, che eresse allora il monumento divenuto simbolo di Torino: la Mole Antonelliana.
Divenuta la sede delle principali industrie e socità italiane, Torino si trasformò in città operaia, accrescendo la sua superficie e creando grandi quartieri operai.
Contro le condizioni di vita spesso miserabili di troppi operai delle nuove fabbriche, si mossero i "santi sociali" e in particolare san Giovanni Bosco, che pose nella zona di Valdocco, a Torino, il cuore pulsante della sua opera salesiana sparsa nel mondo. Altre grandissime figure religiose del Piemonte di quegli anni, san Giuseppe Benedetto Cottolengo, il beato Faà di Bruno, san Giuseppe Cafasso e san Giuseppe Marello sono solo i massimi esempi di un filone di santità che investì il Piemonte di quegli anni.
Piemontesi furono alcuni dei più importanti ministri dell'Italia unificata, quali Quintino Sella o Antonio Gramsci. Il processo che venne definito di "piemontesizzazione" impose al governo politici e parlamentari in gran parte piemontesi, regolando lo Stato secondo il vecchio modello in uso nello Stato Sabaudo.
[modifica] Il Piemonte tra le due guerre mondiali
In seguito all'entrata in guerra dell'Italia nel primo conflitto mondiale, Torino e la FIAT forirono spesso il materiale bellico principale con cui sostenere gli scontri d'armi. Non a caso nella seconda guerra mondiale Torino venne bombardata a ripetizione dagli Alleati, proprio perché sede delle principali industrie belliche e non.
Durante la seconda guerra mondiale esso fu sede di attivi centri di resistenza partigiana: le Val Chisone, Val d'Ossola, le Langhe e il Monferrato furono i più attivi centri della Resistenza piemontese. I Tedeschi, dal canto loro, compirono rappresaglie e saccheggi nelle campagne, danneggiando anche molte città come Novara ed Alessandria. Dei tempi della resistenza nelle campagne narrano alcuni grandi scrittori piemontesi come Cesare Pavese o Beppe Fenoglio.
Al termine della guerra, l'Italia dovette cedere alcuni lembi di terra piemontese (718 kmq. complessivi: Tenda e Briga) alla Francia come stabilito dai trattati di pace.
[modifica] Una Regione nell'Italia Repubblicana
In seguito al plebiscito che sancì la nascita della Repubblica Italiana, il Piemonte divenne una regione della nuova repubblica.
La sua economia rimase indirizzata verso l'industria, che a Torino e specie con la FIAT divenne la principale fonte di lavoro, come già osservato in precedenza. Non in tutta la regione, però, si assistette ad un simile fenomeno: se il torinese e il biellese rimasero improntati su un'economia prettamente industriale, le altre aree piemontesi seppero creare un'industria capace di integrarsi col territorio.
Nel 1992 vennero create le due nuove provincie di Biella e del Verbano Cusio Ossola.
Nel 2006 le XX Olimpiadi Invernali si sono svolte a Torino e nel Piemonte, valorizzando gli immensi patrimoni della regione. In concomitanza delle Olimpiadi, è stata inaugurata la Metropolitana di Torino, i cui lavori erano in progetto da cinquant'anni.
Attualmente, la Regione Piemonte conta 4.300.000 abitanti ed ha un'estensione di 25.399 km², il che ne fa la seconda regione italiana per superficie.
[modifica] Bibliografia
- Virginio e Alfredo Motta. Enciclopedia Motta. Milano, Federico Motta editore, 1955.
- Maurizio Morelli. La Grande Storia del Piemonte. Firenze, Bonechi, 2006.
- G. Andrea Pauletti. Historia di Torino con una succinta descrizione di tutti li Stati di Casa Savoia. Padova, ., 1676.
[modifica] Voci correlate
- Storia di Asti
- Storia di Novara
- Storia di Torino
- Piemonte
- Storia d'Italia
- Casa Savoia
- Marchesato del Monferrato
- Marchesato di Saluzzo
[modifica] Collegamenti esterni
- storia del Piemonte
- storia del piemonte
- la Storia del Piemonte a fumetti
- riferimenti alla Storia del Piemonte (anche ripresi da Wikipedia)
- brevi riferimenti alla Storia della Regione
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