Vittorio Emanuele II di Savoia
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Regno: | dal 17 marzo 1861 al 9 gennaio 1878 quando muore |
Predecessore: | |
Successore: | Umberto I (figlio) |
Data di Nascita: | 14 marzo 1820 |
Luogo di Nascita: | Torino |
Data di Morte: | 9 gennaio 1878 |
Luogo di Morte: | Roma |
Moglie: | Maria Adelaide d'Asburgo (non fu regina d'Italia perché morì nel 1855) |
Matrimonio: | Stupinigi, 12 aprile 1842 |
Vittorio Emanuele II di Savoia (Torino, 14 marzo 1820 - Roma, 9 gennaio 1878), re di Sardegna (dal 23 marzo 1849), primo re d'Italia (1861).
[modifica] Biografia
Vittorio Emanuele era il primogenito di Carlo Alberto di Savoia-Carignano e di Maria Teresa d'Asburgo Lorena. Nacque a Torino nel palazzo della famiglia paterna e fu battezzato con i nomi di Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso. Appena nato seguì il padre a Firenze, dove soggiornò per alcuni anni.
Nella giovinezza dimostrò grande interesse per gli studi politici e militari e attitudine per tutti gli sport.
Partecipò alla Prima guerra d'Indipendenza agli ordini del padre si batté nelle prime file a Pastrengo, a Santa Lucia, a Goito e a Custoza. In seguito alla sconfitta di Novara (23 marzo 1849), quando Carlo Alberto abdicò, si ritrovò sulle spalle la responsabilità del regno. Trattò abilmente con il maresciallo Radetzky l'Armistizio di Vignale, evitando al Piemonte un'umiliazione più pesante.
Il Trattato non fu però approvato dalla Camera, in mano ai democratici. Il Re sostituì il Ministero de Launay con quello presieduto da Massimo d'Azeglio e indisse nuove elezioni rivolgendo al popolo il Proclama di Moncalieri. Il popolo intese le parole del Sovrano e la nuova Camera approvò l'operato del Ministero.
Genova, che s'era ribellata al Regno Sabaudo, e che fu per questo assediata, fu pesantemente bombardata (incluso l'ospedale) ed infine abbandonata al saccheggio dei bersaglieri del generale Alfonso La Marmora, appena sconfitti dagli Austriaci ed inviati dal giovane Re a riprendere il controllo della città. Vittorio Emanuele, compiaciuto, scrisse in francese una lettera d'elogio al La Marmora (aprile 1849), definendo il popolo genovese in lotta per riconquistare la propria antica indipendenza - perduta dopo secoli ad opera delle truppe Francesi 1797 - "vile e infetta razza di canaglie" (vile et infecte race de canailles).
Fu Principe di Piemonte, Duca di Savoia e Re di Sardegna dal 1849 al 1861 e Re d'Italia dal 1861 al 1878. Come Re di Sardegna fu affiancato da validi ministri quali Massimo D'Azeglio e Camillo Benso conte di Cavour che modernizzarono il regno.
Dopo la guerra di Crimea, che aumentò enormemente il prestigio del Regno e rese attuale la Causa italiana, Vittorio Emanuele divenne per molti il simbolo della speranza dell'Unità nazionale. Manin si staccava dal Mazzini e si metteva a fianco del Re, inneggiato da Francesco de Sanctis e Giuseppe Garibaldi gli offriva la sua spada.
In seguito ad alcuni espedienti messi in atto da Cavour nel 1859 (Accordi di Plombières, 1858) l'Austria dichiarò la Seconda guerra d'Indipendenza condotta a fianco dei francesi di Napoleone III e che portò alle vittorie di Magenta, Solferino e San Martino. In seguito all'armistizio di Villafranca voluto da Napoleone III i dissapori tra il re e Cavour spinsero questi alle dimissioni.
Nel frattempo il Re non ostacolava la spedizione dei Mille (1860) di Giuseppe Garibaldi ma fu costretto a partire con l'esercito piemontese per fermarlo nel momento in cui il generale dimostrò l'intenzione di attaccare Roma, posta sotto la protezione della Francia di Napoleone III, la quale attraverso Vittorio Emanuele (che era essenzialmente francofono) vedeva finalmente coronato il proprio disegno, lungamente perseguito, di controllo del resto d'Italia e del Mediterraneo occidentale in concorrenza con le analoghe mire britanniche.
Il Re alla testa dell'esercito marciava per le Marche e per l'Umbria, passava il confine del Tronto e incontrava Garibaldi presso Teano. I plebisciti (1861) permisero a Vittorio Emanuele di essere proclamato primo Re d'Italia per Grazia di Dio e volontà della Nazione il 17 marzo 1861 dal nuovo Parlamento italiano a Torino, che diventava la prima capitale d'Italia. La nuova nazione, che usciva dagli anni del Risorgimento, raggiungeva la sua unità, almeno sul piano formale.
Vittorio Emanuele II guidò nel 1866 la terza guerra d'indipendenza combattendo al fianco della Prussia contro l'Austria, conclusasi con l'annessione del Veneto all'Italia; dopo aver tentato invano di risolvere pacificamente la crisi con Roma, quando il presidio francese abbandonò Roma a seguito della disastrosa sconfitta della Francia nella guerra Franco-Prussiana, appoggiò l'azione dei bersaglieri nell'assalto di Porta Pia (20 settembre 1870). Entrò in Roma solennemente il 2 luglio 1871.
Dopo la fine dello Stato Pontificio, si trasferì da Firenze, divenuta nel 1864 capitale, a Roma, divenuta nuova capitale, insediandosi al Palazzo del Quirinale.
Il compimento dell'unificazione italiana gli procurò l'appellativo di Padre della Patria.
Sposò a Stupinigi il 12 aprile 1842 la cugina Maria Adelaide di Ranieri con la quale ebbe otto figli:
- Principessa Maria Clotilde
- Principe Umberto, Principe del Piemonte (1849-1878) e Re d'Italia (1878-1900)
- Principe Amedeo, Re di Spagna (1871-1873) e Duca d'Aosta (1845-1890)
- Principe Oddone Eugenio Maria, Duca di Monferrato (Torino, 11 luglio 1846 - Torino, 22 gennaio 1866)
- Principessa Maria Pia
- Principe Carlo Alberto, Duca di Chablais (Torino, 2 giugno 1851 - Stupinigi, 22 giugno 1854)
- Principe Vittorio Emanuele (Torino, 7 luglio 1852 - Torino, 7 luglio 1852)
- Principe Vittorio Emanuele, Conte di Genova (Torino, 8 gennaio 1855 - Torino, 17 maggio 1855)
Rosa Teresa Vercellana Guerrieri (soprannominata La Rosina o la La bella Rosin) fu una delle amanti del Re, da cui discese la linea comitale di Mirafiori e Fontanafredda. Si sposarono morganaticamente a Roma il 7 novembre 1869.
Morì a Roma il 9 gennaio del 1878, dopo 28 anni e 9 mesi di regno, sulla propria poltrona dopo aver ricevuto l'inviato di Papa Pio IX, che era incaricato di revocargli la scomunica. Venne sepolto al Pantheon, nella seconda cappella a destra di chi entra, adiacente cioè a quella con l'Annunciazione di Melozzo da Forlì.
[modifica] Bibliografia
- Silvio Bertoldi, Il re che fece l'Italia: vita di di Vittorio Emanuele II di Savoia, Milano, Rizzoli, 2002, pp. 317.
- Lorenzo Del Boca, Maledetti Savoia, Casale Monferrato, Piemme, 1998, pp. 287.
- Lorenzo Del Boca, Indietro Savoia!: storia controcorrente del Risorgimento , Casale Monferrato, Piemme, 2003, pp. 281.
- Pier Francesco Gasparetto, Vittorio Emanuele II, Milano, Rusconi, 1984, pp. 241 (Le vite).
- Denis Mack Smith, Vittorio Emanuele II, Milano, Mondadori, 1995, pp. XIII-329 (Oscar saggi; 436) (1ª ed. Bari, Laterza, 1972).
- Paolo Pinto, Vittorio Emanuele II: il re avventuriero, Milano, Mondadori, 1997, pp. 513 (Oscar storia; 136).
- Gianni Rocca, Avanti, Savoia!: miti e disfatte che fecero l'Italia, 1848-1866, Milano, Mondadori, 1993, pp. 334 (Le scie).
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Predecessore: | Re di Sardegna | Successore: | |
Carlo Alberto | 1849 - 1861 | diventa re d'Italia |
separatore
Predecessore: | Re d'Italia | Successore: | |
già re di Sardegna | 1861 - 1878 | Umberto I |
[modifica] Voci correlate
- Casa Savoia
- Camillo Benso conte di Cavour.
- Giuseppe Garibaldi
- Giuseppe Mazzini
- Risorgimento
- Vittoriano
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