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Erich Ludendorff - Wikipedia

Erich Ludendorff

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Erich Ludendorff
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Erich Ludendorff

Erich Ludendorff (Kruszewnia, oggi Poznań 9 aprile 1865 - Tutzing 20 dicembre 1937) fu un famoso generale prussiano. La fama quasi leggendaria di cui godette il generale Ludendorff durante la Prima guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra è principalmente legata alla sua eccezionale audacia.

Indice

[modifica] Primi anni

Erich Ludendorff nacque a Kruszewnia (odierna Poznań), una cittadina un tempo appartenuta alla Prussia e che adesso si trova sotto la giurisdizione polacca, da una famiglia di ricchi imprenditori agricoli: pur non appartendo alla privilegiatissima classe degli Junker, la ricchezza della madre Klara von Tempelhoff premise al giovane Erich di frequentare persone colte ed agiate.

Nel 1880 venne accettato dalla scuola di Plön, dove eccelleva in matematica. Poco tempo dopo, insieme all'amico Heinz Guderian, decise di intraprendere la carriera militare venendo nominato ufficiale dell'esercito a soli diciotto anni.

Nominato generale nel 1894, fu capo della mobilitazione totale dell'esercito germanico dal 1903 al 1914 ed in questo lasso di tempo, conscio dell'inevitabilità del conflitto tra Germania e Francia, mise a punto insieme a Alfred Graf von Schlieffen un piano strategico che prevedeva la guerra su due fronti.

[modifica] La prima guerra mondiale

[modifica] Prime fasi

L'inizio del conflitto lo trovò generale di brigata: già nell'estate del 1914, durante i primissimi mesi di guerra, Ludendorff si mise in luce per la spregiudicatezza con cui metteva in pratica tattiche e strategie d'avanguardia. In Belgio, alla testa di un'unità di arditi, riuscì a penetrare nella zona fortificata di Liegi: pur non riuscendo a passare, impegnò tanto a fondo i belgi che questi credettero che si trattasse di un attacco in grande stile e concentrarono in quel punto tutte le proprie forze. La via di Bruxelles rimase così aperta alle truppe del Kaiser

L'imponente campagna stampa intrapresa in Germania su quella prima, grande vittoria, unita al bisogno del popolo tedesco di avere personaggi in cui credere, resero ben presto mitica la figura di Ludendorff.

Nell'autunno del 1914 Ludendorff divenne capo di Stato Maggiore del maresciallo Hindenburg sul fronte orientale. Benché nominalmente agli ordini del più anziano Hindenburg, Ludendorff perfezionò e portò avanti la propria strategia bellica in quasi completa autonomia. L'8a armata disponeva di sole sei divisioni, ma Ludendorff riuscì a cogliere il momento propizio per attaccare le linee russe; suggerì a Hindenburg una mossa eccezionalmente audace: sguarnire temporaneamente una parte del fronte per concentrare le forze a disposizione in un rapido attacco contro l'armata di Samsonov.

Ottenuta una provvisoria superiorità numerica, i Tedeschi attaccarono e annientarono il nemico a Tannenberg, sbaragliando e mettendo fuori combattimento un esercito di oltre 250.000 uomini. In Germania il mito di Ludendorff salì alle stelle, e lui e Hindenburg arrivarono ad essere considerati quasi al pari di semidèi della guerra.

[modifica] I dissidi con Falkenhayn

Nonostante gli strepitosi successi conseguiti, la strategia di Ludendorff e Hindenburg mal si accordava con le convinzioni del capo di Stato Maggiore generale Erich von Falkenhayn, il quale era assolutamente convinto che le sorti della guerra si sarebbero decise sul fronte occidentale, contro la Francia, e considerava secondario l'impegno a oriente contro la Russia zarista. Ludendorff tentò invano di convincerlo che la priorità fosse vincere la Russia nel minor tempo possibile in modo da farla finita con la guerra su due fronti, che egli credeva la Germania non fosse in grado di sostenere ancora a lungo; nel 1915 attaccò nuovamente nella zona dei laghi Masuri, ottenendo un successo strepitoso.

Era questo, secondo le intenzioni di Ludendorff, il momento di sfruttare il vantaggio accumulato per mettere definitivamente in scacco la Russia, ma i suoi superiori gli imponsero di non proseguire l'offensiva, credendo che la Russia fosse già definitivamente in ginocchio.

Questo indugio al momento di sferrare il colpo finale riuscì fatale a Ludendorff e alla Germania: entro il 1916 lo zar riuscì a ristabilire la linea di fronte e la Germania dovette continuare la sfibrante guerra su due fronti addirittura fino al 1917. Nello stesso 1917 Ludendorff venne promosso capo di Stato Maggiore generale, mentre Hindenburg divenne comandante in capo dell'esercito.

[modifica] Da Caporetto alla sconfitta finale

Informato della grave situazione in cui versava l'impero austro-ungarico (in cui le varie nazionalità assoggettate iniziavano, approfittando della crisi bellica, a tentare di liberarsi della dominazione austriaca), Ludendorff capì che il solo modo per salvare l'alleato era fargli ottenere una clamorosa, schiacciante vittoria.

Decise così di inviare sul fronte italiano un corpo di spedizione formato di sole sei divisioni, scegliendo con molta accortezza il punto più debole dello schieramento italiano, a Caporetto: avvalendosi di strategie belliche d'avanguardia e di ufficiali audaci come Erwin Rommel riuscì ancora una volta nel suo intento, penetrando ampiamente nel territorio italico.

Dopo il ritiro della Russia dal conflitto, Ludendorff partecipò alla firma del Trattato di Brest-Litovsk che imponeva ai russi condizioni di pace pesantissime; il logoramento dell'esercito degli stati centrali (in particol modo quello austriaco), il ritiro dal conflitto dell'Impero ottomano e soprattutto l'intervento a fianco dell'Intesa degli Stati Uniti d'America segnarono la sconfitta della Germania.

[modifica] Il dopoguerra

Alla fine della guerra, conclusasi con la sconfitta della Germania e la fuga di Guglielmo II, Ludendorff rientrò in patria con l'aura di eroe mitico intatta ma ormai ridotto ai margini della vita politica in seguito alla proclamazione della Repubblica. Per questa e per la democrazia parlamentare nutrì sempre un mai nascosto disprezzo, divenendo così l'ideale punto di riferimento dei molti movimenti nazionalisti e militaristi tedeschi, molti dei quali confluirono nel nazismo, e della Destra revanscista e conservatrice che si mobilitò come un sol uomo contro il Trattato di Versailles ed esigette il pronto riscatto per l'umiliazione inflitta alla Germania.

Ludendorff insieme ad Adolf Hitler nel 1925
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Ludendorff insieme ad Adolf Hitler nel 1925

Non stupisce che figurasse anche Hitler tra i suoi numerosi estimatori. Nel 1923 Ludendorff si trasferì nella Germania meridionale per stabilirsi a Monaco di Baviera, e ebbe modo di conoscere Hitler, con cui ebbe frequenti contatti. Nel clima conservatore e ultranazionalista di Monaco, Hitler decise - forse impressionato dal facile successo ottenuto pochi mesi prima da Benito Mussolini in Italia - di organizzare un piccolo colpo di stato (il celebre "Putsch della birreria"), senza neppure curarsi di informare Ludendorff delle proprie intenzioni. Benché preso alla sprovvista, Ludendorff accettò ugualmente di prestare il proprio nome a quella sfortunata sortita, ma il putsch fallì miseramente. Figurò in seguito tra gli imputati al processo per alto tradimento, e fu l'unico ad essere assolto.

Prese decisamente le distanze da Hitler - a cui non rivolse mai più la parola - ma accettò di collaborare con Strasser quando questi si accinse a riorganizzare il partito in vista delle elezioni del 1924. Nonostante tutto, Ludendorff rimase politicamente "bruciato" da quella disavventura, tanto che nel 1925, quando si trattò di scegliere tra lui e il suo antico superiore Hindenburg per portare un grande nome alle elezioni presidenziali, i vecchi militaristi come Von Tirpitz e i signori della Ruhr puntarono decisamente su Hindenburg.

Per i successivi dodici anni fino al giorno della morte, nel 1937, e anche dopo l'ascesa di Hitler al potere, Ludendorff sopravvisse come il monumento di sé stesso: rispettato, onorato, addirittura fatto oggetto di venerazione dalla propaganda nazista, ma senza più il minimo peso nella politica e nella Wehrmacht.

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