Trattato di Brest-Litovsk
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Il trattato di Brest-Litovsk fu un trattato di pace stipulato tra la Russia e gli imperi centrali il 3 marzo 1918 in Bielorussia, presso la città Brest (un tempo conosciuta come "Brest-Litovsk").
Esso sancì l'uscita della Russia dalla prima guerra mondiale. Anche se la fine della guerra portò a esiti diversi rispetto a quanto previsto dal trattato, esso fu, seppur non intenzionalmente, di fondamentale importanza nel determinare l'indipendenza di Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia.
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[modifica] La pace "giusta e democratica"
Uno dei primi atti del nuovo governo nato nelle giornate della rivoluzione d'ottobre è la proposta rivolta a tutti i belligeranti di un immediato armistizio generale per giungere entro breve tempo ad una conferenza per una pace "giusta e democratica".
Tutte le iniziative che il governo bolscevico prende riguardo alla guerra subito dopo la rivoluzione per essere comprese devono essere inquadrate nella convinzione, di Lenin e di quasi tutti gli altri dirigenti, che la rivoluzione mondiale (o almeno europea) è ormai imminente.
Comunque nessuno degli altri belligeranti, tranne la Germania, dà segno di aver ricevuto la proposta russa e quindi il nuovo governo procede in modo autonomo e nel dicembre del 1917 concorda con la Germania un armistizio e l'apertura di trattative di pace.
La Germania da parte sua ha tutto l'interesse a trarre dalla situazione russa tutti i vantaggi possibili. Le richieste che sono avanzate durante le trattative sono sempre a svantaggio della Russia anche utilizzando il concetto di "autodeterminazione dei popoli" che fa parte dei primi pronunciamenti del governo dei Commissari del Popolo.
[modifica] La situazione al fronte
Per comprendere appieno i fatti che seguono è necessario avere almeno una visione complessiva dello stato dell'esercito russo nel 1917. Al momento della rivoluzione d'ottobre la Russia ha sotto le armi quasi dieci milioni di uomini, nella stragrande maggioranza di provenienza contadina, di cui circa sei milioni distribuiti sui vari fronti. Si tratta di un esercito in via di dissoluzione dove le diserzioni sono un fenomeno quotidiano. I soldati, insieme agli operai dell'industria bellica, sono uno dei pilastri della rivoluzione che hanno appoggiato proprio in nome della pace e della speranza di poter ricevere, al ritorno a casa, quella terra che è sempre stato il sogno dei contadini russi.
L'importanza del fronte orientale è andata diminuendo per tutto il 1917 permettendo agli Imperi Centrali di distoglierne truppe da inviare in rinforzo ad altri fronti di maggior rilevanza (l'offensiva Austriaca sul fronte italiano dell'autunno 1917 è una diretta conseguenza di ciò).
Una delle prime decisioni del nuovo governo russo riguardo all'esercito è l'abolizione di tutti i gradi e l'elezione dei comandanti da parte dei soldati in modo da togliere potere alla "casta" degli ufficiali (tutti di estrazione nobile o borghese) e quindi potenzialmente nemici della rivoluzione proletaria.
[modifica] Le condizioni per la pace
Le condizioni che la Germania pone per la pace sono molto pesanti e per nulla "democratiche", con grosse perdite territoriali, sia per cessione diretta alla Germania sia per concessione dell'indipendenza, come nel caso dell'Ukraina, dove la Rada (controllata dai latifondisti) aveva stipulato un accordo di pace separato.
Da parte russa le trattative sono condotte inizialmente da Trotskij che sfrutta tutta la sua capacità di eloquenza nel tentativo di non cedere alle richieste della Germania.
La crisi arriva il 27 gennaio 1918 (calendario giuliano) quando la Germania pone il diktat sulla firma della pace. Tra i bolscevichi le posizioni sono diverse e contrastanti: la sinistra, appoggiata anche dai socialisti-rivoluzionari di sinistra propone di non accettare e di portare ad oltranza la guerra rivoluzionaria facendo appello alle masse dei paesi occidentali affinché aderendo anch'esse alla rivoluzione pongano fine all'aggressione imperialista; questa tesi ha in Nikolai Bucharin il maggior sostenitore.
Anche Trotskij è contrario alla pace alle condizioni del diktat ma vede una via d'uscita nel rifiuto unilaterale di combattere da parte della Russia. Secondo questa visione i generali tedeschi sarebbero stati impossibilitati a continuare la guerra a causa dell'opposizione interna. Solo Lenin ritiene che la pace vada firmata ad ogni costo.
[modifica] La pace di Brest-Litovsk
Il 28 gennaio (10 febbraio) è proprio Trotskij ad annunciare la decisione russa di non combattere più e di smobilitare l'esercito. In risposta a ciò il 18 febbraio (calendario gregoriano – dal 1 febbraio giuliano la Russia adotta il calendario gregoriano) l'esercito tedesco riprende l'avanzata sfondando le sguarnite linee russe.
Malgrado eroici tentativi di difesa da parte di reparti di volontari appena costituiti la situazione è disperata e Lenin ottiene, dietro minaccia di dimissioni, l'autorizzazione dal Comitato Centrale del Partito Bolscevico a firmare la pace, nonostante le nuove condizioni siano ancora più gravose delle precedenti: cessione di Estonia e Lettonia oltre a tutti i territori occupati dalle truppe tedesche, riparazioni economiche e cessioni all'Impero Ottomano nella Transcaucasia, la pace viene firmata a Brest-Litovsk il 3 marzo 1918.
[modifica] Conseguenze della pace
Quella firmata a Brest-Litovosk è una "pace imperialista" che nega uno dei principi enunciati coi decreti dell'ottobre: quello sull'autodeterminazione dei popoli. L'Ucraina è occupata dall'esercito tedesco che installa un governo fantoccio con la funzione di coprire il prelievo di materie prime e grano necessari per lo sforzo bellico tedesco ad occidente. In Finlandia, che aveva ottenuto l'indipendenza dall'ottobre 1917 i tedeschi inviano truppe in appoggio ad una controrivoluzione che rovescia il governo socialdemocratico. Anche in Lituania ed Estonia ai governi dei soviet ne vengono sostituiti altri appoggiati direttamente dall'esercito tedesco. La Bessarabia viene annessa alla Romania mentre l'Impero Ottomano occupa porzioni di territorio nella regione transcaucasica.