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Villa Capra detta la Rotonda - Wikipedia

Villa Capra detta la Rotonda

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Bene appartenente al Patrimonio dell'Umanità UNESCO
Villa Capra detta la Rotonda
Villa Capra detta la Rotonda
Dati
Anno inserimento: 1994 - 1996
Tipologia: Architettonico
Criterio: C (i) (ii) (*)
In pericolo: Nessuna indicazione
Scheda: Scheda UNESCO
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Patrimoni in Italia

Villa Capra detta La Rotonda (conosciuta anche come Villa Almerico-Capra o Villa Capra-Valmarana) è una villa a pianta centrale costruita da Andrea Palladio a partire dal 1566 a ridosso della città di Vicenza. Il nome "Capra" deriva dal cognome dei due fratelli che completarono l'edificio dopo che fu ceduto loro nel 1591. Villa più famosa del Palladio e probabilmente di tutte le ville venete, la Rotonda è uno dei più celebrati edifici della storia dell'architettura dell'epoca moderna.

Indice

[modifica] Ispirazione

Quando nel 1565 il canonico e conte Paolo Almerico, ritiratosi dalla Curia Romana dopo essere stato referendario apostolico sotto Papa Pio IV e Pio V, decise di tornare alla sua città natale Vicenza e costruirsi una residenza di campagna, non avrebbe potuto immaginare che la casa da lui commissionata all'architetto Andrea Palladio sarebbe divenuta uno dei prototipi architettonici più studiati e imitati per i successivi cinque secoli. Malgrado Villa Capra abbia ispirato in seguito migliaia di edifici, essa stessa è senza dubbio ispirata al Pantheon di Roma. Nel corso della sua vita, Palladio progettò più di venti ville in terra veneta. Questa residenza, più tardi nota come "La Rotonda", sarebbe divenuta una delle sue più celebri eredità al mondo dell'architettura.

[modifica] Progetto

Il sito prescelto fu la cima tondeggiante di un piccolo colle appena fuori le mura di Vicenza. A quel tempo il fascino per i valori arcadici iniziava a spingere molti nobili possidenti a misurarsi con le gioie della vita semplice, malgrado gli aspetti piacevoli della vita a contatto con la natura rimanessero ancora in secondo piano rispetto alla scelta, tutta economica, di orientare gli investimenti verso un'agricoltura di tipo intensivo. Essendo celibe, il prelato Almerico non aveva bisogno di un vasto palazzo (anzi vendette quello che possedeva in centro città) ma desiderava una sofisticata villa, e fu esattamente questo che Palladio ideò per lui: una residenza suburbana con funzioni di rappresentanza, ma anche tranquillo rifugio di meditazione e studio. Isolata sulla cima del colle, questa sorta di originale "villa-tempio" in origine era priva di annessi agricoli. L'architetto la incluse, significativamente, nell'elenco dei palazzi e non tra le ville nei suoi Quattro libri dell'architettura del 1570.

Pianta di Palladio per la Rotonda, ne I quattro libri dell'architettura, 1570
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Pianta di Palladio per la Rotonda, ne I quattro libri dell'architettura, 1570

La costruzione, iniziata nel 1566 circa, consisteva di un edificio quadrato, completamente simmetrico ed inscrittibile in un cerchio perfetto (vedi figura a lato). Descrivere la villa come "rotonda" è tuttavia tecnicamente scorretto, dato che la pianta dell'edificio non è circolare ma rappresenta piuttosto l'intersezione di un quadrato con una croce. Ognuna delle quattro facciate era dotata di un avancorpo con una loggia che si poteva raggiungere salendo una gradinata; ciascuno dei quattro ingressi principali conduceva, attraverso un breve vestibolo o corridoio, alla sala centrale sormontata da una cupola. L'aula centrale e tutte le altre stanze erano proporzionate con precisione matematica in base alle regole proprie dell'architettura di Palladio che egli elaborò nei suoi Quattro libri. Proprio la sala centrale rotonda è il centro nevralgico della composizione, alla quale il Palladio imprime forza centrifuga allargandola verso l'esterno, nei quattro pronai ionici e nelle scalinate. La villa risulta così un'architettura aperta, che guarda la città e la campagna.

Il progetto riflette gli ideali umanistici dell'architettura del Rinascimento. Per consentire ad ogni stanza un'analoga esposizione al sole, la pianta fu ruotata di 45 gradi rispetto ai punti cardinali. Ognuna delle quattro logge presentava un pronao con il frontone ornato di statue di divinità dell'antichità classica. Ognuno dei frontoni era sorretto da sei colonne ioniche (esastilo ionico). Ogni loggia era fiancheggiata da una singola finestra. Tutte le stanze principali erano poste sul piano nobile.

Con l'uso della cupola, applicata per la prima volta ad un edificio di abitazione, Palladio affronta il tema della pianta centrale, riservata fino a quel momento all'architettura religiosa. Malgrado vi fossero già stati alcuni esempi per un edificio residenziale a pianta centrale (dai progetti di Francesco di Giorgio Martini ispirati a villa Adriana o dallo “studio di Varrone”, alla casa del Mantegna a Mantova - o la sua illusionistica “Camera degli sposi” in palazzo Ducale -, sino al progetto di Raffaello per villa Madama), la Rotonda resta un unicum nell'architettura di ogni tempo, un riconosciuto modello ideale.

[modifica] Completamento e modifiche

Né Palladio, né il proprietario Paolo Almerico, avrebbero visto il completamento dell'edificio, malgrado questo fosse già abitabile nel 1569. Palladio morì nel 1580 e quindi un secondo importante architetto vicentino, Vincenzo Scamozzi, fu assunto dai proprietari per sovrintendere ai lavori di completamento, che ebbe luogo nel 1585, limitatamente al corpo principale, con la costruzione della cupola, sormontata dalla lanterna.

Palladio intendeva coprire la sala centrale con una volta semisferica, ma Scamozzi progettò una volta più bassa con un oculo (che doveva essere a cielo aperto) ispirandosi al Pantheon e apportò altre limitate modifiche al progetto, come il taglio alla scalinata che permetteva un accesso diretto dall'esterno ai locali di servizio posti al pianterreno. La scalinata fu modificata nel XVIII secolo da Ottavio Bertotti Scamozzi che la riportò alla forma originale e il piano attico venne suddiviso in stanze da Francesco Muttoni, che modificò i mezzanini (1725-1740).

Alla morte del committente Almerico, la villa finì in eredità al figlio naturale Virginio Bartolomeo che, a causa della disastrosa gestione economica, fu costretto a venderla due anni dopo, nel 1591, ai fratelli Odorico e Mario Capra. Furono i Capra a portare infine a termine il cantiere nel 1620 con la decorazione interna ad affresco. Lo Scamozzi aggiunse gli annessi rustici esterni (la barchessa, staccata dal corpo principale) per le funzioni agricole, non previste nel progetto originario. Al complesso fu aggiunta infine la cappella gentilizia, costruita da Girolamo Albanese per volontà del conte Marzio Capra tra il 1645 ed il 1663.

[modifica] Interno e decorazione

L'interno avrebbe dovuto essere splendido non meno dell'esterno; le statue sono interventi di Lorenzo Rubini e Giambattista Albanese; la decorazione plastica e dei soffitti è opera di Agostino Rubini, Ottavio Ridolfi, Ruggero Bascapè, Domenico Fontana e forse Alessandro Vittoria; gli apparati pittorici in affresco sono di Anselmo Canera, Bernardino India, Alessandro Maganza e più tardi del francese Ludovico Dorigny. Le decorazioni della villa coprono un lungo periodo di tempo e di alcune l'attribuzione non è certa.

Scorcio degli interni
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Scorcio degli interni

Tra i quattro principali saloni del piano nobile vi sono la sala ovest (con affreschi di tema religioso) e il salone est, che ospita un'allegoria della vita del primo proprietario conte Paolo Almerico, con le sue numerose ed ammirevoli qualità ritratte in affresco.

Il luogo più notevole dello spazio interno è senza dubbio la sala centrale circolare, dotata di balconate, che si sviluppa a tutt'altezza fino alla cupola; il soffitto semisferico è decorato da affreschi di Alessandro Maganza; anche qui troviamo allegorie legate alla vita religiosa ed alle Virtù ad essa collegate, dove sono raffigurate accanto alla Fama la Religione, la Benignità, la Temperanza e la Castità. La parte inferiore della sala, alle pareti, è invece adornata con finte colonne dipinte in trompe l'oeil e gigantesche figure della mitologia greca, opera successiva di Ludovico Dorigny.

Come nell'architettura di Palladio, pensata per un uomo di Chiesa, anche nell'apparato decorativo vengono inseriti elementi formali destinati a suggerire un senso di sacralità, in sintonia con tale programma celebrativo. La quantità di affreschi richiama ad alcuni maggiormente l'atmosfera di una cattedrale che non quella d'una residenza di campagna. Goethe, che fece più volte visita alla villa, disse che Palladio aveva reso un tempio greco adatto ad abitarvi.

[modifica] Rapporto con il paesaggio

La Rotonda vista dal viale posteriore
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La Rotonda vista dal viale posteriore

Dai porticati è possibile godere della meravigliosa vista della campagna circostante, dato che non per una coincidenza la villa fu progettata per essere in perfetta armonia con il paesaggio. Ciò era in netto contrasto con edifici come la Villa Farnese costruita solo 16 anni prima. Malgrado la Rotonda possa apparire completamente simmetrica, vi sono delle deviazioni, progettate perché ogni facciata fosse il complemento dell'ambiente e della topografia circostante; di conseguenza vi sono delle variazioni nelle facciate, nell'ampiezza dei gradini, nei muri di contenimento ecc. In tal modo la simmetria dell'architettura dialoga con l'asimmetria del paesaggio, per creare un insieme apparentemente simmetrico. Il panorama offre una visione panoramica di alberi, prati e boschetti, con Vicenza distante all'orizzonte.

La loggia settentrionale è inserita nella collina come termine di una strada carreggiabile che corre dal cancello principale. Questo percorso è un viale tra i blocchi dei servizi, costruito dai fratelli Capra che acquistarono la villa nel 1591, commissionando a Vincenzo Scamozzi di completare l'edificio e costruire le stalle e gli edifici ad uso rurale. Quando ci si avvicina alla villa da questa parte, si riceve l'impressione deliberata che sia stia ascendendo dal basso ad un tempio sulla sommità. Allo stesso modo, in senso inverso, dalla villa si nota il santuario che incombe sulla città dalla cima di Monte Berico, unificando così la villa e la città.

[modifica] La villa oggi

Attualmente (2006) Villa Capra è proprietà di Mario Valmarana, un architetto ed esperto delle opere di Palladio, nonché professore di architettura all'Università della Virginia dal 1973. La villa è stata la residenza della sua famiglia per più di due secoli. È sua ambizione dichiarata preservare la Rotonda per l'apprezzamento e la meraviglia delle future generazioni.

La villa è stata inserita nel dicembre 1994, assieme alle altre architetture di Vicenza "città del Palladio", nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.

[modifica] La Rotonda come modello architettonico

La Rotonda è stata modello di ispirazione per numerosi edifici. Alcuni tra gli esempi più importanti sono considerati:

  • Villa Pisani detta la Rocca Pisana (Lonigo, Vicenza, 1575-1578), di Vincenzo Scamozzi; lungi dal fermarsi all'imitazione del maestro, Scamozzi costruisce filologicamente una critica al progetto della Rotonda, riallacciandosi al modello del Pantheon.
  • Chiswick House (Londra, 1725), di Lord Burlington e William Kent; uno dei più celebri esempi di neopalladianesimo britannico, creazione intensamente eclettica e personale di Lord Burlington.
  • Monticello (Charlottesville, Virginia, 1768-1809), di Thomas Jefferson; la sola casa negli Stati Uniti dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.

[modifica] Bibliografia

La Rotonda è una meta di turismo internazionale
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La Rotonda è una meta di turismo internazionale
  • A. Palladio, I Quattro Libri dell'Architettura, Venezia 1570, libro II, p. 18.
  • F. Muttoni, Architettura di Andrea Palladio Vicentino con le osservazioni dell'Architetto N. N., 9 voll., Venezia 1740-1760, vol. I, pp. 12-14, tavv. XI-XII, vol. V., tav. XIV.
  • O. Bertotti Scamozzi, Le fabbriche e i disegni di Andrea Palladio, 4 voll., Vicenza 1776-1783, vol. II, pp. 9-13, tavv. I-IV.
  • A. Magrini, Memorie intorno la vita e le opere di Andrea Palladio, Padova 1845, pp. 78, 238-240.
  • F. Burger, Die Villen des Andrea Palladio, Leipzig 1909, pp. 53-56.
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  • J. S. Ackerman, Palladio's Villas, New York, 1967, pp. 68-72.
  • C. A. Isermeyer, Die Villa Rotonda von Palladio, in "Zeitschrift für Kunstgeschichte", 1967, pp. 207-221.
  • C. Semenzato, La Rotonda di Vicenza, Vicenza 1968.
  • R. De Fusco, M. L. Scalvini, Significanti e significati della Rotonda palladiana, in "Op. cit.", 16, sett., 1969, pp. 5-26.
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  • M. Muraro, Andrea Palladio e la committenza signorile nel Basso Vicentino, in "Odeo Olimpico", XVII-XVIII, 1981-1982, pp. 33-45.
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  • S. Sponza, Della villa "Eolia" per il "Genio" della Rotonda, in Bollettino del C.I.S.A. Andrea Palladio, XXIV, 1982-1987, pp. 211-220.
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  • A. Cerutti Fusco, Inigo Jones Vitruvius Britannicus. Jones e Palladio nella cultura architettonica inglese: 1600-1740, Rimini 1985, pp. 132-134.
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  • M. Azzi Visentini, La villa in Italia. Quattrocento e Cinquecento, Milano 1995, pp. 281-294.
  • K. Jauslin, Ein Haus für Canonicus Almerigo. Palladios Villa Rotonda als Rekonstruktion des Ästhetischen, Dortmund 1995.
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  • D. Battilotti, Villa Almerico, in L. Puppi, Andrea Palladio, Milano 1999² (con schede di aggiornamenti), pp. 497-498.

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