Benito Mussolini
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«Credere, Obbedire, Combattere.»
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(Benito Mussolini)
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«L'Italia, o signori, brama la pace laboriosa. Noi gliela daremo con l'amore, potendo, con la forza, se necessario.»
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(Benito Mussolini)
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Benito Amilcare Andrea Mussolini (Dovia di Predappio, 29 luglio 1883 - Giulino di Mezzegra, 28 aprile 1945) fu giornalista ed uomo politico italiano del secolo scorso, fondatore del fascismo e Primo Ministro con poteri dittatoriali dal 28 ottobre 1922 al 25 luglio 1943, poi Presidente della Repubblica Sociale Italiana fino alla sua morte.
[modifica] Biografia
Figlio di Alessandro, di mestiere fabbro ferraio, e di Rosa Maltoni, maestra elementare, visse un'infanzia modesta. Deve il suo famoso nome all' omaggio che il padre, socialista dell'estrema ala anarchica, volle rendere al campione dell'indipendenza repubblicana del Messico, Benito Juarez (ma anche Amilcare in onore di Amilcare Cipriani e Andrea in onore di Andrea Costa). Studiò nel collegio salesiano di Faenza (1892-1893) e poi nel collegio Carducci di Forlimpopoli, presso Forlì, conseguendo nel 1901 il diploma di maestro elementare.
Iscrittosi al Partito Socialista Italiano sin dal 1900, mostrò subito un acceso interesse per la politica attiva stimolato tra l'altro dall'esempio del padre, esponente di un certo rilievo del socialismo anarcoide e violentemente anticlericale della Romagna, erede tardivo delle medioevali tradizioni ghibelline di Forlì.
Emigrato in Svizzera (1902) per sottrarsi al servizio militare, entrò in rapporto con Giacinto Serrati, Angelica Balabanov e altri rivoluzionari, ponendo contemporaneamente le basi della propria cultura politica, in cui si mescolavano - contraddittoriamente - gli influssi di Karl Marx, Pierre-Joseph Proudhon, Georges Eugène Sorel e Auguste Blanqui, insieme a quelli di Friedrich Nietzsche e Vilfredo Pareto.
Ripetutamente espulso da un cantone all'altro per il suo esasperato attivismo anticlericale e antimilitarista, rientrò in Italia nel 1904 approfittando di un'amnistia che gli permise di sottrarsi alla pena prevista per la renitenza alla leva e compì il servizio militare nel reggimento bersaglieri di stanza a Verona.
Dopo aver insegnato qualche tempo a Tolmezzo e a Oneglia (1908), dove collaborò attivamente al periodico socialista "La lima", tornò al paese natale, Dovia di Predappio, oggi Predappio bassa.
[modifica] La formazione e le prime esperienze politiche
Imprigionato per dodici giorni per aver capeggiato uno sciopero di braccianti, ricoprì quindi la carica di segretario della Camera del Lavoro di Trento (sempre nel 1909) e diresse il quotidiano "L'avvenire del lavoratore".
Presto in urto con gli ambienti moderati e cattolici, dopo sei mesi di frenetica attività propagandistica, non priva di successo, fu espulso anche da qui tra le proteste dei socialisti trentini, suscitando una vasta eco in tutta la sinistra italiana.
Tornato a Forlì, Mussolini si unì - senza vincoli matrimoniali né civili né religiosi - con Rachele Guidi, la figlia della nuova compagna del padre e da essa ebbe, nel settembre 1910, la prima figlia Edda (Vittorio sarebbe nato nel 1916, Bruno nel 1918, Romano nel 1927, Anna Maria nel 1929, mentre nel 1915 sarebbe stato celebrato il matrimonio civile e nel 1925 quello religioso). Da Ida Irene Dalser, che (secondo alcuni) aveva sposato a Milano con rito religioso, ebbe Benito Albino, nato l'11 novembre del 1915.
Contemporaneamente la federazione socialista forlivese gli offriva la direzione del nuovo settimanale "Lotta di classe" e lo nominava proprio segretario. Nei tre anni in cui conservò tali incarichi, Mussolini dette al socialismo romagnolo una sua impronta precisa, fondata su istanze rivoluzionarie e volontaristiche, ben lontane dalla tradizione razionale e positivista del marxismo così come era interpretato dagli uomini più rappresentativi del PSI.
Dopo il congresso socialista di Milano dell'ottobre 1910 ancora dominato dai riformisti, Mussolini pensò di scuotere la minoranza massimalista, anche a rischio di spaccare il partito, provocando l'uscita dal PSI della federazione socialista forlivese, ma nessun altro lo seguì nell'iniziativa.
[modifica] L'impatto sulle grandi masse
Quando sopraggiunse la guerra di Libia a mutare i rapporti di forza tra le correnti del socialismo italiano, Mussolini (che del resto era stato condannato a un anno, poi ridotto a cinque mesi e mezzo, di reclusione per le manifestazioni organizzate in Romagna contro la guerra in Africa insieme all'allora repubblicano Pietro Nenni) apparve come l'uomo più adatto a impersonare il rinnovamento ideale e politico del partito.
Protagonista del congresso di Reggio Emilia, assunta la direzione dell'"Avanti!" alla fine del 1912, Mussolini diventò l'ascoltato portavoce di tutte le insoddisfazioni e le frustrazioni di una società caduta in una crisi economica e ideale, trascinando masse sempre più vaste verso esplosioni insurrezionali senza chiare prospettive, che culminarono nella "settimana rossa" del giugno 1914.
[modifica] Direttore dell'"Avanti!" verso la "Grande guerra"
Lo scoppio del conflitto mondiale trovò il direttore dell'"Avanti!" allineato sulle posizioni ufficiali del partito, di radicale neutralismo. Nel giro di qualche mese, tuttavia, in Mussolini maturò il convincimento - comune ad altri settori dell'"estremismo" di sinistra - che l'opposizione alla guerra avrebbe finito per trascinare il PSI a un ruolo sterile e marginale, mentre sarebbe stato opportuno sfruttare l'occasione offerta da questo sconvolgimento internazionale per far percorrere alle masse quella via verso il rinnovamento rivoluzionario che rischiava di rimanere altrimenti impossibile.
Dimessosi perciò dalla direzione dell'organo socialista il 20 ottobre, due giorni dopo la pubblicazione di un articolo dal titolo chiaramente indicatore del suo mutato programma ("Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante") Mussolini pensò di realizzare un suo quotidiano.
Il 15 novembre, accettando disinvoltamente l'aiuto di un gruppo di finanziatori facenti capo a Filippo Naldi, pubblicò "Il Popolo d'Italia", ultranazionalista, radicalmente schierato su posizioni interventiste a fianco dell'Intesa e in grado di conseguire immediatamente un clamoroso successo di vendite. Collaborarono con lui il poeta Umberto Saba e Margherita Sarfatti che divenne anche la sua amante.
Espulso di conseguenza dal PSI (24-29 novembre 1914) e richiamato alle armi (31 agosto 1915) fu assegnato all' 11° bersaglieri e andò al fronte il 2 settembre. Tenne un diario di guerra dove racconta della vita in trincea e prefigura se stesso come eroe carismatico di una comunita' nazionale, guerresca, socialmente gerarchica e obbediente. In realta' lui passo' la maggior parte della guerra nei settori tranquilli e vide pochissima azione [1]. Si e' sempre creduto che Mussolini fosse seriamente ferito durante un'esercitazione (febbraio 1917), ma una ricerca recente dimostra che il futuro duce non era affatto gravemente ferito ma soffriva', piuttosto, di una neurosifilide. L'alterazione della sua cartella clinica permise a Mussolini di ritornare alla direzione del suo giornale come eroe ferito [2]. Dalle colonne del giornale, tra Caporetto e i primi mesi del 1918, egli ruppe gli ultimi legami ideologici con l'originaria matrice socialista, in nome di un superamento dei tradizionali antagonismi di classe, prospettando l'attuazione di una società produttivistico-capitalistica capace di soddisfare le legittime aspirazioni economiche di tutti i ceti.
Con la fine della guerra, le fortune di Mussolini parvero però fatalmente destinate a tramontare.
[modifica] Il Fascismo e la "marcia su Roma"
La fondazione dei Fasci di combattimento, avvenuta a Milano il 23 marzo 1919, benché facesse appello alle simpatie di elementi quanto mai eterogenei e si basasse su un programma politico caratterizzato dall'unione di istanze eterogenee, non ebbe immediato successo. Solo in seguito, man mano che la situazione italiana andava degenerando per via dei conflitti sociali, della situazione economica e delle tensioni della politica internazionale, grazie anche al fatto che il Fascismo si caratterizzò come forza organizzata in funzione antisocialista e antisindacale, Mussolini ottenne crescenti adesioni e favori da agrari e industriali e quindi dai ceti della piccola e media borghesia.
Alle elezioni politiche del 16 novembre del 1919 i Fascisti, nonostante le candidature "eccellenti" dello stesso Mussolini e di Filippo Tommaso Marinetti a Milano, non ottennero neanche un seggio e nella provincia meneghina presero soltanto 4795 voti. Nei due anni successivi egli tentò di radicare il partito del Fascio che, presentatosi alleato con Giovanni Giolitti alle elezioni del 15 maggio 1921, ottenne 35 seggi, di cui uno occupato proprio dall'uomo di Predappio che, il 7 novembre dello stesso anno, trasformò i Fasci di combattimento in Partito Nazionale Fascista, cui affidò la segreteria nazionale prima a Michele Bianchi e poi a Francesco Giunta.
Al fine di creare una voragine tra sé e gli avversari politici Mussolini fece partire una campagna squadristica in cui le camicie nere andavano all'assalto armato dei rivali del Fascismo. A farne le spese maggiormente furono i Socialisti ed i Comunisti, ma anche alcuni cattolici come dimostra il caso di Giovanni Minzoni. L'1 febbraio 1922 le sinistre fecero partire uno sciopero contro le violenze dei Fascisti, sollevazione che però ebbe la conseguenza di irritare ancora di più le squadre fasciste che, tra il 3 agosto ed il 5 settembre, occuparono i municipi di Milano, Genova, Livorno, Parma, Bolzano e Trento. In seguito Mussolini firmò con le forze socialiste un patto di pacificazione per porre fine alle violenze squadriste, che tuttavia continuarono. Infatti, il duce non assunse concrete iniziative per la cessazione di questi fenomeni e, per giunta, questi erano dovuti in molti casi all' azione autonoma di singole squadre locali, guidate ciascuna dal rispettivo ras.
Avendo acquisito un forte consenso presso gli ambienti più importanti del regno, Mussolini tentò un ambizioso colpo di mano per impadronirsi del potere: ebbe così luogo la "rivoluzione fascista", svoltasi tra il 22 e il 28 ottobre 1922. Essa consistette essenzialmente nell'organizzazione, per mezzo dei "quadriumviri" (Italo Balbo, Cesare Maria De Vecchi, Emilio De Bono e Michele Bianchi), di una marcia su Roma di gruppi di "camicie nere", provenienti da diverse zone d'Italia. Il loro numero non è mai stato stabilito con certezza, tuttavia, a seconda della fonte di riferimento, la cifra considerata oscilla tra le 30000 e le 300000 persone. Mussolini non prese parte direttamente alla marcia, per timore dell'intervento repressivo dell'esercito nei confronti dell'insurrezione; egli rimase a Milano e si recò a Roma solo in seguito, quando seppe del buon esito dell'azione sovversiva. Il Re, infatti, anche per il sostegno di cui il fascismo godeva presso gli alti ufficiali e gli industriali, che vedevano in Mussolini l'uomo forte che poteva riportare ordine nel paese "normalizzando" la situazione sociale italiana, si rifiutò di proclamare lo Stato d'assedio proposto dal Ministro degli Interni Luigi Facta e diede l'incarico a Mussolini di creare un nuovo governo di coalizione, nominandolo Primo Ministro.
Consolidato ulteriormente il proprio potere dopo le elezioni del 1924 (in cui, a seguito della legge Acerbo, si era presentato a capo del Listone fascista), Mussolini fu tuttavia messo in difficoltà dall'assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, avvenuto l'11 giugno 1924 per mano di squadristi fascisti. Infatti, tale evento fu usato come pretesto per l'organizzazione della "secessione dell'Aventino" (così chiamata in richiamo alla secessione della plebe ai tempi della res publica romana), ovvero dell'abbandono del parlamento da parte dei deputati d'opposizione, i quali si riunirono sull'Aventino per protesta nei confronti dell'omicidio. Tuttavia tale iniziativa non intaccò il potere di Mussolini, poichè ad essa non fece seguito nessuna concreta azione politica. Forte di questo fatto, il 3 gennaio 1925 il duce tenne in parlamento un discorso, sancendo quello che viene oggi considerato tradizionalmente come il momento d'inizio del regime dittatoriale fascista. Con questo discorso, infatti, egli compì un ulteriore atto di forza, col quale divenne palese l'equilibrio effettivo di forze ormai presente nel paese: allo scopo di porre termine alle polemiche scoppiate attorno al caso Matteotti con la propria autorità, egli, nonostante l'omicidio del deputato fosse stato opera di un gruppo di fascisti che avevano agito di propria iniziativa (come avrebbero poi confessato), proclamò che intendeva assumersi "ogni responsabilità storica, politica e morale" derivante dall'assassinio stesso.
[modifica] Una serie di attentati
Già il giorno della "marcia su Roma" il 28 ottobre 1922 Mussolini rischiò di morire: mentre egli si trovava a Milano un euforico squadrista inciampò e fece partire un colpo di fucile che gli sfiorò un orecchio.
Dopo essere divenuto capo del governo Mussolini fu fatto oggetto di una serie di attentati. Il primo fu ideato il 4 novembre 1925 dal deputato socialista e aderente alla massoneria Tito Zaniboni, ma l'organizzazione segreta dell'OVRA (il reale significato della sigla è ignoto per mancanza di documenti. Secondo alcuni storici essa significherebbe "Opera di Vigilanza e di Repressione dell'Antifascismo") sventarono tempestivamente la minaccia.
Il 7 aprile 1926 un'anziana signora irlandese, Violet Gibson, definita poi una squilibrata, sparò a Mussolini durante una cerimonia al Campidoglio, ma il proiettile gli sfiorò appena il volto.
Nel settembre dello stesso anno l'anarchico Gino Lucetti lanciò una bomba contro l'auto del capo del fascismo; l'ordigno scivolò sul tetto della vettura ed esplose a terra ferendo lievemente soltanto un passante.
Sempre in quell'anno, in ottobre, un altro attentato fu attribuito a un giovane, Anteo Zamboni, che avrebbe sparato, senza successo, sfiorando appena il bersaglio, e che fu subito dopo pugnalato a morte dai legionari fascisti.
Mussolini si salvò da altri due attentati progettati e non eseguiti, per mancanza di determinazione o per effettive difficoltà organizzative: nel 1931 e nel 1932, rispettivamente dagli anarchici Michele Schirru e Angelo Pellegrino Sbardellotto, che furono condannati a morte perché avevano complottato per assassinare il capo del governo.
[modifica] L'affermazione del regime
Nonostante l'instaurazione d'un regime dittatoriale, Mussolini seppe conservare e accrescere a dismisura la sua popolarità reprimendo ogni forma attiva di dissenso (tramite l'OVRA, il confino e il Tribunale Speciale), ricorrendo all'organizzazione ed all'irreggimentazione delle masse, chiamate di continuo a partecipare ad iniziative di varia natura, grazie alla propria personalità carismatica (come testimoniano i discorsi tenuti di fronte a "folle oceaniche"), grazie all'appoggio di intellettuali di spicco (D'Annunzio, Sironi, i futuristi, Gentile, Marconi, Ungaretti,...) ed uomini di grandi capacità di governo (Federzoni,...), risolvendo molti problemi sociali (la questione romana, il "sabato fascista",...) ed economici (il sistema pensionistico, la previdenza sociale, la svalutazione della lira, la battaglia del grano, la disoccupazione, in gran parte risolta grazie alla bonifica di numerose paludi e alla conseguente fondazione nei siti bonificati di più di cento tra città e villaggi,... ), grazie allo sviluppo di sanità (battaglia della malaria,...) e istruzione (fondò varie università tra cui quella di Roma e Bari,...), grazie a un consapevole e rivoluzionario utilizzo e sviluppo (fondò Cinecittà e promosse le prime edizioni della Mostra del Cinema di Venezia, la prima al mondo di questo genere) dei nuovi mezzi di comunicazione (radio, cinema,...) ed al perseguimento di una politica di potenza che mirava a fare dell'Italia un paese temuto e rispettato, intento che trovò in gran parte realizzazione (come dimostrano la crisi di Corfù del 1923, la politica coloniale italiana, il ruolo ricoperto dall'italia per i patti di Locarno, Monaco e Stresa,...) e che fu visto con favore dalla maggioranza degli italiani. L'attività del duce trovò non solo grande consenso in patria, ma suscitò apprezzamenti all'estero soprattutto nei paesi anglo-sassoni ed in Germania (Hitler lo considerò il suo "maestro"): Winston Churchill lo definì "il più grande legislatore vivente" nel 1926 e "un grande uomo" ancora nel 1940, il papa lo chiamò "l'uomo della provvidenza" nel 1929, molti in Europa lo chiamarono "il salvatore della pace" nel 1933, lo stesso Franklin Delano Roosevelt gli risevò commenti lusinghieri,... La popolarità del "duce supremo", dovuta ai motivi sopra citati, trova probabilmente la sua origine storica nella frustrazione del popolo italiano nei confronti dello stato liberale per via delle condizioni di pace, ritenute dai più sfavorevoli, che l'Italia, paese vincitore, aveva dovuto accettare alla fine della I Guerra Mondiale, nonostante i sacrifici enormi che il suddetto stato aveva imposto ai cittadini.
Non a caso, Gabriele D'Annunzio parlò di "vittoria mutilata": l'Italia guadagnò territorialmente solo parte di ciò che le era stato promesso e ciò, unito al generale malcontento post-bellico e alla terribile crisi economica dell'immediato dopoguerra che colpì soprattutto i più poveri (i piccolo-medio borghesi, gli operai e i contadini), fece nascere in molti il desiderio di avere un governo forte, seppur autoritario, che riuscisse a traghettare la penisola verso un'epoca di benessere ritrovato e di un grande statista che sapesse tenere le redini in un Paese sempre più alla deriva, specie in seguito alle rivolte operaie avvenute durante il biennio rosso.
[modifica] La conquista dell'Etiopia e il "Patto d'acciaio"
Per approfondire, vedi la voce Impero coloniale italiano. |
Dopo l'episodio di Corfù, occupata dalle truppe italiane nel 1923, e la decisa presa di posizione contro la minaccia tedesca di annessione dell'Austria, cui fece seguito la Conferenza di Stresa con Francia e Gran Bretagna (1935) che parve delineare un comune fronte antihitleriano, Mussolini si gettò nella conquista dell'Etiopia: il 3 ottobre 1935 le truppe italiane varcarono il confine con l'Abissinia e il 9 maggio 1936 Mussolini annunciò la fine della guerra e la nascita dell'Impero dell'Africa Orientale Italiana.
L'impresa, se da un lato segnò il punto più alto della sua popolarità in patria, dall'altro lo inimicò con la Gran Bretagna, la Francia e la Società delle Nazioni, costringendolo a un lento ma fatale avvicinamento alla Germania, con la quale nel 1939 firmò il "patto d'acciaio" legandosi definitivamente a essa.
[modifica] Il secondo conflitto mondiale e l'arresto
Nel 1940 Mussolini scelse di entrare in guerra benché impreparato (taluni storici ritengono che fosse stato tenuto all'oscuro di ciò) e contro le idee di alcuni dei suoi più vicini collaboratori (Pietro Badoglio, Dino Grandi, Galeazzo Ciano), assumendo il comando supremo delle truppe operanti nell'illusione di un veloce e facile trionfo.
In realtà ottenne numerosi insuccessi che ridiedero spazio a tutte le energie contrarie al fascismo precedentemente represse: fino a che, dopo l'invasione anglo-americana della Sicilia e il suo ultimo colloquio con Adolf Hitler (Feltre, 19 luglio 1943; nello stesso giorno Roma subì il primo bombardamento alleato), fu sconfessato da un voto del Gran Consiglio (24 luglio) e, nel clima oramai divenuto pesante fatto di accuse e minacce, accettò di recarsi in mattinata dal sovrano per l'abituale colloquio settimanale (25 luglio), giungendo alle ore 17 a Villa Savoia. Non era al corrente che la sua scorta erà già sotto sorveglianza e che duecento carabinieri avevano già circondato interamente l'edificio, mentre una autoambulanza della Croce Rossa lo attendeva per portarlo via, da prigioniero. Fu fatto arrestare dal re Vittorio Emanuele III quel pomeriggio del 25 luglio; l'arresto fu eseguito dal capitano dei carabinieri Giovanni Frignani.
Trasferito a Ponza, poi alla Maddalena e infine a Campo Imperatore sul Gran Sasso, il 12 settembre fu liberato dai paracadutisti tedeschi (Fallschirmjäger-Lehrbataillon) al comando dell'allora capitano delle SS Otto Skorzeny (i carabinieri e i poliziotti di guardia non opposero alcuna resistenza, non si sparò neanche un colpo di arma da fuoco), durante la cosiddetta Operazione Quercia, e portato in Germania, incontrò Hitler il 14 settembre a Rastenburg: il Führer non usò mezzi termini e lo "invitò" a formare una repubblica protetta dai tedeschi. Sempre dalla Germania il 18 settembre, con un discorso alla radio di Monaco proclamò la ricostituzione del Partito Fascista Repubblicano.
[modifica] La RSI e la fine
Per approfondire, vedi la voce Morte di Mussolini. |
Ormai stanco, malato e in completa balia delle decisioni di Hitler, Mussolini si insediò quindi a Salò, fondando la Repubblica Sociale Italiana il 23 settembre 1943, cercando inutilmente di far rivivere le parole d'ordine del fascismo della "prima ora". Egli giustificò la decisione di far rinascere uno stato italiano fascista sostenendo che, in caso di rifiuto, il fuhrer avrebbe sottoposto a ulteriori rappresaglie e vessazioni gli italiani.
Sempre più isolato e impotente, dopo che le ultime resistenze tedesche in Italia battevano in ritirata, Mussolini, trasferitosi a Milano chiese ed ottenne un incontro con il Card. Shuster affinchè facesse da mediatore con il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) nella speranza di ottenere salva la vita.
Venuto a conoscenza di un tentativo di arresto, Mussolini riusci a fuggire dalle stanze della prefettura di Milano ove dimorava anticipando l'arrivo dei partigiani. Tentando quindi la fuga in Svizzera o in Germania via terra, fece dirigere il convoglio dapprima verso Como e quindi a Menaggio ove era stanziata una colonna di mezzi tedeschi in ritirata. Travestito da militare tedesco, tentò allora, insieme all'amante Claretta Petacci, la fuga nascosto in un camion della colonna con cappotto ed elmetto del Reich. La colonna venne fermata da un gruppo di partigiani nei pressi di Musso e ogni mezzo lasciato perquisire, in accordo con quanto prevedevano gli accordi collegati all'armistizio dell'8 settembre 1943. Riconosciuto, Mussolini fu fatto scendere, arrestato e detenuto in un casolare.
Condotto davanti a un tribunale militare, i comandanti partigiani discussero sul da farsi fino all'arrivo da Roma un comunicato in cui, il Comitato di Liberazione Nazionale (che a seguito dell'armistizio con decreto luogotenenziale aveva assunto tutti i poteri costituzionali) esprimeva la necessità di una rinascita sociale politica e morale dell'Italia attuabile solo tramite la fine di Mussolini e di ogni altro simbolo della deviazione fascista presente in Italia. Il documento era a firma di tutti i componenti del CLN (Partito comunista, il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, Democrazia del Lavoro, il Partito d'azione, la Democrazia cristiana, il Partito liberale). La sentenza venne attuata il 28 aprile 1945; Mussolini e Claretta Petacci furono giustiziati nei pressi di Dongo.
Sulla morte di Mussolini si sono prodotte nel tempo varie congetture e teorie che hanno messo in dubbio molti punti del resoconto fornito dal "Colonnello Valerio" (Walter Audisio), il comandante partigiano che ebbe l'incarico di eseguire la sentenza del CLN, ritenuto da alcuni inattendibile. Secondo una di queste a eseguire la sentenza sarebbe stato il partigiano Bruno Giovanni Lonati e di un agente segreto britannico, che desiderava impossessarsi del carteggio dello statista con Churchill, compromettente per quest'ultimo.
I cadaveri di Mussolini, della sua amante e di altri quindici gerarchi furoro successivamente trasportati a piazzale Loreto a Milano e lasciati in balia dell'odio e dell'ira della folla che infierì con colpi di pistola, sputi e calci sui corpi infine appesi a testa in giù in segno di oltraggio estremo.
Un simile odio da parte della folla ricevette aspre critiche da ogni parte politica. Ancora oggi ci si chiede della legittimità dell'accaduto e delle motivazioni che vi hanno condotto. Non è possibile tuttavia fornire una risposta univoca e oggettiva, che soprattutto non risulti offuscata dalle strumentalizzazioni di coloro che, di volta in volta ritornano su questa vicenda: il solo dato di fatto che abbiamo a disposizione è che ci fu la mancanza, in Italia di un corrispettivo del processo di Norimberga che, pur con tutti i suoi limiti, sarebbe comunque potuto risultare al di sopra delle parti. Mussolini è sepolto a Predappio (in provincia di Forlì).
[modifica] Curiosità
Nella chiesa di Notre Dame de la Défense, nel quartiere italiano di Montréal, poco dopo la stipula dei Patti Lateranensi venne realizzato da Guido Nincheri un affresco raffigurante Pio XI circondato dai cardinali in compagnia di Mussolini, i suoi gerarchi (tra cui Italo Balbo) e personaggi della cultura e della scienza italiana come Guglielmo Marconi.
[modifica] Cinematografia
- Mussolini ultimo atto di Carlo Lizzani con Rod Steiger (1974)
- Quando c'era lui...caro lei! (1978) di Giancarlo Santi
[modifica] Gli scritti di Mussolini
Tra gli scritti di Mussolini figurano, in ordine di pubblicazione:
- "La santa di Susà" (opuscolo da un'intervista raccolta come giornalista e pubblicata il 12 giugno 1909)
- "Claudia Particella, l'amante del Cardinal Madruzzo" (romanzo apparso a puntate su "Il Popolo" per 57 giorni a partire dal 20 gennaio 1910);
- "La tragedia di Mayerling" (1910) non pubblicato
- "L'amante del cardinale"(1911)
- "La mia vita" (1911-12);
- "Giovanni Huss il veridico" (1913);
- "Vita di Arnaldo" (1932);
- "Scritti e discorsi" (1914-39, 12 vol.);
- "Parlo con Bruno" (1941)
- "Il tempo del bastone e della carota" (1944-Raccolta di articoli usciti sul Corriere della Sera tra il 1940 e il 1943);
- "Pensieri pontini e sardi" (1943)
- "Storia di un anno (il tempo del bastone e della carota)" (1944)
[modifica] Bibliografia
- Mussolini l'italiano: il duce nel mito e nella realta Aurelio lepre (Laterza 1996)
- Vita di Mussolini Max Gallo (Laterza 1974)
- Mussolini il rivoluzionario: 1883-1920 Renzo De Felice (Einaudi 1995)
- Mussolini il fascista Renzo De Felice (Einaudi 1995)
- Mussolini l'alleato, 1940-1945 Renzo De Felice (Einaudi )
- Mussolini immaginario: storia di un biografia, 1915-1939 Luisa Passerini (Laterza 1991)
- Il duce proibito: le fotografie di Mussolini che gli italiani non hanno mai visto a cura di Mimmo Franzinelli (Mondadori 2003)
- Il duce, mio padre - Romano Mussolini (Rizzoli 2004)
- L'uomo della provvidenza - Arrigo Petacco (ISBN 88-04-53466-4, Mondadori 2004)
- L'Italia di Giolitti- Indro Montanelli (Rizzoli)
- L'Italia Littoria - Indro Montanelli-Mario Cervi (Rizzoli)
- L'Italia in Camicia Nera -Indro Montanelli (Rizzoli)
- Le ultime ore di Mussolini - Pierluigi Baima Bollone (Mondadori, 2005)
- Pier Luigi Bellini delle Stelle (Pedro) e Urbano Lazzaro (Bill), Dongo: la fine di Mussolini, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1962
- Paul O'Brien (EN) Mussolini in the First World War. The Journalist, The Soldier, The Fascist (Berg 2005)
- Paul O'Brien Al capezzale di Mussolini. Ferite e malattie 1917-1945, in Italia Contemporanea, no. 226, Marzo 2002, pp. 5-29.
[modifica] Voci correlate
- Fascismo
- Avanti!
- Il Popolo d'Italia
- Vittorio Emanuele III
- Prima Guerra Mondiale
- Seconda Guerra Mondiale
- fasci di combattimento
- Partito Socialista Italiano
- Partito Nazionale Fascista
- Repubblica Sociale Italiana
[modifica] Altri progetti
- Wikisource contiene opere originali di o su Benito Mussolini
- Wikiquote contiene citazioni di o su Benito Mussolini
- Commons contiene file multimediali su Benito Mussolini
[modifica] Note
- ↑ Paul O'Brien. Mussolini in the First World War. The Journalist, the Soldier, the Fascist. Berg, Oxford and NY, 2005.
- ↑ Paul O'Brien. Al capezzale di Mussolini. Ferite e malattie 1917-1945. Italia Contemporanea, pp. 5-29, March 2002.
Predecessore: | Presidente del Consiglio del Regno d'Italia | Successore: | |
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Luigi Facta | ottobre 1922 - luglio 1943 | Pietro Badoglio | I |
Predecessore: | Ministro degli Esteri del Regno d'Italia | Successore: | |
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Carlo Schanzer | 1922 - 1929 | Dino Grandi |