Le interpretazioni del fascismo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Indice |
[modifica] Il fascismo come problema interpretativo
I primi tentativi per dare un'interpretazione al fenomeno fascista furono fatti all'incirca nello stesso periodo di manifestazione del fascismo stesso e seguirono passo passo il suo consolidamento. I primi studi sul questo fenomeno furono fatti in Italia e in seguito si espansero anche in altri paesi, anche se all'inizio ebbero un carattere perlopiù giornalistico e di informazione politica; spesso trattavano gli argomenti in maniera troppo superficiale. Fino agli inizi degli anni trenta solo pochi si preoccuparono del fascismo come problema non solo italiano e ancora di meno si accorsero della minaccia che avrebbe potuto portare di lì a poco in tutto l'assetto europeo. Questa situazione durò fino alla vittoria del nazionalsocialismo in Germania e la presa del potere da parte di Hitler; da quel momento il fascismo acquistò un significato che fino ad allora non aveva avuto e molti smisero di considerarlo come un fenomeno solo italiano e di poca importanza. Il giornalista e storico inglese George Douglas Howard Cole scrisse:
«Il fascismo, a dire il vero, aveva vinto già molto prima in Italia, e tendenze fasciste erano emerse in numerosi paesi, ad esempio in Ungheria e nei Balcani, per non parlare della Cina: esso però divenne un vero pericolo per il mondo solo con l'ascesa di Hitler, perché solo grazie a lui divenne una terza forza mondiale in grado di sfidare socialismo e comunismo da un lato e capitalismo parlamentare dall'altro; tanto che sorse allora il problema se il fascismo dovesse essere considerato una nuova, e forse finale, forma di capitalismo imperialistico, o invece una dottrina e un modo di vita del tutto diversi. 1»
|
Nonostante tutto – sia per le passioni e l'interesse nel campo, che le esigenze della lotta antifascista – il dibattito sul fascismo assunse sempre – tranne rarissimi casi – un tono essenzialmente politico. La tendenza a generalizzare e a mettere l'accento su elementi comuni ai vari fascismi e a sottovalutare le differenze, tralasciando spesso aspetti invece importanti – nasceva proprio da lì. Invece il fascismo è un fenomeno che ha aspetti certamente aberranti, ma nonostante tutto aveva una sua razionalità e poteva – e può – essere spiegato storicamente, con distacco.
Nella ampia letteratura che va dal 1933 al 1945 è possibile rintracciare i primi elementi per un'interpretazione moderna del fascismo; questa letteratura era però nata perlopiù in funzione della lotta antifascista ed assumeva quindi un carattere di tipo politico; alimentava così sia in campo democratico che comunista una sorta di propaganda verso quei valori di libertà e civiltà che diedero lo spirito ai partigiani per vincere la seconda guerra mondiale e liberare l'Italia dal totalitarismo. Proprio verso la fine della guerra e gli anni successivi scaturirono tutte le principali interpretazioni dette "classiche" perché rappresentano ancora oggi i pilastri più attendibili:
- il fascismo come prodotto della crisi morale della società europea della prima metà del Novecento;
- il fascismo come prodotto logico ed inevitabile dei ritardi nei processi di sviluppo di alcuni paesi;
- il fascismo come stadio senescente del capitalismo, o come prodotto estremo della lotta di classe.
Queste tre interpretazioni furono accettate non senza vivaci discussioni in cui i rispettivi sostenitori si sono più volte confrontati sforzandosi di dimostrare la debolezza delle tesi altrui. Non è mancato neanche il tentativo di ridurre le tre maggiori interpretazioni ad una sola, quella della malattia morale. Alle fine però convergevano tutte verso tre ben definite concezioni politico-culturali, ovvero: quella liberale, quella radicale e quella comunista.
Con il passare degli anni il problema del fascismo, dei suoi caratteri e del suo significato sociale è stato di nuovo messo in discussione principalmente per tre motivi:
- l'insufficienza e l'inadeguatezza delle interpretazione classiche: da un lato come un modo per ridurre il fascismo a pura lotta di classe; da un altro come la risoluzione del fascismo nel nazionalismo; e da un altro ancora come un rifiuto intransigente di ammettere qualcosa di razionale, come alla fine era il fenomeno fascista;
- la eco che hanno avuto negli anni cinquanta e sessanta alcune ipotesi di tipo sociologico, sociopsicologico e socioeconomico attorno alla società di massa e al comportamento collettivo. Ad ausilio di ciò c'erano le scienze sociali coi cui è stato possibile impostare l'interpretazione del fascismo sotto altri aspetti e punti di vista;
- l'uso improprio fatto del termine "fascismo" dopo la seconda guerra mondiale e l'esigenza di stabilire cosa davvero si può intendere per fascismo. Il termine fascismo venne applicato in fatti in modo indiscriminato e generico per molti regimi, come quello salazariano in Portogallo e quello peronista in Argentina, o addirittura gli Stati Uniti durante la Guerra fredda.
In questo clima si è sentita l'esigenza di porre fine a quest'uso indiscriminato dell'aggettivo "fascista" e di cercare di stabilire il vero significato del fascismo, se considerarlo un fenomeno unitario o meno, se considerarlo entro un preciso ambito storico o se ritenerlo come una possibile organizzazione politico-sociale. Con le ultime indagini sul fascismo si è cercato di colmare alcuni vuoti relativi agli anni '30-'40 e di riprendere in considerazione le interpretazioni esistenti finora. Sembre sempre più evidente pensare che i vari fascismi ebbero dei punti in comune, grazie ai quali poterono appoggiarsi l'un gli altri, ma nonostante ciò ognuno nacque da situazioni diverse, per cui resta difficile parlare di fenomeno unitario. Sebbene sia possibile negare la tesi di un unico fascismo, ciò non toglie l'esistenza di un minimo comune denominatore tra i totalitarismi creatisi durante le due grandi guerre. Sicuramente è possibile parlare di fascismo come un grande fenomeno storico che però non può essere tolto dal suo quadro geografico e temporale: il fascismo fu un fenomeno europeo nato e sviluppato tra le due guerre mondiali.
Il fascismo si affermò nei paesi in cui:
- era prevalente un'economia latifondistica
- era in corso una crisi economica
- era in corso una crisi del sistema parlamentare
- la guerra non aveva concluso o aveva peggiorato alcuni problemi nazionali e coloniali
attraverso:
- il concepimento della politica fondata sull'attivismo irrazionale, sul disprezzo dell'individuo singolo e sull'esaltazione della collettività
- il partito unico che creava un regime politico di massa attraverso il controllo dei mezzi di comunicazione di massa e un regime di polizia
- nuovi mezzi di comunicazione
- un'economia di tipo privatistica
Per arrivare ad una interpretazione generale del fascismo non bastano tutte queste interpretazioni, le quali sono parziali e insufficienti; ognuna di esse ha però fondi di realtà validi per costruire un mosaico piuttosto difficile da realizzare e comprendere, che servono per delineare al meglio il fenomeno che ha coinvolto gran parte della vita morale, sociale e politica della prima metà del nostro secolo.
[modifica] Le interpretazioni classiche
[modifica] Il fascismo come malattia morale dell'Europa (interpretazione liberale)
Questa interpretazione è quella che ha avuto probabilmente maggior fortuna nell'alta cultura europea, in particolare continentale. I suoi maggiori propugnatori sono stati in gran parte di origine tedesca e italiana. In Italia il più noto fu Benedetto Croce che espose la sua tesi riguardo a questa interpretazione prima in un articolo del New York Times del novembre 1943, in seguito nel discorso del 28 gennaio 1944 a Bari al primo congresso dei Comitati di liberazione, e infine in un'intervista del marzo 19472.
[modifica] Riferimenti
- 1. G.D.H. Cole, Storia del pensiero socialista, IV, Comunismo e socialdemocrazia (1914-1931), Laterza, Bari, 1968
- 2. Benedetto Croce, Scritti e discorsi politici (1943-1947), Bari, 1963
[modifica] Bibliografia
- Renzo De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Laterza, Bari, 1969
- Renzo De Felice, Intervista sul fascismo, Laterza, Bari, 1975
- Federico Chabod, L'Italia contemporanea (1918-1948), Einaudi, Torino, 1961