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René Descartes - Wikipedia

René Descartes

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Nota disambigua - Se stai cercando altri significati per Cartesio, vedi Cartesio (disambigua).
René Descartes, in un dipinto di Frans Hals
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René Descartes, in un dipinto di Frans Hals
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«Penso, dunque sono»
(René Descartes, Principia philosophiae)

René Descartes [ʀəˈne deˈkaʀt] (La Haye, 31 marzo 1596 - Stoccolma, 11 febbraio 1650), fu un insigne filosofo e un valente matematico che diede fondamentali contributi a questi due campi del sapere. È conosciuto anche con il nome latinizzato Renatus Cartesius, in Italia modificato in Cartesio.

Descartes, chiamato alle volte fondatore della filosofia moderna e padre della matematica moderna, è considerato uno dei più grandi e influenti pensatori nella storia dell'umanità. Con il suo pensiero ispirò i suoi contemporanei e le generazioni future, dando vita a quello che oggi è conosciuto con il nome di razionalismo continentale, una posizione filosofica dominante in Europa tra XVII e XVIII secolo.

Indice

[modifica] Biografia

Descartes nacque a La Haye, villaggio poi ribattezzato La Haye - Descartes in onore del filosofo, nella regione francese della Turenna, e fu educato presso il collegio gesuita di La Fleche dove studiò dal 1604 al 1612. Dopo il baccalaureato in legge, conseguito nel 1616 presso l'università di Poitiers invece di dedicarsi all'attività forense, nel 1618 intraprese la carriera militare alle dipendenze del principe Maurizio di Nassau. Di istanza a Brema, incontrò il medico Isaac Beeckman con il quale collaborò a diverse ricerche scientifiche. Il breve trattato sulla musica intitolato Compedium Musicae fu offerto da Descartes a Beeckman come strenna per il nuovo anno, il 1619.

Il 10 novembre del 1619, mentre si trovava in Germania, ebbe un sogno in cui affermò di aver avuto la rivelazione di un nuovo sistema scientifico e matematico. Nel 1622 rientrò in patria e trascorse gli anni immediatamente successivi tra Parigi e le principali piazze culturali d'Europa. Tra il 1623 ed il 1625 si trova in Italia.

Nel 1628 scrisse le Regulae ad directionem ingenii e si trasferì in Olanda dove rimase fino al 1649, cambiando frequentemente domicilio. Nel 1629 cominciò a lavorare all'opera Il Mondo ma a seguito della condanna del Galilei (1633) abbandonò il proposito di pubblicarla. Nel 1635 conobbe la gioia di diventare padre con la nascita della figlia Francine (battezzata il 7 agosto dello stesso anno, la piccola sarebbe morta nel 1640).

Nel 1637 pubblicò il Discorso sul metodo e i saggi su Ottica, Geometria e Meteore. Nel 1641 diede alle stampe la prima edizione delle Meditazioni metafisiche corredate dalle prime sei Obiezioni e risposte. L'anno successivo (1642) con la seconda edizione delle Meditazioni pubblico le settime Obiezioni e risposte.

Nel 1643 la filosofia cartesiana venne condannata dall'università di Utrecht, contemporaneamente Descartes iniziò una lunga corrispondenza con Elisabetta principessa di Boemia. Nel 1644 compose i Principia philosophiae e compì un viaggio in Francia. Nel 1647 la corona di Francia gli riconobbe una pensione. L'anno successivo da una lunga conversazione con Frans Burman nacque il libro omonimo.

Nel 1649 accettò l'invito della regina Cristina di Svezia e si trasferì a Stoccolma. Quello stesso anno dedicò il trattato sulle Passioni dell'anima alla principessa Elisabetta. Il rigido inverno svedese e gli orari in cui Cristina lo costringeva ad uscire di casa per impartirle lezione - prime ore del mattino quando il freddo era più pungente - minarono il suo fisico. Descartes si spense l'11 febbraio 1650, vittima della polmonite. Le sue spoglie vennero portate in Francia e tumulate a Parigi nella chiesa di S.te Geneviève-du-Mont.

Nel 1667 i suoi libri vennero messi all'indice dalla Chiesa cattolica. Durante la Rivoluzione francese i sui resti furono tumulati al Panthéon assieme a quelli degli altri grandi pensatori francesi e il villaggio in cui era nato venne ribattezzato La Haye - Descartes

[modifica] Pensiero di Cartesio


Compendio della filosofia cartesiana

La finalità della filosofia di Cartesio è la ricerca della verità attraverso la filosofia, intesa come uno strumento di miglioramento della vita dell'uomo: perseguendo questa via il filosofo intende ricostruire l'edificio del sapere, fondare la scienza.

Cartesio ritiene che sia vero ciò che è evidente, cioè ciò che non può essere messo in dubbio. Il problema nasce nell'individuazione dell'evidenza, che si traduce nella ricerca di ciò che non può essere soggetto al dubbio. Pertanto, dacché la realtà tangibile può essere ingannevole in quanto soggetta alla percezione sensibile (dubbio metodico) e al contempo anche la matematica e la geometria (discipline che esulano dal mondo sensibile) si rivelano fasulle nel momento in cui si ammette la possibilità che un'entità superiore (colui che Cartesio soprannomina genio maligno) faccia apparire come reale ciò che non lo è (dubbio iperbolico), l'unica certezza che resta all'uomo è che, per lo meno, dubitando, l'uomo è sicuro di esistere. L'uomo riscopre la sua esistenza nell'esercizio del dubbio. Cogito ergo sum: dal momento che è propria dell'uomo la facoltà di dubitare, l'uomo esiste.

Partendo dalla certezza di sé, Cartesio arriva, formulando tre prove ontologiche, alla certezza dell'esistenza di Dio. Dio, che nella concezione cartesiana è bene e pertanto non può ingannare la sua creazione (l'uomo), si rende garante del metodo, permettendo al filosofo di procedere alla creazione dell'edificio del sapere. Le maggiori critiche ricevute da Cartesio furono apportate da Pascal (che gli rimprovera di sfruttare Dio per dare un tocco al mondo) e da alcuni suoi avversatori contemporanei, che lo accusarono di essere caduto in una trappola solipsistica (assimilabile ad un circolo vizioso): Cartesio teorizza Dio per garantirsi quei criteri di verità che gli sono serviti a dimostrare l'esistenza di Dio.

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«Volendo seriamente ricercare la verità delle cose, non si deve scegliere una scienza particolare, infatti esse sono tutte connesse tra loro e dipendenti l'una dall'altra. Si deve piuttosto pensare soltanto ad aumentare il lume naturale della ragione, non per risolvere questa o quella difficoltà di scuola, ma perché in ogni circostanza della vita l'intelletto indichi alla volontà ciò che si debba scegliere; e ben presto ci si meraviglierà di aver fatto progressi di gran lunga maggiori di coloro che si interessano alle cose particolari e di aver ottenuto non soltanto le stesse cose da altri desiderate, ma anche più profonde di quanto essi stessi possano attendersi»
(Cartesio da "Discorso sul metodo)

[modifica] Cartesio e il metodo

Per approfondire, vedi la voce Discorso sul metodo.
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«Dubium sapientiae initium (Il Dubbio è l'origine della saggezza)»
( "Meditationes de prima philosophiae", René Descartes)

Considerato il primo pensatore moderno ad avere fornito un quadro filosofico di riferimento per la scienza moderna all'inizio del suo sviluppo, Descartes ha cercato di individuare l'insieme dei principi fondamentali che possono essere conosciuti con assoluta certezza. Per individuarli si è servito di un metodo chiamato scetticismo metodologico: rifiutare come falsa ogni idea che può essere revocata in dubbio.

La conoscenza sensibile è la prima a essere messa in mora: non è bene fidarsi di chi ci ha già ingannato e potrà farlo ancora in seguito. Addirittura nel sonno capita di rappresentarsi cose che non esistono come se fossero vere. Perciò bisogna rifiutarsi di credere nei sensi.

La conoscenza matematica solo apparentemente può sfuggire al metodo del dubbio metodico messo in atto da Descartes. Infatti, benché sembri che non ci possa essere nulla di più sicuro e di più certo, non si può neppure escludere che un "genio maligno", supremamente malvagio e potente, si diverta ad ingannarci ogni volta che effettuiamo un calcolo matematico.

Cartesio, per la sua personale esperienza della verità, ritiene che i pensieri di cui possiamo essere certi sono evidenze primarie alla ragione. Evidenza è qualcosa di bello, senza bisogno di dimostrazione. Ne sono esempi i teoremi di geometria euclidea, che sono dimostrati, ma nello stesso tempo verificabili singolarmente a ogni passaggio sulla figura.

Il ragionamento non serve a dimostrarle, ma semplicemente a impararle e memorizzarle; i collegamenti hanno la funzione di aiutare la nostra memoria. Kant rileverà che questo non solo è un metodo opportuno, ma che è l'unico possibile, che le coscienze si formano intorno a un'io penso che può apprendere soltanto conoscenze che derivino da un unico principio.

Cartesio afferma anche che ognuno ha il suo metodo e che il suo è uno dei metodi possibili. L'importante è darsi un metodo cui sottoporre tutte le verità e da seguire come regola per tutta la vita; il metodo cartesiano finisce con l'essere un imperativo categorico il cui contenuto metodico varia a seconda delle circostanze, ma anche della persona (cosa che l'imperativo categorico non ammette).

[modifica] Cartesio e il dubbio

Che cosa possiamo sperare di conoscere con certezza a questo punto? Proprio quando sembra impossibile individuare qualcosa che possa essere conosciuto con certezza, Descartes si rende conto che qualunque cosa possa fare quel genio maligno non potrà fare sì che io che dubito, non esista. Questo è il principio (meglio conosciuto nella formula del cogito ergo sum, "penso dunque sono", che compare nel Discorso sul metodo) su cui ricostruire l'edificio della conoscenza.

Dal momento che dobbiamo comunque rifiutare l'insegnamento dei sensi che ci rappresentano come dotati di un corpo, Descartes conclude di essere una sostanza pensante.

La contrapposizione fra res cogitans e res extensa avrà notevoli risvolti antropologici.

Il pensiero costituisce la sua essenza nella misura in cui esso è ciò di cui non può più dubitare. La costruzione del sapere avviene attraverso il metodo della deduzione mentre i sensi sono privati di ogni dignità conoscitiva.

[modifica] Cartesio e le idee

Se io sono sostanza pensante, il mio pensiero deve essere caratterizzato da un contenuto, ovvero deve configurarsi come idea. Cartesio distingue tre tipologie di idee:

  1. Idee avventizie: derivano da oggetti esterni e sono indipendenti dall'uomo;
  2. Idee fattizzie: derivano da operazioni che l'uomo compie sulle idee avventizie (chimera, sirene, etc..);
  3. Idee innate: sono presenti nell'uomo ma non sono state create da esso e non possono provenire dall'esterno;

[modifica] Cartesio e Dio

Per approfondire, vedi la voce Meditazioni metafisiche.
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«Ex nihilo nihil fit (nulla viene dal nulla )»
(Principia philosophiae, René Descartes)

Con la sola forza del pensiero deduttivo Descartes prova l'esistenza di un Dio benevolo che ha dato all'uomo una mente e un corpo e che non può desiderare di ingannarlo. Le tre prove ontologiche, liberamente ispirate dalla Scolastica, di cui il filosofo si serve per dimostrare Dio sono:

  • Siccome l'uomo ha in sé l'idea di Dio, che equivale all'idea della perfezione, ne deriva, seguendo il principio per cui la causa dev'essere eguale o maggiore all' effetto prodotto, che l'idea di Dio non può essere un prodotto della mente dell'uomo (il quale esercitando il dubbio dimostra la sua imperfezione), né dall'esterno (di cui potendo dubitarne si dimostra l'imperfezione) ma deve provenire necessariamente da un'entità perfetta, estranea all'idea di perfetto che l'uomo ha di lui: cioè Dio.
  • Siccome l'uomo è consapevole della sua imperfezione, non può essere stato lui l'artefice di quelle idee di perfezione che egli ha nella sua mente (onniscienza, onnipotenza, prescienza ecc.) altrimenti alla creazione si sarebbe dato codeste prerogative. Motivo per cui deve esistere un entità che gode di quelle qualità e che abbia da esterno creato l'uomo: cioè Dio.
  • Riprendendo la prova elaborata da Anselmo d'Aosta, Cartesio afferma che l' esistenza è già implicita nel concetto stesso di perfezione: esiste un'entità superiore in quanto espressione dell'idea che l'uomo ha di perfetto (la cosiddetta prova ontologica, come Kant definirà per sostenere l'impossibilità di far coincidere il piano logico con il piano ontologico): cioè Dio.

In questo modo, si può recuperare il rapporto con il mondo sensibile senza timore di essere ingannato. Riprendendo i tre anni di studi filosofici, Cartesio recupera l'idea della scolastica medioevale di un Dio-Bene che non può ingannare né me né i miei sensi, per cui è reale il mondo che abbiamo davanti. L'errore viene pertanto attribuito non alla dimensione intellettuale dell'uomo, ma alla volontà, che asseconda nel procedimento un principio non ancora chiarito.

[modifica] Opere

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

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