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Penisola iberica - Wikipedia

Penisola iberica

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la Penisola iberica vista dal satellite
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la Penisola iberica vista dal satellite

La Penisola iberica costituisce l’estremità sud-occidentale del continente europeo, si estende per 582.925 km² e ospita attualmente circa 55 milioni di abitanti. È costituita dai territori di Spagna, Portogallo, Gibilterra, Andorra.
Si deve ai Greci il toponimo Iberia, già citato da Erodoto nel V secolo a.C., ad indicare popolazioni stanziate presso un fiume (iber, forse l'Ebro, ma non necessariamente). I Romani latinizzarono questo nome in Hiberia, tuttavia denominarono sempre le loro province iberiche come Hispania, utilizzando il toponimo cartaginese Span o Spania, forse con il significato di occulto (per indicare un paese nascosto o remoto).


Indice

[modifica] Geografia

I confini della Penisola iberica sono costituiti per il 90% (circa 4.100 km.) da coste marine e per il restante 10% (435 km) dalla catena pirenaica.

[modifica] Monti


La maggior parte del territorio continentale della Penisola è costituita da un grande altopiano (meseta) con un'altezza media di circa 600 mt. s.l.m.. Questa conformazione è all'origine del clima continentale che ne caratterizza le regioni non costiere. I sistemi montuosi principali sono:

  • il Sistema dei Pirenei, che separa la Penisola dal resto dell'Europa;
  • la Cordillera Cantàbrica, che costituisce il margine montuoso settentrionale;
  • il Sistema Central, composto da varie catene montuose, che corre dal Portogallo (serra de Estrela) verso est. Questo complesso separa la meseta settentrionale da quella meridionale, e il bacino del Duero da quello del Tago;
  • il Sistema Betico, dove la Sierra Nevada ospita la cima più alta della penisola, il Pico de Mulhacèn, e che riaffiora nel Mediterraneo nelle Isole Baleari.
  • il Sistema Iberico, che delimita il bacino dell'Ebro;
  • la Sierra Morena, il sistema più meridionale, che delimita il bacino del Guadalquivìr.

[modifica] Fiumi


La rete fluviale della Penisola è ricca, ma di portata regolare sono solo i brevi fiumi del nord, grazie al clima umido oceanico, mentre il resto soffre delle magre estive. Per controllare questa variabilità di portata e per produrre energia elettrica, quasi tutti i fiumi della Penisola sono stati attrezzati con bacini artificiali (embalses). L'inclinazione prevalente della meseta verso ovest orienta verso l'Atlantico lo sbocco di gran parte dei fiumi peninsulari che, per la forza delle maree oceaniche, hanno tutti uno sbocco a estuario. I maggiori sono, da nord a sud:

  • il Miño (lungo 310 km), che nasce in Spagna, nella Cordillera Cantàbrica, e costituisce la frontiera nord tra Spagna e Portogallo;
  • il Duero (Douro, in portoghese, lungo 895 km), che nasce in Spagna, nel Sistema Central, attraversa tra l'altro Burgos, Valladolid, e Salamanca, e sfocia ad Oporto;
  • il Tago (Tejo, in portoghese, il fiume più lungo della penisola, con i suoi 1.007 km), che nasce anch'esso in Spagna nel Sistema Central, attraversa fra l'altro Toledo e sfocia nel grande estuario e porto di Lisbona;
  • il Guadiana (lungo 778 km), che nasce anch'esso in Spagna nel Sistema Central, sfocia nel golfo di Cadice e segna alcuni tratti della frontiera est del Portogallo con la Spagna (città di confine, Badajoz);
  • il Guadalquivìr, il fiume dell'Andalusia (lungo 657 km), che corre tutto in terra spagnola ed è navigabile fino a Siviglia (un tempo lo era fino a Cordova).

Il principale fiume che sfocia nel Mediterraneo è l'Ebro (lungo 910 km), che nasce nella Cordillera Cantàbrica e il cui ampio e complesso bacino attraversa tutto il corpo della Penisola da nordovest a sudest. È il fiume di maggiore portata della Penisola, soggetto a piene invernali e primaverili, attraversa fra l'altro Saragozza, e finisce in un delta a due bracci sede della zona umida più vasta del Mediterraneo occidentale, sede di grandi coltivazioni di riso e classificata parco naturale.

[modifica] Mari e isole


La maggiore esposizione costiera (55%) è rivolta verso l'Atlantico, separato dal versante mediterraneo (che sviluppa circa 1.660 km. di costa), dallo stretto di Gibilterra. Le coste sono ripide e montuose nella fascia settentrionale (tanto da formare, in Galizia, una sorta di fiordi, detti rìas), poi degradano dal Portogallo meridionale e diventano generalmente pianeggianti sul versante mediterraneo.
La costa nord est del versante atlantico è denominata Golfo di Biscaglia, quella a sud-ovest Golfo di Cadice.
La costa mediterranea è denominata (procedendo da sud verso nordest): Costa del Sol, Costa Blanca, Costa del Azahar, Costa Dorada, Costa Brava. Di fronte alla Costa del Azahar è posto l'arcipelago delle Baleari, composto da due gruppi di isole di diversa natura geologica: a nordest le Gimnesias, di cui le principali sono Menorca, Mallorca e Cabrera; più vicine alla costa le Pitiusas: Ibiza e Formentera e i loro isolotti.

[modifica] Storia

Nel nord della Penisola popolazioni autoctone (dette solo convenzionalmente Iberi, come si è visto sopra) hanno lasciato tracce fin dall'epoca neolitica: risalgono a circa 15.000 anni prima dell'era moderna le straordinarie pitture rupestri di Altamira, attribuite a cacciatori neolitici, e ancora in Cantabria sono state scavate (VI millennio a.C.) strutture megalitiche e fondi di capanne a Penha Oviedo.
Il territorio, che doveva essere scarsamente popolato, fu successivamente occupato dai Celti, battagliera popolazione indoeuropea le cui varie tribù, migrando dalle originarie pianure dell'Europa centrale, si espansero a partire dal III millennio a.C. verso occidente (fino all'Irlanda e poi lungo la costa atlantica ispanica) e verso sud (i Galli), in parte assoggettando le popolazioni autoctone e in parte mischiandosi ad esse (qui, i Celti stanziati nella meseta centrale divennero i Celtiberi, quelli localizzati a nordovest e ad ovest si chiamarono Lusitani).

La diffusione dell'uso dei metalli nelle civiltà mediterranee orientali determinò la crescita del traffico marittimo finalizzato agli scambi nell'intero bacino. Ne conseguì, sulle coste (comprese le Baleari) e lungo il corso dei fiumi maggiori della Penisola iberica, l'avvicendarsi lungo il I millennio a.C. di molti insediamenti di popolazioni provenienti da oriente: sono attestate presenze fenicio-cartaginesi (800/750-625/600) nel sud, poi greche (625/600-540/530) - di cui la più nota e certa è Cadice, in Andalusia; di Tarthessos, benché citatissima, non si è mai definito con esattezza il sito; infine anche etrusche a partire dal 590/570 con un apice dal 570/560 al 540/530.
La convivenza di queste colonie, in forte concorrenza, tra loro e con le popolazioni preesistenti, fu a volte pacifica e a volte no; certo le guerre puniche ne costituirono la fase conclusiva, ad esclusivo beneficio dei romani.

  • Epoca romana: le Provincia Hispania dal II sec. a.C. al V secolo.

Fu nella Penisola iberica che si costituirono, nel 197 a.C., le prime due province romane fuori dalla Penisola italica: la Hispania citerior, comprendente la fascia costiera ad est dal basso corso dell'Ebro fino a Carthago Nova e la Hispania superior, che occupava la zona a sud-ovest. La Penisola restava tuttavia solo parzialmente conquistata, perdurando l'influenza dei Cartaginesi a sud e la resistenza delle bellicose popolazioni lusitane e celtibere a nord. La colonizzazione romana poté dirsi definitiva solo con la distruzione di Numanzia nel 133 a.C., e da allora le Hispaniae si avviarono a diventare le province tra le più ricche e meglio romanizzate del successivo impero.
Augusto ne riorganizzò la suddivisione amministrativa in 3 province: la Betica (Provincia Hispania Ulterior Baetica), con capitale Cordova, corrispondente all'odierna Andalusia; la Lusitania (Provincia Hispania Ulterior Lusitania, comprendente l'odierno Portogallo centro-meridionale e parte della Spagna centrale, separata dalla Betica dal fiume Guadiana e con capitale Merida; e la Tarraconensis (Provincia Hispania Citerior, la più ampia, estesa dalla Catalogna alla Galizia e al nord del Portogallo, con capitale Tarragona).

La dissoluzione del sistema imperiale romano provocata dalla pressione delle popolazioni centroeuropee raggiunse, già nel V secolo, l'estremo occidente d'Europa. Per primi arrivarono dalla Gallia, nel 409, i Vandali, partiti dai paesi baltici sotto la spinta degli Unni, che occuparono rapidamente l'intera Penisola per poi passare in Nordafrica e invadendo, in seguito, anche le Baleari, la Corsica, la Sardegna, la Sicilia. Della loro breve dominazione rimasero nella Penisola iberica pochi gruppi nel territorio centrale.
Furono i Visigoti, autorizzati dall'Imperatore Onorio a stanziarsi in Gallia, che nel 456 spinsero i Vandali verso l'Africa. Per alcuni decenni il regno dei Visigoti si estese dalla Gallia all'Oceano Atlantico, e l'abbandono dell'arianesimo sembrò consentire l'integrazione del popolo barbarico nella tradizione latina, ormai ufficialmente cristiana, nel regno di Toledo.

  • Il dominio musulmano e la Reconquista (711-1492)

L'invasione dei musulmani toccò nel 710 Algeciras (sullo stretto di Gibilterra) con una serie di incursioni guidate da Tarif ibn Malik. La vera occupazione iniziò però nel 711 in seguito alla spedizione organizzata dal berbero Tariq ibn Ziyad che dette il suo nome al promontorio antistante la costa africana (Jabal Tàriq, "la Montagna di Tàriq). I suoi 7.000 uomini attaccarono il 19 lugio 711 l'esercito visigoto sul Rio Barbate (o sul fiume Guadalete) e travolsero re Roderigo grazie alla defezione di Achila, figlio del precedente re Vitiza, che intendeva vendicare il padre, il cui trono era stato usurpato appunto da Roderigo. I musulmani avanzarono rapidamente e conquistarono Écija, Cordova e Toledo, insediando a Cordova un loro governo che dipendeva dal governatorato nordafricano di Qayrawan. Nel giugno 712, altri 18 mila uomini vennero a rafforzare la presenza islamica e da quel momento il bilad al-Andalus divenne sempre più potente e in grado di controllare stabilmente il territorio. L'etimologia della parola Andalusia o al-Andalus che una lectio facilior propone imperterrita da tempo come "paese dei Vandali" non ha alcun motivo logico ed etimologico di esistere. È sufficientemente dimostrato dagli studiosi più accreditati che la parola deriva invece dal goto “Landahlauts” (lotti terrieri), i "feudi" cioè attribuiti ai nobili visigoti. Gli Arabi apposero il loro articolo determinativo "al" a tale parola, originando l'aggettivo "al-Landahlautsiyya". L'espressione originaria era dunque "bilàd al-landahlautsiyya" (paese dei feudi gotici) che si semplificò in "bilàd al-andalusiyya" e che originò il toponimo "al-Andalus" (cfr. Heinz Halm, “al-Andalus und Gothica Sors”, in: Die Welt des Orients, 66, 1989, p. 252 e segg.). L'avanzata arabo-berbera islamica coinvolse la Settimania, la Linguadoca e il Rossiglione. Nel 725 Anbasa ibn Suhaym al-Kalbi conquistò Carcassonne, giungeva fino a Nîmes, Autun e Luxeuil, fruendo del valido aiuto del duca franco d'Aquitania Eudes (Ottone). Nel 732 il governatore ‘Abd al-Rahmān ibn ‘Abd Allāh al-Ghāfiqī penetrò verso Tours ma il Maggiordomo di Palazzo d'Austrasia, Carlo Martello lo sconfisse a Poitiers in una battaglia che le fonti arabe chiamarono del balāt al-shuhadā’ (il lasticato dei màrtiri).
Bloccato questo tentativo di espansione oltre i Pirenei, Pelayo, nobile visigoto cristiano, si ritagliò nel 722 con la battaglia di Covadonga, nelle Asturie, un regno che sarà chiamato asturleonese per il fatto di avere come propria capitale León (la romana Legio Septima Gemina). Suo figlio Alfonso I il Cattolico allargò i confini del regno all'Astorga, alla Vecchia Castiglia e a buona parte della Galizia, all'Alava e al versante meridionale dei monti cantabrici. Tra varie vicende di conversioni all'Islam e ribellioni di nobili, il dominio arabo, inizialmente poco strutturato ma efficace, si stabilizzò per alcuni secoli nella maggior parte della Penisola iberica. Alcune fonti considerano in effetti inadeguata la definizione di Reconquista per la storia della Penisola iberica tra il 718 e il 1492, e preferiscono definire questo lungo periodo, caratterizzato dalla coesistenza tra regni cristiani ed emirati musulmani, come "conquista cristiana" della Penisola contro il dominio musulmano che si era consolidato nel sud. Il punto più alto di questa presenza araba in al-Andalus fu il califfato indipendente stabilito nel X secolo da 'Abd al-Rahmàn III, che aprì per le regioni interessate un'epoca di grande tolleranza, prosperità e sviluppo delle città (Cordova fu a quel tempo la città più grande dell'Europa occidentale, con i suoi 500.000 abitanti).
Tra alleanze dinastiche e guerre di religione assimilate alle Crociate (non a caso la parola cruzada è spagnola), tra battaglie vinte e sempre più spesso perdute dai califfi, la fine del Medioevo trovò comunque la Penisola divisa in quattro regni cristiani (Castiglia, Aragona, Navarra (assorbita a metà del XVI secolo dalla Castiglia) e Portogallo) più il sultanato musulmano di Granada.

Il 1492 è l'anno che segna alcuni eventi epocali che orienteranno la storia della Penisola iberica nei secoli successivi: la caduta di Granada, la cacciata degli ebrei (l'Inquisizione era arrivata alla corte di Castiglia nel 1478) e la scoperta dell'America.
Da qui in poi la storia della Penisola iberica diventa la storia dei suoi Stati nazionali.

[modifica] Bibliografia in italiano

  • Americo Castro, La Spagna nella sua realtà storica, Firenze, Sansoni, 1955
  • José Saramago, La zattera di pietra, Einaudi, 1997

[modifica] Voci correlate

(Si indicano qui i wikilink non linkati nel testo)

[modifica] Collegamenti esterni

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