Battaglia di Poitiers (732)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Battaglia di Poitiers | |||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|
Parte delle Conquiste islamiche | |||||||
‘Abd al-Rahmān al-Ghāfiqī e Carlo Martello durante la Battaglia di Poitiers |
|||||||
|
|||||||
Schieramenti | |||||||
Franchi | Emirato omayyade di al-Andalus | ||||||
Comandanti | |||||||
Carlo Martello | ‘Abd al-Rahmān al-Ghāfiqī (morto) | ||||||
Effettivi | |||||||
15.000-75.000 | 60.000-400.000 | ||||||
Perdite | |||||||
circa 1.500 secondo fonti occidentali, ma probabilmente molto più alte | sconosciute, ma molto alte, in particolare l'Emiro ‘Abd al-Rahmān al-Ghāfiqī |
La battaglia di Poitiers fu combattuta in un giorno indeterminabile di ottobre (forse il 10, forse il 17) del 732 tra l'esercito arabo-berbero musulmano di al-Andalus, comandato dal suo governatore, 'Abd al-Rahmān ibn ‘Abd Allāh al-Ghāfiqī, e quello dei Franchi di Carlo Martello, maggiordomo di palazzo (equivalente a capo dell'esecutivo e dell'esercito) dei re merovingi.
Indice |
[modifica] Preludio
Il governatore arabo (wālī) si era spinto, attraverso l'Aquitania, verso Bordeaux e puntava in direzione della città di Tours e della sua ricca basilica, dedicata a S. Martino, per depredarla. Non è escluso che, in mancanza di reazioni, la razzia si sarebbe potuta trasformare in ulteriore azione di conquista.
Eudes (Ottone), duca della marca d'Aquitania, che in passato aveva avuto utili intese coi musulmani e pessime invece con Carlo, tentò di arrestare il passaggio dell'esercito musulmano ma fu sconfitto. Fu allora costretto a chiedere suo malgrado l'intervento del potente maggiordomo di Austrasia e Carlo si presentò con un composito esercito di Franchi, Alemanni, Visigoti, Gepidi, Sassoni, Bavari, abitanti dell'Assia, della Franconia e provenienti dalle lontane marche germaniche. Tanto poco Carlo era preoccupato che non proclamò alcuna mobilitazione generale (lantweri), limitandosi a una mobilitazione solo parziale.
[modifica] La battaglia
La sua linea di condotta fu quella di non cadere nella tattica musulmana dell'al-farr wa al-qarr: cioè dell'attacco seguito da una programmata ritirata, mirante ad illudere l'avversario dell'imminenza di una facile vittoria e di un ancor più facile bottino. Ordinò dunque che i suoi guerrieri attendessero l'attacco senza altra replica che non fosse quella del momentaneo corpo a corpo, impartendo severe disposizioni affinché i suoi uomini non cadessero nella tentazione dell'inseguimento del nemico in apparente fuga.
Il suo "muro di ghiaccio" resse splendidamente, forte anche della scarsa velocità delle sue cavalcature europee che s'accompagnava però a una loro maggior solidità, a fronte dell'agilità della cavalcature arabo-berbere ma d'una loro scarsa resistenza e d'una minor mole.
Fu la rotta per i musulmani che caddero in gran numero, tanto da far definire ai cronisti musulmani quella giornata come "il lastricato dei màrtiri" (balāt al-shuhadā').
[modifica] Conseguenze
La battaglia ebbe una rilevanza tattica abbastanza contenuta, dal momento che ai musulmani andalusi sarebbe stato facile armare un altro esercito in tempi assai brevi ma sotto un profilo strategico essa fu decisamente di grande portata, più che per aver fatto fallire il piano delle forze musulmane per aver invece fornito il destro a Carlo di gettare le prime basi di un ambizioso futuro imperiale per sé e la sua casata che sarebbe stato poi stato portato a pieno compimento dal nipote Carlomagno.