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Giordano Bruno - Wikipedia

Giordano Bruno

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Giordano Bruno.
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Giordano Bruno.

Giordano Bruno, conosciuto anche come Bruno Nolano o Bruno da Nola (Nola, 1548 - Roma, 17 febbraio 1600) è stato un teologo e filosofo italiano; condannato per eresia dalla Chiesa Cattolica, morì sul rogo.

Indice

[modifica] Vita

Nato a Nola, in Campania, da un soldato di nome Giovanni Bruno, il suo vero nome era Filippo. Prese il nome di Giordano, in onore del padre Giordano Crispo, suo insegnante di metafisica, quando divenne frate Domenicano al monastero di San Domenico, vicino a Napoli. Nel 1572 fu ordinato sacerdote.

Pare che avesse una memoria prodigiosa, e si applicò nel campo della filosofia, attratto soprattutto dalle idee appena riscoperte di Platone e di Ermete Trismegisto.

Nel 1576 lasciò Napoli per sfuggire all'attenzione dell'Inquisizione. Per la stessa ragione, lasciò anche Roma, lasciando pure l'ordine domenicano. Si recò a Ginevra, dove diventò Calvinista per un breve periodo, prima di essere scomunicato e costretto a riparare in Francia.

Rimase in Francia per sette anni, sotto la protezione di alcuni potenti mecenati. In quel periodo pubblicò venti opere, incluse alcune inerenti le tecniche mnemoniche, fra cui il trattato "De umbris idearum" e, nel 1584, la "Cena de le Ceneri" e "De l'Infinito, Universo e Mondi".

Nella Cena difese le teorie di Copernico, per quanto in modo piuttosto confuso. Nell'Infinito sostenne che le stelle che vediamo di notte sono simili al nostro Sole, che l'universo è infinito e contiene un numero similmente infinito di mondi, e che tutti sarebbero abitati da esseri intelligenti (vedi anche Equazione di Drake).

Nel 1586, dopo una violenta lite riguardo "uno strumento scientifico" lasciò anche la Francia alla volta della Germania, ma giunto ad Helmstadt fu presto scomunicato dai Luterani. Nel 1591 accettò un invito a recarsi a Venezia, ma fu arrestato dall'Inquisizione ed estradato a Roma nel 1593 per essere processato.

Roma - Statua a Giordano Bruno in Campo dei Fiori
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Roma - Statua a Giordano Bruno in Campo dei Fiori

Dopo altri sei anni di prigione, nel 1599 fu processato; il procedimento venne presieduto dall'inquisitore Cardinal Bellarmino. Rifiutando di abiurare le proprie convinzioni, Bruno fu dichiarato eretico, consegnato al braccio secolare l'8 gennaio 1600 e bruciato sul rogo in Campo dei Fiori (una piazza di Roma) il 17 febbraio di quello stesso anno. Si tramanda che all'udire la sentenza disse: "Tremate più voi nel pronunziare questa condanna, che io nel riceverla".

In un «Avviso» da Roma del 19 febbraio 1600, scritto da un anonimo cronista, era cosi' data la notizia del rogo di Giordano Bruno:

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«Giovedì mattina in Campo di Fiore fu abbruggiato , vivo quello scelerato frate domenichino da Nola, di che si scrisse con le passate: heretico ostinatissimo, et havendo di suo capriccio formati diversi dogmi contro nostra fede, et in particolare contro la Santissima Vergine et Santi, volse ostinatamente morir in quelli lo scelerato; et diceva che moriva martire et volentieri, et che se ne sarebbe la sua anima ascesa con quel fumo in paradiso. Ma hora egli se ne avede se diceva la verità. [...]. Moriva martire et volentieri.»

Si è spesso sostenuto che Bruno sia stato bruciato per via della sua adesione alla teoria di Copernico, ma ciò non può essere affermato con certezza, poiché le sue idee in campo teologico erano sufficientemente eterodosse per una condanna da parte della Chiesa cattolica dell'epoca, che lo processò piuttosto per docetismo. Pare che la condanna gli sia stata comminata in seguito alla sua affermazione << Cristo non era Dio ma un mago incredibilmente abile >>.

Tutte le sue opere furono messe all'Indice nel 1603.

Insieme con il procedimento contro Galileo Galilei, che invece abiurò evitando così il rogo, la condanna di Giordano Bruno segnò uno dei momenti più bui della Controriforma cattolica, e la figura di Giordano Bruno è spesso associata con la difesa della libertà di pensiero.

Quattrocento anni dopo la sua esecuzione la Chiesa cattolica ha condannato l'uso del rogo, ma confermando il suo giudizio sulla figura di Bruno. Per bocca del cardinale Angelo Sodano, la Chiesa afferma che la condanna di Giordano Bruno "costituisce oggi per la Chiesa un motivo di profondo rammarico".

[modifica] La Cosmologia

Giordano Bruno pose le basi filosofiche della Rivoluzione astronomica. Rifacendosi a Nicola Cusano, ma sostenendo con più decisione di costui l’infinità dell’universo, Bruno argomenta che l’universo è infinito proprio perché in esso si rispecchia l’infinità del Creatore: il mondo è effetto di Dio, che è la sua causa; ma Dio è causa infinita; dunque il mondo, come effetto di Dio infinito, dev’essere anch’esso infinito, poiché Dio non è solo causa dell'universo, ma principio immanente in esso, ovvero sostenne che la causa permane nell'effetto. L’infinità del mondo è spiegata da Bruno in due direzioni: sia nella direzione di un’assenza di limiti esterni dello spazio cosmico, sia nel senso del numero infinito dei mondi esistenti, cioè da infiniti "Soli" e pianeti, abitati da infiniti esseri intelligenti. Bruno accetta inoltre la teoria dell’astronomo Copernico (1473-1543), espressa nell’opera "De revolutionibus orbium coelestium" (1543), secondo la quale è la Terra a girare intorno al Sole, e non il Sole a girare intorno alla Terra. Tuttavia la visione cosmologica di Bruno non si riduce al Copernicanesimo. Sviluppando le intuizioni di Cusano, Bruno fa saltare i confini del mondo che Copernico considerava ancora finito. Il nostro sistema planetario eliocentrico non è che un’infinitesima parte dell’universo, dove ci sono infiniti altri sistemi con altri pianeti abitati come la Terra, tutti composti dai quattro elementi, tutti irradianti luce, e nessuno inferiore agli altri per dignità. Cosicché l'universo non possiede né centro né circonferenza, non è né alto né basso. Secondo Giordano Bruno, inoltre, il movimento cosmico non è dovuto a un motore immobile, come nel sistema astronomico aristotelico, ma a princìpi interni ai corpi celesti (dato che l’universo è infinito e quindi non c’è nulla “fuori” di esso): tali princìpi sono le anime dei singoli mondi, che muovono gli astri con la stessa spontaneità con cui la nostra anima dirige il nostro corpo verso il fine desiderato; perciò, il movimento è intrinseco nella natura stessa dell'universo. Dio non è altro che l’Anima delle anime, la Forza infinita presente nella natura, che imprime vitalità e ordine a tutta la materia (infinita) dell’universo, anche perché solo una forza infinita potrebbe muovere una massa infinita.

[modifica] Dio

Bruno concepisce il mondo come un gigantesco "essere", la cui anima è Dio, che viene definito da lui anche "Mens insita omnibus" (cioè "Mente posta in tutte le cose"), e tale sarebbe la visione immanente di Dio, ovvero la concezione del Divino che è il Tutto, e del Tutto che è il Divino. Infatti, aggiunge Bruno, la morte è solo apparenza, in quanto la materia, seppur muti aspetto, permane sempre come materia, e dunque in Dio; egli afferma:

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«Tutto muta e nulla si annihila.»

Infatti, ogni cosa è partecipe della vita, perlomeno come materia. La visione religiosa di Bruno appare dunque, per certi aspetti, panteista. Il panteismo è appunto una tesi filosofico-religiosa che identifica Dio e il mondo. Sennonché, accanto alla nozione panteista di un Dio immanente nell’universo, Bruno presenta anche un altro concetto della divinità (più affine a quello della religione cristiana), ovvero quello della "Mens super omnia" ("Mente sopra tutte le cose"). Tale è invece la visone trascendente di Dio, manifestato come "Forma" o "Intelletto" universale, che ogni cosa subordina e governa. Alcuni studiosi hanno visto in questa dottrina un’adesione di Bruno alla teoria della «doppia verità». Secondo Bruno, bisognerebbe inoltre distinguere fra verità filosofica e verità religiosa: per il filosofo e lo scienziato Dio è immanente nel mondo, e addirittura si identifica con esso, mentre per il popolo Dio è trascendente, cioè rimane distinto e separato dal mondo. Si può dire che Bruno concepisca la religione come fatta per la massa degli uomini comuni, che sono privi di cultura e di dottrina. Rispetto a questa massa degli uomini, la religione svolge due funzioni: in primo luogo offre agli uomini comuni l’unica raffigurazione della divinità di cui è capace la loro rozza intelligenza; in secondo luogo, serve come insieme di norme morali che guidano il loro comportamento pratico.

[modifica] L'uomo e l'infinito

Significativo è l’atteggiamento filosofico di Bruno di fronte alla nuova concezione di un mondo infinito: la "perdita" da parte della Terra della sua posizione centrale nell’universo non è da lui avvertita come una degradazione per l’umanità, cioè come una diminuzione della sua importanza. Al contrario, la nuova cosmologia gli sembra esaltare la dignità dell’uomo, perché pone la Terra in Cielo, elevandola al rango delle stelle nobili (invece, nel sistema aristotelico, la Terra era il regno dell’imperfezione, della nascita e della morte, mentre il Cielo era il regno dell’eternità e della perfezione assoluta). Inoltre, il crollo dei limiti del mondo è annunciato da Bruno con l’entusiasmo del prigioniero che vede cadere le mura del carcere in cui è stato a lungo rinchiuso. Fra l’altro, sulla scorta delle scoperte effettuate dall’astronomo danese Tycho Brahe (1546-1601), Bruno nega l’esistenza delle sfere cristalline , solide e trasparenti teorizzate da Aristotele, che, secondo l’astronomia tradizionale dell'epoca, circonderebbero la Terra, e in cui sarebbero "incastonati" gli astri nel loro moto circolare. Nella "Cena delle ceneri", il filosofo, non certo avaro di elogi verso sé stesso, si presenta come colui che, infrante le illusorie sfere celesti, cioè le mura esterne dell’universo in cui si pensava che l’uomo fosse rinchiuso, si porta al di là di esse per mostrare «quello che lassù veramente si ritrovasse» (ossia per mostrare quello che veramente c’è nel Cielo). Circa l’atteggiamento intellettuale dei filosofi successivi a Bruno nei confronti dell’infinità dell’universo, bisogna fare, comunque, la seguente considerazione. Se è vero che la distruzione del cosmo aristotelico-tolemaico suscitò l’esaltazione di Bruno per l’abbattimento delle mura esterne dell’universo e per la fine del dualismo fra Cielo e Terra, è altrettanto certo che l’idea di un mondo infinito, col passare del tempo, sarà destinata a provocare anche una «ferita» al «narcisismo» umano (per usare la terminologia proposta da Sigmund Freud nella sua opera intitolata "Introduzione alla psicoanalisi"), cioè un’umiliazione che deprime l’orgoglio della nostra specie. Il narcisismo è per Freud l’amore dell’individuo per la propria immagine, cioè per sé stesso. Il narcisismo dell’umanità ha portato l’uomo a supporre che il mondo fosse stato creato per lui. Infatti, l’astronomia pre-copernicana testimoniava all’uomo la sua importanza nel cosmo e il valore dei suoi atti: la Terra, posta al centro dell’universo, nel Medioevo era considerata il teatro del dramma umano, in funzione del quale Dio aveva creato i cieli. L’infinitizzazione del mondo fa invece apparire il nostro pianeta un insignificante corpo celeste e mette in crisi l’immagine di un universo antropocentrico, cioè costruito per l’uomo. Freud, nell’"Introduzione alla psicoanalisi", afferma che l’uomo ha dovuto sopportare tre grandi mortificazioni che la scienza ha recato al suo ingenuo amore di sé. La prima l’ha subita, appunto, quando ha appreso che la nostra Terra non è al centro dell’universo, bensì è una minuscola particella in un universo infinito. La seconda mortificazione si è verificata, poi, quando Charles Darwin, nell’Ottocento, ha messo in crisi la pretesa posizione di privilegio dell’uomo nella Creazione, avanzando l’ipotesi della sua provenienza dal regno animale. Infine, la terza mortificazione è stata inflitta alla megalomania dell’uomo da parte della stessa psicoanalisi freudiana: infatti la psicoanalisi pretende di dimostrare che l’Io «non è padrone a casa propria», che, cioè, l’Io è costretto a subire le pulsioni dell’inconscio, senza rendersene conto, e senza poterle controllare coscientemente. L’Io crede di essere libero nelle sue scelte, mentre, secondo Freud, non lo è. Ritornando al tema dell’infinità del cosmo e all’angoscia che tale infinità può suscitare nell’animo umano, ricordiamo che circa sessant’anni dopo la morte di Giordano Bruno, il filosofo francese Blaise Pascal (1623-1662) rappresenterà nei suoi "Pensieri" lo sgomento dell’ateo di fronte all’impossibilità di comprendere il significato dell’universo infinito emerso dalla rivoluzione scientifica. Nel seguente pensiero di Pascal, e in altri simili, trova il suo spunto iniziale anche il famosissimo «idillio» di Giacomo Leopardi, "L’infinito":

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«[...] Vedo quei paurosi spazi che mi serrano e mi trovo gettato in un canto di quella vasta distesa, senza sapere perché sia collocato lì piuttosto che altrove, né perché il poco tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo più che in qualsiasi altro punto di tutta l’eternità che m’ha preceduto e di quella che mi segue. Vedo solo delle infinità da ogni parte, che mi serrano come un atomo e come un’ombra che non dura più che un istante, senza ritorno. Tutto quel che so è che dovrò presto morire; ma ciò che ignoro più di tutto è proprio questa morte, che non posso evitare. [...]»
(Blaise Pascal, I Pensieri, 194)

[modifica] La ricerca della verità

[modifica] La morale

Nei suoi due scritti morali ("Lo spaccio della bestia trionfante" e "Gli eroici furori") Bruno pone come punto di convergenza sempre l'uomo, che è appunto finitamente infinito, e in questa sua duplice e, per certi aspetti, contradditoria natura, può e deve tendere all'infinità potenzialità, per renderla atto. Più precisamente, Bruno dice che la vita è una guerra perenne del bene contro il male, poiché:

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«[...] la giustizia non ha l'atto se non dove è l'errore, la concordia non s'effettua se non dove è la contrarietade. [...]"»

Cioè, non c'è bene se non nella vittoria sul male, ed il mondo è il "campo di battaglia" dove gli uomini sono chiamati e tenuti a combattere tale guerra, intellettualmente e fisicamente (ovvero con le buone opere). Egli incolpa dei vizi umani le superstizioni, generate soprattutto dalle religioni che si vogliono fondare sulla superstizione stessa, invece che sulla Verità di Dio. Dunque, propone dei nuovi valori, che dovrebbero essere sostituiti ai valori superstiziosi, che lasciano nascere i vizi. Tali valori sono:

  • la Verità, intesa come principio assoluto e supremo;
  • la Prudenza, cioè il riflesso della Provvidenza divina che dà ordine al mondo;
  • la Sofía (o Sapienza), che è l'inseguimento umano della verità;
  • la Legge, che regola le società umane.

Vi sono altri numerosi valori da lui sostenuti (magnanimità, fortezza, filantropia, ecc.) che provengono dalla tradizione umanistica e che dovrebbero condurre l'uomo alla verità, sul sentiero della virtù.

Ciononostante, egli fu misogino (considerava le donne come esseri inferiori, idioti e ripugnanti) e antisemita (definì gli ebrei "escrementi dell'Egitto")[1].

[modifica] Gli "Eroici Furori"

Nella sua seconda opera morale, invece, Bruno descrive tre "furori", ovvero tre "amori":

  • l'amore per la vita dedita al piacere;
  • l'amore per la vita attiva;
  • l'amore per la vita contemplativa.

I primi due "furori", secondo Bruno, sarebbero quelli per gli uomini "di barbaro ingegno", mentre il terzo è in realtà l'unico furore "eroico", poiché esso ha come fine ultimo e supremo la contemplazione della bellezza divina che si manifesta nell'universo intero. Tuttavia, tale amore per la contemplazione può nascere solo attraverso una "conversione" della mente (come quella di Plotino), intesa come conversione della divinità nell'uomo e dell'uomo nella divinità. Ciò avviene solo distaccandosi dalle cose inferiori, contemplando le cose superiori e, soprattutto, contemplando Dio stesso: infatti, ciò porta ad una ascesa di amore supremo, che si compie ultimamente nella cosiddetta "morte di bacio", ovvero l'annullamento totale di sé (dei propri sensi e della propria immaginazione) nell'infinità bellezza di Dio. Quella di Bruno è dunque una elevazione mistica verso la "Mens super omnia" e attraverso la "Mens insita omnibus", ma, poiché l'infinito, per definizione, non può mai essere raggiunto totalmente, l'"eroico furore" è dunque una passione del conoscere, per avvicinarsi sempre più (anche se mai davvero) a Dio, causa e fine di tale "furore".

[modifica] Opere

  • "De umbris idearum" ("Le ombre delle idee"), 1582
  • "Cantus Circaeus" ("Canto circeo"), 1582
  • "De compendiosa architectura" ("L'architettura vantaggiosa"), 1582
  • "Candelaio" (1582)
  • "Ars reminiscendi" ("L'arte di ricordare"), 1583
  • "Explicatio triginta sigillorum" ("Spiegazione dei trenta sigilli"), 1583
  • "Sigillus sigillorum" ("Il sigillo dei sigilli"), 1583
  • "La Cena de le Ceneri" ("La banquet des cendres"), 1584
  • "De la causa, principio, et Uno", 1584
  • "De l'infinito universo et Mondi, 1584
  • "Spaccio de la Bestia Trionfante" ("L'expulsion de la bête triomphante"; 1584)
  • "Cabala del cavallo Pegaseo - Asino Cillenico"(1585)
  • "De gl' heroici furori" (1585)
  • "Figuratio Aristotelici Physici auditus" ("Rappresentazione della fisica aristotelica dell'udito"; 1585)
  • "Dialogi duo de Fabricii Mordentis Salernitani" ("Due dialoghi sul salernitano Fabrizio Mordente"), 1586
  • "Idiota triumphans" ("L'idiota trionfante"), 1586
  • "De somni interpretatione" ("L'interpretazione del sonno"), 1586
  • "Animadversiones circa lampadem Lullianam" ("Osservazioni riguardo alla lampada lulliana"; 1586)
  • "Lampas triginta statuarum" ("La lampada di trenta statue"), 1586
  • "Centum et viginti articuli de natura et mundo adversus Peripateticos" ("Centoventi articoli sulla natura e sul mondo contro i Peripatetici"), 1586
  • "De lampade combinatoria Lulliana" (1587)
  • "De progressu et lampade venatoria logicorum" (1587)
  • "Oratio valedictoria" ("Discorso di addio"), 1588
  • "Camoeracensis Acrotismus" (1588)
  • "De specierum scrutinio" ("La perquisizione delle specie"), 1588
  • "Articuli centum et sexaginta adversus huius tempestatismathematicos atque Philosophos" (1588)
  • "De magia", 1589
  • "Theses de magia", 1589
  • "De magia mathematica", 1589
  • "De rerum principiis", 1589
  • "Medicina lulliana", 1589
  • "De imaginium", 1589
  • "Signorum et idearum compositione", 1589
  • "Oratio consolatoria" ("Discorso consolatorio"), 1589
  • "De vinculis in genere" ("I vincoli in genere"), 1591
  • "De triplici minimo et mensura" ("Il minimo triplice e la misura"), 1591
  • "De monade numero et figura" ("Il numero monade e la figura"), 1591
  • "De innumerabilibus, immenso, et infigurabili" ("Gli innumerabili, l'immenso e l'infigurabile"), 1591
  • "De imaginum, signorum et idearum compositione" ("La disposizione delle immagini, dei segni e delle idee"), 1591
  • "Summa terminorum metaphisicorum" ("Il complesso dei termini metafisici"), 1595
  • "Artificium perorandi" ("L'arte di parlare"), 1612

[modifica] Opere Tradotte

  • "Il primo libro della Clavis Magna, ovvero, Il trattato sull'intelligenza artificiale", a cura di Claudio D'Antonio, Di Renzo Editore
  • "Il secondo libro della Clavis Magna, ovvero, Il Sigillo dei Sigilli", a cura di Claudio D'Antonio, Di Renzo Editore
  • "Il quarto libro della Clavis Magna, ovvero, L'arte di inventare con Trenta Statue", a cura di Claudio D'Antonio, Di Renzo Editore
  • "L'incantesimo di Circe", a cura di Claudio D'Antonio, Di Renzo Editore
  • "De Umbris Idearum", a cura di Claudio D'Antonio, Di Renzo Editore
  • "La Cabala del Cavallo pegaseo con l’aggiunta dell’Asino Cillenico, ovvero, Eresia o cristianesimo ermetico?", a cura di Raffaella Ferragina, IGEI

[modifica] Note

  1. http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=1381

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni


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