Filosofia teoretica
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[modifica] Generalità della filosofia teoretica
La filosofia teoretica può in un certo senso essere definita la parte più generale della filosofia. Dico in un certo senso, perché tutta la filosofia ha pretese di generalità. E’ estremamente difficile dare un descrizione esatta di quali siano i principali problemi, poiché qualunque descrizione di questo tipo già presuppone una certa filosofia teoretica, come anche qualunque tentativo di definire la filosofia e i suoi specifici settori. Certo è che il loro altissimo livello di generalità ha delle ricadute su tutte la altre “aree” della filosofia, perché delineano il mondo in cui esse si trovano ad operare e i metodi che esse devono adottare per risolvere i propri problemi specifici.
[modifica] Definizione di filosofia teoretica
Potremmo quindi definire la filosofia teoretica una “filosofia della filosofia” o anche una “filosofia prima”: infatti fa parte certamente dei suoi compiti trovare una caratterizzazione adeguata del concetto stesso di filosofia, di quale siano i suoi temi specifici e i suoi metodi. Ma proprio su questa caratterizzazione la comunità dei filosofi non ha mai raggiunto il benché minimo accordo, e anzi è oggi più che mai uno dei problemi più scottanti, sul quale infuriano le discussioni. La filosofia va continuamente alla ricerca del proprio compito. Centrale per molti è il carattere metodologico della filosofia teoretica: essa è più un modo di affrontare certi problemi, un atteggiamento che un uomo assume nei confronti del mondo e di ciò che sappiamo di esso, più che un insieme consolidato di dottrine nelle quali credere, come la scienza naturale, la religione, il diritto o la critica artistica e letteraria.
[modifica] Problemi della filosofia teoretica
In realtà la migliore definizione che si possa dare di questa “disciplina filosofica” è l’esposizione di alcuni dei suoi principali problemi. Ci sono due questioni centrali che definiscono la filosofia teoretica in senso moderno, le cui prime esposizioni possono trovarsi in autori come Cartesio; esse sono strettamente legate tra loro. La prima è “Qual’è la struttura ultima della realtà?”; è la domanda della metafisica, ed una risposta positva ad essa costituisce una ontologia. La seconda domanda riguarda la possibilità della conoscenza e può essere così formulata: “E’ possibile conoscere questa struttura ultima?”, o anche “è possibile una conoscenza autentica, che non sia mera opinione ma scienza?”. E’ la domanda della teoria della conoscenza, o gnoseologia (in inglese la gnoseologia viene chiamata epistemology, cioè “epistemologia”, ma l’uso in italiano di quest’ultimo termine è solitamente ristretto alla filosofia della scienza).
[modifica] Atteggiamenti teoretici
Rispetto a queste domande possono esservi molti atteggiamenti teoretici differenti da parte dei filosofi: il primo può essere detto dogmatico. Esso argomenta in favore dell’assunzione di una risposta positiva alla prima domanda, dando quindi una certa descrizione della realtà ultima, dalla quale viene ricavata la risposta alla seconda domanda. Oppure, partendo da una qualche certezza ritenuta indubitabile, che costituisce dunque una risposta positiva alla seconda domanda, ricostruiscono da essa una immagine di come realmente è strutturarto il mondo. Quest’ultima è la strategia adottata ad esempio da Cartesio, necessaria per affrontare le obiezioni dello scettico.
Il secondo atteggiamento è appunto quello dello scettico (vedi scetticismo). Egli risponde negativamente alla seconda domanda, sostiene cioè che non vi sia mai una vera e propria conoscenza, ma sempre e solo opinione. Per questo si rifiuta di rispondere positivamente alla prima, egli ritiene impossibile per l’uomo conoscere la vera natura delle cose. La struttura ultima della realtà, l’essenza delle cose, è inconoscibile.
Questi due tipi di atteggiamento sono in qualche modo riscontrabili in tutta la filosofia, dalle sue origini ad oggi. Nella maggior parte degli autori i due atteggiamenti si mescolano in vari gradi, producendo quella varietà di pensiero tipica della filosofia.
[modifica] Atteggiamento critico, da Kant in poi
Ma da Kant in poi è nato un nuovo atteggiamento, che ha complicato notevolmente la situazione, introducendo una serie di elementi rivoluzionari per la filosofia teoretica. Kant, con il suo criticismo, ha introdotto una nuova prospettiva con la quale guardare il problema della conoscenza e, di conseguenza, anche la metafisica. Questi sono alcuni dei principali motivi di novità:
- Sposta l’attenzione della gnoseologia dal problema del rapporto tra idee soggettive e cose oggettive a quello della validità dei giudizi; quali sono i criteri per dire che un giudizio è valido (cioè vero)?
- Viene rifiutata di conseguenza la tradizionale contrapposizione tra il soggetto conoscente e l’oggetto reale, comune sia al dogmatico che allo scettico.
- L’oggetto della conoscenza non è più una cosa in sé, ma un fenomeno, che appare in una rappresentazione seguendo i principi dell’intelletto puro (cioè i giudizi sintetici a priori).
- La conoscenza non è il rispecchiamento passivo di una realtà predeterminata, essa è una “costituzione” dell’oggetto secondo le regole della ragione a partire da un materiale sensibile dato. In essa l’intelletto ha un ruolo attivo (questa attività è la “spontaneità dell’intelletto” che si contrappone alla natura passiva della sensibilità, la “ricettività”).
- La filosofia critica non può descrivere la realtà come è in sé stessa, può invece esporre i principi a priori con cui l’intelletto costituisce il mondo fenomenico.
- Il mondo fenomenico non è un mondo di “fantasmi” o di “mere parvenze”, è il mondo che tutti conosciamo, con tavoli sedie, atomi, alberi, luce, calore etc. In esso i principi dell’intelletto servono a distinguere tra la realtà (empirica) e l’allucinazione, il sogno o l’illusione.
[modifica] La trattazione kantiana dell'esistenza
Particolarmente rilevante per gli sviluppi successivi è la trattazione kantiana del concetto di esistenza. Il fatto che l’esistenza non sia un predicato (sfruttato per confutare la Prova ontologica dell’esistenza di Dio) può essere considerata una anticipazione della moderna teoria della quantificazione sviluppata dalla logica e assai discussa nella filosofia analitica.
D’altra parte nella filosofia continentale Heidegger ha sviluppato il legame rilevato da Kant tra esistenza e temporalità, per superare l’impostazione tradizionale della metafisica e del problema ontologico. Egli propone un sostanziale abbandono del problema della conoscenza e della metafisica come ricerca della struttura ultima della realtà. La filosofia diventa interpretazione dell’ esistenza, in particolare dell’esistenza sensata, quella umana. Da Heidegger in poi nella filosofia continentale si parlerà di ermeneutica.
[modifica] Le princincipali filosofie che hanno discusso l’eredità kantiana (1800-1950)
- idealismo tedesco e neo-idealismo
- neo-kantismo
- convenzionalismo
[modifica] Atteggiamenti post-critici nella filosofia analitica (1950-2000)
La filosofia analitica si pone in continuità con l’impostazione tradizionale della filosofia teoretica, conservando la complessità ulteriore datale da Kant. La teoria della conoscenza inizia ad essere anche epistemologia, filosofia della scienza. Il problema diventa quello delle fonti di validità delle teorie scientifiche, oltre che la ricerca di un metodo per distinguere tra ciò che è o può essere scienza e ciò che non lo è. Karl Popper, ad esempio, cercherà nel suo "falsificazionismo" (vedi falsificabilità) un criterio di demarcazione tra scienza e non-scienza. Viene inoltre aggiunto un nuovo livello di complessità con la “svolta linguistica”, introducendo nel problema della conoscenza e della metafisica il piano del linguaggio. Fu prima di tutto l’emergere della nuova logica ad opera di Frege, Bertrand Russell e Ludwig Wittgenstein a portare nella filosofia teoretica la filosofia del linguaggio, arricchendola con nuovi problemi come quello del significato (o senso) e del riferimento (o denotazione) degli elementi che formano il discorso umano. Le nuove potenzialità dell’analisi logica portano un altro nuovo blocco di problemi, trattati dalla filosofia della logica e dalla filosofia della matematica. Uno spartiacque importante è la crisi del principio di verificazione (portato avanti dal positivismo logico) avvenuto tra gli anni cinquanta e gli anni settanta del novecento ad opera della cosìdetta Nuova Filosofia della Scienza (rappresentata da autori come Norwood Russell Hanson, Thomas Kuhn, Imre Lakatos e Paul Feyerabend). Da allora si sono affermati diversi atteggiamenti teoretici che potremmo definire, oltre che post-critici, anche post-verificazionisti.
- anti-realismo
- relativismo radicale
- nuovi tipi di empirismo
[modifica] Atteggiamenti post-critici nella filosofia continentale
Nella filosofia continentale l'ermeneutica, da Heidegger in poi, è stata un ulteriore salto di qualità rispetto all’atteggiamento critico di Kant, un nuovo atteggiamento teoretico che rifiuta certe ossessioni della filosofia moderna, come il primato del conoscitivo e la ricerca del fondamento della conoscenza (grazie all'eredità del pragmatismo, anche in filosofia analitica si sta facendo strada un atteggiamento simile).
- post-strutturalismo
- post-modernismo
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