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Relativismo - Wikipedia

Relativismo

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Nota disambigua - Se stai cercando la teoria fisica, vedi teoria della relatività.

Indice

Il relativismo è una posizione filosofica. In Europa se ne riconosce la prima comparsa all'interno della sofistica greca; in seguito fu fatta propria dallo scetticismo antico e moderno, dal criticismo, dall'empirismo e dal pragmatismo.

Chi è relativista sostiene che una verità assoluta non esiste, oppure, anche se esiste, non è conoscibile o esprimibile o, in alternativa, è conoscibile o esprimibile soltanto parzialmente (appunto, relativamente); gli individui possono dunque ottenere solo conoscenze relative, in quanto ogni affermazione è riferita a particolari fattori e solo in riferimento ad essi è vera. Per i sofisti, nessun atto conoscitivo raggiunge la natura oggettiva delle cose, né rappresenta una verità assoluta valida per ognuno. Un ulteriore punto di vista, di cui Ludwig Wittgenstein fu il principale sostenitore, è che, poiché tutto viene filtrato dalle percezioni umane, limitate ed imperfette, per forza di cose ogni conoscenza è relativa alle esperienze sensibili per l'uomo. Citando appunto Wittgenstein:

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«Se un leone potesse parlare, non lo capiremmo comunque.»
(Ludwig Wittgenstein)

Per il filosofo Nicola Abbagnano l'antica sofistica, lo scetticismo, l'empirismo e il criticismo sono manifestazioni di un relativismo che tenta di crearsi una tradizione. Ma in realtà la corrente detta Relativismo, per Abbagnano, è nata come fenomeno moderno, legata alla cultura del sec. XIX. Manifestazione estrema la dottrina di Oswald Spengler nel suo libro Il tramonto dell'Occidente (1918-1922) dove è affermata la relatività di tutti i valori della vita in rapporto alle epoche storiche, considerate come entità organiche, ognuna delle quali cresce, si sviluppa e muore senza rapporto con l'altra:

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«Ogni cultura ha il suo proprio criterio, la cui validità comincia e finisce con esso. Non vi è alcuna morale umana universale»
(Oswald Spengler da Der Untergang des Abendlandes, I, 55)

Tra le varie civiltà non è possibile alcuna comunicazione, poiché non vi sono valori comuni tra esse; per cui anche la civiltà occidentale è quindi destinata ad estinguersi.

[modifica] Il relativismo di Protagora

Per Protagora la conoscenza è sempre condizionata dal singolo soggetto che percepisce e pensa, e non esistono criteri universali che consentano di discriminare la verità e la falsità delle conoscenze soggettive, né un bene ed una giustizia assoluti, che possano valere da norma definitiva per i comportamenti etici.

La misura del giusto e del bene non è l'individuo singolo, ma l'intera comunità a cui egli appartiene. Giusto sarà ciò che appare tale alla maggioranza, ciò che giova alla città (secondo il criterio dell'utile) ed ottiene il consenso più ampio possibile dei cittadini. Cosí il consenso del pubblico diviene la riconosciuta misura della verità di un discorso.

Come si vede, in Protagora c'è in ogni caso modo di discriminare fra due opzioni, che non sono equivalenti per il solo fatto di non potere essere nettamente divise in "vere" e "false", "giuste" e sbagliate..

[modifica] Il relativismo di Gorgia

Per Gorgia, tutte le possibilità si equivalgono, perché non sono, non sono conoscibili e comunque non sono comunicabili. Ne consegue che coll'arte oratoria si può dimostrare "tutto e il contrario di tutto".

[modifica] Il relativismo nella filosofia moderna e contemporanea

Uno dei maggiori rappresentanti del relativismo moderno, considerato precursore del relativismo antropologico, è Montaigne. Viene poi un suo grande seguace, Ralph Waldo Emerson (relativista ma nel contempo perfezionista sovramorale), che anticiperà Nietzsche. Quest'ultimo supererà il relativismo, richiamando il concetto di derivazione Lebniziana del prospettivismo: è di Nietzsche la celebre frase: "Non esistono fatti, solo interpretazioni", ossia visioni diverse, spinte da volontà competitive. Come spesso rimarcherà Deleuze, il relativismo è ben diverso dal prospettivismo in quanto quest'ultimo introduce il concetto di 'punto di vista', uno stato esistenziale ben diverso dalle verità relative.

Anche F. C. S. Schiller nega ogni verità "assoluta" o "razionale": la verità è sempre relativa all'uomo, valida perché utile a lui; il detto di Protagora è per lui la più grande scoperta della filosofia (l'uomo misura di tutte le cose) [1]

Per il pensiero di O. Spengler si veda quanto detto sopra.

In epoca contemporanea, il pensiero postmoderno può essere considerato una forma di relativismo.

[modifica] Critiche al relativismo

Il relativismo fin dalla sua nascita è stato oggetto di contestazioni. I suoi critici a partire dal principio dell'equivalenza di ogni affermazione parlano di relativismo etico: se non esiste la Verità, allora tutto è lecito, e ciò non può che avere effetti esiziali sulla società. Secondo i detrattori del relativismo, Platone combatté tutta la vita per demolire l'edificio relativista dei sofisti per sostituirlo con un sistema che rendesse possibile la conoscenza assoluta e quindi una qualche forma di verità assoluta, dopo aver attribuito al relativismo la colpa dell'uccisione di Socrate, ritenuto da Platone "il più giusto degli uomini", e condannato perché considerato corruttore di anime. Secondo altri storici, Socrate fu condannato a morte per motivi politici, la famosa frase di Socrate "io so di non sapere niente", parrebbe infatti confermare che le posizioni filosofiche di Socrate fossero tutt'altro che "assolutiste".

D'altra parte, affermare che la non esistenza di una verità assoluta corrisponda ad affermare che "tutto è lecito" è una posizione semplicistica e superata: la liceità o meno di una azione è infatti regolata dai rapporti dei singoli tra loro (etica) e dei singoli con se stessi (morale). Per esempio il comandamento cristiano di "non uccidere" corriponde direttamente alla necessità etica di non danneggiare la propria società, e quindi anche ad una necessità materiale non dettata dal credo in una "verità rivelata".

[modifica] Il relativismo culturale

Teoria formulata, a partire dal particolarismo culturale di Franz Boas, dall'antropologo statunitense Melville Jean Herskovits (1895 - 1963) secondo la quale, considerato il carattere universale della cultura e la specificità di ogni ambito culturale, ogni società è unica e diversa da tutte le altre, mentre i costumi hanno sempre una giustificazione nel loro contesto specifico.

Da questa teoria sono derivate numerose tesi che raccomandano il rispetto delle diverse culture e dei valori in esse professati.

La diffusione di queste idee ha portato ad un riesame degli atteggiamenti nei confronti dei paesi del Terzo Mondo, incentivando maggior cautela negli interventi, ossia aiuti umanitari condizionati all'adozione di determinati comportamenti, propaganda religiosa delle missioni cristiane (vedi inculturazione), ed altre accortezze subordinate.

[modifica] Relativismo e "società aperta"

Nel pensiero di Karl Popper e della corrente che sviluppa la sua filosofia,

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«tutta la conoscenza rimane fallibile, congetturale. Non esiste nessuna giustificazione, compresa, beninteso, nessuna giustificazione definitiva di una confutazione. Tuttavia, noi impariamo attraverso confutazioni, cioè attraverso l'eliminazione di errori [...]. La scienza è fallibile perché la scienza è umana.»
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«La società aperta è aperta a più valori, a più visioni del mondo filosofiche e a più fedi religiose, ad una molteplicità di proposte per la soluzione di problemi concreti e alla maggior quantità di critica. La società aperta è aperta al maggior numero possibile di idee e ideali differenti, e magari contrastanti. Ma, pena la sua autodissoluzione, non di tutti: la società aperta è chiusa solo agli intolleranti.»
(Karl R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, Vol. I, Platone totalitario, dalla IV di copertina.)

Notevole danno ha prodotto, secondo Popper, il pensiero marxista e il materialismo: un pensiero che contraddice il canone principale della ricerca scientifica, che è quello di accettare le confutazioni. Molta della tradizione marxista si è configurata, infatti, come

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«una specie di sala operatoria in cui è stata praticata tutta una serie di operazioni di plastica facciale (iniezione di ipotesi ad hoc) alla teoria lacerata dalle confutazioni fattuali.»
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«Il marxismo, oggi, non è più scienza; e non lo è poiché ha infranto la regola metodologica per la quale noi dobbiamo accettare la falsificazione, ed ha immunizzato sé stesso contro le più clamorose confutazioni delle sue predizioni»
(Karl R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, vol. II, Hegel e Marx falsi profeti, dalla IV di copertina.)

Questa idea popperiana della società aperta si è poi sviluppata, in alcuni pensatori, nel fatto che una società democratica, libera, aperta deve essere legata al relativismo inteso come rifiuto di ogni verità oggettiva: la pretesa di conoscere una verità condurrebbe alla società chiusa e autoritaria. Altri invece obiettano a quest'ultimi che le libertà civili e politiche, lungi dall'essere fondate sulla relatività delle nostre conoscenze, devono ricondursi alla dignità intrinseca della persona umana, che permane quale che sia la verità o non verità delle idee e delle convinzioni di ciascuno e che assicura a tutti il diritto di far valere tali idee e convinzioni in ambito sociale e politico:

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«Non c'è bisogno per fondare la democrazia di rifarsi al relativismo etico: basta invece riferirsi alla dignità della persona.»

Nel dibattito se esista o meno una verità sull'uomo, si gioca quella costruzione che ha come fondamento oggettivo quei diritti umani inviolabili che sono alla base del moderno stato di diritto. Senza verità sull'uomo, dicono gli oppositori del relativismo, è difficile costruire una linea di resistenza concettualmente robusta e fondata nei confronti delle derive autoritarie o anche totalitarie.

[modifica] Relativismo morale

Strettamente associato al relativismo culturale è il relativismo morale, per il quale i valori, le regole di condotta adottate da un determinato gruppo sociale (o anche da singoli individui) sono legati ai loro specifici bisogni e non hanno quindi alcun fondamento di assolutezza o necessità.

[modifica] La visione della Chiesa Cattolica

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Nella visione cattolica il relativismo culturale è ritenuto inaccettabile quando diventa relativismo etico e mette in dubbio le verità rivelate che sono oggetto della fede cattolica. La Chiesa afferma di rispettare le culture diverse dalla propria per le quali, oggi, propone una missionarietà che parte dal valorizzare i valori propri di ogni popolo ed etnia, purché non permetta comportamenti disapprovati dalla Chiesa.

Secondo i critici della visione cattolica, il paradosso di questa posizione sta proprio nella non accettazione, da parte della cultura cattolica, del relativismo tra le "diverse culture" non cattoliche (al contrario dei "relativisti", che accettano di buon grado anche la cultura cattolica, purché non sia imposta a coloro che cattolici non sono).

L'impossibilità di conciliare i valori etici delle varie popolazioni e quelli cattolici senza che venga persa la cultura tradizionale originaria, è il tema delle critiche più frequentemente rivolte ai missionari e alla modalità di trasmissione dei valori evangelici, che viene accusata di essere troppo occidentalizzante: per questo la Chiesa Cattolica si concentra invece sull'inculturazione, cercando di mediare la visione etica delle "verità" rivelate con le tradizioni locali.

I fondamenti della morale cristiana sono dati dal documento Gaudium et spes, da varie encicliche di Papa Giovanni Paolo II (tra cui Fides et Ratio e Veritatis Splendor), e da alcune note dottrinali della Congregazione della fede a firma dell'allora Cardinale Prefetto della Congregazione Joseph Ratzinger. L'opinione, nelle parole di Ratzinger, è che "[il] relativismo culturale [..] offre evidenti segni di sé nella teorizzazione e difesa del pluralismo etico che sancisce la decadenza e la dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale. A seguito di questa tendenza non è inusuale, purtroppo, riscontrare in dichiarazioni pubbliche affermazioni in cui si sostiene che tale pluralismo etico è la condizione per la democrazia" (1, II, 2).

L'elezione al soglio pontificio del Cardinale Prefetto, nell'aprile 2005, conferma la strada indicata dal Papa Giovanni Paolo II nella lotta della Chiesa Cattolica al relativismo etico e alla discussione intorno alla possibile liceità legale di comportamenti contrari alla morale cattolica.

Nel corso di un'omelia il 17 aprile 2005 l'allora cardinale Ratzinger affermava a riguardo dei tempi odierni:

  • Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un'altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. E' lui la misura del vero umanesimo.[2]

[modifica] Note

  1. vedi F. C. S. Schiller, Studies in Humanism, 1902, p. x segg.
  2. Si veda Missa pro eligendo romano pontefice, omelia del cardinale Joseph Ratzinger

[modifica] Bibliografia e riferimenti

  • Relativismo, voce di Filosofia, collana Le Garzantine, a cura di G. Vattimo e G. Chiurazzi, Garzanti, 2004.
  • Nicola Abbagnano, Relativismo in Dizionario di Filosofia, Utet, Torino, 1971, p. 738 e segg.
  • (IT) Per l'influenza sulla politica attuale si veda il breve articolo Relativismo, fondamentalismo e integrismo di Umberto Eco
  • Karl R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, Armando Editore, Roma, 1996.
  • Giandomenico Mucci. I cattolici nella temperie del relativismo, Milano, Jaca book, 2005.
  • (EN) Haack, S. “Reflections on Relativism: From Momentous Tautology to Seductive Contradiction”, Philosophical Perspectives, vol 10; pag 297-315, 1996
  • (EN) Sigel, H. "Relativism Refuted: A Critique of Contemporary Epistemological Relativism", D. Reidel, 1987
  • (EN) Williams, B., "Ethics and the Limits of Philosophy", Cambridge, Harvard University Press, 1986
  • Giovanni Paolo II, Encicliche; in particolare nella Veritatis Splendor si veda [1].
  • Sui principi fondamentali dell'etica cristiana si veda Carlo Caffarra, Viventi in Cristo, Jaca Book, Milano, 1981.
  • In contrasto col pensiero cattolico è l'articolo del fisico Francesco Primiceri Universalismo e relativismo,[2] presente nel sito della Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti.


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