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Galileo Galilei

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«... questo grandissimo libro [della natura] che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l'universo), non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri né quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intendere umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. »
(Galileo Galilei)
Galileo Galilei
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Galileo Galilei

Galileo Galilei (Pisa15 febbraio 1564 – Arcetri8 gennaio 1642) è stato un fisico, filosofo, astronomo e matematico italiano, uno dei più grandi scienziati dell'epoca moderna.

Il suo nome è associato ad importanti contributi in cinematica (nozione di inerzia, legge della caduta dei gravi) ed in astronomia (con la scoperta della rotazione del Sole, delle macchie solari, delle montagne della Luna, dei satelliti di Giove, le fasi di Venere, le stelle che compongono la Via Lattea) ed all'introduzione del metodo scientifico (detto spesso metodo galileiano). Accusato di voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture, Galileo venne condannato come eretico dalla Chiesa Cattolica e costretto, il 22 giugno 1633, all'abiura delle sue concezioni astronomiche.

Indice

[modifica] Biografia

Statua di Galileo, sita agli Uffizi
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Statua di Galileo, sita agli Uffizi

Galileo nacque a Pisa il 15 febbraio 1564, primogenito dei sette figli di Vincenzo Galilei e Giulia Ammannati. Il padre Vincenzo, nato a Firenze nel 1520, ex liutista ed ex insegnante di musica (aveva fatto parte della Camerata fiorentina dei Bardi), in passato era entrato in conflitto con la tradizione classica che attribuiva la consonanza tra tutti i suoni al controllo delle proporzioni numeriche ed aveva proposto alcune sue idee al riguardo. Era quindi ferrato in matematica, ma, intuendo le difficoltà pratiche per tale professione, spinse il figlio a studiare medicina, proprio come un loro avo, quel Galileo Bonaiuti che nel XV secolo si era distinto nell'esercizio dell'arte medica ed in onore del quale un ramo della famiglia aveva preso il nome di Galilei.

Nel 1574 la famiglia Galilei si trasferì a Firenze e qui il giovane Galileo studiò nel Convento di Santa Maria in Vallombrosa, dove rimase fino all'età di quindici anni.

Il 5 settembre 1581 Vincenzo lo iscrisse all'Università di Pisa per fargli studiare l'arte della medicina. Nonostante il suo interesse per i progressi sperimentali di quegli anni, l'attenzione di Galileo fu presto attratta dalla matematica, che cominciò a studiare nel 1583 sotto la direzione di Ostilio Ricci da Fermo, un seguace della scuola matematica di Niccolò Tartaglia. Dopo quattro anni il giovane rinunciò a qualsiasi titolo accademico e ritornò a Firenze, dove approfondì gli studi, occupandosi di meccanica e di idraulica.

Galileo, pur costretto per motivi economici ad impartire lezioni private, cercò di farsi conoscere nel mondo accademico diffondendo, privatamente, i suoi scritti e partecipando attivamente alla vita culturale del suo tempo con lezioni e conferenze pubbliche. Durante la sua permanenza a Pisa, tra il 1585 e il 1586, Galilei arrivò alle sue prime conclusioni sul centro di gravità dei solidi con "Theoremata circa centrum gravitatis solidorum" e trovò una soluzione al problema della Corona di Erone, inventando uno strumento per la determinazione idrostatica del peso specifico dei corpi: ne descrive i dettagli nel breve trattato "La bilancetta", pubblicato nel 1644.

Su invito dell'Accademia Fiorentina trattò, tra il 1587 ed il 1588, argomenti letterari, come discussioni sull'Inferno di Dante Alighieri ("Lezioni circa la figura, sito e grandezza dell'Inferno di Dante") o valutazioni sull'opera di Ludovico Ariosto e Torquato Tasso.

[modifica] Gli anni dell'insegnamento a Pisa e a Padova

Disegno di un pendolo
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Disegno di un pendolo
Pendolo di Galileo Galilei a Pisa
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Pendolo di Galileo Galilei a Pisa

Alla fine del 1587, nonostante l'appoggio del Marchese Guidobaldo Del Monte, che leggendo le prime opere galileiane era rimasto entusiasticamente coinvolto dalla sua genialità, non riuscì ad ottenere la cattedra di matematica all'Università di Bologna, assegnata a Giovanni Antonio Magini. Diverso il discorso nel 1589, quando, sempre con l'appoggio di Del Monte, l'Università di Pisa gli assegnò la cattedra di Matematica. Nonostante lo stipendio di sessanta scudi fosse appena sufficiente per sopravvivere, Galileo riuscì a produrre ottime idee e strumenti. Negli anni seguenti, infatti, lavorò intensamente, studiando il pendolo, che gli consentirà di stabilire la legge dell'isocronismo nelle oscillazioni. Studiò, poi, il moto dei corpi materiali (è del 1590 il piccolo trattato "De motu") ed eseguì esperimenti con il piano inclinato, usando sfere di materiale diverso, per stabilire se la velocità di caduta dipendesse dal peso.

Nell'estate del 1591 il padre Vincenzo morì, lasciando a Galileo il compito di occuparsi della madre e dei fratelli minori: Michelangelo, Lena e Livia. A ciò si aggiunsero le richieste del marito della sorella maggiore, Virginia, tal Benedetto Landucci, che esigeva il rispetto degli impegni promessi in dote. Lo stipendio pisano, però, non dava molte prospettive per il futuro e la risoluzione dei molti problemi, così Galileo si rivolse ancora al Marchese Del Monte che, grazie anche all'appoggio del cardinale Francesco Maria, suo fratello, riuscì a farlo chiamare all'Università di Padova come professore di Matematica. Il 26 settembre 1592 venne quindi emanato il decreto di nomina, con uno stipendio di 180 fiorini l'anno. Il 7 dicembre Galileo tenne il discorso introduttivo e dopo pochi giorni iniziò un corso destinato ad avere un grande seguito presso gli studenti. Resterà per 18 anni a Padova, di cui egli conserverà un ricordo affezionato (li diciotto anni migliori di tutta la mia età).

È del 1593 la macchina per portare l'acqua ai livelli più alti, per la quale ottenne, dal Senato Veneto, un brevetto per l'utilizzazione pubblica per un periodo di venti anni. L'importanza di Galileo, in quegli anni, però, va oltre le semplici lezioni accademiche: è infatti con le lezioni private che il suo pensiero si diffonde e diventa sempre più forte, grazie agli importanti studenti che ne seguono queste lezioni: Vincenzo Gonzaga, Giovanni Federico Principe d'Alsazia, i futuri cardinali Guido Bentivoglio e Federico Cornaro, ed altri ancora.

In questi anni scrisse anche due trattati sulle opere di fortificazione, Brevi instruzioni all'arte militare e Trattato di fortificazione, oltre a Le mecaniche, nel quale approfondì le teorie sulla statica delle macchine.

Proprio nel periodo padovano incontrò Marina Gamba, con la quale avrà tre figli: Virginia e Livia, diventate monache, e Vincenzo, l'unico legittimato nel 1619.

Intorno al 1597 Galilei si occupò dello studio e della realizzazione di strumenti di misura, tra i quali il compasso per uso geometrico e militare, oggetto dell'opera Le operazioni del compasso geometrico et militare, pubblicata a Padova nel 1606 e dedicata a Cosimo II.

Verso la metà del 1609 Galileo apprese dell'esistenza di un cannocchiale, costruito in Olanda, e lo perfezionò, dotandolo di lenti ottiche lavorate con alta precisione e facendone uno strumento scientifico. Con il nuovo telescopio, strumento che migliorava il già esistente astrolabio, probabilmente realizzato dall'artigiano fiorentino Ignazio Dondi, Galilei intraprese osservazioni per determinare la posizione del Sole, della Luna e degli altri corpi celesti. Le scoperte astronomiche, realizzate mediante il nuovo strumento ed importanti per confermare la giustezza del modello cosmologico copernicano, furono poi raccolte nel Sidereus Nuncius, pubblicato nel marzo del 1610.

[modifica] Il trasferimento a Firenze

La Casa di Galileo, sulla Costa San Giorgio a Firenze
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La Casa di Galileo, sulla Costa San Giorgio a Firenze

L'eco delle scoperte galileiane fu immediata. Già nel luglio dello stesso anno, grazie anche alla dedica dell'opera al granduca di Toscana ed all'attribuzione del nome di medicei ai satelliti celesti di Giove, Galilei fu nominato a vita matematico primario dello studio di Pisa, senza obblighi di lezioni, e filosofo granducale.
Prima della fine del 1610, osservò Saturno, che chiamò tricorporeo, scambiando (a causa dello scarso potere risolutivo del suo cannocchiale) gli anelli con la presenza di due satelliti. Successivamente osservò le fasi di Venere che interpretò correttamente come una prova a favore dell'ipotesi eliocentrica.
Quindi lasciò Padova, per trasferirsi a Firenze.

Nel 1611 fu convocato a Roma, dove presentò le sue scoperte ai gesuiti del Collegio Romano, inclusi il futuro Papa Urbano VIII e Roberto Bellarmino, che lo onorarono con una conferenza in cui riconoscevano le sue scoperte. Nello stesso anno entrò a far parte dell'Accademia dei Lincei.

Nel 1612 Galileo scrisse il Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua, o che in quella si muovono, mentre dell'anno seguente è l'Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti, pubblicata a Roma in risposta ad un opuscolo del gesuita Christoph Scheiner.

Nel marzo 1614 compì studi sul metodo per determinare il peso dell'aria, scoprendo che pesa poco, ma non zero. L'aria è infatti circa settecentosessanta volte più leggera dell'acqua: i pensatori della sua epoca, al contrario, pensavano, ma senza mai avere alcun supporto sperimentale, che l'aria non avesse peso.

Tra il 1613 ed il 1615 scrisse le famose lettere copernicane, indirizzate a Benedetto Castelli, Pietro Dini e Cristina di Lorena, le quali, pur se non pubblicate, iniziarono a circolare e a destare preoccupazione negli ambienti più conservatori per le idee innovative espresse dal Galilei.

[modifica] Il processo e gli ultimi anni

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«Grandissima mi par l'inezia di coloro che vorrebbero che Iddio avesse fatto l'universo più proporzionato alla piccola capacità del lor discorso.»
(Galileo, Opere VII)
Per approfondire, vedi la voce Il processo a Galileo Galilei.

Nel febbraio 1616, il Santo Uffizio espresse una ferma condanna per le teorie cosmologiche copernicane, considerate stolte ed assurde, e mise all'indice dei libri proibiti (Index librorum prohibitorum) della Chiesa Cattolica le opere nelle quali si difendeva l'eliocentrismo, in quanto pernicies catholicae veritatis. Nonostante le opere di Galileo non fossero state inserite nell'elenco dei libri proibiti, lo scienziato pisano si recò a Roma per difendere le sue teorie.

Il cardinale Roberto Bellarmino invitò Galileo a sostenere l'eliocentrismo come mera ipotesi matematica, atta a semplificare i calcoli della meccanica celeste e non come unica descrizione dell'universo, in attesa di una prova definitiva. La prova delle maree non era considerata sufficiente. Il timore da parte di Galilei che gli si espropriasse l'imprimatur della sua teoria e l'impazienza di vedere accettate le sue idee, lo irrigidirono sulle sue posizioni e lo condussero allo scontro finale, risolto da un atto di autorità da parte del Santo Uffizio. Allo scienziato venne intimato di non professare più tali idee.

Nel 1618 comparvero nel cielo tre comete, fatto che attirò l'attenzione e stimolò gli studi degli astronomi di tutta Europa. Fra essi, il gesuita Orazio Grassi, matematico del Collegio Romano, tenne con successo una lezione che ebbe vasta eco, la "Disputatio astronomica": con essa, egli sulla base di alcune osservazioni dirette e di un procedimento logico-scolastico, egli sosteneva l'ipotesi che le comete fossero di origine celeste e la utilizzava per avvalorare il modello di Tycho Brahe (la Terra è posta al centro del creato, con gli altri pianeti in orbita invece intorno al Sole), contro l'ipotesi eliocentrica. Galilei, nonostante la recente ingiunzione al silenzio da parte della Chiesa, si vide costretto a replicare per difendere la validità del modello copernicano. Rispose in modo indiretto, attraverso lo scritto "Discorso delle Comete" di un suo amico e discepolo, Mario Guiducci, ma in cui la mano del nostro era certamente presente. Pur sbagliando nel ritenere (fra molte cautele) le comete oggetti non celesti, il suo testo dimostra le molte contraddizioni del ragionamento di Grassi e le sue erronee deduzioni dalle osservazioni delle comete con il cannocchiale.

Nel 1623 a Papa Paolo V successe Urbano VIII, intellettuale ed estimatore di Galileo, al quale giunse voce che il papa non avrebbe obiettato a un nuovo libro. Egli ebbe anche un'udienza con il papa. Dopo questo apparente segno di apertura mentale da parte del papa, Galileo si rimise al lavoro. Egli pubblicò, nel 1623, Il Saggiatore, nel quale continuava la polemica con il padre gesuita Grassi; questi, infatti, nel 1619 aveva scritto due trattati, De tribus cometis anni MDCXVIII e Libra astronomica ac philosophica qua Galilaei Galilaei opiniones de Cometis, nei quali argomentava contro le posizioni galileiane.

Nel 1632 pubblicò il Dialogo di Galileo Galilei sopra i due Massimi Sistemi del Mondo Tolemaico e Copernicano, in cui espose il principio di relatività e il suo metodo per determinare la velocità della luce. Questo libro fu pubblicato con la licenza di stampa delle autorità ecclesiastiche, ma la commissione, alla quale il papa aveva affidato il compito di pronunciarsi sul Dialogo, stabilì che il libro infrangeva il decreto del 1616. Galileo, ormai settantenne, fu chiamato a comparire davanti al tribunale dell'Inquisizione nel 1632. Essendo ammalato cercò di rinviare il viaggio, fiducioso nella protezione del Granduca di Toscana. Dovette tuttavia recarsi a Roma, in pieno inverno, il 13 febbraio 1633.

La questione da parte della chiesa, era oltremodo delicata, perché comportava l'inaccettabile autonomia del sapere scientifico dalla teologia. La reazione contro il copernicanesimo fu quindi violenta.

Il 22 giugno 1633 Galileo fu riconosciuto colpevole di "aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch'il Sole [...] non si muova da oriente ad occidente, e che la Terra si muova e non sia centro del mondo".

Galileo fu giudicato colpevole e condannato alla detenzione.

Minacciato di tortura e condannato al carcere a vita, Galileo, già malato, ritrattò le sue teorie. In ginocchio giurò: Abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie e generalmente ogni e qualunque altro errore, eresia e setta contraria alla Santa Chiesa; e giuro che per l'avvenire non dirò mai più [...] cose tali per le quali si possa aver di me simil sospizione. Secondo la leggenda, una volta alzatosi in piedi, colpì la terra e mormorò: "Eppur si muove!".

Il carcere fu mutato, dopo una settimana, nel confino a casa dell'arcivescovo Piccolomini e poi, dopo pochi mesi nel confino della villa che Galilei aveva ad Arcetri.

Nel 1638 quando era già completamente cieco, pubblicò (a Leida, in Olanda) il suo lavoro più importante: Discorsi e Dimostrazioni Matematiche intorno a due nuove scienze. In essa tratta le leggi del moto e la struttura della materia.

Tomba di Galileo a Santa Croce
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Tomba di Galileo a Santa Croce

È del 1640 la spinta decisiva data al suo allievo Bonaventura Cavalieri con la scoperta della proprietà caratteristica dell'infinito.

Galileo Galilei si spense l'8 gennaio 1642, ad Arcetri, circondato dai suoi allievi e venne tumulato nella basilica di Santa Croce a Firenze.

Venne infine assolto dall'accusa di eresia solo nel 1992, 350 anni dopo la sua morte. Due anni prima, il 15 marzo 1990 il cardinale Joseph Ratzinger, poi eletto Papa con il nome Benedetto XVI, citò, nella città di Parma, a proposito della crisi della fede nella scienza, un giudizio sintetico di P. Feyerabend : «La Chiesa dell'epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione.»

[modifica] Galilei e la scienza

La fondamentale importanza che la figura di Galileo riveste riguarda il suo ruolo nel recupero del metodo scientifico sviluppato in epoca ellenistica e successivamente quasi dimenticato, grazie al suo attento studio di alcune opere scientifiche, in particolare quelle di Archimede.

La sua importanza per la rinascita della scienza in generale e della fisica in particolare, è riferibile alle scoperte che fece per mezzo di esperimenti, quali, ad esempio, il principio di relatività, la scoperta delle quattro lune principali di Giove, dette appunto satelliti galileiani (Io, Europa, Ganimede e Callisto), il principio di inerzia e che la velocità di caduta dei gravi è la stessa per tutti i corpi, indipendentemente dalla massa o dal materiale.

Galileo si interessò inoltre del problema della misura della velocità della luce: egli intuì infatti che questa non poteva essere infinita, ma i suoi tentativi per misurarla furono infruttuosi.

Riflettendo sui moti lungo i piani inclinati scoprì il problema del tempo minimo nella caduta dei corpi materiali, e studiò varie traiettorie, tra cui la spirale paraboloide e la cicloide.

Nell'ambito delle sue ricerche di matematica scoprì la prima proprietà dell'infinito: una parte è uguale al tutto.

Inoltre indusse un suo allievo, Bonaventura Cavalieri, a studiare gli indivisibili, intuendo le conseguenze del calcolo infinitesimale nello studio del moto.

Sulla questione della matematica come strumento di indagine della natura, scrisse (Opere VI)

"... questo grandissimo libro [della natura] che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l'universo), non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri né quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intendere umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto".

[modifica] Invenzioni fra stelle e corpi in movimento

Nel corso della sua vita, Galileo propose originalmente alcune invenzioni, utili non solo nello studio delle stelle, ma anche dei corpi in movimento:

Fasi della Luna disegnate da Galileo nel 1616
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Fasi della Luna disegnate da Galileo nel 1616
  • il termoscopio per misurare le variazioni di densità dell'aria in funzione della temperatura;
  • una macchina azionata da energia animale per innalzare acqua dai pozzi profondi;
  • il compasso proporzionale per fare calcoli sulla quadratura del cerchio e risolvere problemi di matematica e geometria;
  • il celatone, uno strumento per misurare la longitudine in mare usando i satelliti di Giove;
  • il giovilabio, uno strumento per calcolare la posizione relativa di Terra e Giove;
  • il micrometro;
  • l'elioscopio.

[modifica] Moti parabolici, moti circolari e quadratura del cerchio

Gli studi dei moti parabolici, pendolari e lungo piani inclinati permisero a Galilei di scoprire l'universalità del moto.

Gli studi sul moto delle pietre levigate a sfera lungo i piani inclinati e le misure di come gli oggetti in movimento aumentano e diminuiscono le loro velocità consentirono a Galileo di scoprire che le loro traiettorie erano parabole. Elaborando i dati con un metodo matematico scoprì che, volendo lanciare una palla di cannone il più lontano possibile, l'inclinazione della canna deve essere di 45°. Variando in alto o in basso l'inclinazione, per valori identici, la gittata è la stessa: la traiettoria a 40° e quella a 50° hanno la stessa gittata.

Studiando, ancora, come oscillano le pietre se legate lungo uno spago, o come si muovono cadendo lungo un piano inclinato, Galilei scoprì che si trattava di esempi della stessa quantità fisica: il moto. Nasce, così, il primo esempio di universalità in fisica: tutti i movimenti dei corpi materiali sono riconducibili ad un'unica sorgente. Esso nasce dalla forza che dà vita al moto e dall'attrito che a esso si oppone. Dalla somma di queste due forze nascono velocità e accelerazioni, con quantità rigorosamente conservate come, ad esempio, la quantità di moto lineare.

Il moto rettilineo e quello circolare possono essere composti e scomposti in modi differenti. È poi possibile produrre una gran varietà di movimenti parabolici: tutti esempi di moto. L'universalità del moto, però, metteva in crisi la quadratura del cerchio, un concetto che ha radici lontane.

Il cerchio è la figura geometrica perfetta e veniva associato al cielo, mentre le linee e quindi la figura geometrica del quadrato al mondo naturale: era quindi ovvio, prima di Galileo, ritenere impossibile ottenere un quadrato da un cerchio e viceversa. Galileo, però, progettò il "compasso proporzionale", la cui realizzazione viene assegnata al suo artigiano di fiducia, Marcantonio Mazzoleni, con il quale è in grado di trasformare una qualsiasi lunghezza di cerchio nei quattro lati di un quadrato. Lo strumento era costituito di due regoli metallici uniti da una cerniera.

La conclusione ovvia era che non c'era nulla di privilegiato nel moto circolare né alcuna differenza rispetto a tutti gli altri tipi di moto (nonostante ciò Galileo era convinto che le orbite planetarie fossero dei cerchi e non delle ellissi, come scoperto da Keplero - Dio, per fare il mondo, ha scelto per le orbite figure geometriche perfette: e questi sono i cerchi non le ellissi). I corpi materiali si muovono perché c'è una forza risultante che agisce su di essi. Le velocità e le accelerazioni sono determinate dalla somma delle forze positive e di quelle negative (generalmente gli attriti), che, tenuto conto di tutte le leggi di conservazione, determina il moto osservato.

[modifica] Il principio d'inerzia

Facendo esperimenti col pendolo e col piano inclinato, Galileo arrivò alla scoperta del ruolo degli attriti nel moto dei corpi ed alla formulazione del principio d'inerzia, poi codificato da Isaac Newton nel primo principio della dinamica: un corpo in moto rettilineo uniforme permane in tale stato in assenza di attrito; o anche, in un sistema senza attriti, un corpo resterà nel suo stato di moto o di quiete se non ci sono forze esterne che su esso intervengono.

[modifica] Il pendolo

Un'altra scoperta galileiana è l'isocronismo delle piccole oscillazioni di un pendolo. Su tale argomento vi è anche una leggenda metropolitana, secondo cui l'idea gli sarebbe venuta in mente osservando le oscillazioni di una lampada. Poiché la lampada in questione è stata costruita dopo la pubblicazione dell'opera a riguardo, essa è priva di fondamento storico.

Questo strumento è semplicemente composto da una pietra legata ad un filo sottile e inestensibile: se questo ha una lunghezza di un metro, si ottiene un'oscillazione della durata di circa due secondi.

La periodicità nel moto del pendolo non fu solo l'unica osservazione dello scienziato pisano: notò, infatti, che a parità di lunghezza del filo e di peso del sasso, l'oscillazione dura la stessa quantità di tempo al variare dell'ampiezza, a patto che questa non sia eccessiva.

La legge periodica del pendolo (detto pendolo semplice) è infatti:

T = 2 \pi \sqrt \frac {l}{g}

dove T è il periodo di oscillazione, l la lunghezza del filo e g l'accelerazione di gravità. Si può notare che la legge di oscillazione è indipendente dalla massa e dall'ampiezza dell'oscillazione stessa, ovvero dall'angolo tra la posizione iniziale e quella centrale di minimo.

Per oscillazione di un pendolo si intende il movimento del pesetto del pendolo dal punto iniziale di oscillazione allo stesso punto di partenza passando per l'altro estremo, quindi il movimento da un estremo all'altro è una mezza oscillazione.

[modifica] La bilancia idrostatica

La Bilancetta fu scritta da Galileo nel 1586, quando era ancora in attesa dell'incarico universitario a Pisa.

Il lavoro, stampato postumo, descrive l'invenzione della bilancia idrostatica:

Per fabricar dunque la bilancia, piglisi un regolo lungo almeno due braccia, e quanto più sarà lungo più sarà esatto l'istrumento; e dividasi nel mezo, dove si ponga il perpendicolo [il fulcro]; poi si aggiustino le braccia che stiano nell'equilibrio, con l'assottigliare quello che pesasse di più; e sopra l'uno delle braccia si notino i termini [dove ritor]nano i contrapesi de i metalli semplici quando saranno pesati nell'aqqua, avvertendo di pesare i metalli più puri che si trovino. (Opere I)

Viene anche descritto come si ottiene il peso specifico PS di un corpo rispetto all'acqua:

P_S = \frac {\operatorname {Peso \; in \; Aria}}{\operatorname {Peso \; in \; Aria} - \operatorname {Peso \; in \; Acqua}}

Ne La Bilancetta si trovano, poi, ben due tavole che riportano trentanove pesi specifici di metalli preziosi e genuini, da lui determinati sperimentalmente con un rigoroso metodo matematico: le misure sono molto precise e confrontabili con i valori moderni.

Si tratta del primo dettagliato elenco di pesi specifici ricavato analiticamente e sperimentalmente.

[modifica] Piani inclinati, accelerazioni di gravità e conservazione dell'energia

Galilei riuscì a determinare il valore dell'accelerazione di gravità, cioè della grandezza che regola il moto dei corpi che cadono verso il centro della Terra, studiando la caduta di sfere ben levigate lungo un piano inclinato, anch'esso ben levigato. Poiché il moto della sfera dipende dall'angolo di inclinazione del piano, con semplici misure ad angoli differenti riuscì a ottenere un valore di poco inferiore a quello oggi noto (9,80665 m/s2), a causa di errori sistematici dovuti all'attrito, che non poteva essere completamente eliminato.

Detto v il valore della velocità della sfera lungo il piano inclinato, la velocità parallela al piano orizzontale sarà data da

v cos θ

mentre quella perpendicolare, che è poi quella utile alla determinazione della gravità, risulta

v sin θ

Con questi studi, Galileo scopre un fenomeno che è conseguenza diretta della conservazione dell'energia meccanica: ponendo un altro piano inclinato accanto al primo su cui far risalire la sfera, scoprì infatti che questa si fermava alla stessa altezza di partenza. Tuttavia, il concetto di energia non è ancora presente nella fisica del Seicento e solo con lo sviluppo, oltre un secolo più tardi, della meccanica classica di Newton si arriva ad una precisa formulazione di tale concetto.

[modifica] La velocità della luce

Galileo fu certamente fra i primi ad avere intuito che la velocità della luce non è infinita, e ideò per primo un esperimento per ottenerne la misura. La sua idea era quella di portarsi su una collina con una lanterna coperta da un drappo e quindi lanciare un segnale ad un amico, posto su un'altra collina lontana un chilometro e mezzo, alzando il drappo. Il suo amico, visto il segnale, avrebbe quindi alzato il suo drappo, inviandogli così il segnale di ritorno: una misura precisa del tempo intercorso fra l'invio e la ricezione del segnale luminoso avrebbe consentito misurare la velocità della luce. Tuttavia, il tentativo fu infruttuoso: si consideri che la luce impiega solamente un centesimo di millesimo di secondo per percorrere la distanza di 3 chilometri.

La prima misura della velocità della luce fu opera, nel 1675, dell'astronomo danese Rømer, basata sulla misura accurata dei ritardi delle eclissi del satellite di Giove, Io.

[modifica] Il rapporto fra scienza e fede

Galilei, nei primi anni delle sue scoperte astronomiche, non si pose esplicitamente il problema delle conseguenze teologiche delle scoperte fatte con il suo cannocchiale e di come quell'universo immenso, pieno di irregolarità, corruttibile, senza sfere perfette e senza nessun centro potesse essere in conflitto con la visione del mondo difesa dalla Chiesa Cattolica. Si noti ad esempio come nel "Sidereus Nuncius", in cui tali scoperte vengono comunicate per la prima volta al mondo, il problema fra scienza e fede non viene nemmeno discusso o menzionato.

Tale questione venne posta a Galilei dalle forti reazioni e polemiche che con il passare degli anni furono suscitate dalle sue scoperte e dal suo modo di indagare, basato sulla lettura diretta del libro della natura, senza ricorso all'autorità, sia essa aristotelica o teologica. Egli si vide costretto ad intervenire sulla questione del rapporto fra scienza e fede, sul concetto di verità, con lo scopo principale di difendere la propria autonomia di scienziato.

Il primo documento in cui Galilei affronta tale questione è una sua lettera al Padre Benedetto Castelli, nel 1613. Egli vi espone la sua concezione di cristiano e scienziato che rivendica l'autonomia della scienza dalla religione. Vi conclude che scienza e fede non interferiscono affatto, dato che lavorano su piani separati: la fede parla ed opera sul piano metafisico del mondo, mentre la scienza sul piano fisico.
Dovette difendersi poiché le sue scoperte contrastavano, apparentemente, con alcuni passi della Bibbia: nell'Antico Testamento si dice, infatti, che Dio tenne il Sole fermo per tre giorni per permettere a Giosuè e agli Ebrei di vincere sul nemico, mentre invece Galileo sosteneva che fosse la Terra a girare intorno al Sole. Galilei, tuttavia, obiettò alle accuse, affermando che la Bibbia non è un trattato d'astronomia e che:

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«"[...] le quali proposizioni, sí come, dettante lo Spirito Santo, furono in tal guisa profferite da gli scrittori sacri per accomodarsi alla capacità del vulgo assai rozzo e indisciplinato [...]."»

Cioè, la Scrittura, ispirata dallo Spirito Santo (che dunque non può mentire) parlava agli antichi nel linguaggio d'allora, con delle affermazioni che son tipiche del genere della letteratura guerriera. "Fermare il Sole", visto dalla Terra, ha lo stesso effetto di fermare la Terra per tre giorni, ossia vedere sempre il Sole a mezzogiorno per avere una forte luce. Tre giorni, ma anche pochi minuti è un tempo impossibile che comprometterebbe la vita sul nostro pianeta: questo e altri passi hanno contenuti apparentemente non scientifici, che portarono Galilei a parlare non solo di questioni di linguaggio, ma a dire che:

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«"[...] nelle dispute di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalla autorità di luoghi delle Scritture, ma dalle sensate esperienze e dalle dimostrazioni necessarie: perché, procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura, quella come dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima esecutrice de gli ordini di Dio [...]."»
(Galileo Galilei, "Lettera a Madama Cristina di Lorena")

Dice infine:

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«"[...] Io crederei che l'autorità delle Sacre scritture avesse avuto solamente la mira a persuader gli uomini a quegli articoli e preposizioni, che son necesarie per la salute loro, e superando ogni umano discorso, non potevo per altra scienza né per altro mezzo farcisi credibili, che per bocca dello stesso Spirito Santo [...]."»
(Galileo Galilei, "Lettera al Padre Benedetto Castelli)

Nasce così la visione galileiana secondo la quale esistono due "libri", che sono in grado di rivelare la stessa verità, anche se attraverso due diversi campi: uno è la Bibbia, che ha essenzialmente valore salvifico e di redenzione dell'anima, scritto in termini scientificamente approssimativi per il volgo, l'altro è l'universo (cioè la natura), che, a differenza del primo, va letto in maniera scientifica e quindi, per essere ben interpretato, deve essere studiato oggettivamente.
Secondo Galileo, i due libri, essendo opera di un unico Autore, non potevano contraddirsi. La sua visione della verità non era dunque, come molti credono, antireligiosa ed atea, al contrario, Galileo fu uno dei primi scienziati a voler conciliare le verità scientifiche con le verità di fede, senza intaccare minimamente nè le une nè le altre.

La lettera al Padre Castelli suscitò però polemiche violentissime e sarcastiche da parte del clero fiorentino, totalmente conservatore, tali che Galilei si vide costretto a fare pubbliche manifestazioni di Cattolicesimo e ad accorrere perfino a Roma, per difendere in ambienti curiali la propria opera di scienziato credente.Dopo decenni di polemiche ed un processo, la Chiesa costrinse Galilei all'abiura, censurò le sue scoperte e condannò all'indice le opere di Copernico e Galileo fino al 1823.

Nel 1757 la Congregazione del Sant'Uffizio riabiliterà la figura di Galileo riconoscendo vere le teorie galileiane. Finalmente nel 1992 Papa Giovanni Paolo II, che ha chiesto nel 1979 la revisione del "Caso Galilei", ritira la condanna della Chiesa cattolica allo scienziato; pubblicamente riconosce la validità e verità scientifica delle teorie di Galileo Galilei e chiede scusa, da parte della Chiesa, per avere ingiustamente condannato non solo il fondatore della scienza moderna ma indiscutibilmente una delle menti più brillanti, geniali e serie dello scorso millennio.

Malgrado l'assoluzione dall'accusa di eresia sia arrivata solo nel 1992, vi sono alcuni, tra i quali il fisico italiano Antonino Zichichi, che tuttora sostengono che Galileo fu tra coloro che contribuirono a "unificare" la scienza con la fede cattolica.

[modifica] Galilei e l'arte

Ludovico Cardi, detto il Cigoli, fiorentino, fu pittore al tempo di Galileo; ad un certo punto della sua vita, per difendere il suo operato, chiese aiuto al suo amico Galileo: doveva, infatti, difendersi dagli attacchi di quanti ritenevano la scultura superiore alla pittura, in quanto ha il dono della tridimensionalità, a discapito della pittura semplicemente bidimensionale. Galileo rispose con una lettera, datata 26 giugno 1612. Egli, innanzitutto, fornisce una incredibile anticipazione della moderna distinzione tra valori ottici e tattili: la statua, con le sue tre dimensioni, inganna il senso del tatto, mentre la pittura, in due dimensioni, inganna il senso della vista. Da ciò Galilei attribuisce al pittore una maggiore potenza espressiva che non allo scultore, poiché il primo è in grado di produrre emozioni molto meglio del secondo.

A quello poi che dicono gli scultori, che la natura fa gli uomini di scultura e non di pittura, rispondo che ella gli fa non meno dipinti che scolpiti, perché ella gli scolpe e gli colora, ... (Opere XI)

E aggiunge:

Perciocché quanto più i mezzi, co' quali si imita, son lontani dalle cose da imitarsi, tanto più l'imitazione è maravigliosa. (Opere XI)

Nell'arte, come nella poesia e nella musica, disse Galileo, vale la potenza emotiva che si riesce a trasmettere. E questa prescinde dalla descrizione cruda della realtà.

[modifica] Galilei e la musica

La questione della musica e di cosa sia più importante, tra la partitura e le parole, è spesso stata oggetto di discussione. Al tempo di Galilei, così come anche al nostro tempo, talora si tende a dare una pari importanza, se non maggiore, al testo come alla musica. Ci si dimentica, però, che alcune delle canzoni più famose hanno testi molto semplici e ridotti e una musica efficace che colpisce immediatamente. Nella discussione entra in campo lo stesso Galileo, secondo cui la musica, senza l'accompagnamento delle parole, è altrettanto efficace se non superiore:

Non ammireremmo noi un musico, il quale cantando e rappresentandoci le querele e le passioni d'un amante ci muovesse a compassionarlo, molto più che se piangendo ciò facesse? ... E molto più lo ammireremmo, se tacendo, col solo strumento, con crudezze et accenti patetici musicali, ciò facesse... (Opere XI)

[modifica] Opere

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  • "Sidereus Nuncius", 1610
  • "Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua", 1612
  • "Historia e dimostrazioni intorno alle Macchie Solari" (pubblicato dall'Accademia dei Lincei), 1613
  • "Lettera al Padre Benedetto Castelli", 1613
  • "Lettera a Madama Cristina di Lorena", 1615
  • "Discorso sopra il flusso e il reflusso del mare", Roma, 1615
  • "Il Discorso delle Comete", 1619
  • Il Saggiatore, 1623
  • "Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo", Firenze, 1632
  • "Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attenenti alla mecanica et i movimenti locali", Leida, 1638

[modifica] Letteratura

[modifica] Bibliografia

  • Paolo Frisi: Elogio del Galileo (pubblicato dapprima sul giornale Il Caffè e successivamente - 1775 - in volume).
  • F. Flora, Il Processo di Galileo, Rizzoli, Milano, 1954
  • Stillman Drake (1973): "Galileo's Discovery of the Law of Free Fall". Scientific American v. 228, n. 5, pp. 84-92.
  • Entre Galilée et l'Eglise: la Bible. Une mise au point. Etude. Joël COL. ISBN 2-9520299-0-3, AutoEdition Méguila.
  • Alexandre Koyré: Galileo studies, Atlantic Highlands, N.J., 1978
  • Stillman Drake Discoveries and Opinions of Galileo. ISBN 0-385-09239-3
  • Paul Feyerabend: Contro il metodo: Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza, Feltrinelli, Milano 1979 ISBN 88-07-10027-4
  • M. A. Finocchiaro (1980): Galileo and the art of reasoning: Rhetorical foundations of logic and scientific method, Dordrecht, Boston, Mass.
  • William R. Shea, Mariano Artigas: Galileo in Rome: The Rise and Fall of a Troublesome Genius, Oxford University Press.
  • S.M. Pagano, I documenti del processo di Galileo Galilei, Archivio Vaticano, Città del Vaticano, 1984
  • Enrico Giusti: Euclides reformatus. La teoria delle proporzioni nella scuola galileiana, Bollati Boringhieri, Torino 1993 ISBN 88-339-0726-0
  • Enrico Bellone: Galileo, Collana "I grandi delle scienze" curata da Le Scienze, 1998
  • László Vekerdi: Így élt Galilei, Budapest 1988 ISBN 963-7546-82-0
  • Stillman Drake: Galileo, Il Mulino, Bologna 1998 ISBN 88-15-06311-0
  • Lucio Russo: La rivoluzione dimenticata, Feltrinelli, 2003, pp. 402-410
  • Antonio Favaro. "Le Opere di Galileo Galilei, Edizione Nazionale". ("The Works of Galileo Galilei, National Edition", 20 vols.), Florence: Barbera, 1890-1909; reprinted 1929-1939 and 1964-1966. ISBN 8809208811. Brief overview of "Le Opere" @ Finns Fine Books [1]

[modifica] Voci correlate

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