Velocità della luce
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In base alle teorie fisiche moderne, la luce e tutte le altre radiazioni elettromagnetiche si propagano (muovono) a una velocità costante nel vuoto, la velocità della luce. Tale velocità rappresenta una costante fisica indicata tradizionalmente con la lettera c (dal latino celeritas, "velocità"). Indipendentemente dal sistema di riferimento di un osservatore o dalla velocità dell'oggetto che emette la radiazione, ogni osservatore otterrà lo stesso valore della velocità della luce. Nessuna informazione può viaggiare più velocemente di c.
Il valore è circa 30 centimetri per nanosecondo, precisamente
Dal 1983, si è scelto questo valore come esatto per tarare altre costanti, tra cui il metro. Questo valore può essere calcolato dalla permittività del vuoto ε0 e dalla permeabilità magnetica del vuoto μ0. In particolare:
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[modifica] Costante in tutti i sistemi di riferimento
È importante realizzare che la velocità della luce non è un "limite di velocità" in senso convenzionale. Tutti gli osservatori misurano la velocità della luce come uguale. Un osservatore che insegue un raggio di luce vedrà la luce allontanarsi da lui alla stessa velocità di un osservatore stazionario. Ciò porta ad alcune conseguenze controintuitive per le velocità scoperte e pubblicate da Albert Einstein nel suo famoso articolo del 1905 sulla relatività ristretta.
Siamo abituati alla regola additiva delle velocità: se due automobili si avvicinano una all'altra a 50 km/h, ci si aspetta che ogni auto percepisca l'altra come se si avvicinasse a 100 km/h (ovvero la somma delle rispettive velocità).
A velocità prossime a quella della luce, comunque, diventa evidente dai risultati sperimentali, che la regola additiva non è più valida. Due astronavi, ognuna viaggiante al 90% della velocità della luce relativamente a un osservatore posto tra di esse, non si percepiscono l'un l'altra come in avvicinamento al 180% della velocità della luce. La velocità apparente è leggermente inferiore al 99,5% della velocità della luce.
Questo risultato viene dato dalla formula di Einstein per la somma delle velocità:
dove v e w sono le velocità delle astronavi relativamente all'osservatore, e u è la velocità percepita da ciascuna astronave.
Contrariamente alla normale intuizione, indipendentemente dalla velocità a cui un osservatore si muove relativamente a un altro, entrambi misureranno la velocità di un raggio di luce con lo stesso valore costante, la velocità della luce.
Albert Einstein sviluppò la Teoria della Relatività applicando le (bizzarre) conseguenze di cui sopra alla meccanica classica. Gli esperimenti dettati dalla teoria della relatività confermano direttamente e indirettamente che la velocità della luce ha un valore costante, indipendente dal moto dell'osservatore e della sorgente.
Poiché la velocità della luce nel vuoto è costante, è conveniente misurare le distanze in termini di c. Come già detto, nel 1983 il metro venne ridefinito in relazione a c. In particolare, un metro è la 299 792 458a parte della distanza coperta dalla luce in un secondo. Le distanze negli esperimenti fisici e in astronomia vengono comunemente misurate in secondi luce, minuti luce o anni luce.
[modifica] Storia
Per quanto è possibile sapere, Galileo Galilei fu la prima persona a sospettare che la luce non si propagasse istantaneamente e a cercare di misurarne la velocità, ma è possibile che altri prima di lui abbiano ipotizzato un valore finito della velocità della luce. Galileo scrisse del suo tentativo infruttuoso di usare lanterne per mandare dei lampi di luce tra due opposte colline fuori Firenze. La prima misura della velocità della luce è stata fatta da Rømer, utilizzando una anomalia nella durata delle eclissi dei pianeti Medicei, i satelliti di Giove scoperti da Galileo. Egli ottenne un valore di circa 210 800 000 m/s, dovuto alla scarsa precisione con cui erano noti la distanza Terra-Giove e il diametro di quest’ultimo. Una targa all'Osservatorio di Parigi, dove l'astronomo danese lavorava, commemora quella che fu, in effetti, la prima misurazione di una quantità universale, fatta su questo pianeta. Rømer pubblicò i suoi risultati, che contenevano un errore del 10-25%, nel Journal des Scavans. Altre misure sono state effettuate da James Bradley, Hippolyte Fizeau e altri, fino a giungere al valore oggi accettato.
È una bizzarra coincidenza che la velocità della terra lungo la sua orbita sia molto vicina a un decimillesimo di c (il margine è inferiore al punto percentuale). Ciò ci suggerisce come Rømer misurò la velocità della luce. Egli registrò le eclissi di Io, un satellite di Giove: ogni giorno o due, Io entrava nell'ombra di Giove per poi riemergerne. Rømer poteva vedere Io "spegnersi" e "riaccendersi", se Giove era visibile. L'orbita di Io sembrava essere una specie di distante orologio, ma Rømer scopri che ticchettava più velocemente quando la Terra si avvicinava a Giove e più lentamente quando se ne allontanava. Rømer misurò le variazioni in rapporto alla distanza tra Terra e Giove e le spiegò stabilendo una velocità finita per la luce.
[modifica] L'esperienza di Michelson e Morley
Quando si è rigettato il modello della luce come un flusso di particelle, proposto da Cartesio e sostenuto da Newton, il modello ondulatorio, suo successore, poneva il problema di un mezzo che sostenesse le oscillazioni. Tale mezzo, detto etere, doveva avere caratteristiche molto peculiari: elastico, privo di massa e resistenza al moto dei corpi, doveva peraltro trascinare la luce come una corrente trascina una barca o il vento le onde sonore. Un vento dell’etere doveva trascinare la luce. Per verificare la presenza dell’etere tramite l’effetto di trascinamento, Michelson e Morley ripeterono più volte un’esperienza con un interferometro.
Se, a causa del vento dell’etere, la velocità di propagazione della luce nei due bracci AB e BC è diversa, i due fasci di luce impiegano un tempo diverso per tornare a incontrarsi in A e quindi le oscillazioni nei due fasci presentano una differenza di fase δ, come nelle funzioni sinusoidali
Ciò provoca la formazione di frange chiare e scure come si osservano entro una fenditura di circa mezzo millimetro fra due cartoncini posti di fronte a una sorgente di luce (va benissimo lo schermo bianco di un monitor) a circa 20 cm dall’occhio. Le frange dovrebbero spostarsi variando l’orientamento dello strumento rispetto al vento dell’etere. La differenza attesa nei tempi impiegati dalla luce per percorrere i bracci dell’interferometro parallelo e perpendicolare al vento dell’etere si calcola facilmente.
Nelle numerose esperienze di Michelson, Morley e altri ancora non si è mai osservata la formazione di tali frange, indipendentemente dal modo in cui veniva orientato l'interferometro e dalla posizione della Terra lungo la sua orbita. La spiegazione di tale risultato secondo Einstein è che non vi è nessun etere e che l'indipendenza della velocità della luce dalla sua direzione di propagazione è un'ovvia conseguenza dell'isotropia dello spazio. L'etere diventa semplicemente non necessario.
[modifica] Effetti "superluminali"
Il limite imposto dalla relatività ristretta per la velocità in realtà non è un limite sulla velocità di propagazione di oggetti e segnali ma è un limite sulla velocità a cui si può propagare l'informazione. Sebbene queste due cose coincidano quasi sempre questa sottile distinzione permette, in alcuni casi particolari, di ottenere effetti cosiddetti "superluminali". In questi casi, si possono vedere brevi impulsi di luce che superano degli ostacoli con una velocità apparentemente maggiore di c. Eccedere la velocità di gruppo della luce in questo modo è paragonabile a eccedere la velocità del suono sistemando una fila di persone opportunamente distanziate, e facendogli urlare "Sono qui!", una dopo l'altra a brevi intervalli temporizzati da un orologio, in modo che non debbano sentire la voce della persona precedente prima di poter urlare. Secondo il modello standard non è possibile che l'informazione venga trasmessa più velocemente di c in uno spaziotempo uniforme. Sarebbe possibile usando un buco di tarlo, ma l'esistenza di questi ultimi non è supportata da prove sperimentali.
[modifica] Rifrazione
Passando attraverso i materiali la luce subisce degli eventi di scattering e, in moltissimi casi di interesse, si comporta come se si propagasse con una velocità inferiore a c, di un fattore chiamato indice di rifrazione del materiale. La velocità della luce nell'aria è solo leggermente inferiore a c. Materiali più densi, come l'acqua e il vetro rallentano la luce a frazioni pari a 3/4 e 2/3 di c.
[modifica] Esperimenti di rallentamento della luce
Nel 1999, un gruppo di scienziati guidati da Lene Hau fu in grado di rallentare la velocità di un raggio di luce fino a circa 61 km/h. Nel 2001, furono in grado di fermare momentaneamente un raggio. Si veda: condensato di Bose-Einstein per ulteriori informazioni.
Nel gennaio 2003, Mikhail Lukin, assieme a scienziati della Harvard University e dell'Istituto Lebedev di Mosca, riuscirono a fermare completamente la luce dentro un gas di atomi di rubidio ad una temperatura di circa 80°: gli atomi, per usare le parole di Lukin, "si comportavano come piccoli specchi" (Dumé, 2003), a causa degli schemi di interferenza di due raggi di "controllo". (Dumé, 2003)
Nel luglio del 2003, all'Università di Rochester Matthew Bigelow, Nick Lepeshkin e Robert Boyd hanno sia rallentato che accelerato la luce a temperatura ambiente, in un cristallo di alessandrite, sfruttando i cambiamenti dell'indice di rifrazione a causa dell'interferenza quantistica. Due raggi laser vengono inviati sul cristallo, in determinate condizioni uno dei due subisce un assorbimento ridotto in un certo intervallo di lunghezze d'onda, mentre l'indice di rifrazione aumenta nello stesso intervallo, o "buco spettrale": la velocità di gruppo è dunque molto ridotta. Usando invece lunghezze d'onda differenti, si è riusciti a produrre un "antibuco spettrale", in cui l'assorbimento è maggiore, e dunque alla propagazione superluminale. Si sono osservate velocità di 91 m/s per un laser con una lunghezza d'onda di 488 nanometri, e di meno 800 m/s per lunghezze d'onda di 476 nanometri. La velocità negativa indica una propagazione superluminale, perché gli impulsi sembrano uscire dal cristallo prima esservi entrati.
Nel settembre 2003, Shanhui Fan e Mehmet Fatih Yanik dell'Università di Stanford hanno proposto un metodo per bloccare la luce all'interno di un dispositivo a stato solido, in cui i fotoni rimbalzano tra pilastri di semiconduttori creando una specie di onda stazionaria. I risultati sono stati pubblicati su Physical Review Letters del febbraio 2004.
[modifica] Voci correlate
- Apparato di Fizeau-Foucault
- Galileo Galilei
- Esperimento di Michelson-Morley
- Onda
- Radiazione elettromagnetica
- Onda elettromagnetica