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Vittorio Pozzo - Wikipedia

Vittorio Pozzo

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«Se ripenso ai raduni di quella nazionale nella mia città, a Cuneo, faccio fatica a credere in tanta modestia. La imponeva Vittorio Pozzo, un tipo di alpino e salesiano arrivato chissà come alla guida degli azzurri senza essere né un allenatore di professione né un burocrate dello sport ma semplicemente un piemontese risorgimentale ciecamente convinto delle virtù piemontesi. Uno di quelli per cui la parola sacra è "el travail".»
(Giorgio Bocca. Pozzo, Meazza e Piola. L’Italia a misura d’uomo. «La Repubblica», 07 luglio 2006)

Vittorio Pozzo (Torino, 2 marzo 1886 - Ponderano, BI, 21 dicembre 1968) è stato allenatore della nazionale italiana di calcio negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso.

Indice

[modifica] Note biografiche

Vittorio Pozzo
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Vittorio Pozzo

Vittorio Pozzo nacque da una famiglia di origini biellesi e modeste condizioni economiche. Frequentò il Liceo Cavour a Torino, la sua città natale; in seguito studiò lingue e giocò a calcio in Francia, Svizzera ed Inghilterra, amando particolarmente quest'ultimo paese e cercando di carpire e far suoi i segreti del calcio albionico.

Da calciatore militò nella squadra elvetica dei Grasshoppers (anni 1905-1906), che lasciò per tornare nella sua Torino, dove contribuì a fondare il Torino Football Club, squadra nella quale militò per cinque stagioni, sino al ritiro dall'attività agonistica, nel 1911, e di cui fu direttore tecnico dal 1912 al 1922.

Terminati gli studi, entrò alla Pirelli, dove divenne dirigente, incarico che lascerà per assumere quello di commissario unico della nazionale italiana, accettandolo con l'unica e singolare condizione di non essere retribuito.

Pozzo Venne nominato per la prima volta commissario unico (o commissario tecnico che dir si voglia) della nazionale di calcio in occasione delle olimpiadi di Stoccolma, nel giugno 1912: era l'esordio assoluto per una selezione italiana in una competizione ufficiale. La squadra venne eliminata al primo turno perdendo 3-2 con la Finlandia dopo i tempi supplementari. Pozzo si dimise e tornò a lavorare alla Pirelli; la nazionale ritornò nelle mani della cosiddetta "commissione tecnica", un curioso comitato variamente composto da dirigenti federali, arbitri, calciatori, ex calciatori, allenatori e giornalisti. In tutto il suo primo periodo la nazionale fu guidata da questo gruppo eterogeneo di composizione variabile: Pozzo fu di fatto la sola persona a rivestire il ruolo di commissario unico sino agli anni Sessanta, con le brevi eccezioni di Augusto Rangone (1925-1928) e Carlo Carcano (1928-1929).

Pozzo prese parte alla prima Guerra Mondiale in veste di tenente degli Alpini. Questa esperienza lo segnò profondamente: ne trasse un'esperienza di rigore morale ed educazione alla modestia e all'essenzialità spartana della vita di trincea che applicò costantemente ai rapporti umani e alla professione sportiva.

Nel 1921, Pozzo fu incaricato dalla federcalcio di studiare una soluzione di compromesso alle tensioni tra le grandi squadre e le società minori perché le prime ritenevano che il numero di partecipanti al campionato andasse ridotto. La mediazione di Pozzo fallì e la crisi sfociò nella scissione tra la FIGC e la CCI, rientrata comunque l'anno seguente.

Nel 1924, in occasione delle olimpiadi parigine, Pozzo venne nuovamente nominato commissario unico. Questa volta gli azzurri riuscirono ad arrivare ai quarti, dove vennero battuti per 2 a 1 dalla Svizzera. Anche in seguito a questa sconfitta Vittorio Pozzo si dimise e tornò a dedicarsi al suo lavoro e alla moglie, che poco tempo dopo perderà per una malattia incurabile. Dopo la scomparsa della moglie, Pozzo si trasferì a Milano, dove al suo lavoro in Pirelli, affiancò quello di giornalista per La Stampa di Torino.

[modifica] Dieci anni d'oro

Nel 1929 l'allora presidente della Figc Leandro Arpinati gli chiese di guidare nuovamente la squadra azzurra e Pozzo, per la terza volta, accettò, dando il via al periodio d'oro della nazionale italiana.

Nel volgere di un decennio, Pozzo collezionò un palmarès difficilmente eguagliabile. Vinse infatti due titoli mondiali (1934, e '38); un oro olimpico nel 1936 (l'unico della storia) e due coppe internazionali (1930 e 1935).

Pozzo dà indicazioni ai suoi giocatori prima dei tempi supplementari di Italia-Cecoslovacchia (1934)
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Pozzo dà indicazioni ai suoi giocatori prima dei tempi supplementari di Italia-Cecoslovacchia (1934)
Pozzo portato in trionfo dopo la vittoria del mondiale del 1934
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Pozzo portato in trionfo dopo la vittoria del mondiale del 1934
Per approfondire, vedi le voci Nazionale di calcio dell'Italia, Mondiali di calcio Italia 1934, Mondiali di calcio Francia 1938 e Coppa internazionale.


In un'epoca in cui i maghi erano ancora sconosciuti, Vittorio Pozzo seppe crearsi una solida popolarità senza fare ricorso ad acrobazie tecniche e verbali, ma con la concreta eloquenza dei risultati. Anche se non sempre seppe o volle liberarsi dalla retorica imperante dei tempi (amava preparare spiritualmente i giocatori agli incontri ricordando loro la battaglia del Piave, e si diceva che facesse cantar loro le canzoni di guerra degli alpini), Pozzo dimostrò una rigorosa serietà morale e professionale che lo contraddistinse anche da commentatore sportivo.

Il tenente Pozzo fu anche il primo a fare uso sistematico dei "ritiri", i periodi di isolamento in preparazione di un evento sportivo. Le sedi scelte normalmente erano residenze molto essenziali, in omaggio allo stile militaresco del CT, che però era anche un maestro nel creare spirito di gruppo e nel cementare i rapporti personali, prevenendo malumori e lacerazioni nello spogliatoio.

In un'appassionata pagina Giorgio Bocca lo ricorda così:

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«Il commissario unico era un ufficiale degli alpini e un fascista di regime. Vale a dire uno che apprezzava i treni in orario ma non sopportava gli squadrismi, che rendeva omaggio al monumento degli alpini ma non ai sacrari fascisti.»
(Giorgio Bocca. Pozzo, Meazza e Piola. L’Italia a misura d’uomo. «La Repubblica», 07 luglio 2006)

Un altro giudizio lo dà il suo concittadino, lo scrittore e giornalista Gianpaolo Ormezzano:

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«[Vittorio Pozzo] era riuscito a gestire la nazionale, che pure il regime voleva usare come strumento di propaganda, tenendola abbastanza lontano dalle pressioni e dalle tresche dei gerarchi.

[...]

Pozzo non fu antifascista, né mai pretese di esserlo, ma non fu nemmeno banditore troppo strumentalizzato da parte del potere. [...] Forse quello fu l'unico modo per evitare che la sua squadra diventasse la Nazionale di Mussolini.»
(G. Ormezzano. Il calcio: una storia mondiale. Longanesi, Milano, 1989, ISBN: 8830409189)

[modifica] Tattica

Il Metodo di Vittorio Pozzo
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Il Metodo di Vittorio Pozzo

Fino agli anni Trenta la tattica più diffusa nel calcio era stata la cosiddetta piramide di Cambridge, cioè un 2-3-5 a forma di piramide rovesciata che aveva il suo vertice nel portiere. L'ideazione di questo schema è attribuita alla squadra del noto college britannico, mentre il suo lancio è dovuto ai Blackburn Rovers, che lo applicarono per la prima volta negli anni Novanta dell'Ottocento vincendo cinque coppe di lega. Per oltre un trentennio questo modulo conobbe ininterrotta fortuna nelle isole britanniche e, di riflesso, nel mondo intero. Negli anni del primo dopoguerra, per evoluzione, dalla piramide ebbero origine simultaneamente il WM, o sistema, praticato dall'Arsenal di Herbert Chapman e il metodo, i cui padri sono comunemente identificati in Vittorio Pozzo e nel suo amico e rivale Hugo Meisl, per venticinque anni allenatore della nazionale austriaca.

Pozzo e Meisl svilupparono idea di uno schieramento con due difensori arretrati e un giocatore centrale posto dinnanzi alla difesa, in mezzo ai due mediani. Questo giocatore, detto appunto centromediano metodista, fungeva da cardine della manovra ed era un vero e proprio antenato del "regista" all'italiana. Rispetto al sistema lo spostamento in avanti del difensore centrale forniva un maggiore sostegno ai mediani. Infine, l'arretramento verso la mediana dei due inside forward, gli "attaccanti interni" della piramide (detti anche "mezze ali") dava origine ad una formazione del tipo 2-3-2-3, o "WW", poiché ripeteva sul campo la forma di queste lettere. In questo modo si creava di fatto una superiorità numerica a centrocampo: la difesa risultava più protetta e i contrattacchi risultavano più rapidi ed efficaci.

Mentre Meisl si mostrò propenso ad applicare una versione dinamica del metodo, dando di fatto origine ad un ibrido con il "sistema", Pozzo rimase legato alla prima versione della sua tattica, dichiarandosi sempre recisamente contrario all'introduzione dello schema inglese, che egli riteneva poco adatto alle caratteristiche ed allo stile degli italiani.

Per approfondire, vedi le voci Hugo Meisl e Metodo (calcio).

Dimostrando comunque di non avere una visione preconcetta della tattica, Pozzo seppe adattare i suoi convincimenti: col tempo infatti crebbe nel suo gioco l'importanza delle mezze ali interne, anche perché ebbe a disposizione due fortissimi interpreti di quel ruolo: Giuseppe Meazza e Giovanni Ferrari, che non a caso furono gli unici due titolari fissi di entrambe le selezioni campioni del mondo.

[modifica] Finale

Su pressioni della Federcalcio Pozzo diede le dimissioni da commissario tecnico il 5 agosto del 1948. Era ritenuto un uomo del passato, non più adatto a ricoprire il suo ruolo: veniva identificato con i successi sportivi del regime fascista. Inoltre rimaneva un convinto assertore della validità del metodo, mentre le squadre più vincenti all'epoca applicavano il sistema. Tra queste, paradossalmente, c'era il Grande Torino, ossatura della sua nazionale negli anni del secondo dopoguerra.

Al momento del ritiro Pozzo era stato commissario tecnico della nazionale per 6.927 giorni: un primato difficilmente eguagliabile. Aveva collezionato 97 panchine con la nazionale, con un totale di 64 vittorie, 17 pareggi e 16 sconfitte. La sua percentuale di vittorie è pari al 65,97% delle partite giocate: anche questo un record tra i CT azzurri.

L'ultimo straziante atto ufficiale, nel 1949, fu il riconoscimento dei corpi dilaniati nella tragedia di Superga dove morirono i giocatori del Grande Torino, suoi amici ed allievi.

Pozzo morì nel 1968 a Ponderano, nel cui cimitero oggi riposano le sue spoglie.

La damnatio memoriae che colpì la sua figura si perpetuò nel rifiuto di intitolargli il nuovo stadio di Torino (l'attuale "Delle Alpi"), eretto in occasione dei mondiali del '90.

[modifica] Curiosità

Pozzo - pare - amava portare con sé due portafortuna.

Il primo era una scheggia della Coppa Internazionale. Il trofeo era una sorta di antenato delle competizioni europee per nazioni, e Pozzo l'aveva vinto per la prima volta l'11 maggio 1930 quando a Budapest la sua nazionale batté l'Ungheria per 5-0 nell'ultima e decisiva partita. Avvenne che il trofeo cadesse per terra e, essendo interamente di cristallo di Boemia, si rompesse in numerosi pezzi senza poter essere riparato.

Il secondo portafortuna era un biglietto per l'Inghilterra, dono di un famigliare, che Pozzo non utilizzò mai.

[modifica] Bibliografia

[modifica] Monografie

  • Simon Martins, Calcio e fascismo - Lo sport nazionale sotto Mussolini, Oscar Mondadori, Milano, 2004
  • Gianpaolo Ormezzano. Il calcio: una storia mondiale. Longanesi, Milano, 1989, ISBN 8830409189.
  • Antonio Papa, Guido Panico. Storia sociale del calcio in Italia dai club dei pionieri alla nazione sportiva (1887-1945), Il Mulino, Bologna 1993, ISBN 8815087648.
  • Vittorio Pozzo. Campioni del mondo - Quarant'anni di storia del calcio italiano, CEN, Roma, 1968 (2. ed.)

[modifica] Siti web

Nazionale Italiana - Coppa del Mondo “Jules Rimet” 1934

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Commissario Tecnico: Pozzo

Nazionale Italiana - Coppa del Mondo “Jules Rimet” 1938

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