Viggiù
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Viggiù | |||
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Stato: | Italia | ||
Regione: | Lombardia | ||
Provincia: | Varese | ||
Coordinate: |
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Altitudine: | 506 m s.l.m. | ||
Superficie: | 9,3 km² | ||
Abitanti: |
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Densità: | 560 ab./km² | ||
Frazioni: | Baraggia | ||
Comuni contigui: | Arcisate, Besano, Bisuschio, Cantello, Clivio, Meride (CH-TI), Saltrio | ||
CAP: | 21059 | ||
Pref. tel: | 0332 | ||
Codice ISTAT: | 012139 | ||
Codice catasto: | L876 | ||
Nome abitanti: | viggiutesi | ||
Santo patrono: | Santo Stefano | ||
Giorno festivo: | 3 agosto | ||
Sito istituzionale |
Viggiù è un comune di 5.210 abitanti della provincia di Varese.
Indice |
[modifica] Storia
Le indagini storiografiche su Viggiù fanno pensare a due ipotesi circa la sua origine. L’una lo vedrebbe affondare le proprie radici nelle popolazioni orobiche dell’età protostorica, l'altra riterrebbe il paese fondato, probabilmente, da Giulio Cesare, da cui il nome romano Vicus Juli (vale a dire paese di Giulio), trasformatosi, con il passare del tempo, in Vicluvium, quindi Vigloeno, Vigue e alla fine Viggiù. A sostegno della seconda tesi vi sono alcuni reperti archeologici, tra cui alcune lapidi ed un coperchio di sarcofago risalenti all'epoca romana, ritrovati sul colle San Martino, ed una tradizione orale, secondo la quale, la località Cascina Vidisello sarebbe stata costruita attorno alle rovine di un accampamento romano. Fra le curiosità da non dimenticare vi è la famosa "Pietra di Viggiù" che, era estratta dalle colline limitrofe. Essa veniva utilizzata come materiale da costruzione e da decorazione ed in passato portò il territorio ad essere un luogo di grande importanza artistica. Artigiani prima, poi abili artisti e creatori, i viggiutesi utilizzarono, ovviamente, la "pietra" (una fine arenaria di colore grigio paglierino), che ben si presta come materiale adatto per fini esecuzioni decorative. Si pensi che già dal XII secolo, artisti viggiutesi facevano parte della Confraternita dei Maestri Comacini. Dal 1500 sino alla metà del 1600, vere e proprie colonie di "artieri" viggiutesi erano presenti a Roma per pregevoli esecuzioni artistiche ed architettoniche. Fra i principali artisti si ricordano i Butti, i Giudici, i Longhi, i Piatti, gli Argenti ed i Galli. Una vera e propria schiera di artisti che diedero fama a Viggiù come Paese degli Artisti.
[modifica] Evoluzione demografica
Abitanti censiti
[modifica] Monumenti e Luoghi di interesse
Numerosi sono i tesori artistici di Viggiù, fra i quali si ricorda il centro storico, unico nel suo genere. Arrivando a Viggiù lo si riconosce immediatamente per l’aggregazione dei cortili aperti o a volte grandi; in origine non erano altro che le officine, dove veniva tagliata e plasmata la pietra. Viggiù è anche detto il paese dei picasass, poiché un tempo, transitando fra le sue vie, si udivano solo degli scampanellii di martelli che picchiavano sulla pietra. Numerose sono le chiese arricchite dalle opere degli artisti locali. Nel cuore del paese si trova [[Villa Borromeo]] (di proprietà comunale), elegante edificio tardo-neoclassico, inserito in una graziosa cornice di verde, che la rende meta ideale per le escursioni quotidiane dei viggiutesi. La villa, con pianta a "C" è aperta con un cortile rivolto verso via Roma; tale delimitazione è ottenuta mediante un leggero colonnato che, nella parte centrale, rientra, formando una specie di esedra, così da facilitare la veduta e la sosta. La parte dell’edificio prospettante verso il parco ha un disegno molto lineare; l’ingresso principale è arricchito da un austero porticato, sorretto da pesanti colonne tuscaniche. Nel giardino ha collocazione la scuderia, dalla pianta circolare, decorata lungo le pareti da teste equine in terracotta (oggi sede del Museo dei Picasass); oltre a questo edificio, sono visibili le testimonianze dell’antica orangerie. La villa attualmente è utilizzata per esposizioni artistiche estemporanee, organizzate nel periodo estivo. Sicuramente da visitare anche il complesso museale che è composto da diverse collezioni dei famosi scultori viggiutesi quali il Buzzi Reschini e il Conti. Infine merita una visita la Cascina Vidisello, che si trova sulla sommità di un piccolo rilievo e che è caratterizzata da terrazzamenti coltivati. Sembra che tale struttura sia sorta sopra i resti di un antico accampamento romano e risulta censita nel Catasto di Maria Teresa d’Austria. Di proprietà della famiglia Buzzi, l'attuale struttura presenta una tipologia ad "U", con corte interna, dove dominano alcuni porticati e loggiati che sono a testimonianza del suo specifico legame con le attività agricole. Belli gli affreschi decorativi sulle pareti del porticato inferiore.
[modifica] Chiesa Parrocchiale di Santo Stefano Protomartire
Il primitivo edificio, in forme romaniche, venne innalzato all'estremità del paese al termine della corona di case, che costituivano un ampio ed alto anfiteatro verso la Valceresio. La chiesa fu ampliata nel XV secolo fino a raggiungere le attuali dimensioni: tre ampie navate, suddivise in quattro campate, delimitate agli estremi da sei colonne monolitiche in pietra di Saltrio e sormontate da capitelli. L'intervento che segnò maggiormente la struttura dell'edificio, fu la trasformazione tardo-cinquecentesca a cura dell’architetto viggiutese Martino Longhi, il quale ne realizzò la facciata con l’ampio portico ed il campanile dall’imponente mole, che raggiunge l’altezza di 45 metri. La chiesa, ormai definita nelle sue forme rinascimentali, veniva successivamente abbellita lungo il lato sinistro da alcune cappelle. All’inizio della navata sinistra si incontra la cappella seicentesca intitolata a San Giovanni Battista e Sant'Orsola. Nell’architettura sono chiarissimi i segni caratteristici del manierismo lombardo. L’altare, eretto nel 1763, inquadra una tela seicentesca che raffigura l’Assunzione in cielo di Maria tra i santi: Giovanni Battista e Orsola in primo piano, cui fanno da sfondo Santa Caterina e Sant'Apollonia sulla destra, San Lorenzo e San Sebastiano sulla sinistra; in basso a sinistra si può vedere il ritratto di Sebastiano Longhi ,committente della tela. Significative, poi, anche le tele del morazzoniano Isidoro Bianchi, che ornano le pareti laterali della cappella: a sinistra il martirio di S. Orsola, a destra la decollazione del Battista. Nelle lunette della volta vengono riproposte, ad affresco, le scene dei martiri dei santi cui è dedicata la cappella. La volta con ricchi stucchi seicenteschi, ha al centro un immagine a rilievo del Padre Eterno. Proseguendo verso l’altare maggiore si trova la settecentesca cappella della Madonna del Carmelo; l’altare, in marmi policromi, realizzato su disegno dell’architetto viggiutese Carlo Maria Giudici, conserva, oltre alla statua lignea della "Madonna del Carmelo", altre due statue lignee del XVII secolo, dedicate a San Francesco ed a Santa Caterina egiziaca. Alle pareti tele d’autore ignoto con a sinistra la nascita della Madonna e a destra la nascita del Messia; nella volta scene relative alla vita di Maria: a sinistra la presentazione di Maria al tempio, a destra, lo sposalizio della Vergine Segue, la cappella del Santo Cuore, in origine dedicata a Santa Caterina d’Alessandria, con altare del 1780, opera del viggiutese Stefano Argenti, su disegno dell’architetto Gabriele Longhi. La statua del S. Cuore, in marmo di Carrara, è opera novecentesca dello scultore Luigi Bottinelli; la parete di sinistra reca un affresco con le nozze mistiche di Santa Caterina. La navata di sinistra termina con l’altare del Crocifisso, con l’ancona eseguita nel 1727, da Onorato Buzzi e ornata sulla sommità da putti e sudario, opera di Elia Vincenzo Buzzi. L’altare maggiore, in mezzo all’ampio presbiterio, risale alla prima metà del Settecento 1737-1739 ed è opera di Giovan Battista Giudici. A destra dell’altare maggiore sorge il settecentesco altare dedicato a Sant'Antonio da Padova, in origine dedicato a San Rocco, della cui struttura architettonica fanno parte due angioletti, opera del noto scultore viggiutese Elia Vincenzo Buzzi. Infine, sulla parete della navata destra, si trova l’altare dedicato all’Annunciazione. Realizzato nel 1764, su disegno di Carlo Maria Giudici, è sormontato da una tela, donata dal noto architetto viggiutese, Flaminio Ponzio, che rappresenta "l’Annunciazione a Maria Vergine" tra angeli cantori e musici. Una lapide sotto l’avanportico della chiesa ricorda come, lunedì 30 ottobre 1413, Sigismondo di Lussemburgo, figlio di Carlo IV, già da tre anni eletto re dei Romani, dalla chiesa di Santo Stefano datò una lettera regia con la quale rendeva nota la sua scelta della città di Costanza come sede di un Concilio Generale, indetto per porre fine allo scisma che affliggeva la Chiesa e per dipanare la confusa situazione provocata dalla contemporanea presenza sul trono di Pietro di tre papi: Papa Gregorio XII, Papa Giovanni XXIII e Papa Benedetto XIII. La chiesa, all’inizio degli anni ’50, su progetto dell’architetto Enrico Castiglioni, venne ampliata con una nuova e capiente aula, sul lato sinistro del presbiterio; all’interno della sua architettura, dalle moderne linee sinuose, trova collocazione un’interessante tela seicentesca (donata dalla famigli Longhi), raffigurante il "Martirio di S. Stefano". Il piazzale antistante la chiesa è dovuto, per la parte sinistra a lavori di bonifica del vecchio cimitero, mentre per la parte destra ad un intervento di progettazione di Gabriele Longhi che chiude, con ampi muri di sostegno, il dislivello della parte antistante la chiesa. La festività che celebra il Santo Patrono, contrariamente alla tradizione che vuole tale rito il 26 dicembre, si svolge il 3 agosto in ricordo del rinvenimento delle ossa del santo avvenuto in tale data.
[modifica] Chiesa di San Martino
Sorge su una piccola altura, un tempo quasi completamente terrazzata e coltivata (oggi incolta verso Sud ed edificata verso Nord), situata a meridione del nucleo abitato. Vi si accede mediante una piccola strada a "rizzada", che si stacca dalla comunale Viggiù - Baraggia, il cui ingresso è segnato da un arco settecentesco. Lungo la strada di accesso alla chiesa sorgono le cappelle della via Crucis, con bassorilievi bronzei, opera novecentesca dello scultore viggiutese Giacomo Buzzi Reschini. L’area in cui sorge la chiesa, secondo la tradizione e le testimonianze archeologiche, ha sempre costituito un luogo di particolare rilievo anche al tempo dei Romani, testimoniato dalla scoperta di monete romane e dai resti di un sarcofago tardo-romano, rinvenuto nei dintorni e visibile all’esterno della chiesa. L’edificio, in origine prima chiesa parrocchiale viggiutese, nel seicento divenne cappella privata della famiglia dei Longhi, che svolgeranno un ruolo di primo piano nell’architettura della Roma seicentesca, che la adibì a mausoleo di famiglia e la arricchirono di arredi sacri e preziosi. La chiesa, con elegante portale cinquecentesco (con al centro lo stemma dei Longhi), ha pianta ad aula profonda e riflette al suo interno la semplicità che ne caratterizza la parte esterna; le pareti, senza alcuna decorazione, illuminate a mezzogiorno da due semplici finestre ogivali, conducono lo sguardo dell’osservatore verso la pala dell’altare, che rappresenta la Crocifissione.
[modifica] Chiesa della Madonna della Croce
Il nome col quale è denominata la chiesa “della Croce” si riferisce alla collocazione della medesima in prossimità di un quadrivio, spazio in cui, nell’antichità, si solevano edificare cappelle o altri popolari luoghi di culto. Della chiesa della Madonna della Croce, chiamata anche Beata Vergine dell'Assunta, si hanno notizie sul finire del secolo XV, i primi interventi di ampliamento sono avvenuti nel corso della prima metà del Settecento. La facciata, in chiaro stile bramantesco, fu realizzata verso la metà dell’Ottocento su disegno di Giacomo Buzzi Leone. Le parti di maggior rilievo sono: portali, finestre, elementi architettonici in pietra di Viggiù; ai lati della facciata, medaglioni in terracotta dello scultore Luigi Buzzi Leone raffiguranti: a sinistra Mosè, a destra Davide. E’ una specie di Pantheon dei Viggiutesi illustri; al suo interno si riscontrano diversi stili, dal barocco dell'altare al neoclassico di alcune statue, sino ai rilievi in stile moderno. Appoggiati alla parete di sinistra abbiamo: il monumento al Giureconsulto Paolo Piazza, opera del figlio scultore Giovanni, segue il monumento a Antonio Buzzi Quattrini (1807), dello scultore Stefano Butti, segue, dello stesso autore e l’altare di Sant'Apollonia, con statua in gesso, di stile neoclassico. Sulla parete destra trova collocazione un’Annunciazione del viggiutese Nando Conti. L'altare principale fu eseguito in stile barocco, su disegno dell'architetto Gabriele Longhi e dallo stesso donato alla chiesa. L'affresco al centro dell'altare, pur avendo subito dei ritocchi nel corso del tempo, attrae il visitatore per la sua composizione e la vivacità dei colori. Dipinto da un ignoto artista, verso la fine del XV secolo, è attribuito alla scuola del Bergognone. Rappresenta la "Vergine col Bambino", seduta sopra un ricco "trono" di stile gotico. Ai fianchi dell'altare, sulla parete, fra decorazioni a stucco, si trovano i dipinti dei Santi Lorenzo e Stefano, risalenti ai primi dell'800. Sulla volta dell'altare si trova l'affresco raffigurante la SS. Trinità, mentre, in quella dell'aula, l'Assunzione di Maria in Cielo, con agli angoli i Quattro Evangelisti, opera della maturità dello scultore viggiutese Stefano Butti. Prima di uscire dalla chiesa si noti la bella e comoda loggia, che il defunto conte Renato Borromeo aveva fatto costruire per assistere alle funzioni religiose, collocandovi nel centro l'antico motto di famiglia in latino: "HUMILITAS". Il modesto campanile a tre campane, fu eretto nel 1859, in sostituzione del precedente a vela.
[modifica] Chiesa di Santa Maria nascente detta della Madonnina
Nel centro storico, inserita nelle contrade più antiche del paese, lungo la strada che porta verso il colle Sant'Elia, si eleva la chiesa settecentesca dedicata a Santa Maria Nascente, comunemente chiamata della Madonnina. Venne edificata nel 1718, sul luogo dove sorgeva una piccola cappella votiva eretta quale ex voto contro la peste. La semplice facciata, con elegante portale e due finestre dalle modanature leggermente sinuose, è fiancheggiata dallo svettante campanile, innalzato nel 1750, che termina con una copertura a pianta ottagonale, che corona in maniera leggiadra la cella campanaria. Il semplice interno, con pianta a croce latina, conserva le statue dei Santi che maggiormente sono legati alla fede dei Viggiutesi: Santa Lucia, Sant'Orsola e San Carlo Borromeo. L’altare neoclassico, nel braccio sinistro della croce, è dedicato a Santa Lucia, patrona dei Picasass viggiutesi. La statua della Santa è opera dello scultore viggiutese Antonio Bottinelli (1850-1898), autore di diverse opere per la Fabbrica del Duomo, tra cui, una statua di San Carlo. L’altare maggiore, con finissimi intagli e rilievi, in stile neoclassico, è arricchito dalle statue di Maria Santissima Orante, opera di Stefano Butti, con ai lati altre due statue: San Giovanni di Guido Butti e San Luca di Antonio Galli, rinomati artisti viggiutesi dell’Ottocento. Alla base, medaglioni con ritratti eseguiti dal giovane scultore Giovanni Piazza. Tale altare, del 1825, realizzato, gratuitamente, da un gruppo di artisti viggiutesi, su disegno dell’architetto del Duomo di Milano Giacomo Pestagalli, sostituisce quello più antico, che viene venduto alla parrocchia di Meride.
[modifica] Chiesa della Beata Vergine del Rosario
La costruzione della chiesa fu voluta per ospitare i padri domenicani (inquisitori) che provenivano dal convento di Como e, durante la Quaresima, offrivano il proprio apostolato di preghiera. Si hanno notizie dell’edificio sin dal 1539, in esso avevano sede i padri domenicani ed i membri della Confraternita del Santo Rosario. Tra la fine del seicento e l’inizio del secolo successivo, per un contrasto con i padri domenicani, ospitati nella medesima struttura, si inizia, a cura dei confratelli, ad edificare un nuovo oratorio dedicato a San Pietro Martire, alla Madonna delle Grazie e del Rosario. La progettazione dell’edificio, nel 1618 è dovuta al noto architetto viggiutese Onorio Longhi. Per problemi finanziari, il progetto non sarà portato a termine e le strutture verranno demolite a metà del 700. Abbandonato questo progetto, si decide di investire tutte le forze per il rinnovo del vecchio edificio che assume quindi l’aspetto attuale. La chiesa della Madonna del Rosario sorge ai piedi della collina della Pessina, dalle cui pendici si può notare il contrasto tra la semplice facciata della chiesa ed il leggiadro campanile, coronato dall’aerea statua stellata della Vergine. Al suo interno, cupole, volte, colonne policrome, lesene, trabeazioni e leggere loggette sono a coronamento degli affreschi e delle tele che ne arricchiscono le pareti ed il soffitto. Alla parete di sinistra è appesa una tela del viggiutese Carlo Maria Giudici, raffigurante il "Battesimo di Sant'Agostino alla presenza di Santa Monica", mentre quella di destra (che sino al 1993 recava una pregevole tela di Francesco Salviati, ora alla Pinacoteca di Brera, raffigurante la "Deposizione di Cristo"), reca, ora, una tela dallo stesso soggetto ma, di autore ignoto e meno prestigioso. Il soffitto è decorato con affreschi del noto pittore viggiutese Carlo Maria Giudici. L’altare maggiore, di forme neoclassiche, è coronato dalle pregevoli statue in gesso: a sinistra di Re David e a destra il Profeta Isaia, dello scultore Gaetano Monti di Ravenna.
[modifica] Chiesa di Sant'Elia
Sulla sommità del colle Sant'Elia, a 665 metri di altitudine, sorge la chiesa dedicata all’omonimo profeta. Eremo cluniacense, dipendente dal priorato di Vertemate, come risulta da un decreto di Papa Urbano II (risalente al 1095), nel XIII sec., era l’unica chiesa della diocesi ambrosiana dedicata al Santo Profeta. Non resta nessuna testimonianza dell’antico cenobio, in quanto l’edificio odierno è frutto di una serie di trasformazioni, operate nel corso del XVI e XVII secolo. Dopo l’invasione dei lupi cervieri, del 1504, la chiesa divenne meta di pellegrinaggi da molti paesi del circondario, cosicché nel 1687 si rese necessario costruire una nuova strada per facilitare la salita dei pellegrini che aumentavano considerevolmente di anno in anno. Un ampio ed arioso portico, aperto verso valle, coronato da tre archi a tutto sesto, immette all’interno dell’edificio, che si presenta in maniera abbastanza inconsueta rispetto alle altre chiese viggiutesi in quanto è totalmente affrescato sulle pareti ed anche sul soffitto. La pianta della chiesa è ad aula con una cappella per ogni lato, oltre a quella dell’altare maggiore. La cappella maggiore, presenta un altare settecentesco, dall’elegante cornice in pietra, che racchiude l’affresco raffigurante il "profeta Elia che viene portato in cielo" dal biblico carro di fuoco; anche le pareti laterali dell’abside e il soffitto sono affrescate con le storie del profeta. La cappella sul fianco sinistro, dedicata a San Giuseppe, e quella sul lato destro, dedicata all’Immacolata, risalgono entrambe al XVII secolo. La cappella di sinistra ospita una tela del pittore C. Cane, raffigurante San Giuseppe, quella di destra è occupata dal simulacro ligneo dell’"Immacolata che schiaccia il peccato", in forma di serpente. La navata è decorata lungo le pareti con le storie del profeta Elia e, sul soffitto, con la "Trasfigurazione", realizzate dal noto pittore svizzero Francesco Giorgioli, all’inizio del Settecento. Nel 1965 un fulmine abbatté il campanile, che venne riedificato all’inizio degli anni 70.
[modifica] Chiesa di San Giuseppe
Chiesa parrocchiale della frazione di Baraggia, costruita nella prima metà del nostro secolo su progetto dell’architetto Zanchetta, ha un aspetto essenziale, nella semplice facciata e nello slanciato campanile. Al suo interno, a pianta longitudinale ad unica navata, è da segnalare, nella cappella dell’altare maggiore, una tela del noto pittore viggiutese (attivo nel Novecento) Antonio Piatti, raffigurante San Giuseppe; sempre del Piatti è la tela raffigurante Sant'Antonio Abate, che si trova nella cappella sul lato sinistro della chiesa. In onore di questo Santo, lungo le vie di Baraggia, si anima, nel mese di gennaio, una vivissima sagra popolare.
[modifica] Chiesa di San Siro
Antica chiesa con convento, forse dipendente dal cenobio di Sant'Elia, che sorge al limite meridionale del territorio comunale. L’edificio, per il quale, negli anni 80, vennero iniziati i lavori di restauro della struttura, oggi, attende un delicato intervento volto al restauro, alla valorizzazione ed alla salvaguardia dell’interessantissimo ciclo di affreschi che decora la calotta absidale. L’edificio, con una sobria facciata, aperta da un’unica porta, ha al suo culmine l’insolita apertura oculare, schermata dai raggi di una piccola ruota in pietra. Sul lato sinistro della facciata poggia anche il leggero campanile che la innalza verso il cielo. L’interno ad aula non ha alcuna decorazione pittorica, ad eccezione degli affreschi, datati da alcuni storici al XV secolo, che occupano l’abside. Una Teoria di otto santi, tra i quali San Rocco e Sant'Ambrogio circonda l’immagine della Vergine che, con estrema dolcezza, tiene in braccio Gesù bambino. Nel catino absidale troneggia un Cristo Pantocratore, in mandorla di elegante fattura, con ai lati gli Evangelisti: a sinistra Giovanni e Matteo, a destra Luca e Marco. Lo stato di degrado degli stabili, un tempo adibiti a convento, e del terreno circostante offusca la bellezza di questo edificio, che conserva vive testimonianze d’arte e di fede.
[modifica] Economia
[modifica] La pietra e le cave
L'estrazione della pietra rappresenta il primo momento dell'attività dei picasass. La pietra estratta nel territorio viggiutese è di varie qualità: appartengono al Lias inferiore la Calcarenite Oolitica a grana fine bigia e rosetta e la Calcarenite a grana grossa con l'Arenaria. Le predette si trovano in tutte le cave, mentre, la gentile, Calcarenite finissima e la Piombina, calcare compatto, si trovano solo nelle cave di Piamo. Il Fior di Sant' Elia, calcare marnoso dalle tonalità molto delicate e di pregio, è simile al Calcare roseo d’Arzo, sulle pendici a Sud-Est del monte stesso. Sotto il paese, verso Ovest, nelle zone denominate Val di Borgo, Valera, Piamo, Tassera vi è questa imponente massa di arenaria che fornì la ricchezza del borgo, alimentando l’antica industria. Sono territori di bellezza bizzarra e pittoresca: i viggiutesi vi hanno lasciato in piedi massi, tagliati in forma di gran pilastri quadrati, i quali hanno l'aspetto di un grande porticato. All’interno di tali formazioni, gli scalpellini lavoravano protetti dalle intemperie. Quando si cominciò ad esercitare tali attività? Qualcuno dopo aver indagato ha liquidato la questione affermando: "Non disputiamo sull'epoca e sull'anno; ci basti sapere che il paese è sorto con questa industria e che le pietre di Viggiù, già erano adoperate in ogni parte di Lombardia fin dal sec. XIV". Oggi le cave si trovano in stato d’abbandono, ma potrebbero essere riutilizzate, sia anche in funzione diversa, a seconda del loro stato di conservazione.
[modifica] Curiosità
[modifica] I Pompieri di Viggiù
Si deve risalire al 1881, perché si prospetti l'idea di formare un gruppo volontario per un corpo di pompieri Croce Verde ed assistenza a Viggiù. Sino ad allora, per dare l'allarme allorché una canna fumaria, una cascina o un bosco si fosse incendiato si usavano le campane a martello, e coloro che volevano, intervenivano in aiuto. Non appena fu possibile, con la sovvenzione dei privati e dei stessi volontari, si acquistò una pompa manuale; gli idranti erano in numero esiguo e si doveva utilizzare l'acqua dei pozzi, di cui Viggiù era molto ben fornita. Il 15 dicembre 1910, l'assemblea del Corpo Volontario deliberò di darsi un regolamento, che fu poi approvato dal consiglio comunale il 2 marzo 1912 e dalla giunta Provinciale Amministrativa di Como il 10 aprile 1912. Nel Corpo dei Pompieri si verificarono molte controversie dovute al cambio dei presidenti o dei reggenti ma, non si giunse mai al suo scioglimento, anzi, negli anni dal 1928 al 1932 i volontari stessi pagavano una quota per far parte del Corpo Pompieristico e partecipare all'istruzione. Il Corpo Pompieri e Croce Verde di Viggiù partecipava, tra l'altro, a concorsi, raduni e competizioni con altri corpi pompieristici, medaglie, premi e diplomi restano a testimonianza di queste manifestazioni. Le prime divise furono acquistate dai pompieri del gruppo di Milano, gli attrezzi furono forniti dall'Amministrazione Comunale di Viggiù; le esercitazioni si svolgevano nel cortile delle scuole di via Roma, dove era l'autorimessa dei pompieri e della Croce Verde. I volontari erano reperibili al 90% in quanto la maggior parte di essi era dedita alla lavorazione di pietre e marmi pressi laboratori del paese; per avvertirli in caso d’incendio, oltre ad usare le campane a martello, nel 1928, c'era un incaricato che girava il paese in bicicletta suonando una tromba di richiamo. Nel 1935 si installò un allarme a sirena sul tetto delle scuole comunali. Nel 1939, secondo una disposizione governativa, i pompieri di Viggiù furono incorporati all'Ottantottesimo Corpo dei Vigili del Fuoco di Varese e si lasciò a Viggiù un distaccamento che non era più di tipo volontario. Il distaccamento di Viggiù fu sciolto nel 1962 e l'Ottantottesimo Vigili del Fuoco di Varese ne incamerò tutto il materiale e le attrezzature. Durante la Seconda Guerra Mondiale, si trovava sfollato a Viggiù, il maestro Fragna che, avendo sentito parlare dei Pompieri di Viggiù così compose e musicò la famosa canzone. Per i viggiutesi, che amavano tanto i volontari, e per i volontari stessi fu un grosso dispiacere sentirsi messi alla berlina, ma fu giocoforza arrendersi all'evidenza ed al successo che ottenne la canzone. E, dopo tanti anni, si può affermare che anche questo gioioso motivetto ha contribuito alla divulgazione del nome di Viggiù in tutta Europa. Il 31 maggio 2003, per dar lustro alla memoria degli amati Pompieri, nazionale si è svolto a Viggiù un grande raduno pompieristici che ha visto la partecipazione di numerosi corpi dei Vigili del Fuoco.
[modifica] Turismo
[modifica] Escursioni
Se si viene a Viggiù per trascorrere un periodo di vacanza si consiglia anche qualche bella escursione fra le numerose possibilità che il territorio può offrire. A tal proposito si ricorda:
- Il Colle di S. Elia, la meta preferita sia dai locali sia dai villeggianti, con l’omonima chiesetta.
- La valle della Bevera, una vera "fetta di mondo perduto", per gli alti valori naturalistici di questo lembo di territorio del Varesotto ancora integro.
- Le cave di pietra di Viggiù, presenti un po' ovunque nel cuore delle circostanti colline, sono uno splendido esempio di architettura industriale, per la loro audace composizione a trincea interrata.
- Le trincee del massiccio Orsa-Pravello
Per rispondere alle esigenze di difesa del territorio nazionale da un possibile attacco tedesco, che avrebbe potuto esser messo in atto attraversando il territorio della Confederazione Elvetica, negli anni del primo conflitto mondiale, venne realizzata una fitta serie di camminamenti, cunicoli e postazioni per batterie di mitragliatrici e cannoni lungo il versante Nord del massiccio Orsa-Pravello. Oggi queste posizioni di difesa, realizzate circa 80 anni fa, sono utile contributo per il gitante domenicale o l’appassionato camminatore che, seguendone i percorsi, può avere un interessante colpo d’occhio verso la Svizzera ed il lago Ceresio. Seguendo l’andamento sinuoso del sistema difensivo si può percorrere un tragitto lungo il crinale del massiccio, partendo dalla cima del monte Orsa per arrivare sino alla cima del monte Pravello; a tal scopo si consiglia di percorrere l'itinerario N.2 della Valceresio.
[modifica] Feste
Tra le manifestazioni più caratteristiche il Palio dei Rioni che si svolge nel mese di giugno. Festa patronale nel mese di luglio, anche se la cadenza da considerare sarebbe quella del 3 agosto. Il 3 agosto è il giorno nel quale si ricorda il ritrovamento delle ossa di Santo Stefano Protomartire che normalmente viene festeggiato il 26 dicembre.
[modifica] Amministrazione comunale
Sindaco: Rizzi Federico dal 13/06/2004
Centralino del comune: 0332 486106