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San Tomè - Wikipedia

San Tomè

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La Rotonda di S. Tomè
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La Rotonda di S. Tomè

La Rotonda di San Tomè, o solo San Tomè come è più generalmente nota, si trova nel territorio del comune di Almenno San Bartolomeo, soggetta canonicamente dalla parrocchia di San Bartolomeo di Tremozia, in provincia di Bergamo.

Si tratta di un edificio ecclesiale a pianta circolare in stile romanico-bergamasco risalente alla prima metà del XII secolo, dedicato a San Tommaso.

Indice

[modifica] Lemine

Per approfondire, vedi la voce Lemine.

Il territorio su cui sorge la rotonda faceva parte di un ben più ampio comprensorio abitato già in epoca precristiana dai Galli Cenomani, tradizionali alleati di Roma di cui acquisirono la cittadinanza nel 49 a.C., denominato Lemine.

I romani lasciarono tracce notevoli della loro presenza in questo territorio importantissimo sotto l’aspetto strategico, percorso dalla strada militare che collegava Bergamo a Como, parte terminale di quella che univa il Friuli alle regioni retiche.
Questa strada scavalcava il fiume Brembo, proprio nelle vicinanze dell’area di San Tomè, con un ponte imponente i cui resti ne lasciano immaginare la grandezza.
Del ponte crollato a più riprese nel corso dei secoli non sono rimaste che scarse tracce e una memoria popolare che lo ha attribuito ai Longobardi, tanto da essere comunemente conosciuto come il Ponte della Regina, in questo caso Teodolinda.

Ara al dio Silvano
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Ara al dio Silvano

È comune fra la gente del posto che quasi tutto quanto sappia di antico venga attribuito all’epoca longobarda e molto spesso alla loro regina più famosa. Questo accade anche per il Priorato di Sant'Egidio, per la Basilica di Santa Giulia e per altri monumenti di epoca più tarda.

Della presenza romana sono rimasti molti altri reperti archeologici il più significativo dei quali è un’ara dedicata al dio Silvano ritrovata nel territorio almennese.
Altri reperti, alcuni di fattura pregiatissima come una Venere mutila, un bellissimo torso d’uomo, una testa efebica, numerosissime steli funerarie ed are votive testimoniano la presenza nella bergamasca di una comunità romana numerosa, strutturata e non soltanto militare.

[modifica] Il Medioevo

Lemine, un comprensorio territoriale scarsamente abitato nel medioevo che si sviluppò sulla sponda occidentale del Brembo, comprendeva la Valle Brembana fino al confine con la Val Taleggio, la Valle Imagna, quindi si incuneava a sud nella cosiddetta Isola bergamasca, tra l’Adda e il Brembo, fin quasi all’attuale territorio di Brembate.
Le comunità che via via si erano succedute dopo quella romana, eredi di questa ma anche di quelle che inevitabilmente erano state attratte e avevano ruotato attorno ad essa, erano state duramente colpite da eventi bellici e da pestilenze.
Le genti sopravvissute, piuttosto sparpagliate sul vasto territorio di Lemine senza formare dei centri abitativi definiti, costituirono delle vicinie dalle quali sono quasi sempre derivati gli attuali centri urbani.

Finestrella
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Finestrella

Con la conquista longobarda Lemine divenne una corte regia molto importante sia per avere ospitato alcuni re longobardi sia per essere stata un crocevia militare di notevole valenza politica nella prima fase del consolidamento longobardo.

È proprio di questo periodo, seconda metà del VII secolo, la prima citazione del toponimo Lemine, in un atto del re Astolfo:

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«[…] in curte Lemennis vigisima die mensis Julii filicissimi regni nostri in Dei nomine septimo»
(ex Lemine dalle origini… - Manzoni P., 1988.)

L’atto di Astolfo certifica anche l’esistenza della corte regia, mentre il toponimo sarà sempre più documentato nelle diverse varianti che porteranno poi a quelle di Almenno, Almé e così via.

Dopo la caduta del regno longobardo Lemine passò ai nuovi dominatori franchi, prima come possesso imperiale fino all’892 poi come feudo dei conti di Lecco, l’ultimo dei quali Attone la lasciò dopo la sua morte, 975, al Vescovo di Bergamo, (le modalità di quest’ultimo passaggio non sono chiare).

[modifica] L’origine

Non c’è certezza storica sulla datazione della rotonda di San Tomè né dell'esistenza di altre chiese sullo stesso posto prima di essa.
Non aiuta la sua architettura che ha subito notevoli rimaneggiamenti e una ricostruzione tra la fine del XI secolo e l’inizio del XII.

Matroneo e lanterna
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Matroneo e lanterna

Alcuni studiosi la fanno risalire al periodo longobardo, magari a Teodolinda, altri propendono per il periodo franco.
Alcuni hanno ritenuto che la chiesa poggiasse sui resti di un antico tempio romano a causa di alcuni imponenti pezzi di muro che ne avrebbero potuto costituire parte delle fondamenta, ipotesi questa che è stata contraddetta da recenti ricerche archeologiche, anche se la zona ha vissuto una notevole presenza romana.
Si è concordi invece nel ritenere che in epoca franca, sotto i conti di Lecco signori del territorio, sia stato costruito un primo edificio ecclesiale di forma rotonda: alcuni elementi architettonici, riutilizzati nella sua seconda ricostruzione, lo datano attorno al X secolo.

[modifica] La ricostruzione

Il trascorrere del tempo, in un’epoca particolarmente tumultuosa, la probabile disattenzione dei fedeli pressati da altre urgenze e, non ultima, la tecnica di costruzione piuttosto primitiva contribuirono al degrado della chiesa.
Tale degrado doveva essere così grave all’alba del XII secolo da spingere il Vescovo di Bergamo alla ricostruzione ex novo del tempio, utilizzando le fondamenta del precedente e tutti quei materiali il cui stato ne consentiva il recupero, come le colonne ed i capitelli che furono riutilizzati nel piano terra della rotonda.

Interno, vista sull'abside
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Interno, vista sull'abside

Si può facilmente osservare come queste colonne siano state allungate, per adeguarle al nuovo progetto, appoggiandole su capitelli capovolti che così ne costituiscono la base, o inserendovi dei pezzi di altre colonne: il risultato è di grande bellezza, eleganza ed imponenza al tempo stesso.
Verso la fine del XII secolo furono aggiunti alla rotonda il presbiterio e l’abside creando all’esterno un gioco di volumi ascendenti che ne snelliscono e movimentano la struttura.

[modifica] Il monastero

Alla ricostruzione della chiesa di San Tomè seguì, alla fine del 1100 e su iniziativa dell’episcopato di Bergamo, la fondazione di un piccolo monastero femminile contiguo e unito alla chiesa stessa.
Il monastero avrebbe dovuto assolvere, oltre all’esigenza di un luogo di preghiera e di rifugio femminile, alla custodia e alla manutenzione della chiesa.
Anche in questo caso non si ha una datazione certa ma solo presunta; l’unica data sicura è quella riportata in un documento del 1203 che ne testimonia l’esistenza, ricavando da ciò che la sua costruzione era necessariamente antecedente, forse contemporanea a quella del presbiterio e dell’abside.

Dall'alto al buio
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Dall'alto al buio

Il convento ospitò monache di provenienza locale appartenenti alla classe sociale medio-alta e qualcuna alla nobiltà di Bergamo.

Il monastero, sempre sottoposto all’autorità e al controllo episcopale, ebbe una vita abbastanza travagliata specialmente nel XIV secolo, con scandali di ordine morale e finanziario che ne minarono la credibilità.

Lentamente ma inesorabilmente iniziò la decadenza del complesso, accelerata anche dalle lotte tra guelfi e ghibellini che infuriavano nel territorio coinvolgendo San Tomè e il suo monastero.
Il complesso monastico cessò di esistere come istituzione nel luglio del 1407 quando, con i suoi beni e la chiesa, fu incamerato dal Vescovo di Bergamo.

Dell’edificio conventuale non è rimasto altro che qualche traccia come i resti del muro d’innesto nella rotonda e tracce di fondamenta che si suppongono suoi.

[modifica] L’epilogo

Dopo l’incameramento del complesso di San Tomè, chiesa, convento e terreni da parte del Vescovo seguì un periodo d’incertezza e di abbandono.

I terreni, i beni più appetiti, furono dati in affitto ad affittuari a cui poco importava della chiesa che lasciarono nel più completo abbandono.
Vi fu un effimero tentativo dell’episcopato di salvare dal degrado San Tomè e il convento affidandoli a degli eremiti ma con scarsi risultati.
Si arrivò così al 29 aprile 1536 quando l’episcopato vendette il complesso ecclesiale alla Prepositura di San Salvatore di Almenno.

[modifica] La lite

Matroneo dal basso
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Matroneo dal basso

Il passaggio formale di San Tomè nella proprietà della prepositura di San Salvatore fu l’inizio di una lite plurisecolare.
San Tomè era stata precedentemente sottoposta alla giurisdizione canonica della parrocchia di San Bartolomeo pur rimanendo, tra alterne vicende, gestita di fatto dalla parrocchia di San Salvatore. L’atto di vendita che sanzionava questo stato di fatto costituì l’inizio di una lite che si sarebbe risolta solo nel 1907.
La situazione si aggravò maggiormente quando le due comunità che facevano riferimento rispettivamente alle parrocchie di San Bartolomeo e di San Salvatore furono giuridicamente suddivise, nel 1601, in due comuni separati, quello di Almenno San Bartolomeo e quello di Almenno San Salvatore.

L’autonomia non poteva non degenerare in campanilismo in presenza di una situazione oggettivamente bizzarra: una chiesa canonicamente dipendente da un ente era gestita di fatto da un altro ente. Piccole ritorsioni e grandi gelosie portarono a manifestazioni popolari a volte violente e ad appelli alle massime autorità canoniche ivi compreso il Papa.
Solo nel 1907, a più di tre secoli dal suo inizio, e con l’intervento diretto di Papa Pio X la lite si risolse: San Tomè rientrò nella gestione di fatto e di diritto della parrocchia di San Bartolomeo di Tremozia da cui dipende tuttora.

[modifica] L’architettura

San Tomè, uno dei più leggiadri esempi di romanico-bergamasco, è una costruzione a pianta circolare e a struttura piramidale formata da tre volumi cilindrici concentrici sovrapposti e degradanti.

La struttura suggerisce una sensazione di eleganza e di leggerezza a cui contribuiscono le nervature verticali, delle semicolonne sul primo corpo, che ad intervalli quasi regolari ne scandiscono e slanciano la superficie esterna. Il gioco delle ombre creato da queste nervature conferisce all'edificio un aspetto quasi surreale.

Gioco di volumi
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Gioco di volumi

La parete del secondo volume, il matroneo, è alleggerita da lesene piatte, mentre il terzo, la lanterna, non presenta sporgenze ma quattro eleganti bifore contrapposte che ne sottolineano la leggerezza.

Dalla parte posteriore della rotonda fuoriescono il presbiterio rettangolare e l’abside semicircolare,

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«secondo un andamento scalare, definito dalle due differenti quote di imposta delle coperture che incentivano, di sicuro non casualmente, una scansione di cinque gradoni che portano alla sommità. Verso l’alto.»
( La rotonda di San Tomè […] – Nodari C. R., Manzoni P. – Lyasis, 1997.)

Le pareti, incorniciate nel sottogronda da una ornatura ad archetti nei primi due volumi della rotonda, ad archetti intrecciati nell’abside e nel presbiterio, presentano delle finestrelle e delle feritoie che oltre a snellire la struttura ne costituiscono efficaci sorgenti di luce.

L’interno del primo corpo è caratterizzato da otto colonne che seguono un percorso circolare creando due spazi concentrici con degli effetti chiaroscurali di particolare fascino; la parete circostante è scandita da nicchie che ne muovono lo sviluppo in un magico gioco d’ombre esaltato da semicolonne su cui poggiano eleganti capitelli; vi è anche traccia di un affresco ancora leggibile.

Luce nel buio
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Luce nel buio

Il matroneo, il corpo superiore, presenta anch’esso otto colonne, sovrastanti quelle inferiori, che creano un corridoio circolare, il deambulatorio, che si affaccia sul vuoto centrale del corpo inferiore.

Alcune tracce di affreschi piuttosto degradati ingentiliscono l'absidiola del matroneo.
Molto belli e finemente scolpiti i capitelli delle colonne di entrambi i corpi, come anche quelli rettangolari appoggiati sulle lesene piatte che suddividono la parete interna.
I capitelli, diversi uno dall'altro, sono variamente scolpiti con figure zoomorfe, umane e geometriche quasi un richiamo per queste ultime alle classiche ornature longobarde.

Durante gli equinozi un raggio di sole attraversa la rotonda e colpisce il tabernacolo posto nell'abside creando così uno spettacolo affascinante e magico in cui le colonne sembrano muoversi come muti officianti.

Sul tutto svetta la lanterna circolare da cui piove una luce quasi mistica.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Bibliografia

  • Avril F., Barral X. I Altet, Gaborit-Chopin D. - Il mondo romanico 1060-1220 - Milano, Rizzoli, 1983-1984.
  • Duby G. - L'Europa nel Medioevo: arte romanica, arte gotica - Bari, Laterza, 1991.
  • Duby G. - Lo specchio del feudalesimo - Bari, Laterza, 1998, ISBN 8842056502.
  • Huizinga J. - L'autunno del Medioevo - Roma, Newton. 1997, ISBN 888183898.
  • Jarnut J. - Bergamo 568-1098. Storia... - Bergamo, Archivio Bergamasco, 1981.
  • Kubach H. E. - Architettura romanica - Milano,Electa, 1978.
  • Le Goff J. - L'uomo medievale - Bari, Laterza, 1999, ISBN 8842041971.
  • Le Goff J. - Il corpo nel Medioevo - Bari, Laterza 2005.
  • Manzoni P. - Lemine dalle origini al XVII secolo - Comune di Almenno S: B:, 1988.
  • Nodari R., Manzoni P. - La rotonda di San Tomè - Sondrio, Lyasis, 1997, ISBN 8886711182.
  • Piccinni G. - I mille anni del medioevo - Milano, Bruno Mondadori, 1999, ISBN 8842493554.
  • Possenti F, Giussani P: - San Tomè di Almenno. Un gioiello d'arte fra le chiese romaniche - Bergamo, Flash ediz., 1990.
  • Toman R. - photos by Bednorz A. - Romanesque: architecture, sculpture, painting - Koln, Konemann, 1997.
  • Tosco C. - Architetti e committenti nel romanico lombardo - Roma, Viella, 1997.

[modifica] Particolari artistici

Bergamo

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