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Religione romana - Wikipedia

Religione romana

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«Quod deorum numine omnia regi gubernarique perspeximus,
omnis gentis nationesque superavimus.»
(Cicerone, De haruspicum responso, 19)

La religione romana, ovvero l'insieme delle credenze e degli usi e costumi religiosi della Roma antica, è un fenomeno complesso, di non facile lettura e per le variazioni che contraddistinsero la sua evoluzione nell'arco di dodici secoli e per il suo carattere composito, dovuto alla confluenza di diversi sistemi religiosi ed alla varietà delle pratiche cultuali.

Indice

[modifica] Caratteristiche

Una delle peculiarità della religio dei Romani è che essa è inscindibilmente legata alla sfera civile, familiare e socio-politica. Il culto verso gli dei era un dovere morale e civico ad un tempo, in quanto solamente la pietas, vale a dire il rispetto per il sacro e l'adempimento dei riti, poteva assicurare la pax deorum per il bene della città, della famiglia e dell'individuo. Altre due caratteristiche salienti della religione romana possono essere individuate nel politeismo e nell'estrema tolleranza verso altre realtà religiose. La ricchezza del pantheon romano è dovuta non solo al grande numero di divinità, siano esse antropomorfe o concetti astratti, ma anche al fatto che alcune figure divine fossero moltiplicate in relazione alle funzioni loro attribuite, come nel caso di Giunone. Una costante della religione romana fu anche la capacità di assimilazione nei confronti di altre religioni. Contestualmente all'espansione dell'Impero il pantheon romano si andò arricchendo grazie all'importazione di divinità venerate dai popoli con i quali Roma entrava in contatto.

[modifica] Evoluzione

Lo sviluppo storico della religione romana passò per tre fasi: una prima fase che durò fino al VI secolo a.C., contrassegnata dall'influenza delle religioni autoctone; una seconda contraddistinta dall'assimilazione di idee e pratiche religiose etrusche e greche; una terza, durante la quale si affermò il culto dell'imperatore e si diffusero le religioni misteriche di provenienza orientale.

[modifica] Età arcaica

La fase arcaica fu caratterizzata da una tradizione religiosa legata soprattutto all'ambito agreste, tipica dei culti indigeni mediterranei, sul quale si inserì il nucleo di origine indoeuropea.

Busto di Giano
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Busto di Giano

Questa fase primitiva della religione romana è riscontrabile in divinità quali Cerere, Fauno, Giano, Saturno e Silvano. Il periodo delle origini è caratterizzato anche dalla presenza di numina, divinità indeterminate, come i Lari ed i Penati. A queste divinità arcaiche si affiancarono presto quelle di origine italica, come Giove, Marte e Quirino.

[modifica] Età repubblicana

La mancanza di un pantheon definito favorì l'assorbimento delle divinità etrusche, come Venere (Turan), e soprattutto greche. A causa della grande tolleranza e capacità di assimilazione, tipiche della religione romana, alcuni dei romani furono assimilati a quelli greci, acquisendone l'aspetto, la personalità ed i tratti distintivi, come nel caso di Giunone assimilata ad Era. Mentre altre divinità furono importate ex novo, come nel caso di Apollo o dei Dioscuri. Il controllo dello stato sulla religione, infatti, non proibiva l'introduzione di culti stranieri, a condizione che questi non costituissero un pericolo sociale e politico. Nel II secolo a.C. furono ad esempio proibiti i Baccanali ed il culto dionisiaco fu represso con la forza.

[modifica] Età imperiale

Iniziata nella tarda età repubblicana la crisi della religione romana si intensificò in età imperiale. Le cause del lento degrado della religione pubblica furono molteplici. Già da qualche tempo vari culti misterici di provenienza medio-orientale, quali quelli di Cibele, Iside e Mitra, erano entrati a far parte del ricco patrimonio religioso romano. Col tempo le nuove religioni assunsero sempre più importanza per le loro caratteristiche escatologiche e soteriologiche in risposta alle insorgenti esigenze della religiosità dell'individuo, al quale la vecchia religione non offriva che riti vuoti di significato. La critica alla religione tradizionale veniva anche dalle correnti filosofiche dell'Ellenismo, che fornivano risposte intorno a temi propri della sfera religiosa, come la concezione dell'anima e la la natura degli dei. Un'altra caratteristica tipica del periodo fu quella del culto imperiale. Dalla divinizzazione post-mortem di Gaio Giulio Cesare e di Ottaviano Augusto si arrivò alla assimilazione del culto dell'imperatore con quello del Sole ed alla teocrazia dioclezianea. Nella congerie sincretistica dell'impero durante il III secolo, permeata da dottrine neoplatoniche, gnostiche ed orfiche, fece la sua comparsa il cristianesimo. La nuova religione lentamente andò affermandosi quale religione di stato, decretando la fine del paganesimo romano, sancito dalla chiusura dei templi nel IV secolo.

[modifica] Organizzazione religiosa

Secondo la tradizione, fu Numa Pompilio ad istituire i vari sacerdozi ed a stabilire i riti e le cerimonie annuali. Tipica espressione dell'assunzione del fenomeno religioso da parte della comunità è il calendario, risalente alla fine del VI secolo a.C. ed organizzato in maniera da dividere l'anno in giorni fasti e nefasti con l'indicazione delle varie feste e cerimonie sacre.

[modifica] Collegi sacerdotali

La gestione dei riti religiosi era affidata ai vari collegi sacerdotali dell'antica Roma, i quali costituivano l'ossatura della complessa organizzazione religiosa romana Al primo posto della gerarchia religiosa troviamo il rex sacrorum, sacerdote al quale erano affidate le funzioni religiose compiute un tempo dai re.

  • Flamini, che si dividevano in 3 maggiori e 12 minori, erano i sacerdoti addetti al culto delle divinità;
  • Pontefici, in numero di 16, con a capo il Pontefice massimo, presiedevano alla sorveglianza e al governo del culto religioso;
  • Auguri, in numero di 16 sotto Gaio Giulio Cesare, addetti all'interpretazione degli auspici ed alla verifica del consenso degli dei;
  • Feziali, in numero di 20, erano i sacerdoti depositari del diritto internazionale nell'antica Roma;
  • Vestali, 6 sacerdotesse consacrate alla dea Vesta
  • Decemviri o Quimdecemviri sacris faciundis, addetti alla divinazione ed alla interpretazione dei Libri Sibillini;
  • Epuloni, addetti ai banchetti sacri.

[modifica] Sodalizi

A Roma vi erano tre grandi confraternite religiose, che avevano la gestione di specifiche cerimonie sacre.

  1. Arvali ("fratelli dei campi"), in numero di dodici, erano sacerdoti addetti al culto della Dea Dia, una divinità arcaica romana, più tardi identificata con Cerere. Durante il mese di maggio compivano un'antichissima cerimonia di purificazione dei campi, gli Arvalia.
  2. Luperci, presiedevano la festa dei Lupercalia, che si teneva il 15 febbraio, il mese dei morti.
  3. Salii, dodici sacerdoti di Marte, addetti alle cerimonie in onore della guerra, che si svolgevano nei mesi di marzo e ottobre.

[modifica] Feste e cerimonie

Delle 45 feste maggiori (feriae publicae) le più importanti, oltre a quelle suddette, erano quelle del mese di dicembre, i Saturnalia, quelle dedicate ai defunti, in febbraio, come i Ferialia ed i Parentalia e quelle connesse al ciclo agrario, come i Cerialia ed i Vinalia di aprile o gli Opiconsivia di agosto.

Sulla base delle fonti classiche si è potuto individuare quali tra le numerose festività del calendario romano vedevano un'ampia partecipazione di popolo. Queste feste sono la corsa dei Lupercalia (15 febbraio), i Feralia (21 febbraio) celebrati in famiglia, i Quirinalia (17 febbraio) celebrati nelle curie, i Matronalia (1° marzo) in occasione delle quali le schiave venivano servite dalle padrone di casa, i Liberalia (17 marzo) spesso associata alla festa familiare della maggiore età del figlio maschio, i Matralia (11 giugno) con la processione delle donne, così come i Vestalia (9-15 giugno), i Poplifugia (5 luglio) festa popolare, i Neptunalia (23 luglio), i Volcanalia (23 luglio) e infine i Saturnalia (17 dicembre), la cui vasta partecipazione di popolo è attestata da numerose fonti[1].

Suovetaurilia, Museo del Louvre
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Suovetaurilia, Museo del Louvre

Durante le cerimonie sacre spesso venivano praticati sacrifici animali e si offrivano alle divinità cibi e libagioni. La stessa città di Roma veniva purificata con una cerimonia, la lustratio, in caso di prodigi e calamità. Sovente anche i giochi circensi (ludi) avevano luogo durante le feste, come nel caso dell'anniversario (dies natalis) del Tempio di Giove Ottimo Massimo, in concomitanza del quale si svolgevano i Ludi Magni.

[modifica] Pratiche religiose

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«Cumque omnis populi Romani religio in sacra et in auspicia divisa sit, tertium adiunctum sit, si quid praedictionis causa ex portentis et monstris Sibyllae interpretes haruspicesve monuerunt, harum ego religionum nullam umquam contemnendam putavi mihique ita persuasi, Romulum auspiciis, Numam sacris constitutis fundamenta iecisse nostrae civitatis, quae numquam profecto sine summa placatione deorum inmortalium tanta esse potuisset.»
(Cicerone, De natura deorum, III, 5)

Tra le pratiche religiose dei Romani forse la più importante era l'interpretazione dei segni e dei presagi, che indicavano il volere degli dei. Prima di intraprendere qualsiasi azione rilevante era infatti necessario conoscere la volontà delle divinità e assicurarsene la benevolenza con riti adeguati. Le pratiche più seguite riguardavano:

  • il volo degli uccelli: l'augure tracciava delle linee nell'aria con un bastone ricurvo (lituus), delimitando una porzione di cielo, che scrutava per interpretare l'eventuale passaggio di uccelli
  • la lettura delle viscere degli animali: solitamente un fegato di un animale sacrificato veniva osservato dagli aruspici di provenienza etrusca per comprendere il volere del dio
  • i prodigi: qualsiasi prodigio o evento straordinario, quali calamità naturali, epidemie, eclissi, etc, era considerato una manifestazione del favore o della collera divina ed era compito dei sacerdoti cercare di interpretare tali segni.

[modifica] Lo spazio sacro

Lo spazio sacro per i Romani era il templum, un luogo consacrato, orientato secondo i punti cardinali, secondo il rito dell'inaugurazione, che corrispondeva allo spazio sacro del cielo. Gli edifici di culto romani erano di vari tipi e funzioni. L'altare o ara era la struttura sacra dedicata alle cerimonie religiose, alle offerte ed ai sacrifici.

Edicola dedicata ai Lari nella Casa dei Vettii a Pompei
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Edicola dedicata ai Lari nella Casa dei Vettii a Pompei

Eretti dapprima presso le fonti e nei boschi, progressivamente gli altari furono collocati all'interno delle città, nei luoghi pubblici, agli incroci delle strade e davanti ai templi. Numerose erano anche le aediculae ed i sacella, che riproducevano in piccolo le facciate dei templi. Il principale edificio cultuale era rappresentato dall'aedes, la vera e propria dimora del dio, che sorgeva sul templum, l'area sacra inaugurata. Col tempo i due termini diventarono sinonimi per indicare l'edificio sacro.

Il tempio romano risente inizialmente dei modelli etruschi, ma presto vengono introdotti elementi dall'architettura greca ellenistica. La più marcata differenza del tempio romano rispetto a quello greco è la sua sopraelevazione su un alto podio, accessibile da una scalinata spesso frontale. Inoltre si tende a dare maggiore importanza alla facciata, mentre il retro è spesso addossato a un muro di recinzione e privo dunque del colonnato.


[modifica] Note

  1. Jörg Rüpke, La religione dei Romani, p. 210. Torino, Einaudi, 2004. ISBN 8806165860.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Bibliografia

  • J. Champeaux, La religione dei romani, Il Mulino, Bologna 2002
  • D. Feeney, Letteratura e religione nell'antica Roma, Salerno, Roma 1998
  • U. Lugli, Miti velati. La mitologia romana come problema storiografico, ECIG, Genova 1996
  • J. Scheid, La religione a Roma, Laterza, Roma-Bari 2001

[modifica] Collegamenti esterni

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