Carlo Porta
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- "Una lingua è un dialetto con un esercito e una flotta" - Max Weinreich, 1945
Carlo Porta (Milano, 15 giugno 1775 - 5 gennaio 1821) è il maggior poeta in Milanese.
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[modifica] Biografia
Figlio di Giuseppe e Violante Gottieri, studiò a Monza fino al 1792 e poi al Seminario di Milano. Nel 1796 l'arrivo dei Francesi fece perdere il posto al padre e per Carlo venne trovato un lavoro a Venezia, dove abitava un fratello e dove restò fino al 1799. Dal 1804 alla morte, il Porta ebbe un lavoro di impiegato statale che mantenne sotto i Francesi e sotto gli Austriaci. Nel 1806 sposò Vincenza Prevosti.
[modifica] Opere
Benché sia probabile che la sua produzione poetica cominciasse già nel 1792, fino al 1810 pochi lavori vennero pubblicati ufficialmente. Nel 1804-05 lavorò a una traduzione in milanese della Divina Commedia, di cui completò solo qualche canto e che è l'ultima delle sue opere "minori".
Nel 1810, invece e se pur in forma anonima, esce il Brindisi de Meneghin all'Ostaria scritto per il matrimonio di Napoleone con Maria Luisa d'Austria. Nel Brindes il Porta si augura soprattutto un buon governo per Milano e la Lombardia. La grande stagione della poesia portiana comincia però nel 1812 con le Desgrazzi de Giovannin Bongee. Da questo momento e fino alla morte la produzione fu costante e di altissima qualità.
Le sue opere si possono dividere in tre filoni: il primo contro le superstizioni e l'ipocrisia religiosa del tempo; il secondo descrittivo di vivissime figure di popolani milanesi, il terzo infine più propriamente e strettamente politico.
Del primo fanno parte, fra le altre: Fraa Zenever (1813), On Miracol (1813), Fraa Diodatt (1814), La mia povera nonna la gh'aveva (1810).
Al secondo filone appartengono quelle che sono forse le più grandi opere del Porta: dopo le già citate Desgrazzi de Giovannin Bongee(1812), seguono Olter desgrazzi de Giovannin Bongee (1814), El lament del Marchionn di gamb'avert (1816) e quello che molti critici considerano il suo capolavoro La Ninetta del Verzee (1815).
Al filone politico appartengono soprattutto i sonetti: come Paracar che scappee de Lombardia (1814), E daj con sto chez-nous, ma sanguanon (1811), Marcanagg i politegh secca ball (1815), Quand vedessev on pubblegh funzionari (1812).
Fra le poesie che non appartengono a uno dei tre filoni sopraddetti ricordiamo soprattutto i sonetti in difesa della scelta del milanese o in difesa di Milano. Celeberrimi I paroll d'on lenguagg, car sur Gorell (1812) in difesa dei dialetti e El sarà vera fors quell ch'el dis lu (1817) in difesa di Milano.
Fra le poesie più propriamente umoristiche ricordiamo Dormiven dò tosann tutt dò attaccaa (1810) e la brevissima Epitaffi per on can d'ona sciora marchesa (1810).
La restaurazione Austriaca del 1815 deluse profondamente il Porta che aveva sperato in un'indipendenza della Lombardia.
Certamente però non rimpianse l'occupazione francese, come è chiaramente espresso in molti sonetti e nella chiusa di Paracar che scappee de Lombardia:
«:de podè nanca vess indifferent
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Nella poesia degli ultimi anni si accentuano i caratteri antinobiliari contro la classe che inaspettatamente era tornata a dominare. Testimoni di questa fase alla Parini sono La nomina del Cappellan (1819), Offerta a Dio (1820) e Meneghin biroeu di ex monegh (1820).
Nel 1816 il Porta aveva aderito al neonato movimento romantico (Sonettin col covon).
[modifica] Morte
A soli quarantacinque anni e nel pieno della fama, Porta morì a Milano il 5 gennaio 1821 per un attacco di gotta. Fu sepolto a San Gregorio fuori Porta Orientale, ma la sua tomba andò dispersa.
In sua memoria l'amico Tommaso Grossi compose in milanese la poesia In morte di Carlo Porta.
[modifica] Voci correlate
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