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Giuseppe Parini - Wikipedia

Giuseppe Parini

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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«Ma che? Tu inorridisci e mostri in capo
Qual istrice pungente irti i capelli
Al suon di mie parole? Ah il tuo mattino
Signor questo non è ...»
(Il mattino, Giuseppe Parini)
Giuseppe Parini
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Giuseppe Parini

Giuseppe Parini (Bosisio, Lecco, 23 maggio 1729 - Milano, 15 agosto 1799) è stato un poeta italiano.

Indice

[modifica] Biografia

[modifica] L'infanzia e gli studi

Giuseppe Parino, che cambierà in seguito il suo cognome in Parini, nacque in Brianza, a Bosisio, presso il lago di Pusiano da Francesco Maria Parino, modesto commerciante di seta, e da Angela Maria Carpani.
Quella del poeta era una famiglia di estrazione popolare e numerosa e, non potendo permettersi di mantenere il figlio agli studi lo affidarono, a dieci anni, alle cure di una prozia che abitava a Milano dove Giuseppe venne iscritto alle classi inferiori delle scuole di Sant'Alessandro, o scuole Arcimbolde, gestite dai padri barnabiti. Nel 1741 la prozia lasciò in eredità al nipote dodicenne una modesta rendita annua sui beni immobiliari, a condizione che divenisse sacerdote. Il giovane, che era debole di salute e desiderava continuare gli studi, si avviò così al sacerdozio pur non avendo vocazione (prenderà i voti nel 1754) e proseguì gli studi senza grande profitto, come risulta dai registri della scuola che nell'anno 1749-1750 così riporta: "Parinus Joseph: ut plurimum abfuit, subdole per aliquot dies interfuit; litteris testimonialibus habitis, abfuit perpetuo". Si possono spiegare gli scarsi risultati agli studi con il fatto che a causa delle difficoltà economiche e per aiutare i genitori, che nel frattempo erano venuti ad abitare a Milano, il giovane fu costretto a dare lezioni private e a copiare carte per vari studi legali, ma soprattutto per una spiccata insofferenza verso i metodi rigidi e antiquati dell'insegnamento. Degli anni trascorsi in quella scuola conservatrice anche se prestigiosa, della quale furono allievi anche Pietro Verri e Cesare Beccaria, gli rimasero più che altro le letture personali dei classici greco-latini, come Anacreonte, Virgilio,Quinto e quella degli scrittori italiani, Dante, Ariosto oltre ai poeti del Settecento.

[modifica] La prima raccolta di poesie

Terminate le scuole nel 1752, grazie ad una maggiore, anche se modesta, sicurezza economica dovuta alla rendita della prozia (che aveva ottenuto nel 1751 in seguito ad una causa con l'esecutore testamentario, Antonio Rigola), il giovane pubblicò una prima raccolta di rime, dal titolo Alcune poesie di Ripano Eupilino (Ripano è l'anagramma di Parino, Eupili è il nome latino del lago di Pusiano: Parino da Eupili) sottoforma di novantaquattro componimenti di carattere sacro, profano, amoroso, pastorale e satirico, che risentono della sua prima formazione culturale e soprattutto dello spirito bernesco.
Da questi versi semplici e non encomiastici, si riscontra l'immagine di un giovane ancora socialmente e intellettualmente isolato che non conosce i dibattiti dell'ambiente lombardo ma che è ancora rivolto all'ambito dell'Arcadia e del classicismo cinquecentesco.

[modifica] Membro dell'Accademia dei Trasformati e precettore di casa Serbelloni

Grazie però ad una certa fama acquisita con questa raccolta, il Parini venne accolto nel 1753 nell'Accademia dei Trasformati che si radunava in casa del conte Giuseppe Maria Imbonati ed era formata dal meglio dei rappresentanti della cultura milanese, dove troverà amici e protettori. Dopo aver ottenuto a Lodi i voti sacerdotali, il 14 giugno del 1754, fu ordinato sacerdote ma le risorse economiche piuttosto scarse per farlo vivere in modo dignitoso, lo costrinsero ad accettare l'aiuto dell'abate Soresi che lo sosterrà nell'entrare al servizio del duca Gabrio Serbelloni come precettore dei suoi quattro figli. Il servizio a casa Serbelloni durò dal 1754 fino al 1762 e, pur non dandogli la sicurezza economica, lo mise a contatto con persone di elevata condizione sociale e di idee aperte, a partire dalla contessa Vittoria che leggeva il Rousseau e il Buffon, al padre Soresi che sosteneva con ardore le riforme in campo scolastico, al medico di casa, Giuseppe Cicognini (in seguito direttore della facoltà di medicina di Milano) che sosteneva il dovere morale ad allargare le cure anche a coloro che per pregiudizio avevano mali considerati degni di colpa. Intanto in casa Serbelloni il Parini osservò la vita della nobiltà in tutti i suoi aspetti ed ebbe modo di assorbire e rielaborare alcune nuove idee che arrivavano dalla Francia di Voltaire, Montesquieu, Rousseau, Condillac e dell' Encyclopédie, che influenzarono gli scritti di questo periodo al quale risale, tra gli altri, il Dialogo contro la nobiltà (1757), le odi La vita rustica (che sarà pubblicata solamente nel 1790 nelle Rime degli arcadi con lo pseudonimo di Darisbo Elidonio), La salubrità dell'aria (1759), che affronta come la precedente l'opposizione città-campagna ma con uno stile completamente nuovo, e La impostura (1761). Sempre in questo periodo scrisse, per i Trasformati, una polemica letteraria contro i Pregiudizi delle umane lettere (1756) del padre Alessandro Bandiera con il titolo Due lettere intorno al libro intitolato "I pregiudizi delle umane lettere" e nel 1760 una nuova polemica letteraria contro i "Dialoghi della lingua toscana" del padre barnabita Onofrio Branda. Nell'ottobre del 1762, per aver difeso la figlia del maestro di musica Sammartini che era stata schiaffeggiata dalla duchessa in uno scatto d'ira, fu licenziato e, abbandonata casa Serbelloni, venne presto accolto dagli Imbonati come precettore del giovane Carlo al quale il poeta dedicherà, nel 1764, l'ode La educazione.

[modifica] Precettore a casa Imbonati

Nel marzo del 1763, incoraggiato dagli amici del gruppo dell'accademia e da conte Firmian pubblicò, anonima, presso lo stampatore milanese Agnelli, il Mattino che otterrà accoglienza favorevole dalla critica e soprattutto dal Baretti che, nel primo numero della rivista La frusta letteraria, uscito il 1 ottobre del 1763, dedicava un critica positiva all'opera.
Nel 1765 uscirà, ancora anonimo, il secondo poemetto il Mezzogiorno che, tranne il giudizio negativo di Pietro Verri sul "Caffè", otteneva da altre testate accoglienza positiva.

[modifica] La protezione di Carlo Giuseppe Firmian

I due poemetti, con la satira della nobiltà decaduta e corrotta richiamarono l'attenzione sul Parini e nel 1766 il ministro Du Tillot lo chiamò per ricoprire la cattedra di eloquenza presso l'università di Parma, cattedra che egli rifiutò nella speranza di poter ottenere una cattedra a Milano. Nel 1768 La fama acquisita gli procurò la protezione del governo di Maria Teresa che era rappresentato in Lombardia dal conte Carlo Giuseppe de Firmian che, intuendo le sue potenzialità poetiche, lo nominò, nel 1768 poeta ufficiale del Regio Ducale Teatro e venne incaricato di adattare per la scena lirica la tragedia Alceste di Ranieri de' Calzabigi. Nello stesso anno il conte gli affidò la direzione della "Gazzetta di Milano", organo ufficiale del governo austriaco, e nel 1769 la cattedra di eloquenza e belle arti presso le Scuole Palatine, cattedra che conservò fino al 1773, con il titolo di "principi generali di belle lettere applicati alle belle arti", anche quando quelle scuole si trasformarono nel Regio Ginnasio di Brera. Tra il 1770 e il 1771 Parini scrisse il testo delle opere teatrali l'Amorosa incostanza e l'Iside salvata, in occasione di due cerimonie di corte, e l'opera pastorale Ascanio in Alba per le nozze dell'arciduca Ferdinando d'Austria con Maria Beatrice d'Este, che verrà successivamente musicata da Mozart, catalogata come opera K 111 e rappresentata per la prima volta al Ducale di Milano il 17 ottobre 1771.

[modifica] Le traduzioni dal francese

Tradusse dal francese la tragedia "Mitridate re del Ponto" (Mithridate nell'originale) di Racine, che Mozart aveva musicato precedentemente - sulla base del libretto ricavato da Vittorio Amadeo Cigna-Santi - ricavandone l'opera omonima K87 rappresentata per la prima (e forse unica) volta sempre a Milano il 26 dicembre 1770.
Nel 1771 tradusse, in collaborazione di alcuni "Accademici trasformati" tra cui il Verri una parte del poemetto "La Colombiade" pubblicato da Anne Marie Du Boccage.

[modifica] La partecipazione alla riforma scolastica

Nel 1774 fece parte di una commissione istituita per proporre un piano di riforma delle scuole inferiori e dei libri di testo e intanto si dedica alla composizione de Il Giorno e delle Odi.

[modifica] Membro della società patriottica

Nel 1776 gli venne attribuita una pensione annua dal papa Pio VI e fu nominato ordinario della Società patriottica istituita da Maria Teresa per l'incremento dell'agricoltura.

[modifica] La composizione delle Odi

Con il nome di Darisbo Elidonio entrò nel 1777 a far parte dell'Arcadia di Roma proseguendo intanto nella composizione delle odi: La laurea (1777), Le nozze (1777), Brindisi (1778), La caduta, In morte del maestro Sacchini, Al consigliere barone De Marini (1783-1784), Il pericolo (1787), La magistratura (1788), Il dono (1789).

Nel 1791 il Parini venne nominato Soprintendente delle Scuole pubbliche di Brera e scrisse l'ode La gratitudine. Nello stesso anno vennero pubblicate ventidue delle sue odi con il titolo Odi dell'abate Parini già divolgate. Le ultime due parti del "Giorno", il Vespro e la Notte, pur risultando promesse in una lettera al Boldoni, saranno invece pubblicate postume.

[modifica] Gli ultimi anni

Tra il 1793 e il 1796 ospite del suo amico marchese Febo D'Adda scrisse altre odi (Il messaggio, A Silvia, Alla Musa, la Musica, L'evirazione) e quando i francesi di Bonaparte occuparono Milano entrò a far parte della Municipalità per tre mesi, rappresentando, insieme al Verri, la tendenza più moderata. Presto egli smise di partecipare alle assemblee della Municipalità e poco dopo venne destituito dalla carica.
Come appare nel frammento dell'ode A Delia, scritta tra il 1798 e il 1799, il poeta è avverso alla guerra e alla violenza e rifiuta la richiesta di una "ragguardevole donna" che voleva da lui un'esaltazione poetica delle vittorie francesi perché non poteva cantare "i tristi eroi" e "la terra lorda/ di gransangue plebeo".

[modifica] La morte

Il poeta si spense nella sua abitazione di Brera il 15 agosto 1799, a pochi mesi di distanza dal ritorno degli Austriaci a Milano, dopo aver dettato il famoso sonetto Predàro i filistei l'arca di Dio.

Predàro i Filistei l'arca di Dio;
tacquero i canti e l'arpe de' leviti,
e il sacerdote innanzi a Dagon rio
fu costretto a celar gli antiqui riti.
Al fin di terebinto in sul pendio
Davidde vinse; e stimolò gli arditi
e il popol sorse; e gli empi al suol natio
de' dell'orgoglio loro andar pentiti.
Or Dio lodiamo. Il tabernacol santo
e l'arca è salva; e si dispone il tempio
che di Gerusalem fia gloria e vanto.
Ma splendan la giustizia e il retto esempio;
tal che Israel non torni a novo pianto,
a novella rapina, a novo scempio.

Venne sepolto a Milano nel cimitero di Porta Comasina con funerali molto semplici come egli stesso aveva voluto nel suo testamento:

"Voglio, ordino e comando che le spese funebri mi siano fatte nel più semplice e mero necessario, ed all'uso che si costuma per il più infimo dei cittadini".

[modifica] Poetica

[modifica] Ideologia classicistica

La cultura del Parini, che, per la sua stessa posizione sociale, è lontanissimo dal cosmopolitismo degli illuministi, si basa su una fedeltà alla tradizione classica greca e latina e all'uso che di essa aveva fatto la letteratura del Cinquecento. A differenza dell'esteriore classicismo arcadico, quello del Parini è un classicismo integrale, aparto all'analisi della realtà e che - fedele all'insegnamento di Orazio - intreccia strettamente la cura per la forma e l'equilibrio espressivo con un'animosa tensione morale. Il classicismo oraziano, fondato sull'identificazione tra ragione e natura, si incontra nel Parini con la problematica dell'Illuminismo. Il Parini si pone come poeta civile impegnato a diffondere una moderata razionalità in tutta la vita sociale, a rimuovere i pregiudizi che deformano i rapporti tra gli uomini. L'aspetto più interessante dell'ideologia pariniana sta comunque nel confronto tra il suo modello sociale positivo, classico e razionale-naturale, e la società nobiliare contemporanea. Il Parini non aspira alla distruzione della nobiltà, ma alla critica del comportamento di quei nobili che dalla propria superiorità sociale ricavano solo alterigia. A questa nobiltà, egli oppone gli antichi modelli classici di severità, laboriosità ed eroismo. Nel classicismo illuminato del Parini, la proposta di un'educazione della nobiltà si associa sempre ad una risentita ostilità verso di essa, ad un'ambigua aggressività da cui nasce la migliore poesia del Giorno. Parini approfondisce sempre più l'immagine di una nobiltà positiva, che vede realizzata nel comportamento di alcuni aristocratici da lui frequentati.

[modifica] La funzione mediatrice della poesia

Parini lega sempre il suo interesse per la realtà contemporanea alla rivendicazione del valore della poesia e della tradizione classica, proponendo una vita sociale razionale e vicina alla natura.

[modifica] Opere

[modifica] Altri progetti

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