Carabinieri nel Risorgimento
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[modifica] Prima guerra d'indipendenza
Il 4 marzo 1848 Carlo Alberto concede lo Statuto e come tutti, i carabinieri giurano secondo la formula costituzionale, ma tale concessione mette Carlo Alberto in rotta di collisione con l'Austria. Infatti il 23 successivo si ha la dichiarazione di guerra all'Austria. Nei giorni precedenti i Carabinieri avevano avuto un bel da fare per il controllo delle frontiere e per l'acquisizione di notizie della Lombardia e l'entità del nemico, evitando che fautori favorissero l'insurrezione affinché gli umori del potente vicino non fossero turbati.
Carlo Alberto assume il comando in capo dell'esercito in cui sono mobilitati:
- 3 squadroni Carabinieri (280 uomini): per la scorta al Sovrano e al suo Quartier Generale;
- 3 mezzi squadroni (154 uomini): con compiti di polizia militare per le tre G.U.
I 3 Squadroni della scorta, al comando del Maggiore Negri di Sanfront, costituisce anche un piccolo reparto di impiego tattico che si distingue in azioni finalizzate a sloggiare gli austriaci e occupare l'abitato di Pastrengo.
[modifica] La Carica di Pastrengo
Nella mattinata era prevista un'azione nemica e i piemontesi si erano preparati al contrattacco avente per obiettivo proprio Pastrengo: iniziata l'azione, il Re dal suo osservatorio del Colle della Mirandola non vedendo avanzare il centro dello schieramento, con il suo seguito, si protrae verso l'azione per rendersi conto personalmente della situazione.
Si spinge però verso una zona occupata dal nemico che, rivelandosi, fa fuoco sui carabinieri in avanscoperta: il pericolo di accerchiamento e cattura del Sovrano sono evidenti. Il Maggiore Negri di Sanfront subito si pone a battere il terreno antistante e con l'aiuto di altra cavalleria con successive cariche sorprende gli austriaci che si ritirano e dopo poche ore ripiegano su Bussolengo.
Pastrengo nella stessa giornata è in mano dei Piemontesi.
successivamente gli squadroni di scorta si distinguono nei fatti d'arme di Verona, Custoza e Valeggio, fuori Milano e nell'assedio di Peschiera.
Per approfondire, vedi la voce Carica di Pastrengo. |
[modifica] La difesa di Casale Monferrato
Giunge da Alessandria un convoglio di carri scortato da un drappello di Carabinieri agli ordini del Luogotenente Vittorio Morozzo Magliano di S. Michele, che appena consegnato il carico viene esortato a rimanere a dar manforte alle poche truppe, (8 Carabinieri della stazione) e alcuni cittadini volenterosi per difendere la città.
Rimane se gli consentono di posizionarsi alla difesa del vicino ponte e, con ardimento a capo di pochi difensori, si posiziona alla testa del ponte sull'altra sponda, rallentando l'avanzata del nemico. Ma il successo è breve: viene colpito a morte.
Gli Austriaci non si spingono a fondo nel successivo attacco, poiché giunge notizia dell'armistizio di Vignale (frazione di Novara), e ripiegano così verso il Sesia.
[modifica] La fine delle ostilità
Durante la campagna, dai vari governi provvisori, si decretò l'annessione dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, Modena e Reggio Emilia al Piemonte, stabilendo che i Carabinieri Piemontesi assorbissero - previa selezione - i vari Corpi di gendarmeria dei ducati.
In seguito alla vittoria dell'Austria:
- I reparti territoriali lasciati in quelle province dopo l'armistizio, cessarono progressivamente di funzionare ed i Carabinieri rimpatriarono;
- Gli ex gendarmi transitati nei Carabinieri poterono chiedere di essere congedati e rimpatriati ottenendo il reintegro nella gendarmeria.
Ma fintanto che rimasero sul posto sostennero con ogni mezzo le popolazioni locali vessate dagli austriaci.
Meritevole di menzione fu la condotta del Capitano Ollandini che seppe tener testa all'austriaco Maresciallo Thurn il quale tentò in tutti i modi di allontanare i Carabinieri dai territori ritornati sotto la Doppia Aquila.
[modifica] Riconoscimenti
Per le prove del 1848, la Bandiera dell'Arma si fregia:
- 1 Medaglia d'Argento al Valor Militare, per Pastrengo;
- 2 Medaglie di Bronzo al Valor Militare ai 3 Squadroni di scorta di Pastrengo.
Per approfondire, vedi la voce Prima guerra di indipendenza italiana. |
[modifica] Tumulti nel dopoguerra
La guerra perduta esasperò gli animi in tutto lo stato e la varie correnti politiche si mossero reciproche accuse che degenerarono in tumulti di piazza: i più gravi si svolsero a Genova dove trovò la morte il Maggiore Ceppi di Bairolo linciato dai rivoltosi.
Inviate altre truppe al comando del Generale La Marmora la sollevazione fu repressa e l'ordine ristabilito.
[modifica] Seconda guerra d'indipendenza
Durante la seconda Guerra d'Indipendenza i Carabinieri:
- Espletarono solo compiti di Polizia Militare ampliati rispetto alla Guerra precedente;
- Non costituirono Reparti speciali per la scorta del Re e del suo Stato Maggiore;
- Formarono drappelli addetti alle Grandi Unità;
- Svolsero il servizio delle informazioni (la moderna intelligence).
Tali compiti vennero affidati ad uno scelto gruppo di Ufficiali e Sottufficiali i quali espletarono avvistamenti del nemico, segnalazioni, protezione delle linee telegrafiche e un servizio di corrispondenza per mezzo di piccoli posti di Carabinieri tra varie località del territorio.
[modifica] Riconoscimenti
In tutte le campagne i compiti affidati ai Carabinieri vennero assolti in modo esemplare per cui, chiusasi le ostilità con l'accordo franco-austriaco ed il successivo armistizio di Villafranca (11 luglio 1859), vennero concesse:
- 20 Medaglie d'Argento al Valor Militare;
- 25 Menzioni onorevoli poi tramutate in .Medaglie di Bronzo al Valor Militare.
Per approfondire, vedi la voce Seconda guerra di indipendenza italiana. |
[modifica] Il processo di unificazione
Nei piccoli stati emiliani di Modena, Parma e Piacenza in seguito alla decadenza dei rispettivi sovrani, si decretò l'annessione al Piemonte e quindi il territorio fu presidiato dalle truppe piemontesi, mentre i Carabinieri provvidero all'ordine pubblico e a i servizi di polizia, facendosi coadiuvare dalle Gendarmerie locali.
Il trattato di Villafranca, però, prevedeva il ritiro dai Ducati di tutti i funzionari civili e dei contingenti militari del Piemonte.
Con il ripiegamento dei Carabinieri sarebbe stato possibile il ritorno degli ex sovrani con grave pregiudizio per il processo di unificazione.
[modifica] Emilia e Romagna
Il Commissario straordinario del governo piemontese a Modena Luigi Carlo Farmi, dal popolo acclamato dittatore, chiese quindi di far rimanere i Carabinieri. Ma il governo del Piemonte, per rispetto dei trattati, non poté dare tale ordine, tuttavia fece sapere, tramite il Magg. Gen. Lovera di Maria (comandante del Corpo), al Comandante dei CC in Modena, Magg. Giuseppe Formenti, che se essi vi fossero rimasti spontaneamente avrebbero contribuito in modo favorevole a risolvere il problema. Fu deciso in tal senso, il che sostenne l'azione del Farini che estese la sua dittatura anche a Reggio Emilia, mentre Parma e Piacenza si adeguavano alla situazione di Modena.
Dopo l' 8 agosto 1859, eletti i deputati del popolo di Romagna questi proclamarono decaduta la sovranità austriaca e l'annessione al costituendo Regno d'Italia.
I Carabinieri, che avevano conservato Tenenze e Stazioni nei territori annessi ed avevano contribuito con la loro opera al verificarsi di tali eventi, vi restarono definitivamente (nuclei originari delle future Divisioni Carabinieri di Bologna, Forlì, Modena e Parma, istituite il 16 gennaio 1860).
[modifica] Toscana
Anche a Firenze, per evitare la restaurazione di quel Granducato, decretata a Villafranca, fu convocata la Consulta Toscana che si dichiarò contraria al rientro di Leopoldo II e richiese una consultazione popolare per l'annessione al Regno Sardo, ottenuta con il plebiscito dell'11-12 marzo 1860. Il Maggiore Ollandini, inviato dal Comando Generale del Corpo, fu nominato comandante della locale Gendarmeria con l'incarico di riordinarne la struttura.
Fu creato un corpo denominato Legione Carabinieri Toscani che comprendeva le divisioni di Firenze, Livorno e Siena.
L'Arma ebbe dunque le forze - debitamente selezionate tra le sue fila - delle ex-gendarmerie ed anche circa mille gendarmi pontifici, già Carabinieri delle Romagne. Soltanto in Lombardia sciolta la gendarmeria di impronta austriaca si preferì indire arruolamenti volontari.
[modifica] L'impresa garibaldina
[modifica] Sicilia
Il progetto di unificazione della penisola si completò con l'impresa di Garibaldi che dopo essere sbarcato ed aver affrontato, vincendole, le prime scaramucce in Sicilia, vi assunse la carica di Dittatore in nome del Re d'Italia.
Ovviamente i Carabinieri vi ebbero notevole parte:
Nelle cittadine dell'isola conquistate si rese immediatamente necessario provvedere al servizio di polizia ed a ciò provvide un reparto di Carabinieri organizzato da Ufficiali e Sottufficiali Piemontesi. La missione fu affidata al Maggiore Saverio Massiera il quale, per ovvie ragioni di opportunità si dimise temporaneamente dall'Arma, si recò in Sicilia con un congruo numero di collaboratori.
Venne formata una Legione Carabinieri Reali di Sicilia che aveva l'organico di 73 Ufficiali e 1426 militari a piedi e 901 a cavallo. Gli arruolamenti dovevano essere fatti tra i nativi e gli ex appartenenti alla disciolta Gendarmeria Borbonica. Tali forze, nonostante le obbiettive difficoltà, assicurarono un efficiente servizio di polizia distribuendosi nel territorio al progredire delle conquiste. Già l'anno successivo erano una delle più grandi ed organizzate Legioni Carabinieri del nuovo stato unitario.
[modifica] Umbria e Marche
Per la campagna in Umbria e nelle Marche alcune centinaia di Carabinieri indrappellati al seguito delle unità in campo svolsero i tradizionali compiti di polizia militare. Nell'ultima fase della campagna nell'Italia Meridionale, identici compiti ebbero i Carabinieri, i quali unitamente alle forze regolari piemontesi, si riunirono con le colonne garibaldine provenienti dal sud.
[modifica] Il Regio Esercito
Con la legge 7 marzo 1861 si costituì il Regno d'Italia e l'Armata Sarda mutò il suo nome in Regio Esercito Italiano.
Il Corpo dei Carabinieri venne denominato ARMA, la prima dell'Esercito che in seguito all'assorbimento delle varie Gendarmerie ebbe nuovo totale riordino.
Il territorio era suddiviso in 13 Legioni territoriali: Torino, Genova, Cagliari, Milano, Bologna, Firenze, Napoli, Chieti, Bari, Salerno, Catanzaro, Palermo e Ancona che comprendevano anche una Legione Allievi a Torino (reparto addestrativo), circa 1.600 Stazioni Carabinieri, e un totale di circa 19.000 uomini.
[modifica] Dopo l'unità
Negli anni che videro la formazione e l'assestamento dello Stato unitario si ebbero manifestazioni di piazza, disordini sollevazioni ed attentati, che caratterizzarono un po' ovunque la vita italiana infatti crisi politiche, economiche e sociali, conflitti d'interessi fra nord e sud fra vecchi e nuovi istituti, vecchie e nuove leggi, determinarono situazioni di emergenza pressoché continue.
Tra il 1862 e il 1864, per mantenere buoni rapporti, si dovette tenere a freno i patrioti che, con vari tentativi, tentarono di liberare il Veneto: ai Carabinieri toccò fermarli e pattugliare le frontiere per scongiurare infiltrazioni sgradite all'Austria.
[modifica] La crisi in Sicilia
In Sicilia, conflitti di opinioni, grave crisi economica, abusi, errori di governo potarono ad aspre sommosse che sfociarono in veri atti di delinquenza. Nel progetto della rivolta era prevista l'occupazione di Palermo, il travolgimento di truppe e Carabinieri per creare un governo provvisorio e favorire l'insurrezione dell'intera isola mediante esterni, per far favorire l'autonomia della Sicilia.
I disordini che provocarono le gravi perdite inferte ai Carabinieri e alle forze armate furono domati e l'ordine fu ristabilito con l'intervento del Generale Raffaele Cadorna a cui furono dati pieni poteri. Nel frangente l'Esercito ebbe 53 morti di cui 7 Ufficiali, 225 feriti e 24 dispersi. L'Arma fu più provata nella città di Palermo e in varie località della provincia dove sostennero delle vere e proprie battaglie coi rivoltosi. Alla fine della sommossa le perdite dei Carabinieri poterono riassumersi con 53 morti e varie decine di feriti. Numerosi furono i decorati: il Colonneollo Sannazzaro di Giarolle, Comandante della Legione di Palermo, fu insignito della Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia. Il Gen. Cadorna scrisse: «I Carabinieri, come sempre, si distinsero per coraggio e zelo».
[modifica] Terza guerra d'indipendenza
L'Arma concorse con 110 uomini e 72 cavalli presso il Quartier Generale del Re. Fornì anche 25 drappelli a piedi e a cavallo con compiti di scorta e polizia militare al seguito dei 4 Corpi d'esercito, le 20 Divisioni e il Corpo volontari. Altri 23 Carabinieri, al comando di un ufficiale, erano aggregati alla Guardia Nazionale in difesa della Valtellina.
In tali circostanze ai Carabinieri furono affidati i compiti di:
- vigilanza dei confini;
- esplorazione;
- guardia ai valichi;
- difesa dei passi.
Si distinsero in modo particolare il drappello addetto alla divisione volontari (difesa di Edolo ed in Valcamonica) e quello addetto alla 15^ Divisione. I Carabinieri però furono anche in prima linea tra i combattenti di Custoza, Monzambano, Monte Croce, Condino, Borgo, Levico e Primolano.
Per approfondire, vedi la voce Battaglia di Custoza (1866). |
[modifica] Garibaldi e l'Arma
Nel 1867 all'Arma fu affidato l'incarico di fermare Garibaldi due volte: necessità politiche del momento imponevano di tenere "calmo" il generale:
- Il primo episodio si verificò in Sinalunga il 24 settembre 1867 dove leroe dei due mondi si mise a disposizione del Tenente Pizzuti senza proteste, né suscitando alcuno scalpore;
- Il secondo episodio, del 5 novembre 1867, si ebbe a Figline Valdarno, presso Firenze ove Garibaldi transitava con un treno carico di armati reduci da Mentana dove i francesi li avevano battuti. Il Governo su cui cadeva la responsabilità delle imprese di Garibaldi, ordinò all'Arma di procedere al fermo del convoglio e dirottarlo verso La Spezia ove i componenti sarebbero stati trattenuti nel forte del Varignano. Si deve alla capacità Maggiore Deodato Camosso cui fu affidato l'incarico, se l'episodio non degenerò in un violentissimo scontro a fuoco tra i seguaci di Garibaldi e i due battaglioni (uno di CC all'interno della Stazione e uno di Bersaglieri dislocato all'esterno).
Per approfondire, vedi la voce Terza guerra di indipendenza italiana. |
[modifica] I Carabinieri in Roma Capitale
Dopo Porta Pia, gli stessi Ufficiali comandanti dei reparti mobilitati, avvalendosi degli stessi uomini, diedero inizio all'organizzazione dell'Arma sia a Roma che fuori la città: la forza dipendeva dalla Legione di Firenze.
Il 1° gennaio 1874 fu istituita la Legione di Roma con giurisdizione su Roma, Ancona, L'Aquila, Ascoli Piceno, Macerata e Perugia.
Figura degna di nota per quegli anni è quella del Tenente Giacomo Acqua che fu il primo Ufficiale dei Carabinieri in assoluto che entrò in Roma e fu uno degli artefici dell'organizzazione dei Carabinieri nella città. Già decorato di Croce dell'Ordine Militare di Savoia nella lotta al Brigantaggio prima del suo ingresso nell'Arma, cadde in conflitto con alcuni banditi nell'agro di Genazzano presso Roma.