Armistizio di Villafranca
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L'armistizio di Villafranca, firmato l'11 luglio 1859, pose fine alla seconda guerra d'indipendenza.
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[modifica] Premesse
A partire dal famoso incontro di Plombières con Napoleone III, il 21 e 22 luglio 1858 e, soprattutto dalla firma del trattato di alleanza difensiva fra Francia e Regno di Sardegna, il 26 gennaio 1859, il primo ministro del Cavour iniziò i preparativi per la liberazione del nord Italia e la inevitabile guerra all’Austria. Il 24 aprile 1859 Cavour riuscì a farsi dichiarare guerra dall’Austria, con inizio delle ostilità il 27 aprile.
[modifica] Il trattato
Gli Austriaci di Francesco Giuseppe, sconfitti alle battaglie di Palestro, San Fermo, Montebello, Magenta e, infine, Solferino, debbono rassegnarsi ad accondiscendere al tentativo di Napoleone III di giungere ad un accomodamento, firmato il giorno 11 luglio 1859 da Napoleone III (Francia), Vittorio Emanuele II e Francesco Giuseppe, nel palazzo Gandini-Bugna-Bottagisio di Villafranca Veronese. I preparativi erano cominciati qualche giorno prima, spinti dal timore francese di una reazione della Prussia in Germania o sul Reno, mentre l'esercito era tutto impegnato in Italia.
[modifica] Le condizioni
I termini dell’armistizio di Villafranca riconoscevano al Regno di Sardegna la Lombardia (priva di Mantova e della fortezze di Borgoforte, posta a sud del Po). L'Austria ancora poteva considerarsi una potenza Italiana, con il Veneto, il Trentino, l’Alto Adige, la Venezia-Giulia, la Dalmazia e Mantova (ossia tutte e quattro le fortezze del Quadrilatero).
I territori dell'Italia centrale sarebbero tornati ai legittimi sovrani: Granducato di Toscana, Legazioni (Bologna e la Romagna), Ducato di Modena e Ducato di Parma. Tutti gli stati italiani (inclusa il residuo Regno del Lombardo-Veneto) si sarebbero riuniti in una confederazione italiana, presieduta dal Papa.
[modifica] La inapplicabilità del trattato
Le popolazioni dell'Italia Centrale già dal maggio/giugno 1859 vevano scacciato i propri sovrani e reclamato l’annessione al Regno di Sardegna. Esse avevano, inoltre, già provveduto ad armare consistenti forze armate, inquadrate da ufficiali piemontesi ed innestate sul tronco dell'esercito toscano, passato in blocco alla rivoluzione. Solo Papa fu in grado di reprimere una parte della rivoluzione, inviando una feroce spedizione militare nelle Marche ed in Umbria (massacro di Perugia).
L'Austria, inoltre, era la grande sconfitta del 1859, e non aveva certo la forza di imporre una soluzione militare, se non previo il consenso della grande vincitrice, la Francia. Una azione fu, effettivamente, abbozzata nell’autunno-inverno del 1859, quando Francesco II, di concerto con Francesco Giuseppe si mosse a sostegno delle rivendicazioni di Pio IX del Granduca di Toscana e dei Duchi di Modena e Parma per la restaurazione dei loro Stati. Ma non se ne fece nulla, un po' poichè il Regno di Sardegna aveva assai ingrandito il proprio esercito, passando da cinque a ben quattordici divisioni. Ma soprattutto in quanto l’iniziativa si scontrava direttamente con gli interessi vitali non solo di Torino, bensì anche di Parigi (dal momento che Napoleone III, per giustificare la guerra all’Austria di fronte all’opinione pubblica francese, doveva annettersi almeno la Savoia). L'iniziativa si tradusse, soltanto, in un ulteriore isolamento di Francesco II, un isolamento dal quale il "Regno" non si sarebbe più ripreso (spedizione dei mille).
[modifica] Il superamento del trattato
Napoleone III e Cavour, infine, restavano reciprocamente in debito: il primo poiché non aveva liberato Venezia, il secondo perché aveva liberato l’Italia centrale. Lo stallo venne risolto molti mesi più tardi, il 24 marzo 1860, quando Cavour sottoscrisse la cessione della Savoia e della italianissima Nizza alla Francia ed ottenne, in cambio, il consenso dell’Imperatore all’annessione di Toscana ed Emilia-Romagna al Regno di Sardegna. Come disse il Cavour all’emissario francese, i due erano divenuti “complici”.
[modifica] I vantaggi strategici ottenuti dalla Francia
All'indomani del trattato la Francia si trovò nell’ambiguo ruolo di potenza protettrice di Roma e principale alleato del Regno di Sardegna: una ambiguità che permise a Napoleone III di mantenere una decisiva influenza sulle cose italiane, sino all’estremo giorno di vita del suo impero, nel 1870 (battaglia di Sedan). Prima di Napoleone III, fra i sovrani francesi, avevano goduto di una simile determinante influenza politica in Italia solo Napoleone I, Carlo Magno e, per un poco, Francesco I di Valois.
A pensarci bene, l'assetto della penisola ottenuto nel 1859 da Napoleone III, non era tanto dissimile da quello ottenuto nel 1797 dal grande zio, Napoleone I, con il Trattato di Campoformio.