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Publio Cornelio Tacito - Wikipedia

Publio Cornelio Tacito

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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Publio Cornelio Tacito
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Publio Cornelio Tacito

Publio (o Gaio) Cornelio Tacito, conosciuto semplicemente come Tacito (55 - 117), oratore, avvocato e senatore romano, è considerato uno degli storici più importanti dell'antichità. Le sue opere maggiori - gli Annales e le Historiae illustrano la storia dell'impero romano del I secolo, dalla morte dell'imperatore Augusto, avvenuta nel 14 d.C., fino alla morte dell'imperatore Domiziano, avvenuta nel 96.

Indice

[modifica] Biografia

Le opere di Tacito contengono molte informazioni sul suo mondo, ma i particolari sulla sua vita sono limitati. Anche il suo praenomen è incerto. Quel poco che conosciamo deriva dagli indizi sparsi nel corpus del suo lavoro, dalle lettere del suo amico e ammiratore Plinio il giovane, da un'iscrizione trovata a Mylasa in Caria[1] e da ipotesi.

Tacito nacque nel 56 o nel 57[2] da una famiglia equestre; come molti altri autori latini proveniva dalle province, dall'Italia probabilmente del Nord, Gallia Narbonensis, o Hispania. Il luogo e la data esatti della sua nascita non sono conosciuti. Il suo praenomen è un mistero: in alcune lettere di Sidonio Apollinare ed in alcune vecchie e scritti poco importanti il suo nome è Gaius, ma nel manoscritto principale della tradizione il suo nome è Publius[3]. L'ipotesi di Sextus non ha trovato seguito[4].

[modifica] Origini e luogo di nascita

Il disprezzo mostrato da Tacito per gli arrampicatori sociali ha portato all'ipotesi che la sua famiglia provenisse da un ramo sconosciuto della gens patrizia Cornelia, ma nessun Cornelius si è mai chiamato Tacito. Ancora, le famiglie aristocratiche più antiche in gran parte erano state distrutte nel caos determinato dalla conclusione della Repubblica, ed è chiaro che Tacito deve la sua posizione sociale agli imperatori di Flavii (Hist. 1, 1). L'ipotesi che egli discendesse da un liberto non ha trovato nessun supporto oltre alla sua dichiarazione, in un discorso inventato, che molti senatori e cavalieri discendono da liberti (Ann. 13, 27), e tale ipotesi è stata prontamente abbandonata [5].

Suo padre può essere il Cornelio Tacito che era procuratore della Gallia Belgica e della Germania. Un figlio di questo Cornelio Tacito è citato da Plinio il vecchio come esempio di sviluppo e di invecchiamento anormalmente veloci (Naturalis historia 7, 76), implicando una morte prematura. Ciò significa che questo figlio non era Tacito, ma il suo fratello o cugino - il Cornelius maggiore Tacito può essere uno zio, piuttosto che suo padre [6]. Da questo legame e dall'amicizia bene attestata fra Plinio il giovane ed il Tacito più giovane, gli studiosi traggono la conclusione che le due famiglie erano di categoria, facoltà e origini simili: ceto equestre, ricchezza significativa, famiglie provinciali [7] .

La Gallia Narbonese
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La Gallia Narbonese

La provincia esatta della sua origine è comunque sconosciuta. La sua unione alla figlia del senatore narbonese Gneo Giulio Agricola può indicare che provenisse dalla Gallia Narbonensis.

La possibile origine spagnola del Fabius Iustus al quale Tacito dedica il Dialogus suggerisce un legame con la Spagna. La sua amicizia con Plinio indica nell'Italia del Nord il luogo della sua origine [8]. Nessuna di queste prove è conclusiva. Gneo Giulio Agricola potrebbe conoscere Tacito per altri motivi. Marziale dedica un componimento a Plinio (10, 20), ma non a Tacito che era più famoso. Nessuna prova esiste che gli amici di Plinio dell'Italia del Nord abbiano conosciuto Tacito, né le lettere di Plinio suggeriscono che i due uomini abbiano condiviso una provincia [9]. L'opposto, in effetti: la prova più forte è nella lettera 23 del libro 9, che riferisce come a Tacito sia stato chiesto se fosse italiano o provinciale e alla sua risposta poco chiara, un po' oltre gli sia stato chiesto se fosse Tacito o Plinio. Poiché Plinio proveniva dall'Italia, Tacito deve provenire da un'altra provincia e la Gallia Narbonese è l'ipotesi più probabile.[10]

La sua discendenza, la sua abilità oratoria e la sua simpatia occasionale per i barbari che hanno resistito alla lex romana (per esempio, Ann. 2, 9), hanno condotto qualcuno a suggerire che provenisse da una famiglia celtica. [11]

Infine si ricorda una tradizione tarda che, rifacendosi ad un passo dell'Historia Augusta relativo alla vita dell'imperatore romano Claudio Tacito (275 - 276 d. C.), attribuisce i natali dello storico alla città di Terni.

[modifica] Vita pubblica, matrimonio e carriera letteraria

Da giovane studiò retorica a Roma, come preparazione alla carriera nella magistratura e nella politica; come Plinio, potrebbe aver studiato sotto Quintiliano.[12] Nel 77 o nel 78 ha sposato Giulia Agricola, figlia dell'Agricola generale;[13] niente si sa della loro unione o della loro vita domestica, a parte il fatto che Tacito amava cacciare.[14]

All'inizio della sua carriera (probabilmente è questo il significato di latus clavus, contrassegno del senatore[15]) diede grande impulso Vespasiano, come dice nelle Historiae (1, 1), ma fu sotto Tito che entrò realmente nella vita politica con la carica di quaestor, nell'anno 81 o nell'anno 82.[16] Proseguì costantemente nel suo cursus honorum, divenendo praetor nell'88 e facendo parte dei quindecemviri sacris faciundis, un collegio sacerdotale che custodiva i libri sibyllini ed i giochi secolari.[17]

Fu elogiato come avvocato e oratore; la sua abilità nel parlare in pubblico si contrappone ironicamente al suo cognomen Tacito ('silenzioso').

Ricoprì funzioni pubbliche nelle province all'incirca dall'89 al 93, forse a capo di una legione, forse in ambito civile.[18] Sopravvisse con le sue proprietà al regno del terrore di Domiziano (93-96), ma l'esperienza lasciò in lui cupa amarezza, forse per la vergogna della propria complicità, contribuendo allo sviluppo di quell'odio verso la tirannia così evidente nelle sue opere.[19] I paragrafi 44 - 45 dell'Agricola sono paradigmatici:

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«[Agricola] scampò a quest'ultimo periodo in cui Domiziano, non più a intervalli o attimi di respiro, ma di continuo e come d'un sol colpo annientò lo stato. [...] Subito dopo le nostre stesse mani mandarono in carcere Elvidio; noi ha fatto arrossire di vergogna la vista di Maurico e di Rustico, noi ha bagnato con il suo innocente sangue Senecione. Nerone almeno distolse lo sguardo dai suoi delitti: li ordinò, ma non rimase a godersi lo spettacolo. Sotto Domiziano, invece, la parte peggiore delle nostre miserie era vedere ed essere visti...»

Divenne consul suffectus nel 97 durante il regno di Nerva, diventando il primo della sua famiglia a ricoprire tale carica. Durante tale periodo raggiunse i vertici della sua fama di oratore nel pronunciare il discorso funebre per il famoso soldato Virginio Rufo.[20]. Durante l'anno seguente scrisse e pubblicò sia l'Agricola sia la Germania, primi esempi dell'attività letteraria che lo occuperà fino alla sua morte.[21]

In seguito sparì dalla scena pubblica, a cui tornò durante il regno di Traiano. Nel 100, con il suo amico Plinio il giovane, perseguì Mario Prisco (proconsule dell'Africa) per corruzione. Prisco fu riconosciuto colpevole e fu esiliato; Plinio scrisse alcuni giorni dopo che Tacito aveva parlato "con tutto la maestosità che caratterizza il suo usuale stile oratorio".[22]

Seguì una lunga assenza dalla politica e dalla magistratura. Nel frattempo scrisse le sue due opere più importanti: la Historiae e, quindi, gli Annales. Ha ricoperto la più alta carica di governatorato, quello della provincia romana dell'Asia in Anatolia occidentale, nel 112 o nel 113, come provato dall'iscrizione trovata a Milas. Un passaggio negli annali indica il 116 come il terminus post quem della sua morte, che può essere posto più tardi nel 125.[23] Non si sa se ha avuto figli, ma la Historia Augusta riporta che l'imperatore Marco Claudio Tacito lo ha indicato come antenato, ma questo fatto è probabilmente falso.[24]

[modifica] Opere

Frontespizio dell'edizione completa delle opere di Tacito per opera di Iustus Lipsius nel 1598, ora alla Biblioteca Comunale di Empoli
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Frontespizio dell'edizione completa delle opere di Tacito per opera di Iustus Lipsius nel 1598, ora alla Biblioteca Comunale di Empoli

Cinque sono le opere attribuite a Tacito che sono sopravvissute, almeno in una parte sostanziale di esse. Le date sono approssimative e le ultime due (le sue opere "maggiori"), hanno comunque richiesto alcuni anni per essere completate.

  • (98) De vita Iulii Agricolae ("La vita di Giulio Agricola)
  • (98) De origine et situ Germanorum ("La Germania")
  • (102) Dialogus de oratoribus ("Dialogo sull'oratoria")
  • (105) Historiae ("Le storie")
  • (117) Ab excessu divi Augusti (Annales)

[modifica] Opere principali

Le due opere principali, originariamente pubblicate separatamente, sono state indicate come parti integranti di una singola opera in trenta libri[25] (gli Annales prima delle Historiae). Esse offrono una descrizione dell'era che va dalla morte di Augusto (14) alla morte di Domiziano (96). Benché alcune parti siano andate perdute, quel che rimane è un affresco di inestimabile valore di quel tempo.

[modifica] Historiae

In uno dei primi capitoli dell'Agricola, Tacito dichiara il suo desiderio di parlare degli anni di Domiziano, di Nerva e di Traiano. Nelle Historiae il progetto è stato però modificato: nell'introduzione, infatti, Tacito afferma che si occuperà dell'età di Nerva e di Traiano solo successivamente, mentre si occuperà prima del periodo compreso tra le guerre civili del 68-69 e il regno dei Flavii. Sono sopravvissuti soltanto i primi quattro libri e ventisei capitoli del quinto libro, concernenti gli anni 69 e la prima parte del 70. Il lavoro avrebbe dovuto proseguire fino alla morte di Domiziano, avvenuta il 18 settembre 96. Il quinto libro contiene, come preludio alla narrazione della soppressione di Tito della rivolta ebrea, un excursus etnografico sugli ebrei, quadro inestimabile dell'atteggiamento del Romani verso quel popolo.

[modifica] Gli Annales

Gli Annales furono l'ultima opera storiografica di Tacito, che copre il periodo che va dalla morte di Augusto (il funerale dell'imperatore è il brano di apertura degli Annales e chiarisce subito il ruolo dell'autore nell'opera) avvenuta nel 14 d.C. fino al 68 d.C.

Scrisse almeno sedici libri, ma mancano tutti i libri dal settimo al decimo e parti del quinto, sesto, undicesimo e sedicesimo libro. Il sesto libro termina con la morte di Tiberio e si presume che i libri dal settimo al dodicesimo parlassero dei regni di Caligola e Claudio. I restanti libri dovrebbero trattare del regno di Nerone, forse fino alla sua morte nel giugno del 68 d.C., in modo da ricollegarsi con le Historiae. La seconda parte del sedicesimo libro, che avrebbe dovuto terminare con il resoconto degli eventi dell'anno 66 d.C., è andata perduta. Non è noto se Tacito abbia completato l'opera o se si sia dedicato alle opere che aveva pianificato di fare: è morto prima che potesse finire le biografie di Nerva e Traiano e non esistono prove che il lavoro su Augusto e sui primi anni dell'Impero (con cui Tacito intendeva concludere il suo lavoro da storiografo) sia stato effettivamente espletato.

[modifica] Opere minori

Tacito inoltre scrisse tre opere secondarie su vari soggetti: l'Agricola, una biografia del suocero Gneo Giulio Agricola; la Germania, è una monografia sulle terre e le tribù di barbari della Germania; il Dialogus, un dialogo sull'arte dell'oratoria.

[modifica] Germania

La Germania (De origine et situ Germanorum) è un'opera etnografica su diversi aspetti delle tribù germaniche residenti al di là dell'impero romano. La Germania si inserisce perfettamente all'interno della tradizione etnografica che va da Erodoto a Cesare. Ciò non toglie che quest'opera si riveli anche come una creazione originale nell'ambito dei generi tradizionali delle letterature classiche, comprendendo anche parti storiche ma soprattutto "ideologiche", quasi "da pamphlet": intenzione neanche troppo nascosta dell'autore, infatti, è descrivere i puri e incorrotti costumi dei Germani per criticare indirettamente i corrotti e degenerati costumi romani. Non solo: anche per istituire una sorta di parallelo tra quello che erano i Germani allora (un popolo rude e semplice e per ciò stesso valoroso in guerra) con quello che i Romani erano stati e ora non erano più, sempre a causa della loro decadenza morale. Questo porta Tacito a preconizzare un futuro scontro tra i Germani e Roma in cui i popoli del Nord Europa potrebbero anche risultare vincitori ("urgentibus imperii fatis"). L'opera inizia con una descrizione delle terre, delle leggi e dei costumi dei germani (capitoli 1-27); continua quindi con le descrizioni delle singole tribù, iniziando da quelle più vicine ai territori romani e terminando con una quelle ai più estremi confini sul mar Baltico, con una descrizione dei primitivi e selvaggi Fenni e di sconosciute tribù al di là di essi.

[modifica] Agricola (De vita et moribus Iulii Agricolae)

L'Agricola (scritto circa nel 98) racconta la vita di Gneo Giulio Agricola, un eminente generale romano e suocero di Tacito; brevemente l'opera esamina anche la geografia e l'etnografia dell'antica Britannia, come nella Germania, Tacito oppone la libertà dei Bretoni indigeni alla corruzione e alla tirannia dell'Impero; l'opera contiene anche un'eloquente e dura polemica contro l'avidità di Roma contenuta nel discorso messo in bocca al capo dei Caledoni, Calgaco prima della famosa battaglia del monte Graupio:

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« Raptores orbis, postquam cuncta vastantibus defuere terrae, mare scrutantur; si locuples hostis est, avari, si pauper, ambitiosi, quos non Oriens, non Occidens satiaverit; soli omnium opes atque inopiam pari adfectu concupiscunt. Auferre, trucidare, rapere falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant. »
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« Rapinatori del mondo, i Romani, dopo aver tutto devastato, non avendo più terre da saccheggiare, vanno a frugare anche il mare; avidi se il nemico è ricco, smaniosi di dominio se è povero, tali da non essere saziati né dall'Oriente né dall'Occidente, sono gli unici che bramano con pari veemenza di possedere tutto e ricchezze e miseria. Rubare, massacrare, rapinare, questo essi, con falso nome, chiamano impero e là dove hanno fatto il deserto, dicono di aver portato la pace. »
(Publio Cornelio Tacito, La vita di Agricola, BUR, Milano, trad.: B. Ceva)

Tanto famoso è questo brano da rendere proverbiale la locuzione: Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant.

[modifica] Dialogus de oratoribus

La data di composizione del Dialogus è incerta, ma fu probabilmente scritto dopo l'Agricola e la Germania. Molte caratteristiche lo distinguono dagli altri scritti di Tacito, tanto che l'autenticità può essere messa in discussione, nonostante esso, nella tradizione manoscritta, compaia sempre con l'Agricola e la Germania.

Lo stile sembra più vicino a Cicerone, elaborato ma non prolisso, a cui esortava l'insegnamento di Quintiliano; esso manca delle incongruenze che sono tipiche delle maggiori opere storiche di Tacito. Potrebbe risalire alla giovinezza di Tacito; la dedica a abiu Iustus potrebbe così indicare soltanto la data di pubblicazione dell'opera e non della sua stesura. Più probabilmente, l'inusuale stile classico può essere spiegato dalla volontà di riprendere lo stile ciceroniano, modello di riferimento per le opere che, come questa, trattavano di retorica.

[modifica] Le fonti

Complessivamente, Tacito fu uno storico scrupoloso, attento e preciso. Le piccole inesattezze che si riscontrano negli Annales potrebbero derivare dal fatto che Tacito morì prima di terminare la sua opera e di farne una rilettura completa. Tacito non poté consultare le fonti ufficiali dell'Impero Romano, ma poté leggere i discorsi di alcuni imperatori, come Tiberio e Claudio. Utilizzò anche una grande varietà di fonti storiche e letterarie di diversa provenienza. Egli stesso cita tra le sue fonti dirette anche Plinio il vecchio, autore dei Bella Germaniae ("Le guerre in Germania") e un'opera storica che era la continuazione di quella di Aufidio Basso. Tacito inoltre poté utilizzare alcuni epistolari e varie note. Altre informazioni furono tratte da quegli scritti che rientravano nel genere degli exitus illustrium virorum. Si trattava di una serie di libri su coloro che si erano opposti all'imperatore e da essi stessi redatti; raccontavano il sacrificio dei martiri per la libertà, soprattutto di coloro che si erano suicidati seguendo la morale stoica. Tacito si servì di tale materiale soltanto per dare un tono drammatico alla sua storia, senza appoggiare la teoria del suicidio, a suo dire gesto ostentato e politicamente inutile.

[modifica] Stile letterario

Gli scritti di Tacito sono famosi per la loro prosa densa e qualche volta pesante, in contrasto allo stile più leggero dei suoi contemporanei, come Plutarco. Quando descrive lo scontro dell'esercito romano negli Annales, I, 63, riesce ad essere abbastanza chiaro e preciso, ma ciò è attribuibile soprattutto alla brevità del passo, piuttosto che a frasi decorative.

Nella maggior parte delle opere Tacito si attiene alla sequenza cronologica dei fatti nella narrazione, e solo raramente delinea l'intero quadro, compito che lascia di solito al lettore. Nonostante ciò, quando abbozza tale quadro, come ad esempio nei paragrafi iniziali degli Annales, gli servono solo poche frasi dense, riguardanti la situazione dell'impero alla morte di Augusto per portare il lettore al centro della storia.

[modifica] Approccio alla storia

Il metodo storiografico di Tacito deriva esplicitamente dagli esempi della tradizione storiografica precedente (in particolare Sallustio).

Celebre è l'affermazione dello stesso Tacito sul proprio metodo storiografico:

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«Consilium mihi ... tradere, ... sine ira et studio, quorum causas procul habeo.»
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«Il mio proposito è riferire ..., senza ostilità e parzialità, dal momento che non ne ho motivo»
(Annales, 1, 1)

Sebbene questo sia quanto di più possibile vicino a un punto di vista neutrale nell'antichità, si è discusso molto accademicamente sulla pretesa "neutralità" di Tacito (o "parzialità" per altri, cosa che renderebbe la citazione precedente nulla più che una figura retorica).




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