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Storia della scuola italiana - Wikipedia

Storia della scuola italiana

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Questa voce tratterà l'evoluzione dell'istruzione in Italia a partire dal periodo medioevale fino ai giorni nostri.

Indice

[modifica] Dal Medioevo al Settecento

L'istruzione in Italia non era obbligatoria e affidata agli enti ecclesiastici. Solo alla fine di quel secolo i principati italiani fecero alcuni timidi tentativi di legiferazione in questo settore. Tra questi, il più rappresentativo fu quello portato avanti dal Lombardo, nel 1786, attraverso l'opera del padre somasco Francesco Soave. La bolla papale del 1773 Dominus ac Redemptor noster, con il quale fu soppresso l'ordine dei Gesuiti, ebbe una grande rilevanza in quel generale processo di "secolarizzazione dell'istruzione" che vedeva impegnati in prima fila i sovrani illuminati austriaci (Maria Teresa e Giuseppe II). Ancora più importante fu la legislazione scolas tica del periodo napoleonico: secondo gli ideali rivoluzionari, la scuola doveva essere laica e gratuita. Timidi furono gli interventi nella Repubblica Cisalpina, mentre più influenti furono quelli della Repubblica Italiana e del Regno Italico. Per la prima volta con la legge del 4 settembre 1802 veniva introdotto il Liceo, istituzione francese che si andava ad affiancare al ginnasio austriaco. Scuole popolari, ove s'insegnavano primi rudimenti di leggere e scrivere e a far di conto, fiorirono in tutti i comuni.

[modifica] Ottocento

La scuola ottocentesca è caratterizzata da un modello educativo funzionale al mondo del lavoro creato con la rivoluzione industriale; questa scuola ricalca il modello fff e prepara anche gli studenti a quel tipo di futuro (un modello che mostrerà maggiormente i propri difetti a partire dal dopoguerra del secolo successivo, rendendo gli studenti inadatti ad una vita ormai priva delle certezze tradizionali). Gli studenti sono tenuti a recarsi a scuola dalle prime ore del mattino come gli operai in fabbrica; vengono preparati ad essere fedeli alla consegna di chi li assumerà; il modello è caratterizzato da un impianto inquisitorio, le cattedre sono maschere della divisione di classe su cui poggia l'unità reale del modo di produzione capitalista.

[modifica] Prima metà dell'Ottocento

Nella prima metà dell'Ottocento, sotto l'ondata della Restaurazione, anche in Italia (soprattutto nel Regno delle Due Sicile, ma anche nello Stato Pontificio e in Toscana), le innovazioni scolastiche vennero in parte abbandonate o comunque rallentate. Tuttavia numerosi pedagogisti ed educatori continuarono a lavorare per la crescita di un più moderno sistema scolastico. Ad esempio, a Napoli, il marchese Basilio Puoti aprì una libera scuola, di carattere laico e classicista, al fine di educare le giovani menti del Sud Italia. Notevole fu l'impegno di Raffaello Lambruschini all'interno del Granducato di Toscana; impegno che continuò in seguito, dopo l'unificazione al Regno d'Italia. Nello Stato Pontificio, dove in molte scuole valeva ancora la regola educativa dei Gesuiti, proclamata nella "Ratio Studiorum", il lavoro di Vitale Rosi (pedagogista, 1782-1851)servì a porre le basi di una scuola più moderna.

[modifica] 1859 legge Casati

Espressione della cultura politica dei liberali piemontesi alla vigilia dell'unificazione politica della penisola. Istituzione della scuola elementare articolata su due bienni e obbligatoria (1º biennio). Dopo la scuola elementare il sistema si divide in due: Ginnasio (a pagamento) e le scuole tecniche. Nonostante le “scuole tecniche” permettano il proseguimento degli studi alla scuola superiore e in alcuni casi all’università, il sistema risulta comunque classista, dato il fenomeno dell’auto-esclusione, che portava alla rinuncia agli studi i figli delle famiglie meno agiate.[1] La sua applicazione, formale e sostanziale, nelle diverse parti del nuovo Regno d'Italia fu largamente disomogenea. Il dibattito politico-culturale i tema di scuola, tra cui spiccano le voci di Francesco De Sanctis e di Pasquale Villari sottolinea le arretratezze della situazione del Mezzogiorno.

[modifica] 1877 legge Coppino

Uno dei punti qualificanti del programma e della politica della Sinistra Storica. Introduce l’obbligo scolastico nel primo triennio delle elementari dopo averle portate a 5 anni. Definisce le sanzioni per i genitori degli studenti che non adempiono all'obbligo.

[modifica] Primo Novecento

Si iniziano a vedere gli effetti positivi, se pur limitati, del sistema scolastico. Scende l’analfabetismo e compare per la prima volta il fenomeno della disoccupazione intellettuale. La borghesia fascista di quella epoca iniziava a temere uno sconvolgimento dello statu quo sociale. Il dibattito di quegli anni, destinato sul momento a non avere conseguenze pratiche, è particolarmente vivace sui temi della proposta della istituzione di una scuola media unica e sulla questione della laicità della scuola.

[modifica] 1904 legge Orlando

Prolunga l’obbligo scolastico fino al dodicesimo anno di età. Prevede la istituzione di un "corso popolare" formato dalle classi quinta e sesta.

[modifica] 1911 legge Daneo-Credaro

Rende la scuola elementare un servizio statale, così da poter disciplinare l’obbligo in modo più vigoroso. La sua applicazione fu problematica, anche per il sopraggiungere della Prima Guerra Mondiale.

[modifica] 1923 riforma Gentile

Nel primo governo Mussolini (1922-1924) è Ministro della PI il filosofo Giovanni Gentile. La sua nomina ed il suo operato segnano la convergenza tra cultura neoidealista e buona parte degli ambienti cattolici. Espressione della sopracitata borghesia conservatrice, la rif. Gentile (definita da Mussolini "la più fascista delle riforme") prevedeva cinque anni di scuola elementare uguale per tutti, con scansione 3+2, ed un grado preparatorio di tre anni (scuola materna), la scuola media inferiore, con diversi percorsi (avviamento professionale di tre anni, il ginnasio con scansione 3+2 e i corsi inferiori, solitamente di quattro anni, degli istituti tecnici, istituti magistrali, istituti d'arte e conservatori), la scuola media superiore, di tre anni per il liceo classico, di quattro per il liceo scientifico, di tre o quattro anni per i corsi superiori dell'istituto tecnico, dell'istituto magistrale e dei conservatori.

Le scuole medie acquisivano un sistema a "doppio canale": Da un lato il canale che consentiva il proseguimento degli studi alle scuole superiori, dall’altro un binario morto che al contrario non lo consentiva.

La riforma Gentile prevedeva quindi l'obbligo a 14 anni di età. Fu fatto per aderire ad una convenzione internazionale di alcuni anni prima, ma di fatto anche questa volta rimase lettera morta per la stragrande maggioranza delle ragazze e dei ragazzi italiani fino al 1962-63 quando fu avviata la riforma dell'unificazione della scuola media. E questo nonostante che dal 1948 anche un articolo della Costituzione della Repubblica imponesse un obbligo di frequenza scolastica di almeno otto anni.

La cosa è talmente vera che probabilmente se si chiedesse a tutti gli italiani quando è stato istituito l’obbligo scolastico a 14 anni la maggioranza risponderebbe nel 1963 con la scuola media unica.

In realtà, molti se lo ricorderanno,in quel periodo vigeva per il percorso post elementare un rigido doppio canale (ancora la storia si ripete!): da un lato la scuola media, ginnasio dimezzato, con prosecuzione agli studi superiori e dall’altro l’avviamento professionale (tecnico, commerciale, agricolo)indirizzato al lavoro. Per una eventuale prosecuzione dall’avviamento all’ITIS occorreva un esame di ammissione, quindi non si può proprio dire che l’avviamento fosse un canale tecnico: era, come sempre,la gronda di scarico degli alunni più poveri e più deboli verso il lavoro. Mentre, perché non ci fossero dubbi, a quel ginnasio dimezzato che era scuola media (con tre annualità di latino e solo due di lingua straniera, senza scienze e senza tecnica) si accedeva dopo un esame di ammissione alla fine della quinta elementare, molto rigido e selettivo.

I programmi delle elementari ripristinavano l'insegnamento della religione cattolica, salvo richiesta di esonero, e valorizzavano il canto, il disegno, le tradizioni popolari. Vi era anche una relativa valorizzazione dei dialetti dell'italiano, ma una netta chiusura verso le minoranze linguistiche (soprattutto verso quelle delle nuove provincie slavofone e germanofone).

La struttura del sistema scolastico italiano resterà sostanzialmente improntata al modello del 1923 anche dopo la fine del Fascismo, ed i programmi della scuola elementare non subiranno variazioni significative per oltre quarant'anni.

[modifica] 1928 Giuseppe Belluzzo

Con il Testo Unico n. 577 venne istituita la Scuola di avviamento professionale al posto dei corsi postelementari e la scuola complementare.

[modifica] 1939 La carta della scuola

Proposta di riforma complessiva del sistema scolastico dovuta al ministro Giuseppe Bottai. Esprime la consapevolezza della necessità di una scuola di massa, distinta e gerachizzata al suo interno, per le esigenze delll'economia e del regime. Anche a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, rimase sulla carta, ad eccezione della legge del 1940 che creava la Scuola media, triennale, unificando i corsi inferiori di Licei, Istituti tecnici ed istituti magistrali, ma lasciando permanere un secondo canale costiuito dalla Scuola di Avviamento professionale.

[modifica] Secondo Novecento

[modifica] 1945 I programmi provvisori

Subito dopo la Liberazione un'apposita commissione, presieduta dagli alleati, stila in via provvisoria i programmi della scuola, eliminando gli aspetti ideologici più marcati, ma mantenendo inalterata la struttura complessiva.

[modifica] 1947 Costituzione italiana

Viene stabilita l’istruzione pubblica, gratuita e obbligatoria per almeno otto anni. Viene sancita la libertà di istituire scuole "senza oneri per lo stato" formula che avrà una interpretazione controversa nei decenni successivi. Tuttavia restava il sistema scolastico precedente: scuola elementare quinquennale e i tre anni successivi divisi in “scuola media” (che permetteva di proseguire gli studi grazie alla materia del latino) e “scuola di avviamento professionale” (che senza l’insegnamento del latino, escludeva da qualsiasi proseguimento degli studi).

[modifica] 1947 Ministro Gonella

Il governo introduce, in via amministrativa, la “scuola post-elementare”, che avrebbe mantenuto il sistema duale, dove un canale non permette ulteriori sbocchi.

[modifica] 1959 proposte di legge

Donini e Luporini - prevedono l’istituzione di una scuola media unica con l’obbligo dall’età di sei anni fino ai quattordici. Medici – Riconferma i canali distinti e avanza anche la proposta di una quadripartizione.

[modifica] 1962 Quarto governo Fanfani

Dopo lunghe trattative tra DC e PSI, viene approvata la legge n.1859 del 31/12. Essa prevede la scuola media unicificata che permetta l’accesso a tutte le scuole superiori. Permane comunque una ambiguità sulla questione “Latino”, che diventa materia facoltativa anche se necessaria per l’accesso al liceo. Tali ambiguità sarebbero state superate solo a distanza di quindici anni, con l’abolizione del latino e la totale unificazione della scuola media. Nel 1968 viene istituita la Scuola materna statale e nel 1969 vengono emanati gli Orientamenti per la scuola materna.

Nel 1969, anche sotto la spinta di una rilevante stagione di movimenti studenteschi, vengono approvate norme che liberalizzano l'accesso agli studi universitari e che modificano, rendendolo meno impegnativo, l'esame di maturità.

[modifica] Anni Settanta

Il problema della scuola dualista viene superato, ma persistono alti tassi di evasione scolastica; inoltre si manifesta in maniera drammatica il fenomeno della selezione esplicita (attraverso le “bocciature”). La gravità del nuovo metodo di “selezione classista” adoperato dalla ancora antica mentalità elitaria dei docenti, venne evidenziata da Don Lorenzo Milani in Lettera ad una professoressa (Firenze, LEF, 1967). I movimenti studenteschi degli Anni Sessanta e Settanta contribuirono al cambiamento di mentalità, e alla graduale diminuzione del fenomeno della “selezione esplicita”.

Si arena, agli inizi degli anni '70, il tentativo di riforma della scuola secondaria superiore. Una parte della storiografia specialistica ha però sottolineato come si sia comunque verificato un processo di lungo periodo di "cambiamento senza riforma" di cui sono aspetti più rilevanti il forte sviluppo della istruzione tecnica e il superamento dello storico gap tra istruzione maschile e istruzione femminile, almeno a livello di scuole secondarie.

[modifica] Anni Ottanta e Novanta

Non mancano dei periodi di rialzamento dei livelli di bocciature selettive, ma il problema, in questi anni, è soprattutto la cosiddetta “dispersione scolastica”. Ovvero, il mancato conseguimento di livelli adeguati di apprendimento, nonostante la regolarità degli studi (assenza di bocciature).

Più volte nel corso degli anni Ottanta si abbozza l'elevamento dell'obbligo scolastico, senza mai andare a buon fine (ad esempio si ipotizza, soprattutto, di come strutturare il biennio, se propedeutico al triennio superiore od un semplice proseguimento della scuola media, se abbinarlo, o meno, a corsi di formazione professionale).

Non mancano tuttavia alcune innovazioni didattiche, come l'avvio dei Programmi Brocca indirizzati ai Licei ed in parte agli Istituti Tecnici, ed il Progetto '92 che riorganizza l'istruzione professionale.

Significativi invece i mutamenti della scuola elementare con i Programmi del 1985 e la legge del 1990, che ha come conseguenza la introduzione di una pluralità di docenti per la stessa classe.

[modifica] 1996-2001

Nel 1996 le elezioni politiche vengono vinte dalla coalizione dell'Ulivo. A capo del dicastero della Pubblica Istruzione viene posto l'ex rettore dell'Università di Siena Luigi Berlinguer, il quale si propone importanti obbiettivi: l'innalzamento dell'obbligo scolastico, la riforma dell'esame di maturità, l'autonomia scolastica ed il riordino dei cicli.

Berlinguer nel gennaio del 1997 pubblicò il primo Documento di discussione sulla riforma dei cicli di istruzione, che si dice fosse ispirato a un documento dal titolo Prospettive europee per il sistema formativo italiano fatto circolare fin dal settembre del 1996 da Attilio Monasta. In tale documento erano delineati i principi ispiratori dell'azione del ministro: fra questi, in primo luogo, la necessità di superare la distinzione, tipica del sistema formativo italiano tradizionale, fra cultura e professionalità e, quindi, fra formazione culturale e formazione professionale. Uno dei concetti fondamentali è quello di «nuova professionalità», come capacità di «controllo e direzione dei processi in cui ciascuno è inserito», un concetto frutto della cultura sindacale degli anni Settanta. Inoltre, l’articolazione del percorso scolastico non più per ordini e gradi di istruzione, bensì per obiettivi di apprendimento, con una sostanziale continuità dei cicli di istruzione. Due soli possibili modelli: o due cicli di istruzione (un ciclo di base, fino ai 13 o 14 anni, ed un ciclo secondario fino a 18 anni) o addirittura un ciclo unico, progressivo e comprensivo, dai 6 ai 16 o 17 anni. Ciò che avrebbe dovuto essere superato era la distinzione del percorso scolastico in tre cicli, fortemente separati fra loro ed altamente selettivi.

Nel frattempo Forza Italia ed Alleanza Nazionale presentano le loro proposte di riforma della scuola. Forza Italia propone di rimodulare la scansione, dopo la scuola d'infanzia, in tre gradi scolastici: primo grado, dai 6 ai 10 anni, secondo, dai 10 ai 14, terzo, dai 14 ai 18; inoltre abolizione del valore legale del titolo di studio, parità scolastica, formazione professionale a partire dai 12 anni di età, riforma della professione insegnante e l'elevazione dell'obbligo scolastico a 16 anni. Il testo di Alleanza Nazionale prevedeva la scansione Scuola Materna, Scuola di Base, Scuola Secondaria (biennio propedeutico agli studi del triennio), il Liceo unico, con cinque indirizzi, e l'Istituto Tecnico con molti indirizzi, la riforma dell'esame di maturità, l'autonomia della scuola, parità scolastica e l'istituzione dell'Ordine Nazionale dei Docenti (simile a quello dei medici, avvocati e notai).

[modifica] Duemila

[modifica] 2001-2006

Il Ministro per la Pubblica Istruzione Letizia Moratti presenta una proposta di radicale riforma del sistema scolastico, che suscita consensi e dissensi accesi su fronti opposti.

[modifica] 2006

Le elezioni del 2006 vengono vinte dalla coalizione guidata da Romano Prodi. Come Ministro dell'Istruzione viene scelto Giuseppe Fioroni. Con il nuovo governo viene bloccata l'attuazione dei provvedimenti riguardanti il secondo ciclo di studi della Legge 52/2003.

Nell'estate 2006 il ministro propone una revisione dell'esame di Stato (l'ex esame di Maturità), che va verso un irrigidimento: non ammissione degli studenti con debiti formativi nel triennio non saldati, ritorno delle commissioni miste.

Legge di Iniziativa popolare per una buona scuola della Repubblica - Il 4 Agosto del 2006, per la prima volta nella storia repubblicana, viene presentata alle istituzioni parlamentari una Legge di iniziativa popolare che interviene in modo organico sulla scuola, dalla materna alla media superiore, supportata da oltre 100.000 firme di cittadini e cittadine (Legge n° 1600 della XVª Legislatura). Nell'autunno dello stesso anno, e sempre per la prima volta, una legge di iniziativa popolare viene assunta per la discussione nella commissione competente. Il dispositivo legislativo nasce "dal basso" su iniziativa di alcuni comitati di genitori e docenti che negli anni precedenti si erano opposti alla legge di "riforma" proposta dal governo Berlusconi e si estende a tutto il territorio nazionale coinvolgendo trasversalmente i più diversi strati sociali e culturali.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Bibliografia

  • Ugo Piscopo, La storia del regime"", Guida, Napoli, 2006
  • Giuseppe Decollanz, Storia della scuola e delle istituzioni educative. Dalla Legge Casati alla riforma Moratti, Laterza, Bari, 2005
  • Marco Civra, I programmi della scuola elementare dall'Unità d'Italia al 2000, Marco Valerio, Torino, 2002
  • Benedetto Vertecchi, La scuola italiana da Casati a Berlinguer, Franco Angeli, Milano, 2001
  • Redi Sante Di Pol, Il sistema scolastico italiano, Marco Valerio, Torino, 2002
  • Angelo Semeraro, Il sistema scolastico italiano, Carocci, Roma, 1999
  • Luciano Pazzaglia - Roberto Sani (a cura di), "Scuola e società nell'Italia unita", Brescia, La Scuola 2001

[modifica] Risorse in rete

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