Privacy Policy Cookie Policy Terms and Conditions Persecuzione dei cristiani - Wikipedia

Persecuzione dei cristiani

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I Cristiani hanno subito delle persecuzioni nel corso della loro storia. Il termine persecuzione può fare riferimento ad arresti abitrari, imprigionamenti, pestaggi, torture, esecuzioni e stermini. Può anche riferirsi alla confisca o distruzione delle proprietà private, o all'incitamento all'odio nei confronti dei cristiani. La confisca di proprietà ecclesiastiche e l'odio verso il clero rientrano nell'anticlericalismo.

Indice

[modifica] Persecuzioni secondo il Nuovo Testamento

Il Nuovo Testamento riporta che i primissimi cristiani - incluso Gesù stesso - soffrirono persecuzioni per iniziativa di esponenti di correnti dell'ebraismo dell'epoca (ad esempio: i Farisei). Riporta inoltre l'inizio delle persecuzioni da parte dei Romani.

[modifica] Persecuzioni da parte di autorità ebraiche

Secondo il racconto del Nuovo Testamento, Giuda Iscariota venne assoldato dai sacerdoti del Tempio perché li conducesse a Gesù quando fosse stato solo e lontano dalla folla (Luca 22:4-6). Gesù venne quindi arrestato (Luca 22:54) e portato di fronte al Sinedrio (Luca 22:66), che lo condusse davanti al governatore romano Ponzio Pilato, accusandolo di sovversione la legge romana (Luca 23:2). Sempre secondo il Nuovo Testamento, Pilato non intendeva condannare a morte Gesù, ma la folla lo convinse a farlo giustiziare (Luca 23:13-24, 33). Secondo Matteo 27, la moglie di Pilato gli raccontò di un sogno, mettendolo in guardia perché qualsiasi rapporto con Gesù avrebbe presumibilmente influenzato il suo giudizio.

Gli storici contestano il ritratto di Pilato fatto dal Nuovo Testamento. Fonti esterne al Nuovo Testamento sostengono che Pilato fosse noto per l'insensibile mancanza di attenzione nei confronti dell'opinione pubblica, la crocifissione di centinaia di ebrei e la brutale soppressione delle rivolte ebraiche. Alcuni storici ipotizzano che i resoconti del Nuovo Testamento potrebbero essere stati distorti di proposito dai loro autori, per ottenere favore da Roma, addossando la responsabilità principale dell'esecuzione di Gesù agli ebrei. Comunque, altri storici fanno notare che le iniziali brutalità di Pilato vennero commesse quando ancora godeva della protezione del suo patrono Seiano. Dopo l'esecuzione di quest'ultimo nel 31 d.C., Pilato sarebbe stato più incline a mantenere la pace tra i capi locali, piuttosto che rischiare disordini civili.

Secondo quanto riportato dal Nuovo Testamento, la persecuzione dei seguaci di Gesù continuò dopo la sua morte. Pietro e Giovanni vennero imprigionati da autorità religiose, tra i quali c'era l'alto sacerdote Annas, che comunque li rilasciò in seguito (Atti 4:1-21). In un altro momento, tutti gli apostoli vennero imprigionati dall'alto sacerdote e da altri Sadducei, per poi venire liberati da un angelo (Atti 5:17-18). Gli apostoli, dopo essere fuggiti, vennero portati nuovamente davanti al Sinedrio, ma questa volta Gamaliele (un Fariseo ben noto nella letteratura rabbinica) convinse il Sinedrio a liberarli (Atti 5:27-40), cosa che il Sinedrio fece dopo averli fatti fustigare.

Il Nuovo Testamento racconta della lapidazione di Stefano (Atti 6:8-7:60) da parte dei membri del Sinedrio. Stefano viene ricordato nella cristianità, come il primo martire (termine derivato dalla parola greca "martyros", che significa "testimone"). L'esecuzione di Stefano venne seguita da una grande persecuzione (Atti 8:1-3), guidata da un fariseo chiamato Paolo di Tarso (il cui nome era originariamente Saul), che gettò molti cristiani in prigione. Secondo il Nuovo Testamento, questa persecuzione continuò fino a quando Paolo si convertì al cristianesimo, apparentemente dopo aver visto una luce brillante ed aver udito la voce di Gesù, mentre era sulla strada per Damasco, dove si stava recando per eseguire altri imprigionamenti di cristiani (Atti 9:1-22). Negli Atti 9:23-25 viene riportato che "i giudei" di Damasco cercarono allora di uccidere Paolo. Essi lo stavano attendendo alle porte della città, ma egli riuscì ad evadere venendo calato con una cesta dalle mura cittadine, con l'aiuto di altri cristiani, e trovò rifugio a Gerusalemme. Comprensibilmente, ebbe inizialmente delle difficoltà a convincere i cristiani di Gerusalemme che lui, il loro persecutore, si era veramente convertito ed era diventato a sua volta un perseguitato (Atti 9:26-27). Venne compiuto un altro attentato alla sua vita, questa volta da parte degli "Ellenisti" (ci si riferisce qui ad un gruppo di ebrei ellenici (Atti 9:29)), coi quali discusse mentre si trovava a Gerusalemme o nei dintorni.

Esiste un dibattito sul motivo per cui Paolo, prima della sua converisone, aveva perseguitato i cristiani. Una possibilità è che stesse punendo gli ebrei che non osservavano più la legge ebraica. Ciò sembra però improbabile, in parte perché l'arrivo del messia non era ritenuto una ragione per abbandonare la legge; in effetti, alcuni studiosi ritengono che non fu che dopo la conversione di Paolo che i cristiani iniziarono a predicare questa pratica. Inoltre, esistono prove che gli apostoli non osservassero almeno in parte la legge ebraica. Un'altra possibilità è che stesse punendo gli ebrei cristiani perché erano considerati blasfemi, sia per aver sostenuto che Dio si era fatto uomo, sia per aver diffamavano le autorità ebraiche accusandole di avere ucciso sia il Cristo, sia i profeti che ne avevano annunciato la venuta. Altra possibilità è che stesse punendo i gentili che non osservavano la legge ebraica. Questa ipotesi è meno probabile, poiché gli ebrei non si aspettavano dai gentili che vivevano tra di loro (neanche da quelli che visitavano le loro sinagoghe) che osservassero la legge ebraica. L'ipotesi più probabile ha a che fare con l'intensa attività missionaria, da parte dei cristiani, negli anni immediatamente seguenti alla morte di Gesù. Gesù venne crocifisso come un ribelle: l'uso dei pulpiti delle sinagoghe da parte dei missionari cristiani per predicare che egli sarebbe presto tornato, alla guida delle armate celesti, per stabilire il suo regno, avrebbe reso la comunità ebraica vulnerabile all'accusa di tradimento e di conseguenza alla punizione romana. I capi ebraici avrebbero inteso sopprimere qualsiasi insurrezione vera o presunta, qualsiasi rischio di suscitare interventi repressivi sull'intera popolazione ebraica soggetta all'impero: una predicazione che invitasse a "obbedire a Dio anziché agli uomini", in vista della costruzione di un "Regno che non è di questo mondo" rientrava in questa fattispecie. Si veda anche l'articolo Ebrei nel Nuovo Testamento.

[modifica] Persecuzione dei primi cristiani da parte dell'impero romano secondo il Nuovo Testamento

Secondo il Nuovo Testamento la crocifissione di Gesù venne autorizzata dalle autorità romane su pressioni delle autorità ebraiche ed eseguita da soldati romani. Il Nuovo Testamento registra inoltre che Paolo di Tarso venne imprigionato in diverse occasioni dalle autorità romane. Una volta venne lapidato e dato per morto. Alla fine venne catturato e portato prigioniero a Roma. Il Nuovo Testamento non dice cosa ne fu di Paolo, ma la tradizione cristiana vuole che sia stato giustiziato a Roma tramite decapitazione. Secondo la tradizione cristiana, inoltre, anche Pietro venne giustiziato a Roma tramite crocifissione (a testa in giù, su sua richiesta, perché non credeva di meritarsi l'onore di morire allo stesso modo di Cristo).

Diverso Parere La teoria che vuole Paolo di Tarso "più volte imprigionato dai romani" fa parte della cosiddetta "tradizione cristiana", la quale pullula di leggende più o meno fantasiose. Ma, la storia non confessionale, che ne pensa?

Nel 58, Paolo di Tarso, dopo essere stato denunciato dagli ebrei alle autorità (a Salonicco e Filippi) per esercizio di pratiche magiche, era tornato a Gerusalemme. Contro i parere dei capi della comunità cristiana, Paolo si era recato nel tempio ebraico per predicare. Subito circondato dai fedeli (comprensibilmente offesi da tanta arrogante impudenza), malmenato e lapidato, venne salvato a stento dal pronto intervento dei soldati romani agli ordini del tribuno Claudio Lissa che portarono al sicuro l'apostolo, incalzati dalla folla inferocita che gridava "ammazzalo, ammazzalo!". (Atti degli apostoli 21, 27-36). Il tribuno convoca il sinedrio e ascolta pazientemente le parti senza riuscire a cavare un ragno da buco, ovvero senza capire nulla di quelle che dovevano apparire a lui ed ai suoi assistenti (e pure allo scrivente) delle inutili dispute teologiche. Tuttavia, avuta notizia che si stava preparando un colpo di mano per eliminarlo, Lissa fece accompagnare Paolo (protetto da una forte scorta di duecento fanti, duecento arcieri e settanta cavalieri) a Cesarea, sede del governatore Antonio Felice e della più importante guarnigione romana in Giudea. Anche il governatore convoca e ascolta le parti, ma pure lui non riesce a capire nulla delle loro contese mistiche. Al fine di evitare il prevedibile linciaggio, decide comunque di tenere Paolo all'interno del castrum in "custodia militaris", ovvero sotto protezione. La situazione rimane immutata per due anni, sino all'arrivo di Percio Festo, il nuovo governatore. (Tacito, Annali XII, 54) La situazione di Cesarea con l'ospite (indesiderato) all'interno del fortilizio, circondato da una folla vociante che ne aspetta l'uscita, si è fatta insostenibile. Festo decide che è ora di finirla e di spedire Paolo a vedersela con i suoi oppositori. A questo punto Paolo, ricordandosi improvvisamente d'essere cittadino romano, si appella al giudizio dell'imperatore Nerone : "Civis romanum sum. Cesarem appello!". A quell'imperatore che, pochi anni prima (57), Paolo aveva definito "autorità istituita da Dio" , raccomandandone l'obbedienza ai cristiani dell'Urbe.(Paolo, Epistola ai Romani 13,1-2) L'apostolo viene imbarcato nel porto militare di Cesarea e scortato a Roma dal centurione Giulio. Posto agli "arresti domiciliari" nel 60 , in attesa di essere giudicato, poté predicare in assoluta libertà e senza ostacoli. (Atti degli apostoli 21, 27-36) Nel 62 venne giudicato dal tribunale di Roma presieduto dal "prefectus urbis" Afranio Burro (stretto consigliere di Nerone) ed assolto.

[modifica] Le prime persecuzioni secondo altre fonti

[modifica] Nell'impero romano

Articolo di approfondimento: Persecuzione dei cristiani nell'impero romano

Nelle fonti agiografiche cristiane (vite dei santi e dei martiri) si ricordano tra la seconda metà del I e gli inzi del IV secolo 10 principali persecuzioni contro i cristiani (10 come le bibliche piaghe egiziane), avvenute sotto gli imperatori Nerone, Domiziano, Traiano, Marco Aurelio, Settimio Severo, Massimino il Trace, Decio, Valeriano, Aureliano e Diocleziano, fino all'editto di Milano (chiamato anche "editto di tolleranza") del 313, nel quale Costantino I riconobbe la libertà di culto ai cristiani, pur permettendo la professione dei culti pagani.

Queste fonti sono tuttavia imprecise, avendo come scopo non di raccontare una verità storica, ma di esaltare e mettere in luce la grandezza della propria fede, e vengono spesso contraddette da altre fonti non cristiane. Le stime sul numero di cristiani uccisi per motivi religiosi prima del 313 sono tuttora materia di dibattito tra gli studiosi.

Nel I e II secolo non vi fu alcun decreto imperiale che ordinasse una persecuzione organizzata dei cristiani a causa delle loro fede. Uccisioni e condanne furono episodi circoscritti, legati a colpe concrete che venivano loro attribuite, e furono accompagnate anche da atteggiamenti favorevoli in qualcuno degli imperatori. La grave crisi dell'impero nel III secolo fu invece causa di un atteggiamento in generale di maggiore ostilità, anche per il peso assunto dalle organizzazioni cristiane, che venivano viste come una minaccia ben più grave, soprattutto nelle regioni orientali dell'impero.

Nel 380 d.C., in seguito ad una strage compiuta dai Goti ai danni dei cristiani, il vescovo di Milano scomunicò l'imperatore Teodosio che non aveva fatto nulla per ostacolare o punire i Goti. Teodosio, cristiano convinto, implorò perdono al Vescovo, che ritirò la scomunica, mentre Teodosio emanò l'editto di Tessalonica con il quale proclamava il cristianesimo religione ufficiale dell'Impero Romano.

[modifica] Fuori dall'impero romano

Nel 337 un intensificarsi nelle ostilità in corso tra la Persia Sassanide e l'Impero Romano sfociò in persecuzioni nei confronti dei cristiani da parte dei persiani. I cristiani furono percepiti come potenziali traditori perché amici di una Roma ormai cristianizzata dopo Costantino e nei decenni successivi migliaia di loro persero la vita. Nel III e IV secolo i missionari cristiani, e più di tutti Ulfila, convertirono i Goti alla cristianità ariana che i Goti vedevano come un attacco alla loro religione e cultura. Il re visigoto Atanarico avviò una persecuzione dei cristiani, molti dei quali vennero uccisi. Nel V e VI secolo, l'Arianesimo divenne prevalente tra i Goti; durante le loro incursioni in Italia, Gallia e Spagna, essi distrussero molte chiese ed uccisero diversi appartenenti al clero cristiano.

Nel 429 i Vandali (che erano cristiani ariani) conquistarono l'Africa Romana. I cristiani non ariani vennero discriminati e le proprietà della chiesa confiscate. Migliaia di cristiani vennero messi al bando dal territorio occupato dai Vandali.

[modifica] Successive persecuzioni ebraiche dei cristiani

Gran parte della propaganda cristiana sugli ebrei deve essere letta tenendo conto del pubblico a cui si rivolgeva e dell'effetto che desiderava conseguire. All'epoca del sacco di Gerusalemme di Khosrau II, nel 614, Antioco Stratego era un monaco del monastero (lavra) di San Saba a Gerusalemme. Il suo resoconto del sacco sostiene che gli ebrei colsero l'opportunità di perseguitare i cristiani. Ma forse è solo un vivido libello contro gli ebrei di Gerusalemme che prende il suo spunto letterario dalla tradizione agiografica e inventa paralleli con le Scritture. Questo tipo di propaganda era spesso pensato per infiammare l'antisemitismo. Rimane controverso il fatto che sia presente qualche verità storica nel resoconto di Stratego.


[modifica] Collegamenti esterni

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