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Origine ed evoluzione del sistema solare

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Elaborazione artistica raffigurante un disco protoplanetario
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Elaborazione artistica raffigurante un disco protoplanetario

Le teorie riguardanti l'origine e l'evoluzione del sistema solare sono varie e investono numerose discipline scientifiche, dall'astronomia alla fisica, alla geologia. Molte nei secoli sono state le teorie proposte per l'origine del sistema solare, è tuttavia dal XVIII secolo che iniziano a prendere forma le teorie moderne. L'inizio dell'era spaziale, le immagini di altri pianeti del sistema solare, i progressi nella fisica nucleare e nell'astrofisica hanno contribuito a modellare le attuali teorie sull'origine e sul destino del sistema solare.

Indice

[modifica] Formazione iniziale

[modifica] La nebulosa solare

Un disco protoplanetario in formazione nella nebulosa di Orione
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Un disco protoplanetario in formazione nella nebulosa di Orione

L'ipotesi sull'origine del sistema solare che attuamente gode di maggior credito è quella della nebulosa, proposta inizialmente da Immanuel Kant nel 1755 e indipendentemente da Pierre-Simon Laplace[1] . La teoria della nebulosa afferma che il sistema solare ha avuto origine dal collasso gravitazionale di una nube gassosa, la nebulosa solare. Si calcola che la nebulosa avesse un diametro di circa 100 AU e una massa circa 2-3 volte quella del Sole. Si ipotizza che nel tempo una forza interferente (probabilmente una vicina supernova) abbia compresso la nebulosa, spingendo materia verso il suo interno ed innescandone il collasso. Durante il collasso, la nebulosa iniziò a ruotare più rapidamente, secondo la legge di conservazione del momento angolare, e a riscaldarsi. Con procedere dell'azione della gravità, della pressione, dei campi magnetici e della rotazione, la neublosa si appiattì in un disco protoplanetario con una protostella al suo centro in via di contrazione.

Da questa nube di gas e polveri si formarono diversi pianeti. Il sistema solare interno era troppo caldo per impedire la condensazione di molecole volatili quali acqua e metano, vi si formarono pertanto dei planetesimi relativamente piccoli (fino allo 0,6% della massa del disco) e formati principalmente da composti ad alto punto di fusione, quali silicati e metalli. Questi corpi rocciosi evolveranno successivamente nei pianeti di tipo terrestre. Più esternamente, oltre la linea di congelamento, si svilupparono invece i "giganti gassosi" Giove e Saturno, mentre Urano e Nettuno catturarono meno gas e si condensarono attorno a nuclei di ghiaccio.

Grazie alla loro massa sufficientemente grande, i "giganti gassosi" hanno trattenuto l'atmosfera originaria sottratta alla nebulosa; i pianeti di tipo terrestre l'hanno invece perduta, la loro atmosfera è frutto di vulcanismo, impatti con altri corpi e, nel caso della Terra, l'evoluzione della vita.

Dopo 100 milioni di anni la pressione e la densità dell'idrogeno nel centro nella nebulosa divennero grandi a sufficienza per avviare la fusione nucleare nella protostella. Il vento solare prodotto dal neonato Sole spazzò via i gas e le polveri residui del disco allontanandoli nello spazio interstellare e fermando così il processo di crescita dei pianeti.

[modifica] Problemi del modello a nebulosa

Uno dei problemi è posto dal momento angolare. Con la concentrazione della grande maggioranza della massa del disco al suo centro, anche il momento angolare avrebbe dovuto concentrarsi allo stesso modo, invece la velocità di rotazione del Sole è inferiore a quanto previsto dal modello teorico e i pianeti, pur rappresentando meno dell'1% della massa del sistema solare, contribuiscono a oltre il 90% del momento angolare totale. Una possibile spiegazione è che la rotazione del nucleo centrale della nebulosa sia stata rallentata dall'attrito con gas e polveri [2].

Anche i pianeti "al posto sbagliato" sono un problema per il modello a nebulosa. Urano e Nettuno si trovano in una regione in cui la loro formazione è poco probabile, data la ridotta densità della nebulosa a tale distanza dal centro. Si presume che le interazioni tra la nebulosa ed i planetesimi abbia prodotto dei fenomeni di migrazione planetaria.

Anche alcune propoietà dei pianeti pongono problemi. L'ipotesi della nebulosa prevede che tutti i pianeti si formino esattamente sul piano dell'eclittica, invece le orbite dei pianeti presentano tutte delle inclinazioni (anche se piccole) rispetto a tale piano. Inoltre si prevede che i pianeti giganti e le loro lune siano anch'essi allineati al piano dell'eclittica, mentre la maggior parte dei pianeti giganti ha un'apprezzabile inclinazione assiale - Urano ha addirittura una notevole inclinazione di 98° che fa sì che il pianeta "rotoli" sulla sua orbita. Anche le grandi dimensioni della Luna terrestre e le orbite irregolari di altri satelliti sono incompatibili col modello a nebulosa; si ipotizza che tali discrepanze siano il frutto di avvvenimenti accaduti successivamente alla nascita del sistema solare.

[modifica] Una stima dell'età

Attraverso misure radiometriche, si stima attualmente che l'età del sistema solare sia circa 4,6 miliardi di anni.

Le più vecchie rocce della Terra sono vecchie circa 3,9 miliardi di anni. Rocce di questa età sono rare, dato che la superficie terrestre è soggetta ad un continuo rimodellamento dovuto a erosione, vulcanismo e movimento delle placche continentali. Per stimare l'età del sistema solare si studiano le meteoriti, che si ipotizza si siano formate nelle prime fasi di condensazione della nebulosa solare. Le meteoriti più vecchie (come quella di Canyon Diablo sono state datate 4,6 miliardi di anni, pertanto questo è un limite inferiore dell'età del sistema solare[3]).

[modifica] Evoluzione successiva

Fino alla fine del XX secolo si è pensato che i pianeti occupino oggi orbite simili e vicine a quelle che avevano in origine; questa visione è andata cambiando radicalmente in tempi recenti e si pensa che l'aspetto del sistema solare alle sue origini fosse molto diverso da quello attuale.
Si ipotizza oggi che i corpi prsenti nel sistema solare interno alla fascia degli asteroidi con massa non inferiore a quella di Mercurio fossero cinque (e non gli attuali quattro), che il sistema solare esterno fosse più compatto di com'è oggi e che la fascia di Kuiper occupasse un'orbita più distante dell'attuale.

Gli impatti tra copri celesti, ancorché rari sulla scala dei tempi della vita umana, sono considerati una parte essenziale dello sviluppo e dell'evoluzione del sistema solare. Oltre all'impatto da cui si ipotizza abbia avuto origine la Luna terrestre, anche il sistema Plutone-Caronte si pensa derivi da un impatto tra oggetti della fascia di Kuiper. Esempi recenti di collisioni sono lo schianto della cometa Shoemaker-Levy 9 su Giove nel 1994 e il cratere Meteor Crater che si trova in Arizona.

[modifica] Sistema solare interno

Stando alle ipotesi che godono attualmente di maggior credito, il sistema solare interno fu teatro di un gigantesco impatto tra la Terra ed un corpo di massa analoga a quella di Marte (il "quinto corpo" cui si è accennato in precedenza). Da tale impatto si formò la Luna. Si ipotizza che tale corpo si sia formato in uno dei punti lagrangiani stabili del sistema Terra-Sole (L4 o L5) e sia nel tempo andato alla deriva.

[modifica] Fascia degli asteroidi

Secondo l'ipotesi della nebulosa, la fascia degli asteroidi conteneva inizialmente una quantità di materia più che sufficiente per formare un pianeta, tuttavia i planetesimi che vi si formarono non poterono fondersi in un unico corpo a causa dell'interferenza gravitazionale prodotta da Giove, venutosi a formare prima. Allora come oggi, le orbite dei copri nella fascia degli asteroidi sono in risonanza con Giove, tale risonanza causò la fuga di numerosi planetesimi verso lo spazio esterno e impedì agli altri di consolidarsi in un corpo massiccio. Gli asteroidi osservati oggi sono i residui dei numerosi planetesimi che si formarono nelle prime fasi della nascita del sistema solare.

L'effetto di Giove ha scalzato dall'orbita la maggior parte della materia contenuta originalmente nell'obita della fascia, la massa degli asteroidi residui oggi è circa 1/10 di quella della Terra. La perdita di massa fu il fattore cruciale che impedì agli oggetti della fascia degli asteroidi di consolidarsi in un pianeta. Oggetti di grande massa hanno un campo gravitazionale sufficiente ad impedire la perdita di grandi quantità di materia in seguito ai violenti impatti con altri corpi celesti (i frammenti ricadono sulla superficie del corpo principale); i copri più massicci della fascia degli asteroidi non sono invece sufficientemente massicci, le collisioni li hanno frantumati ed i frammenti sono sfuggiti alla reciproca attrazione gravitazionale. La prova delle avvenute collisioni è osservabile nelle piccole lune che orbitano attorno agli asteroidi più grandi, che possono essere considerate frammenti la cui energia non è stata sufficiente per potersi separare dal corpo principale.

[modifica] I pianeti esterni

È opinione diffusa oggi che la parte esterna dei sistema solare sia stata foggiata dalle migrazioni planetarie. Molti degli oggetti della fascia di Kuiper furono scagliati verso il sistema solare interno da Saturno, Urano e Nettuno, mentre Giove spesso spinse questi oggetti fuori dal sistema solare. Come risultato di queste interazioni, Giove migrò su orbite più strette verso il Sole, mentre Saturno, Urano e Nettuno migrarono verso l'esterno. Un grande passo per la comprensione di come tali fenomeni abbiano modellato il sistema solare esterno è avvenuto nel 2004, quando nuove simulazioni computerizzate hanno mostrato che se Giove avesse compiuto meno di due rivoluzioni attorno al Sole nel tempo in cui Saturno ne compie una, la migrazione dei due pianeti avrebbe portato a orbite in risonanza 2:1 in cui il periodo di rivoluzione di Giove diventa esattamente la metà di quello di Saturno. Questa risonanza avrebbe avuto inoltre l'effetto di spingere Urano e Nettuno su orbite molto ellittiche, ocn un 50% di probabillità che questi si scambiassero di posto. Il pianeta più esterno (Nettuno) sarebbe quindi stato spinto ulteriormente verso l'esterno, dentro l'orbita occupata allora dalla fascia di Kuiper.

Le interazioni tra i pianeti e la fascia di Kuiper successive allo stabilirisi della risonanza 2:1 tra Giove e Saturno possono spiegare le caratteristiche orbitali e le inclinazioni assiali dei pianeti giganti più esterni. Urano e Saturno occupano le loro posizioni attuali per via della loro reciproca interazione e dell'interazione con Giove, mentre Nettuno occupa l'orbita attuale perché è su quella che la fascia di Kuiper arrivava ad estendersi.

La dispersione degli oggetti della fascia di Kuiper può spiegare il bombardamento dei corpi del sistema solare interno avvenuto circa 4 milioni di anni fa [4].

[modifica] Fascia di Kuiper e nube di Oort

La fascia di Kuiper fu inizialmente una regione esterna occupata da corpi ghiacciati dalla massa insufficiente per potersi consolidare in un pianeta. In origine il suo bordo interno era appena oltre l'orbita del più esterno da Urano e Nettuno, all'epoca della loro formazione (probabilmente tra le 15 e 20 AU). Il suo bordo esterno era a una distanza di circa 30 AU. Gli oggetti della fascia che entrarono nel sistema solare esterno causarono le migrazioni dei pianeti.

La risonanza orbitale 2:1 tra Giove e Saturno spinse Nettuno dentro la fascia di Kuiper, provocando la dispersione di numerosi dei suoi corpi. Molti di essi furono spinti verso l'interno fino ad interagire con la gravità gioviana che spesso li spinse su orbite molto ellittiche e a volte fuori dal sistema solare. Gli oggetti spinti sulle orbite altamente ellittiche sono quelli che formano la nube di Oort. Alcuni oggetti spinti verso l'esterno da Nettuno formano da porzione del "disco disperso" degli oggetti della fascia di Kuiper.

[modifica] Lune

La maggior parte dei pianeti del sistema solare possiede delle lune. La loro formazione può spiegarsi con una di tre possibili cause:

  • formazione contemporanea al pianeta dalla condensazione di un disco proto-planetario (tipica dei giganti gassosi),
  • formazione da frammenti da impatto (com un impatto sufficientemente violento ad un angolo poco profondo),
  • cattura di un oggetto vicino.

I giganti gassosi hanno un sistema di lue interne originatesi dal disco proto-planetario. Lo dimostrano le grandi dimensioni di tali lune e la loro vicinanza al pianeta - queste proprietà sono incompatibili con la cattura, mentre la natura gassosa dei pianeti giganti rende impossibile la formazione di satelliti per condensazione di frammenti da impatto. le lune esterne dei igganti gassosi sono invece piccole, com orbite molto ellittiche e dalle varie inclinazioni, questo fa pensare che si tratti di satelliti catturati dal campo gravitazionale del pianeta.

Per i pianeti interni e per gli altri corpi del sistema solare, la collisione sembra essere il meccanismo principale per la formazione di satelliti, in cui una parte consistente del materiale planetario, espulsa dalla collisione, finisce in orbita attorno al pianeta e si condensa in una o più lune. La Luna terrestre si pensa essere originata da un evento simile.

Dopo la loro formazione, i sistemi satellitari continuano ad evolvere, l'effetto più comune è la modifica dell'orbita dovuta alle forze di marea. L'effetto è dovuto al rigonfiamento che la gravità del satellite crea nell'atmosfera e negli oceani del pianeta (e in misura minore anche nel corpo solido stesso). Se il periodo di rotazione del pianeta è inferiore a quello di rivoluzione della luna, il rigonfiamento precede il satellite e la sua gravità causa un'accelerazione del satellite che tende ad allontanarsi lentamente dal pianeta (è il caso della Luna); se invece la luna orbita più rapidamente di quanto il pianeta ruoti su se stesso o se ha un'orbita retrograda attorno al pianeta, allora il rigonfiamento segue il satellite e ne causa il rallentamento, provocando un restringimento dell'orbita nel tempo. La luna marziana di Fobos sta lentamente avvicinandosi a Marte per questa ragione.

Un pianeta può creare a sua volta un rigonfiamento nella superficie del satellite, questo rallenta la rotazione della luna fino a quando il periodo di rotazione e di rivoluzione coincidono. In tal caso, la luna mostrerà al pianeta sempre la stessa faccia. È il caso della Luna terrestre e di moltri altri satelliti del sistema solare, tra cui la luna di Giove Io. Nel caso di Plutone e Caronte, sia il pianeta che il satellite sono legati l'uno all'altro da forze di marea.

[modifica] Futuro

Escludendo qualche fenomeno imprevisto, quale il transito di un buco nero o di un'altra stella nel suo territorio, il sistema solare come lo conosciamo oggi durerà per un altro miliardo di anni circa, quando il Sole aumenterà gradualmente la propria luminosità di circa il 10% oltre i livelli attuali; tale aumento di radiazione renderà la superficie della Terra inabitabile, mentre la vita potrà ancora resistere negli oceani più profondi. In circa 3,5 miliardi di anni le condizioni climatiche della Terra saranno simili a quelle che oggi caratterizzano Venere: gli oceani saranno evaporati e la vita - nelle forme con cui oggi la conosciamo - sarà impossibile.

Elaborazione artistica dei resti delle strutture artificiali della Terra quando il Sole diverrà una gigante rossa espandendosi circa 100 volte le dimensioni attuali.
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Elaborazione artistica dei resti delle strutture artificiali della Terra quando il Sole diverrà una gigante rossa espandendosi circa 100 volte le dimensioni attuali.

Con le riserve di idrogeno del suo nucleo ormai esaurite, il Sole inizierà a bruciare quelle più esterne espandendosi a circa 80 volte l'attuale diametro e diventando - a 7,5 miliardi di anni da oggi - una gigante rossa. Con l'espansione del sole, Mercurio verrà inghiottito; Venere e la Terra dovrebbero sopravvivere, dato che la perdita di massa del Sole del 28% circa li sposterà su orbite più esterne, tuttavia la Terra sarà un pezzo di roccia arroventata da un sole mille volte più intenso dell'attuale, priva dell'atmosfera, strappata via da un violentissimo vento solare. Il Sole permarrà nello stato di gigante rossa per cento milioni di anni.

Durante questo periodo è possibile che mondi esterni in orbita attorno a Giove e Saturno su cui è presente acqua, come Titano e Europa possano raggiungere condizioni ambientali compatibili con quelle richieste dalla vita umana.

La Nebulosa ad anello, una nebulosa planetaria simile a quella in cui il Sole si evolverà
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La Nebulosa ad anello, una nebulosa planetaria simile a quella in cui il Sole si evolverà

Successivamente l'elio prodotto nello strato esterno cadrà nel nucleo della stella aumentandone la densità fino a quando il livello sarà sufficiente per innescare la fusione dei nuclei di elio in nuclei di carbonio. A questo punto il Sole dovrebbe contrarsi ad una dimensione poco maggiore dell'attuale e consumare il proprio elio per circa altri 100 milioni di anni. Nuovamente andrà poi incontro ad un'espansione come gigante rossa in cui consumerà l'elio degli strati più esterni per altri 100 milioni di anni e successivamente collasserà di nuovo espellendo una grande quantità di materia nello spazio attorno a sé, formando un alone noto (erroneamente) come "nebulosa planetaria".

Sarà una transizione relativamente tranquilla, niente di paragonabile ad una supernova, dato che la massa del nostro Sole è ampiamente insufficiente per arrivare a quel livello. Se vi saranno ancora terrestri per osservare il fenomeno, registreranno un massiccio incremento del vento solare, ma senza che questo provochi la distruzione del pianeta.

Ciò che infine resterà del Sole sarà una nana bianca, un oggetto straordinariamente caldo e denso, di massa circa metà di quella originale, ma compressa in un volume simile a quello della Terra. Visto dalla Terra apparirà come un punto di luce grande poco più di Venere ma dalla luminosità di centinaia di soli [5][6].

Con la morte del Sole verrà indebolita la sua attrazione gravitazionale sugli altri oggetti del sistema solare; le orbite della Terra e degli altri corpi andranno espandendosi. La configurazione finale del sistema solare sarà raggiunta quando il Sole avrà completato la sua trasformazione in nana bianca: Mercurio avrà cessato di esistere da tempo, Venere sarà su un'orbita circa un terzo più ampia di quella attuale della Terra e la Terra sarà su un'orbita approssimativamente simile a quella di Marte oggi. Dopo altri due miliardi di anni il nucleo del Sole, costituito da carbonio, inizierà a cristallizzare trasformandosi in un diamante di dimensioni planetarie, destinato a spegnersi e cessare di splendere in qualche altro miliardo di anni[7] [8] [9] [10].

[modifica] Storia delle ipotesi sulla nascita del sistema solare

Verso la fine del XIX secolo l'ipotesi della nebulosa di Kant-Laplace fu criticata da James Clerk Maxwell, che sosteneva l'impossibilità della materia di collassare a formare pianeti coesi se la materia fosse stata distribuita in un disco attorno al Sole, per via delle forze indotte dalla rotazione differenziale. Un'altra obiezione era il momento angolare del Sole, inferiore a quanto previsto dal modello di Kant-Laplace. Per molti decenni la maggior parte degli astronomi preferì l'ipotesi della "mancata collisione", ovvero della formazione dei pianeti a partire dalla materia che una stella in transito vicino al Sole avrebbe perso e avrebbe strappato al Sole per azione reciproca delle loro forze di marea.

Furono avanzate ipotesi anche all'obiezioni all'ipotesi della "mancata collisione" e, durante gli anni '40 i modelli matematici a sostegno dell'ipotesi della nebulosa furono migliorati e convinsero la comunità scientifica. Nella versione modificata si assunse che la massa della protostella fosse maggiore e la discrepanza di momento angolare attribuita alle forze magnetiche, ovvero alle onde di Alvén attraveso cui il neonato Sole trasferisce parte del suo momento angolare al disco protoplanetario e ai planetesimi come osservato avvenire nelle stelle T Tauri.

Il modello della nebulosa riveduto e corretto fu basato interamente su osservazioni condotte sui corpi del nostro sistema solare, in quanto l'unico conosciuto ifno a metà degli anni '90. Non si era del tutto certi della sua applicabilità ad altri sistemi planetari, benché la comunità scientifica fosse ansiosa di verificare il modello a nebulosa trovando nel cosmo altri dischi protoplanetari o persino pianeti extrasolari.

Nebulose stellari e dischi protoplanetari sono stati osservati nella nebulosa di Orione e in altre regioni di formazione delle stelle grazie allo Hubble Space Telescope. Alcuni di questi dischi hanno diametri maggiori di 1000 AU.

Nel gennaio 2006 risultano scoperti 180 pianeti extrasolari e la loro scoperta ha riservato numerose sorprese. Il modello della nebulosa ha dovuto essere rivisto per spiegare le caratteristiche di questi sistemi planetari. Non c'è consenso su come spiegare la formazione degli osservati pianeti giganti su orbite vicine ("hot Jupiters"), anche se tra le ipotesi possibili vi sono la migrazione planetaria e il restringimento dell'orbita dovuto ad attrito con i residui del disco protoplanetario.

In tempi recenti è stato sviluppato un modello alternativo basato sulla cattura gravitazionale, che nelle intenzioni dei suoi propugnatori dovrebbe spiegare alcune caratteristiche del sistema solare non spiegate dalla teoria della nebulosa.

[modifica] Riferimenti

in inglese

sulla teoria della cattura

  • M M Woolfson 1969, Rep. Prog. Phys. 32 135-185
  • M M Woolfson 1999, Mon. Not. R. Astr. Soc.304, 195-198.

[modifica] Note

in inglese

  1. American Philosphpical Society, The Past History of the Earth as Inferred from the Mode of Formation of the Solar System, [1]
  2. Angela Britto, "Historic and Current Theories on the Origins of the Solar System", Astronomy department, University of Toronto, [2]
  3. Joel Cracraft, "The Scientific Response to Creationism", Department of Astronomy, University of Illinois [3]
  4. Kathryn Hansen, "Orbital shuffle for early solar system", Geotimes, [4]
  5. Pogge, Richard W., [http://www-astronomy.mps.ohio-state.edu/~pogge/Lectures/vistas97.html, "The Once & Future Sun",New Vistas in Astronomy
  6. Sackmann I.-Juliana, Arnold I. Boothroyd, Kathleen E. Kraemer, [5], "Our Sun. III. Present and Future", Astrophysical Journal
  7. Marc Delehanty, "Sun, the solar system's only star", Astronomy Today, [6]
  8. Bruce Balick, "PLANETARY NEBULAE AND THE FUTURE OF THE SOLAR SYSTEM", Department of Astronomy, University of Washington, [7]
  9. Richard W. Pogge, "The Once and Future Sun", Perkins Observatory, [8]
  10. "This Valentine's Day, Give The Woman Who Has Everything The Galaxy's Largest Diamond", Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, [9]

[modifica] Voci correlate

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