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Flauto dolce - Wikipedia

Flauto dolce

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Schema di flauto dolce
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Schema di flauto dolce

Indice

Il flauto dolce (o flauto a becco) è uno strumento musicale della famiglia degli aerofoni, di legno. In inglese è chiamato recorder, in francese flûte à bec, in tedesco Blockflöte. Come l'ocarina e il tin whistle è uno strumento "a fischietto", in cui l'emissione del suono è provocata dall'incanalamento dell'aria in un condotto, ricavato nell'imboccatura dello strumento, che la dirige contro un bordo accuminato (detto labium): l'oscillazione della colonna d'aria sui due lati del labium mette in vibrazione l'aria contenuta nello strumento.

[modifica] Impostazione

Sezione della testata di un flauto dolce
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Sezione della testata di un flauto dolce

Si suona tenendo lo strumento verticalmente tra le labbra, a differenza del flauto traverso che si tiene orizzontale. Per questo motivo il flauto dolce è a volte chiamato "flauto dritto". Esistono flauti dolci di diverse lunghezze, flauti più lunghi avranno un suono più grave, più corti avranno un suono più acuto. Ha in tutto 8 fori (7 sul lato anteriore e 1 su quello posteriore); dei 7 anteriori, i tre superiori si suonano con la mano sinistra (il foro sul lato posteriore si chiude con il pollice della mano sinistra) e i quattro inferiori con la mano destra. Il mignolo della mano sinistra ed il pollice della destra non vengono usati (il pollice destro regge lo strumento). Il foro più basso è disallineato rispetto agli altri, per poter essere agevolmente raggiunto dal dito mignolo; nei flauti rinascimentali, in luogo del foro più basso venivano praticati due fori alla stessa altezza, in posizione simmetrica, per permettere un eventuale uso con le mani invertite (la destra in alto, la sinistra in basso): il foro non utilizzato era sigillato con la cera. Per alzare di un semitono la nota più grave è necessario tappare il foro più basso solo a metà: nel XVIII secolo, per rendere più precisa l'intonazione della nota alterata, il foro fu sdoppiato in due fori ravvicinati (e lo stesso fu fatto per il foro immediatamente superiore), come si vede nei flauti dolci di costruzione moderna.

Gli strumenti più gravi della famiglia hanno delle chiavi che permettono di occludere i fori sul trombino.

Nel flauto dolce (diversamente dal flauto traverso) non è possibile variare l'imboccatura cambiando la posizione delle labbra, per adattarla a un flusso d'aria più o meno intenso: pertanto, nel flauto dolce variazioni di pressione dell'aria da parte dell'esecutore producono inevitabilmente variazioni di altezza della nota emessa. Gli effetti espressivi ottenibili con il flauto dolce si basano quindi sull' articolazione del fraseggio (la variazione del transitorio di attacco di ciascuna nota, ottenuta con diversi "colpi di lingua"), sull'uso (sporadico) di diteggiature alternative, e su moderate variazioni di intensità sulle singole note; è invece preclusa la possibilità di ampie variazioni di intensità (piano e forte) e di effetti di crescendo e diminuendo sull'arco di frasi lunghe.

Per contro, il fatto che l'imboccatura del flauto dolce possa essere anche molto lontana dalla bocca dell'esecutore (negli strumenti più lunghi l'aria viene soffiata attraverso un tubo di ottone detto ritorta) permette di realizzare strumenti molto lunghi (e quindi con tessitura molto bassa), cosa assai più problematica per i flauti traversi.

Proprio la diversa costruzione dell'imboccatura, che differenzia il flauto dolce dal flauto traverso, ha quindi determinato tanto la grande diffusione del flauto dolce nel Rinascimento (epoca in cui si apprezzava molto l'effetto di insiemi omogenei di strumenti che riproducessero, grazie alle diverse taglie, l'insieme delle voci umane dal basso al soprano), quanto la definitiva prevalenza del flauto traverso verso la fine del XVIII secolo, allorché le possibilità dinamiche del flauto dolce risultarono inadeguate alle mutate esigenze musicali e alle dimensioni delle sale da concerto.

[modifica] Tipi di flauto

Flauti dolci di varie dimensioni
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Flauti dolci di varie dimensioni

I flauti dolci di costruziome moderna sono per lo più in do o in fa, in accordo con l'uso prevalente nel XVIII secolo. Il flauto in do oggi più utilizzato è il flauto dolce soprano (utilizzato spesso per l'educazione musicale alla scuola media), ma è molto comune anche il contralto, in fa e più basso. Dal più grave al più acuto troviamo quindi:

  • flauto dolce basso (in FA, un'ottava sotto il contralto)
  • flauto dolce tenore (in DO, un'ottava sotto il soprano)
  • flauto dolce contralto (in FA)
  • flauto dolce soprano (in DO)
  • flauto dolce sopranino (in FA, un'ottava sopra il contralto)
  • flauto dolce sopranino in DO (in DO, un'ottava sopra il soprano)

Il flauto dolce ha un'estensione di circa due ottave, e permette di suonare tutte le note della scala cromatica. Alcuni flautisti molto virtuosi possono superare questo limite con alcuni trucchi.

[modifica] Storia

[modifica] Gli inizi

Lo schema di base del flauto a fischietto è molto comune e ne fa uno strumento molto antico: il museo di Leeds, in Inghilterra, ne ha in esposizione risalente all' Età del ferro. Il flauto dolce si distingue per la presenza di otto fori (sette frontali, più il portaottava) laddove altri strumenti della stessa famiglia ancora in uso, ad esempio nella musica popolare irlandese hanno normalmente sei fori, così come in orgine anche il flauto traverso prima dell'intervento di Theobald Boehm. Inoltre la sezione del corpo del flauto dolce è leggermente conica, con l'estremità più ampia verso l'imboccatura, mentre quella di strumenti simili è cilindrica.

Si fa risalire l'origine dello strumento al XIV secolo anche se alcuni documenti pittorici fanno pensare ad un'origine anteriore. Gli esemplari più antichi oggi esistenti risalgono appunto al XIV secolo: si tratta di due strumenti trovati rispettivamente nel 1940 in un fossato a Dordrecht in Olanda, e a Gottinga, in Germania, in una latrina pubblica, e di un frammento, di osso, trovato a Rodi, in Grecia. Il grande musicista e poeta Guillaume de Machaut (circa 1300-1377) cita in un suo verso fleuthe traversaines et flaustes dont droit joues quand tu flaustes, a dimostrazione che flauto diritto e flauto traverso erano entrambi in uso nel XIV secolo.

[modifica] Il Rinascimento

Flauti tardorinascimentali, da Syntagma Musicum di Michael Praetorius, 1619. La scala di riferimento (a destra) mostra che lo strumento più lungo misurava circa due metri (ed era, come gli altri, in un pezzo unico).
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Flauti tardorinascimentali, da Syntagma Musicum di Michael Praetorius, 1619. La scala di riferimento (a destra) mostra che lo strumento più lungo misurava circa due metri (ed era, come gli altri, in un pezzo unico).

Il flauto dolce ebbe la sua massima popolarità durante il XVI e XVII secolo, quando la produzione di spartiti a stampa permise ad un vasto pubblico di dilettanti di accedere alla letteratura musicale: per costoro il flauto dolce era uno degli strumenti più accessibili e permetteva di suonare una gran quantità di melodie popolari. A testimonianza della sua popolarità, un elenco di proprietà di Enrico VIII, alla sua morte nel 1547, comprendeva ben 76 flauti dolci. Lo strumento ha lasciato traccia nella letteratura di questo periodo, ed è citato, ad esempio, in opere di Shakespeare, Samuel Pepys, John Milton.

Esistono ancora molti esemplari provenienti da questo periodo: notevoli sono una famiglia (incompleta) di strumenti, conservata a Norimberga ancora in condizioni suonabili, tre strumenti di grossa taglia conservati al Kunsthistorisches Museum di Vienna, e tredici flauti conservati nel Museo dell'Accademia Filarmonica di Verona.

Gli strumenti di questo periodo, dotati di minore conicità, richiedevano maggior dispendio di fiato a fronte di un suono più pieno e di maggior volume. L'estensione suonabile con facilità era di circa un'ottava e mezzo, e gli strumenti erano frequentemente in re e in sol (anziché in do e in fa).

[modifica] L'epoca barocca

Durante il periodo Barocco. il flauto dolce fu modificato in maniera significativa (gli strumenti di questo periodo sono chiamati barocchi in contraposizione ai più antichi rinascimentali). Le modifiche apportate furono tali da addolcirne il suono e da renderlo uno strumento completamente cromatico su due ottave. Molti compositori importanti inserirono il flauto dolce nei loro lavori.

Anche la nomenclatura cambiò, e nel XVIII secolo il flauto dolce era chiamato semplicemente flauto, mentre il flauto traverso si chiamava Traverso o Traversiere creando una certa confusione che ancora persiste. Ad esempio Johann Sebastian Bach scrisse il suo quarto Concerto Brandeburghese, oggi suonato con flauti dolci, per due "flauti d'echo",un termine che lascia qualche interrogativo sul tipo di strumento richiesto. Il musicologo Thurston Dart suggerì (forse erroneamente) che si trattasse di uno strumento di origine francese ("flageolet") simile al flauto dolce ma intonato un'ottava sopra, che in quegli anni era piuttosto noto grazie all'uso che di esso faceva un virtuoso londinese di origine francese, James Paisible. Altri sostengono che Bach volesse indicare uno strumento chiamato appunto flauto d'eco, un esemplare del quale è visisbile a Lipsia, costituito di due flauti dolci in Fa, collegati tramite cinghie di cuoio, e disposti per avere volumi diversi. Antonio Vivaldi scrisse tre concerti per flautino, uno strumento che probabilmente è quello che oggi chiamiamo flauto dolce sopranino, anche se per molto tempo le esecuzioni di queste composizioni hanno utilizzato un ottavino.

Poiché il flauto era strumento diffuso fra i dilettanti, nel XVIII furono pubblicate numerose trascrizioni per flauto di sonate per violino, per esempio la (discussa) trascrizione di sonate di Corelli ad opera di John Walsh (Londra 1702). Viceversa, buona parte delle sonate dell'epoca barocca per strumento a fiato solo (con o senza basso continuo) si possono eseguire indifferentemente sul flauto dolce, sul flauto traverso o sull'oboe (quest'indicazione è spesso fornita esplicitamente nel frontespizio delle raccolte dell'epoca), quindi la loro esecuzione con il flauto dolce non si deve considerare un "trascrizione", nemmeno quando essa necessita della trasposizione del pezzo una terza minore sopra, secondo la prassi indicata da Jacques Hotteterre nel 1715.

Il fatto che nel corso del XVII secolo si sia iniziato a costruire i flauti dolci in tre parti, mentre nel Rinascimento erano costruiti in un pezzo unico o al massimo in due pezzi (anche i più grandi), riflette un significativo cambiamento nella figura del flautista professionista. Nel rinascimento, gli strumentisti erano al servizio delle corti, e gli strumenti che usavano non erano di loro proprietà, bensì della cappella di corte. Tutti gli strumenti a fiato costruiti per una stessa cappella erano accordati su uno stesso La, ma quest'ultimo poteva variare moltissimo fra una cappella e l'altra (anche di più di mezzo tono). In seguito, i più noti virtuosi di flauto iniziarono a spostarsi da una città all'altra per le loro esibizioni, portando con sè i loro strumenti, e il problema di doversi adeguare ad altezze del La tanto diverse fu risolto costruendo il flauto in tre sezioni (il flauto traversiere addirittura in quattro): per piccole variazioni di accordatura era sufficiente inserire la sezione centrale più o meno profondamente nella testata (come si fa tuttora), ma oltre un certo limite era necessario sostituire del tutto la sezione centrale con una di lunghezza diversa e con le distanze fra i fori alterate proporzionalmente. I flautisti dell'epoca barocca andavano quindi in giro con strumenti che avevano una dotazione di due o tre sezioni centrali intercambiabili, diversamente accordate.

[modifica] L' Ottocento

Alla fine del diciottesimo secolo il flauto dolce subisce un declino, dovuto anche al tramonto della musica da camera (il flauto dolce, a differenza del traverso, non si trova tra gli strumenti dell'orchestra sinfonica) e viene praticamente dimenticato. L'ultima apparizione di qualche rilievo è nell'opera di Gluck. "Orfeo ed Euridice", dove viene usato come suono evocativo dell'aldilà.

[modifica] Il XX secolo e la riscoperta

Ancora all'inizio del XX secolo il flauto dolce era così raro da far credere a Stravinsky che fosse una sorta di clarinetto (forse a causa della forma). Esso cominciò tuttavia a rinascere attorno a questo periodo, anche se inizialmente solo come strumento storico.

Lo strumento venne poi riproposto all'uso musicale corrente nella prima metà del secolo dall'opera di Arnold Dolmetsch in Inghilterra, dagli insegnanti del Conservatorio di Bruxelles - dove Dolmetsch aveva studiato - e dai concerti tenuti alla Bogenhausen Künstlerkapelle (l'orchestra degli artisti di Bogenhausen) in Germania, dove nello stesso periodo operavano, a favore del flauto dolce, anche Willibald Gurlitt, Werner Danckerts e Gustav Schecky.

Il rinnovato interesse per lo strumento, unito alla circostanza che era divenuto possibile fabbricare strumenti discreti in materiali economici (inizialmente bachelite, poi plastica) fece sì che lo strumento divenisse popolare come supporto didattico da utilizzare nelle scuole, forse anche per il fatto che la facile emissione sonora e l'intonazione fissa consentono al flauto dolce di produrre suoni non troppo stridenti anche nelle mani più inesperte.

[modifica] Repertorio

La maggior parte del repertorio (non vastissimo) del flauto dolce appartiene alla musica barocca del diciottesimo secolo. Oltre ai già citati Bach e Vivaldi ricordiamo Georg Philipp Telemann, Georg Friedrich Händel, Benedetto Marcello, Francesco Barsanti, Paolo Benedetto Bellinzani e Francesco Mancini.

Tra i compositori per flauto dolce del diciassettesimo secolo ricordiamo l'olandese Jacob van Eyck, virtuoso della diminuzione, che rielaborò salmi e melodie popolari.

Tuttavia anche autori moderni, come Luciano Berio e Benjamin Britten hanno scritto per il flauto dolce, che è utilizzato anche nel rock e nel jazz (Keith Jarrett ha inciso un album di musica per flauto dolce, suonato da lui stesso)

[modifica] Voci correlate

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