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Donatello - Wikipedia

Donatello

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Donato di Niccolò di Betto Bardi, detto Donatello (Firenze 1386 - 13 dicembre 1466). Scultore italiano.

Lavorò a Firenze, Prato, Siena e Padova ricorrendo a varie tecniche (tuttotondo, bassorilievo, stiacciato), con varie materie (marmo, bronzo, legno). Si staccò definitivamente dal gotico riallacciandosi e superando l'arte greca e romana sia formalmente sia stilisticamente; particolare fu la sua capacità di infondere umanità e introspezione alle opere.

Indice

[modifica] Biografia

[modifica] Formazione (1386-1428)

La statua di Donatello nel loggiato degli Uffizi
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La statua di Donatello nel loggiato degli Uffizi

Nasce a Firenze nel 1386, figlio di Niccolò di Betto Bardi, cardatore di lana. La sua è una famiglia modesta: il padre, irrequieto, condusse una vita tumultuosa avendo partecipato prima alla rivolta dei Ciompi del 1378, poi ad altre azioni contro Firenze che lo portarono ad essere condannato a morte e poi perdonato con il condono della pena; un uomo irrequieto molto diverso da quel suo figliolo così minuto, signorile, elegante e delicato tanto da essere vezzeggiato con il nome di Donatello, che, secondo il Vasari, venne educato nella casa di Roberto Martelli. Dal 1402 al 1404 è a Roma assieme al Brunelleschi, a studiare l' Antico.

Dal 1404 al 1407 è aiuto di Lorenzo Ghiberti ai lavori della porta nord del Battistero.

Dal 1408 lavora per l'Opera del Duomo di Firenze, per cui realizza, nello stesso anno, il David marmoreo per uno dei contrafforti esterni, il volto inespressivo, con corona di amaranto (simbolo profano, qui usato da Donatello su un patriarca biblico) e le membra allungate: sono di origine tardo gotica ma la posa di contrapposto, con il punto di appoggio su una sola gamba, a cui corrisponde un'opposta torsione del busto, e le mani, realisticamente atteggiate, indicano un attento studio dal vero dell'anatomia umana. Nel 1416 venne trasportato a Palazzo Vecchio e assunto come emblema della città, ora conservato al Bargello.

Tra il 1409 e il 1411 esegue il San Giovanni Evangelista per una nicchia collocata a lato del portale centrale del Duomo, con altri tre evangelisti il san Marco di Pietro Lamberti, il san Luca di Nanni di Banco e il san Matteo di Bernardo Ciuffagni. Donatello, nel suo evangelista reagisce al manierismo tardogotico: non solo riallacciandosi alla nobile compostezza della statuaria antica ma ricercando brani di autentica umanità e verità: il volto del santo con la fronte corrucciata (forse ripreso da una testa di Giove Capitolino) è però basato ancora su un principio dell'idealizzazione, le spalle e il busto sono semplificate geometricamente secondo una calotta semicircolare, nelle parti inferiore della figura la stilizzazione recede a vantaggio di una maggiore naturalezza: le mani sono realistiche e i panneggi che avvolgono le gambe esaltano le membra, senza nasconderle; la statua con la sua carica di forza trattenuta costituirà un importante modello per il Mosè di Michelangelo.

Dal 1411 lavora per il cantiere della chiesa di Orsanmichele: tra il 1411 e il 1412 realizza il San Marco.

Nel 1417 completa il San Giorgio commissionata dall'Arte dei Corazzai, La scelta iconografica dipese dal fatto che i committenti volessero una figura in cui fossero presenti le armi e la corazza. la figura, leggermente ruotata intorno all'asse centrale, che fa perno sulle gambe a compasso, è costruita su tre ovali sovrapposti: il volto con le sopracciglia aggrottate, il busto e lo scudo, lo scatto della testa in direzione opposto al corpo serve all'artista ad animare maggiormente la statua.

Il bassorilievo in pietra della base, forse di due anni posteriore,è costruito con la tecnica dello stiacciato; è uno dei primi esempi di prospettiva centrale a punto unico di fuga, le orizzontali convergono verso il gruppo centrale con la rappresentazione di San Giorgio che lotta con il drago con a destra la grotta e la principessa, desunta dai sarcofagi romani, e a sinistra il porticato costruito in prospettiva; se le linee del mantello, l'armatura preziosa del Santo e il profilo delle ali aperte del drago che tendono a focalizzare lo sguardo dello spettatore, sono particolari di gusto tardo-gotico, nuova è la concezione dello spazio, che sembra espandersi oltre la cornice del bassorilievo, pur tuttavia perfettamente definito da sicuri punti di riferimento, nuova è anche la funzione della luce che sbalza il punto focale dell'azione.

Del 1423 circa è il San Ludovico di Tolosa, ora al Museo dell'Opera di Santa Croce, originariamente inserito in un tabernacolo, sempre di mano di Donatello a ordine corinzio; il tabernacolo apparteneva alla parte guelfa, quando l'importanza di questa decadde venne messo in vendita e acquistato tra il 1459 e il 1460 dall'Arte dei Mercanti che vi collocarono il gruppo con L' Incredulità di san Tommaso di Andrea Verrocchio.

Tra il 1415 e il 1426 scolpisce cinque statue per il campanile del Duomo: il Profeta imberbe, il Profeta barbuto (entrambi del 1415), il Sacrificio di Isacco (1421) il Profeta Abacuc detto lo "Zuccone" (1423-1425) per il cranio calvo e il Profeta Geremia detto "Francesco Soderini" (1423-1426]. Donatello caratterizza i profeti del campanile secondo il modello classico dell’oratore. In queste statue, veri ritratti non idealizzati con i lineamenti contratti e disarmonici, l'imponenza e la dignità sono date dai gesti pacati e dal forte effetto chiaroscurale dei mantelli.

Del 1422 è la Madonna Pazi di Berlino.

Nel 1425 circa realizza il Crocifisso ligneo di Santa Croce a Firenze. In questo il Cristo è colto nel momento dell'agonia: occhi semiaperti, bocca dischiusa, corpo sgraziato. Narra il Vasari "Fece con straordinaria fatica un Crucifisso di legno, il quale quando ebbe finito, parendogli aver fatto una cosa rarissima, lo mostrò a Filippo di ser Brunellesco suo amicissimo, per averne il parere suo; il quale Filippo, che per le parole di Donato aspettava di vedere molto miglior cosa, come lo vide sorrise alquanto. Il che vedendo Donato, lo pregò, per quanta amicizia era fra loro, che gliene dicesse il parer suo; per che Filippo, che liberalissimo era, rispose che gli pareva che egli avesse messo in croce un contadino e non un corpo simile a Gesù Cristo, il quale fu delicatissimo, et in tutte le parti il più perfetto uomo che nascesse già mai. Udendosi mordere Donato, e più a dentro che non pensava, dove sperava essere lodato, rispose: “Se così facile fusse fare come giudicare, il mio Cristo ti parrebbe Cristo, e non un contadino: però piglia del legno e pruova a farne uno ancor tu”. Filippo, senza più farne parola, tornato a casa, senza che alcuno lo sapesse, mise mano a fare un Crucifisso, e cercando d'avanzare, per non condannar il proprio giudizio, Donato, lo condusse dopo molti mesi a somma perfezzione. E ciò fatto, invitò una mattina Donato a desinar seco, e Donato accettò l'invito. E così, andando a casa di Filippo di compagnia, arivati in Mercato Vecchio, Filippo comperò alcune cose, e datole a Donato, disse: “Aviati con queste cose a casa, e lì aspettami, che io ne vengo or ora”. Entrato dunque Donato in casa, giunto che fu in terreno, vide il Crucifisso di Filippo a un buon lume, e fermatosi a considerarlo, lo trovò così perfettamente finito, che vinto e tutto pieno di stupore, come fuor di sé, aperse le mani che tenevano il grembiule. Onde cascatogli l'uova, il formaggio e l'altre robe tutte, si versò e fracassò ogni cosa; ma non restando però di far le maraviglie e star come insensato, sopragiunto Filippo, ridendo disse: “Che disegno è il tuo, Donato? Che desinaremo noi avendo tu versato ogni cosa?”. “Io per me”, rispose Donato, “ho per istamani avuta la parte mia, se tu vuoi la tua, pigliatela. Ma non più, a te è conceduto fare i Cristi, et a me i contadini."

Dal 1425 al 1427 Donatello collabora con Michelozzo al monumento funebre dell'Antipapa Giovanni XXIII, al secolo Baldassarre Cossa, nel Battistero (1425-1427); sicuramente di Donatello è la figura bronzea del defunto disteso, sotto una conchiglia che racchiude una Madonna con il Bambino, la parte superiore è inquadrata da un baldacchino aperto, mentre sotto il cenotafio è una lastra con rilievi di geni alati e il nome e le cariche del defunto, ancora più sotto tre rilievi raffiguranti le Virtù.

Nel 1427 è a Pisa dove con esegue i pannelli marmorei del monumento funebre per il cardinale Rainaldo Brancacci della chiesa di Sant'Angelo a Nilo a Napoli.

Per il fonte battesimale del Battistero di Siena tra il 1425 e il 1427 fornisce il rilievo con il Banchetto di Erode e le statue della Fede e della Speranza. Il rilievo è costruito con la tecnica dello stiacciato eccetto le figure del proscenio, fuse a bassorilievo, in modo da creare un più forte stacco rispetto ai piani arretrati, la scena è costruita su una serie di arcate a cannocchiale, in primo piano il moto di orrore che si propaga tra gli astanti alla vista della testa recisa del Battista, presentata a Erode, le arcate aperte servono ad introdurre ad altri ambienti che, a loro volta, si aprono su altri ambienti ancora più arretrati, allo stesso modo non serrando ai lati la scena e coprendo dai bordi del rilievo alcuni personaggi del proscenio fa in modo che il tutto sembra espandersi indefinitamente ai lati e verso il fondo, aggiungendo un tipo di spazio diverso da quello rinascimentale, finito e misurabile, che qui è presente grazie al pavimento regolare, uno spazio indefinito, tipico della pittura fiamminga.

[modifica] Grandi commissioni nella Firenze Medicea (1428-1443)

Tra il 1428 e il 1438 esegue il Pulpito esterno del Duomo di Prato.

Del 1430 circa è il David bronzeo del Bargello. Opera realizzata per il cortile di palazzo Medici su commissione di Cosimo de' Medici, la statua può rappresentare sia l'eroe biblico simbolo delle virtù civiche, sia il Dio Mercurio che contempla la testa recisa di Argo. Donatello qui dà un'interpretazione intellettualistica e raffinata della figura umana, il fregio con putti dell'elmo di Golia deriva forse da un cammeo delle raccolte Medicee. La statua del David fu progettata per poter essere vista da più punti; si ispira all'arte ellenistica: corpo nudo (non più raffigurato dopo l'età classica), con sbandamento dell'asse, daga come terzo appoggio, piede sulla testa di Golia; volto molto pensoso, corpo morbido e vivace, come ritratto dal vivo; allegoricamente rappresenta la ragione che trionfa sulla forza bruta e sull'irrazionalità.

Sempre di quegli stessi anni e dello stesso clima culturale è la statuetta con l'ambiguo e inquietante Amore-Atys ora conservata al Bargello.

Dal 1431 al 1433 è a Roma dove realizza il Tabernacolo del Sacramento per San Pietro e lastra tombale del Crivelli all'Aracoeli.

Del 1432 è il busto-ritratto di Niccolò da Uzzano in terracotta dipinta, ora al Bargello.

Tornato a Firenze realizza tra il 1433 e il 1438 la Cantoria per il Duomo, cioè la balconata per l'organo che si trovava sopra la porta della Sagrestia dei Canonici, nell'angolo sud-est della crociera; la vasca è sorretta da cinque mensole a cui corrisponde nella vasca una coppia di colonnine che sorreggono un architrave, questa architettura è staccata dal fondo, decorato con un mosaico a tessere distanziate, creando così una specie di palcoscenico occupato da una danza di putti, costruita su linee diagonali, in contrasto con le linee verticali della struttura, dando al complesso un forte senso di movimento, le figure dei putti sono raffigurati nelle posizioni più varie, in accordo con la teoria della varietas di Leon Battista Alberti. Nel complesso l'opera si ispira sia a sarcofagi antichi che a cofani eburnei bizantini, in particolare la disposizione delle colonne ricorda sarcofagi paleocristiani, mentre la loro decorazione e quella del fondale ricorda opere toscane del dugento.

Nel 1435 circa esegue l'Annunciazione per l'altare Cavalcanti di Santa Croce, l'incorniciatura architettonica del tabernacolo, nascosta dall'esuberante decorazione all'antica e dal colore, inscrive la scena con l'Annunciazione, che si ricollega a un'iconografia trecentesca, dove alla composizione pacata fa da centro il vuoto in cui si iscrivono gli sguardi della Vergine e dell'angelo.

Tra il 1437 e il 1443 lavora nella Sagrestia Vecchia in San Lorenzo realizzando la porta con Apostoli, Dottori della Chiesa e santi e la porta dei Martiri sormontate rispettivamente da lunettoni con i santi Cosma e Damiano, patroni dei Medici e i santi-protomartiri Stefano e Lorenzo, infine otto tondi in stucco a rilevo policromo sotto la cupola, quattro con scene della vita di san Giovanni: san Giovanni evangelista immerso nell'olio bollente, san Giovanni evangelista a Patmos, san Giovanni evangelista resuscita Drusiana, morte e ascensione di san Giovanni evangelista e altri quattro con gli Evangelisti: Giovanni, Matteo, Luca e Marco.

Nel 1438 realizza la statua lignea di San Giovanni Battista per la chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia.

Del 1440 circa è il Busto di giovane con cammeo ora al Bargello, in quest'opera per la prima volta dall'età classica il busto ritratto veniva impiegato non più come un reliquiario, ma come un monumento profano, nel caso specifico, non si trattava del ritratto di un individuo distinto ma di un tipo ideale, sul petto ha un cammeo, copiato da uno antico della collezione di Medicee in cui è raffigurata un'allegoria della mente, rappresentata dall'auriga, che guida l’anima, rappresentata dal carro, trainato da due cavalli, rispettivamente simboli della ragione e della passione.

Dopo il 1440 realizza il sarcofago di Niccolò e Fioretta Martelli.

[modifica] A Padova (1443-1453)

Nel 1443 è a Padova chiamato dagli eredi del capitano di ventura Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, morto nel 1443, per realizzare il monumento equestre del condottiero, morto in quell'anno, nella piazza antistante la Basilica del Santo, in bronzo e completato nel 1450; l'opera, prima di essere iniziata necessitò di un beneplacito concesso dal Senato veneto, poiché l'opera venne concepita come un cenotafio, cioè un monumento funebre per qualcuno sepolto altrove, volto a celebrare la fama del morto. Non si hanno precedenti per questi tipi di monumenti: le statue equestri del Trecento, nessuna in bronzo, sormontavano di solito le tombe; si hanno precedenti in pittura, tra questi il Guidoriccio da Fogliano di Simone Martini e il Giovanni Acuto di Paolo Uccello, Donatello probabilmente più che a questi si ispira ai modelli classici: la statua del Marc'Aurelio a Roma, il Regisole e i Cavalli di San Marco, da cui riprende il modo del cavallo che avanza al passo col muso rivolto verso il basso; nell'opera, posta su una alto basamento, la figura dell'uomo è idealizzata, infatti non è un ritratto dal vero, ma una ricostruzione ideale, basata su ritratti romani, con le gambe tese sulle staffe, mentre fissa un punto lontano tiene in mano il bastone del comando in posizione obliqua che con la spada nel fodero, sempre in posizione obliqua, fa da contrappunto alle linee orizzontali del cavallo e alla verticale del condottiero accentuandone il movimento in avanti. Il monumento fece da prototipo per tutti i successivi monumenti equestri eretti in Italia, poi in Europa occidentale e in tutto il mondo, sino al Novecento.

Per la Basilica del Santo realizza la recinzione del Coro e un Crocifisso bronzeo. Tra il 1446 e il 1450 realizza l'altare maggiore della Basilica del Santo con sette statue a tuttotondo: Madonna col Bambino, i santi Francesco, Antonio, Giustina, Daniele, Ludovico e Posdocimo, e quattro rilievi con episodi della vita di Sant'Antonio. (aiuti Bartolomeo Bellano e il Riccio), l'altare scompaginato nel 1591 per la risistemazione del presbitero è stato arbitrariamente ricomposto da Camillo Boito nel 1895, l'assetto originario doveva apparire come una Sacra Conversazione in cui la Vergine col Bambino e i sei santi erano collocati su un baldacchino poco profondo, posto a sua volta su un basamento ornato sulla fronte e sul retro con rilevi fra cui i quattro con le scene della vita di sant'Antonio. La Madonna col Bambino, fulcro della scena, è colta nel momento in cui sta per alzarsi e mostrare il Bambino ai fedeli, il trono è fiancheggiato da due sfingi, allegorie della conoscenza, sullo schienale del trono è rilievo con Adamo ed Eva: la Vergine è una seconda Eva che, generando il Redentore libera dal peccato originale. Donatello ambienta le scene dei quattro rilievi, in aperture paesistiche e fondali architettonici imponenti, con al centro ben distinguibile l'episodio miracoloso di cui il santo rappresenta il centro focale con attorno la folla di figure che assiste agli eventi e reagisce agli eventi amplificandoli e sottolineandoli, alcuni temi sono desunti da monumenti antichi, come sarcofagi o colonne a rilievo, ma per la prima volta la folla di figure diventa parte integrante della rappresentazione. Nel rilievo con la Presentazione dell'ostia alla mula, lo spazio è spartito da tre archi in scorcio non proporzionati con le dimensioni dei gruppi delle figure, in modo da sottolineare la solennità del momento. Nel rilievo con la Guarigione del giovane posseduto dall'ira, la scena è inserita davanti a un grandioso proscenio paesistico-architettonico. Gli altri due rilievi sono la Guarigione del cuore dell'avaro e il Miracolo del figlio pentito. Nella Deposizione in pietra, sempre per l'altare del Santo, rielabora il modello antico della morte di Meleagro, lo spazio viene annullato della composizione rimangono solo il sarcofago e le figure in modo da accentuare la drammaticità dell'episodio, anche grazie alla mimica facciale e alla gestualità esasperate, che stravolgono i personaggi rendendoli singolarmente irriconoscibili, tanto da creare uno schermo unitario di figure dolenti sconvolte nei lineamenti che riduce i volti a maschere di dolore e costruisce i corpi e le vesti con angoli acuti.

Del 1450 circa è la Madonna Chellini.

[modifica] Ultimi anni (1453-1466)

Rientra a Firenze nel 1453.

Tra il 1453 e il 1455 realizza la Maddalena lignea del Museo dell'Opera del Duomo, in cui la bellezza fisica è negata, privilegiando i valori espressionistici; il corpo scheletrico è reso informe dalla massa di capelli; traspare dal volto inciso la fatica, il dolore, l'animo stanco. Soprattutto in età avanzata, egli lascia ogni modello precostituito per rappresentare i sentimenti più profondi dell'animo umano.

Del 1455-1460 circa è il gruppo con Giuditta e Oloferne. Il gruppo bronzeo rappresenta Giuditta velata, che dopo aver fatto ubriacare Oloferne, si appresta a decapitarlo, nel basamento vi sono tre bassorilievi con putti vendemmianti e scene di ebbrezza, forse il gruppo statuario era impiegato come fonte da vino; infatti agli angoli del cuscino si trovano quattro fori. La statua, iniziata per la Cattedrale di Siena, venne posta nel giardino del palazzo Medici in via Larga, infine sistemata a palazzo Vecchio, dopo il sacco del palazzo in seguito alla seconda cacciata dei Medici. Forse venne realizzato su commissione di Piero de' Medici detto il Gottoso, in memoria di Cosimo il Vecchio. L'opera è firmata OPUS DONATELLI FLO sul cuscino, ruotato rispetto al basamento in modo che i loro angoli non coincidono, creando un effetto di movimento. La struttura dell'opera è piramidale, con al vertice il volto della ieratica Giuditta e la lama della spada retta dal braccio destro dell'eroina piegato a novanta gradi, altro punto focale del gruppo è la testa di Oloferne in cui convergono le diagonali del gruppo. L'opera è attraversata da diversi valori simbolici: come simbolo religioso (la continenza che abbatte la lussuria), come celebrazione della potenza dei Medicea e infine come emblema comunale (la repubblica che abbatte i tiranni).

È a Siena fino al 1461, dove realizza il San Giovanni Battista per il Duomo e i modelli (perduti) per le non eseguite porte.

Ultima commessa fiorentina sono i due pulpiti bronzei per la chiesa di San Lorenzo, opera realizzata con la partecipazione di aiuti (Bartolomeo Bellano e Bertoldo di Giovanni), ma da lui progettata in tutte le sue parti, in quest'opera si accentuata la carica religiosa che spinge le figure verso un'estrema drammaticità, realizzata attraverso la tecnica del non finito, in cui alcune parti delle figure sono appena sbozzate. Nel cosiddetto Pulpito della Resurrezione, con episodi della vita di Cristo e santi, tra un fregio rilievo con motivi decorativi vegetali e eroti vi sono cinque formelle a rilievo: quella col Martirio di san Lorenzo , di mano di Donatello e situato al centro, è costruita con un punto di vista ribassato, per drammatizzare maggiormente l'evento; mentre le restanti scene, a cui collaborarono sia il Bellano che Bertoldo di Giovanni sono: Pie donne al sepolcro, Discesa di Cristo al Limbo, Resurrezione di Cristo e Ascensione di Cristo. Il Pulpito della Passione, con episodi della passione di Cristo entro un fregio a rilievo con motivi decorativi, presenta le scene della Crocifissione, realizzato in collaborazione col Bellano, la scena della Deposizione dalla croce, sicuramente autografa, dove la Maria dolente è un richiamo alle pleurant francesi, la Deposizione di Cristo nel sepolcro, eseguita da Bertoldo di Giovanni su progetto di Donatello, l' Orazione di Cristo nell'orto eseguita da Bartolomeo Bellano su progetto di Donatello e il rilievo con Cristo davanti a Pilato e Cristo davanti a Caifa, aiutato qui da Bartolomeo Bellano.

Muore a Firenze nel 1466. Verrà sepolto nella Basilica di San Lorenzo, vicino a Cosimo il Vecchio

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