Marino Faliero
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Marino Faliero (o Marin Falier) (1285 – 17 aprile 1355) è stato un doge veneziano.
Fu il cinquantacinquesimo doge della Repubblica di Venezia, dal 1354 al 1355, quando venne destituito e giustiziato. Fu il primo ed unico doge ad esser giustiziato per alto tradimento (fatta forse eccezione per alcuni casi durante i primi secoli d'esistenza della Repubblica di Venezia)
Indice |
[modifica] Vita
Poche e scarse sono le informazioni su di lui e ciò probabilmente è dovuto alla damnatio memoriae che la Repubblica fece cadere dopo l'alto tradimento. Nacque attorno al 1285 e già attorno ai trent'anni doveva esser diventato un personaggio importante visto che ebbe l'ordine direttamente dal Consiglio dei X, di uccidere con qualsiasi mezzo il traditore Bajamonte Tiepolo che nel 1310 aveva ordito una congiura contro la Repubblica. Fu un valente soldato, riconquistò Zara che s'era ribellata(1345), servì varie volte come ambasciatore, fu Savio, comandante di flotta, governatore a Negroponte (moderna Eubea). Aveva un fratello di nome Ordelaf. Ricco di famiglia si sposò con Alcuina Gradenigo, molto più giovane di lui. Sfiorata più volte l'elezione a doge, l'ottenne, finalmente, il 16 settembre 1354 di venerdì (alle ore 16 secondo alcuni cronisti). Del suo dogado si ricorda soprattuto la congiura che lo portò alla perdizione.
[modifica] La cospirazione
Marino Faliero quindi apparteneva ad una delle famiglie più illustri i Venezia, i Falieri, o Faledro o Faletra; durante la sua lunga carriera aveva occupato le funzioni più alte; aveva reso dei servizi onorevoli in guerra e nelle ambasciate; aveva l'intelligenza e l'esperienza di un uomo di Stato navigato.
Quali ragioni spinsero un personaggio del genere a tentare di rovesciare la costituzione di Venezia? Le spiegazioni date dalla cronaca veneziana del tempo sono stranamente puerili ed inverosimili. Si racconta che il doge avesse una moglie molto più giovane di lui, e che i giovani patrizi, tra cui il futuro doge Michele Steno, si erano permessi di scrivere sulle mura del palazzo degli apprezzamenti assai spinti ed offensivi. Faliero non fu soddisfatto della pena insignificante inflitta ai calunniatori e cospirò, come conseguenza, contro il regime che non difendeva il suo onore.
Altre versioni lasciano intravvedere delle cause più profonde. In quel momento Venezia era provata dai disastri della guerra contro la Repubblica di Genova; era grande il malcontento contro il governo aristocratico che non aveva saputo evitarla; ci furono risse, offese scambiate tra ufficiali nobili e plebei e la leggenda aggiunge che vi prese parte anche il doge. In ogni caso, nella città c'era uno stato di fermento estremo. Faliero cercò di approfittarne per abbattere la potenza dei consigli aristocratici, ricostituire l'autorità ducale e diventare principe di Venezia. L'esempio dei Visconti a Milano sembrava fatto apposta per tentarlo ed un politico del valore di Marino Faliero poteva giudicare che una tirannia di questo tipo fosse più vantaggiosa per gli interessi di Venezia del regime oligarchico fondato sulla diffidenza universale, che impiegava tutte le forze della città a vantaggio esclusivo di un'aristocrazia invidiosa.
Comunque sia, il doge cospirò e sembra che la sua congiura abbia trovato numerosi aderenti. Ma il complotto fu denunciato al Consiglio dei Dieci; i cospiratori furono arrestati, interrogati, condannati a morte e giustiziati davanti al Palazzo Ducale (15 aprile 1355). Tutta la città era in subbuglio: gli esponenti della oligarchia occuparono Piazza San Marco con le armi. Era avvenuto che lo stesso doge, denunciato dai suoi complici, era stato arrestato e tradotto davanti al tribunale dei Dieci. Egli confessò tutto e fu condannato a morte all'unanimità. La sera del 17 aprile di venerdì, sulla grande scalinata del palazzo, Marino Faliero fu decapitato. Petrarca, in una lettera eloquente, ha espresso la tragica emozione che questo evento produsse in tutta Italia e vi ha visto una inconfutabile lezione per i futuri dogi, da cui impareranno che sono «le guide e non i padroni dello Stato. Che dico le guide? Unicamente gli onorati servitori della Repubblica».
L'aristocrazia veneziana non volle che questa lezione andasse perduta. Come festeggiava con una processione e ringraziamenti solenni il giorno di san Vito (15 giugno), in cui era stata annientata la rivolta di Bajamonte Tiepolo, così festeggiò il giorno di sant'Isidoro (16 aprile), in cui Marino Faliero era stato condannato a morte. Il doge assisteva personalmente alla cerimonia che in San Marco ricordava il tragico evento; nella sala del Maggior Consiglio, in cui si allineavano i ritratti dei dogi, un decreto del Consiglio dei Dieci fece cancellare nel 1366 l'effige di Faliero e in quello stesso spazio fece apporre questa iscrizione: «Hic fuit locus ser Marini Faletri, decapitati pro crimine proditionis», ossia «Questo era il posto di Marino Faliero, decapitato per tradimento». Dopo il disastroso incendio che nel 1577 devastò il Palazzo Ducale, tra i nuovi ritratti dei dogi, dipinti nella fase di restauro, al posto di Marin Falier fu ancora collocata l'iscrizione, su un drappo nero: «Hic est locus Marini Faletri, decapitati pro criminibus».
[modifica] Curiosità
- Secondo una tradizione si dice che, per cancellare completamente la memoria del doge Faliero, la Repubblica raccolse e rifuse tutte le monete coniate durante il suo dogado. Il realtà l'effettiva scarsità di monete coniate da questo doge può essere anche imputata alla breve durata del suo dogado, appena sette mesi.
- Nel 1820 Lord Byron scrisse una tragedia su questo doge. Da questo Casimir Delavigne derivo a sua volta una tragedia nel 1829 che servi da base a Gaetano Donizetti per una sua opera del 1935
- La decapitazione del doge avvenuta di venerdì 17, diede inizio alla cattiva fama di tale data.
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