Bajamonte Tiepolo
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Bajamonte Tiepolo (o Baiamonte, detto anche Gran Cavaliere) fu un nobile veneziano, figlio di Iacopo Tiepolo, nipote dei dogi Jacopo Tiepolo e Lorenzo Tiepolo.
Nobile amato e rispettato dal popolo (da qui il soprannome) fu uno degli esponenti della corrente dei “popolani” contrari alla cd. Serrata del Maggior Consiglio di Venezia (febbraio 1297). In seguito ai numerosi torti subiti dalla sua fazione e alle provocazioni degli avversari ordì,in collaborazione con membri dell’alleata famiglia Querini, un piano per sterminare il doge ed i membri del governo.
Attuato nella notte del 14 giugno 1310,il suo piano fallì ed egli fu costretto all’esilio. Dall’Istria proseguì la sua lotta contro il governo ma di lui non si seppe più nulla per certo fino al 1329 quando il governo veneziano ordinò a Marino Faliero (futuro doge poi giustiziato per tradimento), di eliminarlo. Da quella data non si seppe più nulla di lui.
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[modifica] Vita e motivazioni politiche
Discendente da una nobilissima famiglia che s’era già fregiata di ben due dogi,Bajamonte vide sfumare, in seguito ai contrasti politici tra la fazione conservatrice – oligarchica e quella più “progressista” della sua famiglia,la candidatura di suo padre a doge a favore dell’elezione, malgradita da molti,di Pietro Gradenigo (1289).
Il padre Iacopo,deluso e sdegnato,si ritirò nei suoi possedimenti senza più esser coinvolto nella vita politica in modo diretto ma continuando a sobillare i suoi partigiani.
La fazione al potere,lungi dall’accontentarsi del successo dell’elezione d’un suo rappresentante, riuscì in breve tempo a far promulgare numerose leggi restrittive rispetto alla possibilità per le famiglie della classe media di poter ascendere al Maggior Consiglio e poter gestire direttamente il potere politico. I Tiepolo ed i Querini,che difendevano invece i diritti di queste ultime,presto s’elevarono a difensori delle classi medio – piccole.
Sarebbe comunque errato immaginare,quasi che si trattasse d’una contesa moderna,uno scontro tra conservatori e progressisti sul modello XIX – XX ° secolo:si trattava piuttosto d’una lotta tra famiglie di antica nobiltà ed “arricchiti” di nuova nobiltà che,adesso che avevano saldamente in mano il potere,si vedevano costretti a cederlo nuovamente ai vecchi “proprietari”.
La contesa degenerò sempre più a seguito delle provocazioni della fazione aristocratica che desiderava estromettere definitivamente i Querini-Tiepolo dal potere.
Un ennesimo motivo d’attrito derivò dalla guerra contro il papato per il possesso di Ferrara nel 1308 – 1309:Marco Querini,capo famiglia ed alleato di Bajamonte,permise al nemico,forse con dolo,di impossessarsi d’una fortezza chiave che costò la perdita di uomini e persino della guerra. Ricondotto a Venezia la fazione facente capo al doge Gradenigo chiese una punizione esemplare, cosa inaccettabile per la fazione avversa.
Nei giorni seguenti vi furono persino scontri fisici tra contendenti,nel corso d’uno dei quali un membro della famiglia Querini,avendo spinto a terra per errore un alto magistrato appartenete all’altrui fazione, venne multato come se l’avesse fatto apposta. Ciò che aumentò il già grande sdegno della famiglia.
Forse provocati ad arte o forse semplicemente risultato d’una situazione ormai di guerra aperta i Querini prepararono una congiura per massacrare gli avversari ed instaurare un nuovo governo. Alla congiura partecipò attivamente Bajamonte che, molto presto,si palesò il più deciso e ne prese decisamente il comando.
[modifica] La preparazione della congiura
In breve tempo Bajamonte raccolse attorno a sé i membri più decisi dell’opposizione al governo in carica e li motivò con discorsi che,se è vero quello che ci racconta lo storico Romanin nella sua “Storia documentata di Venezia”,erano infiammati e d’incredibile violenza:i nemici non andavano sconfitti ma massacrati. Presto anche i più restii acconsentirono a combattere e si preparò un piano operativo per conquistare i punti nevralgici della città.
I due capi, Marco Querini e Bajamonte Tiepolo,avrebbero guidato due colonne contro Piazza San Marco e sterminato il doge ed i suoi famigliari. La data per agire venne fissata per la mattina di domenica 14 giugno 1310.
[modifica] La congiura: 14 giugno 1310
Il giorno prefissato Bajamonte si ritrovò con gli altri congiurati e poi ciascuno raggiunse i propri posti. Lui guidò il suo gruppo sicuro che la resistenza avversaria sarebbe stata scarsa e disorganizzata. Il tempo era molto incerto ed, anzi, un violento temporale che aveva colpito la città poche ore prima aveva messo in dubbio persino l'attuazione del piano.
I ritardi dovuti alle strade fangose ed il brutto tempo furono tra le cause del fallimento della congiura: tale Marco Donà,tradì i congiurati avvisando in quelle ore il doge che fece precipitosamente schierare le guardie ed allertò gli alleati.
Antonino Dandolo (secondo il Romanin invece Marco Giustinian),uno dei suoi amici,attaccò a sorpresa e disperse la colonna del Querini,uccidendo quest’ultimo e pure il figlio. Bajamonte,pur comprendendo che qualcosa non andava,raggiunse quasi la Piazza prima d’esser assalito da truppe fedeli al doge.
In quest'ambito si inserisce la leggenda veneziana della “vecia del morter” (letteralmente “vecchia del mortaio”): mentre i combattimenti infuriavano una vecchia,tale Giustina Rossi,sporgendosi da una finestra, lasciò cadere un pesante mortaio in testa al vessillifero del Tiepolo;persa l’insegna i ribelli sbandarono.
Vera o falsa che sia questa notizia, i ribelli ripiegarono verso Rialto,incendiando il ponte ed asserragliandosi nelle case di proprietà dei Tiepolo ivi situate.
[modifica] La sconfitta
Assediati i rivoltosi rifiutarono ogni trattativa fin quando un consigliere dogale,Filippo Bellegno, riuscì a convincere Bajamonte d’esser stato sconfitto e di venire a patti.
Il 17 giugno venne condannato a quattro anni di esilio in Istria.
Nei mesi successivi le case di Bajamonte vennero demolite e fu eretta una colonna d’infamia a ricordare il suo tradimento.
Già nei mesi successivi Bajamonte, desideroso di ritornare a Venezia, entrò in contatto con i nemici della Repubblica e, per questo, nel 1318 fu bandito in perpetuo.
[modifica] Ultimi anni
Bajamonte viaggiò a lungo per la terraferma veneta e lombarda,raccogliendo fondi e cercando alleanze,con scarso successo. Negli anni Venti viaggiò in Dalmazia.
Si ritrovano tracce che nel 1328 o ‘29 la Repubblica ordinò di eliminarlo, esausta delle sue congiure.
Di lui non si sa molto di più se non che morì poco dopo.
[modifica] Curiosità
A Venezia esiste ancor oggi un Ponte “del Dai”(o del “malpasso”): ciò è dovuto,secondo la leggenda popolare, al "dai" d'incitamento dei popolani alle guardie che inseguivano i rivoltosi.
In seguito a questa coingiura,nel tentativo di evitarne altre,nacque il famoso Consiglio dei Dieci (Luglio 1310)
[modifica] Bibliografia
Tutti i libri su Venezia parlano della famosa congiura;si segnala,tra i più completi:
- S. Romanin, Storia documentata di Venezia, Tomo III (include numerosi cenni anche della vita del personaggio)
- Lorenzo Cessi, Storia della Repubblica di Venezia
- Andrea Da Mosto, I dogi di Venezia (nella parte in cui tratta del doge Pietro Gradenigo)