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Ultras

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L'ideale ultras nelle parole di un ultras

Con ultras si intende uno stile di vita, un modo di essere.

Si indica un attaccamento morboso alla propria città, ai colori della propria squadra, che vanno seguiti e sostenuti in casa e in trasferta senza aver paura di fare sacrifici sia fisici, sia economici. Vivere ultras sette giorni su sette significa vivere la settimana aspettando la domenica, dedicandosi alla propria curva e al proprio gruppo.

Per un ultras prima viene il bene per il proprio gruppo e per i diffidati, poi il bene per la maglia della propria città, e infine il bene per la squadra e i giocatori.

Molto spesso la parola "ultras" viene affiancata al termine "teppista", proprio per questo motivo l'ultras fedele al suo ideale non ascolta i giudizi della folla e continua a credere nei suoi valori ultras, quali: l'amicizia, il gruppo e l'eterno combattere contro l'omologazione della società!!

Col termine ultras o ultrà (derivato dal francese ultra-royaliste, di origine latina, indicante i più fanatici attori del terrore bianco) si suole definire il tifoso organizzato di una determinata società (azienda) sportiva. Il fenomeno degli ultras è particolarmente radicato e strutturato nel tifo calcistico, ma è diffuso anche nella pallacanestro, nell'hockey e nella pallanuoto.

L'ultras è solitamente caratterizzato da un forte senso di appartenenza al gruppo e da una calorosa convinzione, che si traslano in un impegno nel sostegno della propria squadra che spesso ha carattere quotidiano, e trova il suo acme durante le competizioni con altre squadre.

Il tifoso ultras e il gruppo a cui fa riferimento generalmente prende posto nel settore dello stadio denominato "curva", ovvero il settore coi prezzi più popolari. Negli ultimi anni si sono visti gruppi collocarsi nel settore "distinti", quello laterale ma dal prezzo inferiore alla più esclusiva "tribuna" e superiore a quello di curva.

Indice

[modifica] Storia

Il fenomeno del tifo calcistico come forma d'aggregazione giovanile nasce in Gran Bretagna agli inizi degli anni '60, quando dei gruppi di tifosi di una certa squadra iniziano a riunirsi in gruppi identificabili da nomi e stemmi; in Inghilterra gli appartenenti a questi gruppi iniziano a venire chiamati hooligan. Il fenomeno sarà poi destinato a massificarsi e a divenire una vera e propria componente del football inglese, arrivando poi a diffondersi anche in altri paesi.

[modifica] Anni '60 e anni '70

Alla fine degli anni '60, sulle tribune degli stadi di calcio italiani, gruppi di giovani supporter danno vita a nuove strutture associative. Nel 1968 nasce il primo gruppo ultras, è la Fossa dei Leoni, fondato da tifosi milanisti che apriranno la strada ad un modello aggregativo che continuerà a svilupparsi per tutto il decennio successivo, dapprima intorno alle grandi squadre dell’epoca, per estendersi poi alle categorie inferiori. Questi assembramenti di giovani si distinguono dai supporter tradizionali per il modo attivo ed organizzato di incoraggiare la loro squadra del cuore.

Ogni gruppo ultras si caratterizza con un nome simbolico, uno striscione dietro cui radunarsi e si inventa una coreografia per sostenere la propria squadra: gli stadi si riempiono di bandiere, nascono gli inni, si lanciano coriandoli e fumogeni, e qualche volta si arriva alla rissa con la tifoseria avversaria. Lo sviluppo dei gruppi ultras negli anni '70 coincide con un periodo piuttosto tempestoso della società italiana, toccata a più riprese dalla violenza di gruppi estremisti, sia di destra che di sinistra. Le azioni dei tifosi si ispirano sia a quelle della guerriglia urbana, sia a quelle degli hooligan, le frange estremiste dei supporter della Gran Bretagna.

I gruppi ultras degli anni '70 erano fortemente influenzati dalla politica e dalle tensioni sociali dell'epoca. Tutto ciò era riscontrabile nei cori spesso presi in prestito dalle manifestazioni e dai cortei, nell'abbigliamento paramilitare, nella simbologia riproposta sugli striscioni e nei nomi dei gruppi.

[modifica] Anni '80 e anni '90

Negli anni '80, tutte le squadre professioniste hanno almeno un gruppo ultras e il modello ultras italiano si diffonde in Europa, soprattutto tra i paesi latini (Spagna, Portogallo, buona parte della Francia), Svizzera e tra le ex repubbliche della disciolta Jugoslavia (Slovenia, Croazia, Serbia). Per molti ragazzi far parte di questi gruppi rappresenta un punto di forza, un motivo d’orgoglio personale. L’importanza degli ultras cresce sia all’interno dello stadio, dove diventano i veri padroni delle curve, sia all’interno delle società di calcio, che sempre più spesso devono accontentarne le richieste.

Inoltre gli ultras, che dall'inizio del movimento contemplano la violenza e ne ricorrono fuori e dentro gli stadi, inaspriscono il modo sempre più cruento di fronteggiarsi (si diffonde l'uso dei razzi e dei coltelli) in risse frequentissime che col passare del tempo coinvolgono un numero in crescita di partecipanti. Le forze di polizia faticano ad arginare gli episodi di teppismo a causa anche delle mancanza di prevenzione.

Negli anni '90 aumenta la repressione da parte dello Stato, ma il problema della violenza nel calcio resta molto grave, soprattutto perché degenera in atti di ribellione contro le forze dell'ordine. Il 29 gennaio 1995, poco prima dell'incontro Genoa-Milan, un ultras genoano viene accoltellato a morte da un milanista diciottenne. Fu l'ultimo di una serie di persone decedute in seguito alla violenza degli stadi, sia per mano degli ultras che in seguito a decise cariche delle forze dell'ordine. Il grave episodio induce i rappresentanti della maggior parte dei principali gruppi ultras italiani a partecipare a un raduno che rappresenta un importante tentativo di auto-regolamentazione interna. Il documento conclusivo, intitolato "Basta lame, basta infami", condanna l'utilizzo di armi da taglio durante gli scontri e le aggressioni molti-contro-uno auspicando un ritorno ai vecchi codici di comportamento ultras dei gruppi storici.

[modifica] Il fenomeno oggi

A trent’anni dalla nascita, i gruppi di ultras rappresentano una componente importante del mondo del calcio. Dispongono di sedi, diffondono le loro comunicazioni attraverso Internet e sono dotati di siti web, producono e pubblicano libri, stampano riviste autoprodotte (fanzine) con mezzi semplici per la tifoseria e hanno da centina a migliaia di iscritti a seconda dell’importanza del club.

Il nuovo decennio sembra annunciare la fine del movimento o uno stravolgimento delle abitudini degli ultras, la cui credibilità, grazie ad interventi mirati delle autorità, ad una condanna costante da parte dei media e alle nuove politiche commerciali dei club (orientati a sostenere tifosi più tranquilli, disposti ad acquistare i prodotti del merchandising), è completamente minata dopo il periodo di auge degli anni ’80 e degli anni ’90. Ciò nonostante, in Italia, i movimenti ultras restano uno dei pochi fenomeni aggregativi dei giovani in cui la forza del gruppo prevale sulle individualità.

In risposta alla radicale trasfigurazione commerciale del mondo del calcio iniziata nei primi anni '90 (avvento delle pay-tv e conseguente stravolgimento degli abituali orari delle partite, promozioni e retrocessioni stabilite dai tribunali per importanza dei "bacini di utenza" anziché conquistate sul campo, forte aumento del costo dei biglietti, crescita della presenza di giocatori stranieri nelle squadre, inasprimento delle norme antiviolenza che vanno a colpire la vitalità stessa delle tifoserie, creazione di negozi e punti di ristoro presso gli stadi o nuovi impianti sportivi in prossimità di centri commerciali, abolizione della numerazione delle maglie da 1 a 16 ecc.) gran parte del movimento ultras italiano ha dato vita a una serie di iniziative di comune protesta al grido degli slogan "No al calcio moderno" e "Questo calcio ci fa SKYfo" (evidente il riferimento al provider televisivo Sky Italia), che hanno unito tifoserie divise da antiche rivalità campaniliste, sportive e politiche.

Negli ultimi anni si sono viste tifoserie ispirate al modello di tifo ultras in Irlanda, molto più sporadicamente in Scozia ed Inghilterra (talvolta qualche imitazione si è notata anche nei Paesi Bassi), nazioni dove prevale il riferimento alla sottocultura degli hooligan. Anche in Germania, dove è più vistosa l'influenza hooligan, si è diffusa l'abitudine del tifo coreografico durante il quale vengono allestite complicate coreografie. Con l'aumento dell'interesse verso il calcio in Canada, Stati Uniti e Australia sono sorti i primi gruppi di tifosi organizzatisi secondo criteri, almeno esteticamente ed in modo superficiale, copiati dagli ultras.

[modifica] Differenze con gli hooligan

Il fenomeno degli ultras dell'Europa meridionale dimostra vistose discordanze con quello degli hooligan britannici e olandesi. Pur essendoci stata un'iniziale ispirazione (ravvivatasi anche di recente) alla terrace culture d'oltremanica vista come punto di riferimento per i primi ultras italiani, le due realtà sono profondamente differenti. Infatuatisi dell'uso coreografico delle sciarpe (sciarpata), delle "bandiere a due aste", della viscerale unione fra tifosi di una stessa squadra, dei cori originali e assordanti come forma d'incitamento verso i giocatori, i tifosi italiani hanno assunto caratteristiche proprie che non sono riscontrabili nel Regno Unito.

Prima fra tutte è l'organizzazione dei gruppi ultras contrapposta allo spontaneismo dei nuclei di tifosi britannici. Le cosiddette crew (dette anche mob o firm, equivalenti del gruppo ultras) inglesi e scozzesi riconoscono leader e figure di riferimento, ma non hanno una struttura che contempli la ripartizione di compiti e incarichi di varia natura.

Un'altra caratteristica peculiare degli ultras è l'aspetto coreografico, fondamentale in questa sottocultura calcistica, che però è inesistente tra gli hooligan. Per realizzare imponenti scenografie in occasione della partita (così come per organizzare trasferte), un gruppo ultras mette in movimento l'intero gruppo: la macchina decisionale del direttivo, il cassiere, l'addetto stampa, fino agli attivisti e ai ragazzi più giovani impegnati nella realizzazione dello " spettacolo". Per reperire i fondi necessari ad allestire le coreografie i gruppi ultras fanno leva sull'autofinanziamento, sulle collette fra tifosi, sulla vendita di sciarpe e altro merchandising (berretti, felpe, cuffie, foulard, bandiere, spille, t-shirt, polo) ufficiale del gruppo. Diversi gruppi ultras hanno usufruito, nel corso degli anni, di finanziamenti e aiuti di vario tipo dalle società calcistiche. I gruppi ultras più radicali e legati alla propria indipendenza hanno sempre evitato certe forme di contatto con le società che, da un lato manifestano interesse verso il tifo e l'incitamento (cercando di garantirsi una presenza di tifosi anche in trasferta), dall'altro criticano aspramente un fattore importante del movimento ultras dal quale prendono le distanze: quello della violenza. Per i tifosi organizzati è semplicemente una delle tante componenti della loro realtà, mentre per le società calcistiche può significare il pagamento di ingenti sanzioni, per la cultura dominante invece rappresenta un comportamento deviante e socialmente pericoloso. Il finanziamento ai tifosi da parte di una società sportiva è comunque vietato da una legge antiviolenza recentemente entrata in vigore. Nel Regno Unito, non esistendo alcun tipo di organizzazione ufficiale del gruppo hooligan, mancano anche i contatti tra la tifoseria e la dirigenza della squadra.

L'importante elemento, del tutto assente in Gran Bretagna, legato alla gerarchia e alla suddivisione dei compiti è visibile anche allo stadio durante l'incitamento alla squadra. Se gli hooligan più frequentemente alzano cori spontanei da gruppetti dislocati in punti precisi dello stadio, nelle curve italiane esiste un "capo" che coordina i canti con un megafono o un vero e proprio impianto di amplificazione. Questa figura, che si colloca al centro del settore, è spesso coadiuvata da altre persone munite di megafono (situate in punti più periferici della curva) e da ragazzi che suonano i tamburi.

Pur essendo il calcio considerato uno sport tipicamente maschile, vi è una discreta presenza femminile in alcuni gruppi ultras e tantissime sono anche le giovani che prendono posto nelle curve partecipando al tifo. Il fenomeno degli hooligan è esclusivamente maschilista, contrariamente ai gruppi ultras italiani nei quali le donne rivestono anche ruoli importanti come quello di cassiere, di responsabile del merchandising o di custodi del materiale per il tifo. Esse però non hanno una partecipazione attiva negli episodi di violenza tra tifoserie rivali o contro la polizia, se non in isolati casi.

I gruppi ultras, anche quelli divisi da profonde rivalità, in varie occasioni hanno fatto fronte comune contro quelli che sono visti come i mali che minano il movimento: le pay per view, l'inasprimento della repressione da parte dello stato o i biglietti nominali. Si vedano, come esempio, le manifestazioni assolutamente pacifiche in cui hanno sfilato per le vie di importanti città i gruppi rappresentanti una larga parte delle tifoserie organizzate, o i raduni in cui è stata presa coscienza di una necessaria autoregolamentazione (come in varie occasioni a partire dalla morte di un tifoso genoano avvenuta nel 1995). Gli hooligan d'oltremanica invece sono soliti aggregarsi dimenticando gli odi del campionato solo in occasione delle partite delle squadre nazionali dell'Inghilterra e della Scozia. Soltanto recentemente in Italia la nazionale calcistica ha avuto un seguito di ultras che si rendono visibili, come i britannici, appendendo bandiere in cui è scritto non il nome del gruppo, ma quello della città di provenienza.

[modifica] Sottocultura ultras

Gli ultras sono considerati come sottocultura giovanile da una parte della sociologia. Con questo termine si identifica un gruppo di individui accomunati da un determinato stile di vita e dalle medesime pratiche e conoscenze.

Essi hanno un proprio sistema di valori e una propria ritualità, oltre ad un peculiare modo di vivere lo stadio che non è lo stesso del tifoso comune. In tal senso possono essere intesi il tifo protratto per 90 minuti, la costante presenza al seguito della squadra anche nelle trasferte più lontane, l'utilizzo della violenza contro le tifoserie rivali e l'accettazione di essa anche da parte degli individui meno belligeranti, i codici di comportamento, alcuni vocaboli gergali, la diffusione di certi capi d'abbigliamento.

[modifica] Rivalità e amicizie

Ogni tifoseria o gruppo ultras annovera un certo numero di sostenitori di altre squadre che vengono considerati come rivali. La rivalità, oltre all’astio e ai tafferugli che ne conseguono, possono avere diversa origine.

Il primo fattore è sicuramente campanilista, specialmente in paesi quali Italia e Spagna in cui vi è un forte orgoglio regionalistico o municipalistico. Oltre a tifoserie di squadre della stessa città, è molto comune lo scontro fra i tifosi di formazioni calcistiche provenienti da città, province o regioni confinanti (in Italia è presente anche la contrapposizione tra Nord e Sud del paese).

Vi sono anche storiche rivalità di natura sportiva, sorte come conseguenza ad ingiustizie sportive subite o dopo che due squadre hanno condiviso una sorte simile all’inseguimento dello stesso obiettivo.

Forti attriti si possono creare anche fra quelle tifoserie che sono ispirate da contrapposta ideologia politica.

Nonostante la violenza che può sfociare nel caso in cui si fronteggino tifoserie rivali, sono frequenti anche i casi in cui due curve non solo siano non belligeranti, ma i cui membri si mescolino per tifare e festeggiare insieme. Ciò è dovuto al rispetto o all’amicizia (quando è particolarmente sentita viene ufficializzata e siglata come "gemellaggio") che possono nascere nel caso in cui si abbia una comune visione di intendere il tifo e più genericamente il movimento ultras con le sue abitudini e regole.

Un ulteriore fattore che contribuisce a legare gruppi di diverse squadre può essere anche la condivisione del medesimo credo politico. Nonostante ciò, si sono osservate anche intere tifoserie di opposto ideologia portare avanti un solido rapporto d’amicizia per alcuni decenni.

Negli anni ’70 e negli anni ’80 era frequentissima anche la nascita di alleanze, spesso resistenti fino ai giorni nostri, sulla base di comuni rivalità.

[modifica] Politica

I primi gruppi ultras sono sorti tra la fine degli anni '60 e l'inizio del decennio successivo, quando i giovani partecipavano attivamente alla vita politica, spesso in forme apertamente contestatorie e molto violente. Da allora molte curve e gruppi ultras hanno assunto una precisa connotazione ideologica, quasi sempre votata all'estremismo (sia di sinistra che di destra). Diversi sono i gruppi e le intere curve che si dichiarano apolitiche. Se all'inizio del movimento erano le manifestazioni politiche ad avere avuto un forte impatto sulla creatività degli ultras, tanto che questi portavano allo stadio gli slogan dei cortei, ora avviene un fenomeno inverso. Grazie ad una certa esposizione mediatica e ad un notevole afflusso negli stadi, capita frequentemente che diversi cori scanditi nei cortei politici vengano intonati sulle note di celebri inni da stadio.

Vista la presenza di fazioni ultras dichiaratamente schierate politicamente, le curve sono talvolta state viste e strumentalizzate come bacino elettorale.

[modifica] Bibliografia

  • Daniele Segre, Ragazzi di stadio, Mazzotta, Milano, 1979
  • Franco Ferrarotti, All'ultimo stadio, Rusconi, Milano, 1983
  • Alessandro Dal Lago, Descrizione di una battaglia, Il Mulino, Bologna, 1990
  • Fabio Bruno, Vita da ultrà. Dentro le curve d'Europa, Conti, Bologna, 1992
  • Alessandro Dal Lago e Roberto Moscati, Regalateci un sogno, Bompiani, Milano, 1992
  • Nanni Balestrini, I Furiosi, Bompiani, Milano, 1994
  • Valerio Marchi (a cura di), Ultrà, Koinè, Roma, 1994
  • Maurizio Marinelli, Ultimo Stadio, Centro Studi Polizia, Bergamo, 1996
  • Daniele De Luca e Dario Colombo, Fanatics, Castelvecchi, Roma, 1996
  • Rocco De Biasi (a cura di), You'll never walk alone, Shake ed., Milano, 1998
  • Valerio Marchi, Il derby del bambino morto. Violenza e ordine pubblico nel calcio, Derive Approdi, 2005
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