Rivoluzione iraniana
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La Rivoluzione iraniana del 1979 trasformò la millenaria monarchia persiana in una Repubblica Islamica la cui costituzione si ispira alla legge coranica, la sharia.
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[modifica] Storia
[modifica] Le cause
Il regime repressivo dello scià Reza Pahlavi conobbe negli anni 1970 un ulteriore inasprimento. Nel tentativo di fare dell'Iran la potenza principale della regione medio-orientale, lo scià accentuò il carattere nazionalista e autocratico del suo regno, impegnando la maggior parte delle risorse economiche del Paese nella costruzione di un potente e modernissimo esercito e nell'autocelebrazione della monarchia.
L'Iran aveva infatti ottenuto dagli Stati Uniti l'assenso per l'acquisto di ogni tipologia di armamento, ad eccezione di quelli atomici, e i sontuosi festeggiamenti per i 2500 anni della monarchia persiana nel 1971 costarono alle casse dello Stato 250 milioni di dollari. Al crescente malcontento della popolazione, le cui condizioni di povertà si erano aggravate negli ultimi anni, il sovrano decise di rispondere con la forza. Negli anni 1970 la polizia segreta (SAVAK) compì arresti in massa, migliaia di cittadini vennero torturati e molti (si stima circa 7.000) vennero uccisi. Nel 1975 lo scià dichiarò illegali tutti i partiti politici, dissolvendo di fatto ogni forma di opposizione legale e favorendo la nascita di movimenti clandestini di resistenza.
[modifica] La rivoluzione
A guidare la guerriglia furono all'inizio i fedayyin-e khald (volontari del popolo) d'ispirazione marxista, che presto decisero di unirsi ai mujaheddin islamici per coinvolgere nella lotta sempre più ampi strati della popolazione ed allargare così le basi della protesta. Le forze di sinistra ritennero erroneamente di poter gestire e limitare il potere del clero in un paese ormai laico e moderno, dove l'applicazione della sharia sembrava un'ipotesi lontana dal potersi effettivamente realizzare, ma il clero sciita divenne in breve tempo l'unico riferimento della rivolta esautorando i gruppi di ispirazione politica.
Nel 1978 molte persone persero la vita in un cinema di Abadan a causa di un incendio di origine dolosa. La strage venne attribuita alla SAVAK e in tutto l'Iran scoppiarono sommosse e manifestazioni represse duramente dalla polizia, finché l'8 settembre in Piazza Jaleh a Tehran intervenne l'esercito che aprì il fuoco sulla folla di manifestanti compiendo un orrendo massacro. La rivolta divenne allora inarrestabile.
Khomeini dal suo esilio parigino incitava alla rivoluzione, attraverso messaggi registrati su audiocassette che venivano diffuse in tutto il Paese, mentre lo scià compiva l'ultimo disperato tentativo di salvare il suo trono mediante la nomina del democratico Shapur Bakhtiar a primo ministro, il quale accettò a condizione che il sovrano lasciasse temporaneamente il Paese. Reza Pahlavi partì quindi per l'Egitto il 16 gennaio 1979, ma la popolazione, seppure entusiasta per l'avvenimento, non cessò la lotta, considerando la partenza dello scià un'ulteriore prova della debolezza e dell'imminente crollo della monarchia.
Bakhtiar concesse la libertà di stampa, indisse libere elezioni e bloccò la fornitura di petrolio a Israele e Sudafrica, ma Khomeini non riconobbe il suo governo e annunciò il prossimo ritorno in patria, che avvenne il 31 gennaio 1979. Le manifestazioni a favore dell'ayatollah si moltiplicavano mentre sempre più numerose erano le diserzioni nell'esercito, che il 12 febbraio annunciò il proprio disimpegno dalla lotta. A Bakhtiar non restò che darsi alla fuga.
[modifica] La repubblica islamica
Khomeini, capo del consiglio rivoluzionario, assunse di fatto il potere, sebbene Mehdi Bazargan assumesse la carica di primo ministro provvisorio. Mentre gli uomini del vecchio regime venivano sommariamente processati e giustiziati a centinaia, il 30 marzo un referendum controllato sancì la nascita della Repubblica Islamica dell'Iran con il 98% dei voti; vennero banditi bevande alcoliche, gioco d'azzardo e prostituzione, iniziarono le persecuzioni contro gli omosessuali e chiunque assumesse comportamenti non conformi alla sharia.
La nuova costituzione prevedeva l'esistenza parallela di due ordini di poteri: quello politico tradizionale rappresentato dal Presidente della Repubblica e dal Parlamento, a cui furono riservati compiti puramente gestionali, e quello di ispirazione religiosa affidato a una Guida Suprema (faqih) coadiuvata da un Consiglio dei Saggi (velayat-e faqih), a cui fu demandato l'effettivo esercizio del potere e che riconosceva nell'Islam e non nelle istituzioni il vertice dello Stato. Venne istituito anche un corpo di guardiani della rivoluzione (pasdaran). Tra le prime decisioni del Consiglio ci fu l'avvio di massicce espropriazioni e nazionalizzazioni che cambiarono radicalmente la struttura economico-produttiva dell'Iran.
Intanto lo scià, che da tempo era malato di cancro, fu accolto negli USA per curarsi, ma il nuovo potere iraniano, temendo che ciò potesse preludere a un accordo per un intervento americano allo scopo di rimettere sul trono Reza Pahlavi, chiese l'estradizione del vecchio sovrano. Gli USA ovviamente rifiutarono, e ciò innescò manifestazioni di protesta antiamericane da parte degli "studenti islamici". Quattro di essi, ignorando le prerogative diplomatiche, penetrarono nell'ambasciata americana a Tehran e presero in ostaggio circa 50 diplomatici e funzionari. Il 25 aprile 1980 il presidente americano Carter ordinò un'azzardata operazione di salvataggio, che però si concluse disastrosamente con la morte di otto militari statunitensi. La vicenda si concluse nel gennaio 1981 con la liberazione degli ostaggi in cambio di 10 miliardi di dollari e della fornitura di armi da parte della nuova amministrazione Reagan al regime iraniano impegnato nella guerra contro l'Iraq, anch'esso finanziato e armato dagli USA.
[modifica] Collegamenti esterni
- L'epopea della Rivoluzione islamica
- La Rivoluzione islamica
- Trasmissione della RAI su Khomeini
- GNOSIS - Rivista italiana di Intelligence sull'Iran contemporaneo