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Montedinove

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Wikipedia:WikiProject/Progetto geografia/Antropica/Comuni Montedinove
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Immagine:Montedinove-Stemma.png
Stato: Italia
Regione: Marche
Provincia: Ascoli Piceno
Coordinate:
Latitudine: 42° 58′ 21′′ N
Longitudine: 13° 35′ 22′′ E
Mappa
Altitudine: 561 m s.l.m.
Superficie: 11,89 km²
Abitanti:
560 2005
Densità: 47,10 ab./km²
Frazioni: Croce Rossa, Contrada lago, San Tommaso, Trippanera 
Comuni contigui: Castignano, Montalto delle Marche, Montelparo, Rotella
CAP: 63030
Pref. tel: 0736
Codice ISTAT: 044034
Codice catasto: F487 
Nome abitanti: montedinovesi 
Santo patrono: San Lorenzo 
Giorno festivo: 10 agosto 
Comune
Posizione del comune nell'Italia
Sito istituzionale

Montedinove è un comune di 560 abitanti della provincia di Ascoli Piceno.

Indice

[modifica] Geografia

Il paese sorge su un colle tra la valle dell'Aso e del fiume Tesino. Sorge sulla cima più elevata, 560 metri s.l.m., che dai piedi del Monte dell'Ascensione giunge senza soluzione di continuità all'Adriatico.

Il panorama spazia dalla linea della costa adriatica al Monte Conero, dai Monti Sibillini al Gran Sasso d'Italia.

Dista dall'autostrada 34 Km. Dista dalla Strada Statale 433 Km. 6 Dista da Ascoli Piceno 30 Km.

[modifica] Storia

Il territorio cittadino, abitato in epoca picena, fu donato nel 1039 da Longino all'abbazia di Farfa, e furono proprio i Farfensi a costruire le fortificazioni a difesa del paese. Nel Duecento il paese si elevò a libero Comune, mentre nel 1586, sotto papa Sisto V, entrò nel Presidiato di Montalto. Scavi archeologici anche recenti hanno portato alla luce nei suoi dintorni tombe picene con corredi funerari; una parte degli oggetti è stata raccolta dall'Archeoclub e depositata in municipio. Secondo alcuni studiosi potrebbe trattarsi del sito della misteriosa Novana, città romana che Plinio il Vecchio colloca nel Piceno interno e di cui non è stata ancora trovata l'ubicazione. Una seconda ipotesi colloca questa città nella zona di Carassai o non lontano dal santuario di Monterinaldo. Il territorio di Montedinove fa parte della donazione che il feudatario Longino di Azzone fece nel 1039 all'abate di Farfa, e furono proprio i Farfensi a costruire nel XlI sec, le fortificazioni che oggi danno al paese una conformazione quasi circolare. La cinta muraria aveva due porte: la Porta dei Monti, non conservata, e la Porta Marina costituita ormai dal solo arco di passaggio. Intorno al 1240 il castello assediato tenne testa per ben due anni all'esercito del re Enzo, figlio di Federico II, guidato da Rainaldo d'Acquaviva, e per questo sembrò giusto ribattezzarla come Porta della Vittoria. L'istituzione del comune risale al XIII sec. L'illuminato dominio farfense esercitò un ruolo positivo nell'economia cittadina, incoraggiandone le attività. Fiorirono così le Corporazioni di Arti e Mestieri; quella dei sarti ha lasciato una sua traccia nell'archivolto in cotto di un portale trecentesco con lo stemma della propria Congregazione. Dopo la soppressione del Presidato Farfense entrò a far parte di quello di Montalto, costituito da Sisto V nel 1586.

[modifica] Evoluzione demografica

Abitanti censiti


[modifica] Chiese e Monumenti

Il 1° dicembre 1617, il consiglio comunale di Montedinove dava l'assenso, come volevano le leggi ecclesiastiche, per l'erezione di un convento di Frati Minori "strictioris observantiae" o Riformati, su un poggiolo sottostante il paese, dov'erano una cappella dedicata al santo martire Tommaso Becket arcivescovo di Canterbury e primate d'Inghilterra (+ 1170) e un'abitazione, proprietà dell'ex-monastero di S. Maria in cellis, dipendenza già dell'abbazia di Farfa. L'offerta fu discussa e approvata nel maggio 1618 a San Severino, dove i Rifornati, allora sottoposti alla provincia Osservante, tenevano un loro capitolo custodiale. Padre Carlo da Montedinove OFM Rif., al servizio allora del cardinal Alessandro Peretti (1585-1623) pronipote di Sisto V che aveva in commenda il monastero, convinse l'abate alla cessione dello ius sulla chiesa e sul suo ristretto fondo. Paolo V (1605-21) confermò con bolla del 1° novembre 1619, inviando la prima pietra da lui benedetta, come ricorda ancora la lapide, sulla facciata.

Deputati del Comune - che i frati riformati non potevano acquistare per via della Regola francescana - avevano intanto comprato dal 13-3-1618 due quarte di terra dagli eredi di Domenico Vagnozzi, che pativano di un canone annuo di 10 quattrini con S. Maria in cellis. E si poté iniziare la fabbrica, ponendo la prima pietra, il 26-5-1620.

I frati vi presero stabile dimora nel 1629, anche se il convento poté dirsi terminato solo nel 1643, mentre sul luogo dell'antica chiesina distrutta sorgeva la nuova, abbastanza capace, dedicata all'Immacolata, S. Tommaso e a S. Francesco. Fu consacrata il 3-6-1646, come canta una lapide, ora collocata in sacrestia. Curiosità storica: nel 1632, Urbano VIII ridusse tutti i monaci farfensi della zona a canonici di Collegiate.

Soppressi tutti gli Ordini religiosi da Napoleone Bonaparte (1810), chiesa e convento e orti furono posti all'incanto e acquistati da un certo Eustorgio Celi. Ma nel giugno del '14 cade il Regno Italico, papa Pio VII rientra a Roma nel '15, il Celi finisce in carcere, forse per i moti carbonari della Marca del 1817. In cambio della grazia, offrì di restituire gratis chiesa e convento; il che avvenne il 14-3-1821. Tornarono gli Osservanti Riformati e ne fecero "Studio di morale".

Nuova soppressione nel 1866, dopo l'avvento dei Piemontesi e l'unificazione delle Marche allo Stato Sabaudo. Ma un sacerdote e un fratello religioso poterono restare in alcune stanze fin oltre al 1894. La proprietà era passata per altro dal Demanio al Comune, e nel 1898 dal Comune al vescovo di Montalto mons. Luigi Bonetti (+ 1911), che nel 1909 invitò i Frati Minori Conventuali del vicino convento di Montalto a prenderne cura e possesso.

La chiesa è santuario noto nelle province di Ascoli e Teramo per la venerazione a S. Tommaso Becket, invocato contro i mali delle ossa. L'annesso convento fu sede di noviziato dal 1936 al 1943, poi di un seminario minore dall'ottobre del '44 al giugno del '71 ed è presentemente utilizzato per iniziative turistiche e pastorali.

Dal 1976, sono state affidate ai religiosi da S.E. Mons. Vincenzo Radicioni ambedue le parrocchie del paesino (700 abitanti): la vetusta S. Maria in cellis e S. Lorenzo martire.

[modifica] Cenni Storici

Si vuole il suo nome e la sua origine legati alla scomparsa della città di Novana, menzionata da Plinio il Vecchio, nella sua nota "Naturalis Historia" libro III cap. XIII, come città dell'interno posta tra Asculum e Cluana.

La disputa tra gli storici sull'ubicazione di questa città, risalente ormai ad alcuni secoli fa, verte a favore del territorio di Montedinove anche alla luce dei recenti indizi archeologici. Il ritrovamento inoltre di un miliario, a valle Fiorana, testimonia l'esistenza della via diretta ad Asculum- Novana- Firmum, che valica il monte dell'Ascensione verso est e che verosimilmente toccava i territori di Rotella e Montedinove. Significativo è il fatto che la piazza principale del paese porti il nome di "Novana", l'antica città scomparsa.

La sua prima edificazione fu la conseguenza dell'invasione longobarda avvenuta nel 578 ad opera dei profughi ascolani.

Nel 1099 l'abate di Farfa Berardo III munì, ex novo, Montedinove di un sistema difensivo, fornendolo di una cinta muraria, di due porte, Porta de'Monti e Porta Marina, e ponendolo a vedetta del Presidato Farfense nel Piceno.

Stretto d'assedio nel 1239 dalle truppe del Re Enzo, figlio di Federico II di Svevia, Montedinove, sotto il comando del Ghibellino Rinaldo d'Acquaviva, resistette per circa due anni; a ricordo di questo fatto d'armi 'Porta Marina" venne denominata "Porta della Vittoria".

Da un documento del 1279 si apprende che la terra di Montedinove godeva di una propria autonomia comunale con podestà a nomina ecclesiastica.

Alla fine del XIII secolo si rafforza, per lo spirituale, il potere diocesano dell'Abbazia; per quello temporale, invece, il territorio è soggetto alla giudicatura del Presidato Farfense che andava dalla valle del Musone a quella del Tronto.

La struttura urbana, le strette viuzze del centro e la cinta muraria sono testimonianza dell'interessante sviluppo che ebbe nei secoli XIV e XV.

Nel 1586 Sisto V trasforma i territori di Montedinove in uno stato moderno; la giudicatura diventa autonomia locale sotto il nome di "Presidato di Montalto" staccandolo dal potere del legato Pontificio e assoggettandolo direttamente alla Camera Apostolica.

Tutto ciò fino al regno italico di Napoleone.

Nel 1617 il Comune approvò la costruzione di un convento per i Frati Minori osservanti Riformati e il 10 novembre 1619 Papa Paolo V ne autorizzava la costruzione e benediceva la prima pietra per l'erezione del Santuario e Convento di San Tommaso di Canterbury. Questo santuario venne edificato lungo la via Cuprense, nel luogo in cui esisteva una cappellina, sempre dedicata a S. Tommaso, costruita dai Farfensi di S. Maria de Cellis un secolo prima.

Nei secoli successivi Montedinove seguì il corso storico dello Stato della Chiesa fino all'Unità d'Italia nel 1861.

[modifica] Luoghi di interesse

[modifica] Il palazzo comunale

Più volte rimaneggiato, presenta ancora l'eleganza del suo primitivo impianto. E' di originale architettura composita, con porticato a triplice arco, due a tutto sesto ed uno a sesto acuto, sovrastato da un originale campanile a vela.

[modifica] Chiesa di San Lorenzo

Questa è definita da molti la più bella del paese, malgrado la facciata esterna non è stata mai portata a compimento. Essa si innalza sul sito di una precedente Chiesa di cui non si conoscono le origini, ma che a sua volta sembra sia stata fondata sulla base di un'altra preesistente, poiché lungo le mura esterne dell'odierno edificio, per un tratto di 10 metri di lunghezza, si possono ancora scorgere le tracce di una primitiva costruzione in pietra, eretta probabilmente in un periodo contemporaneo alla nascita e allo sviluppo della rocca medievale da cui si è poi formato l'abitato di Montedinove. Il progetto della Chiesa e la direzione dei lavori vennero affidati all'architetto ticinese Pietro Maggi che seppe realizzare un vero capolavoro, dato dall'eleganza delle decorazioni per le quali egli si avvalse di maestranze appositamente chiamate dalla Svizzera. Il colonnato con scanalature a vista, ornato da finissimi capitelli in stucco bianco, la cui perfezione scultorea non ha pari nella zona, si deve ad esempio al ticinese Domenico Fontana.

[modifica] Chiesa di Santa Maria De' Cellis

Venne costruita sull'antica Chiesa del crocifisso. E' importante testimonianza della presenza dei Templari nelle zone del piceno, soprattutto per il particolarissimo portale. Ciò che subito colpisce osservandolo è la composizione in tre materiali diversi che fanno pensare ad una ricostruzione con elementi estrapolati da altre realtà preesistenti. In quasi tutte le pietre che compongono il portale sono scolpiti dei simboli legati all'ordine cavalleresco dei Templari. Nel suo interno si sono conservati un affresco del Paganini, riproducente la Madonna della Misericordia e, dietro l'altare, uno splendido crocefisso del 1300.

[modifica] Resti delle fortificazioni

Sono ancora evidenti, come " la Porta della Vittoria", una delle due entrate al paese, già denominata "Porta Marina", del secolo XII e i ruderi della torre medievale anch'essa risalente al secolo XII.

[modifica] Centro storico

Passeggiando nel centro storico si rimane affascinati dalla bellezza dell'architettura e dalla ricchezza di particolari di indubbio interesse, come i lavatoi comunali, le "fontanelle dell'acquedotto del Polesio", lo stemma della congregazione dei "sutores" (sarti) del secolo XIV e la caratteristica ed elegante loggetta del sec. XV.

[modifica] Convento di San Tommaso di Canterbury

La facciata della Chiesa presenta un porticato a cinque archi. Essa risale a metà del XVIII secolo e l'interno è a una navata con un interessante soffitto a cassettoni. Nel convento è annesso anche un chiosco interamente recintato da ampie vetrate.

[modifica] Tradizioni

Anche per le tradizioni, come per la storia di Montedinove, occorre fare un gran balzo a ritroso nel tempo. Ad esempio l'uso dei falò, che vengono accesi nella piazza del centro storico (ma anche nelle campagne in particolari giorni dell'anno) il giorno della festa della Madonna di Loreto e dei Santi Lucia e Antonio, trae origine dall'antica civiltà dei Fenici che li accendevano in onore del dio del fuoco. Quando i farfensi e le prime comunità cristiane si insediarono in queste terre dovettero sostituire le feste pagane con rituali cristiani; non riuscendo a cancellarne del tutto le tracce, si videro costretti a cristianizzarle, permettendo lo svolgimento di questi riti rivolti però ai Santi Martiri della Chiesa.

Tra le cerimonie sopravvissute in questo piccolo centro, troviamo la festa del "Piantar Maggio", che si svolge nella piazza il primo di maggio. Anche le origini di quest'ultima tradizione si perdono nella notte dei tempi ed anche questa ha origini pagane. La festa è caratterizzata dal rituale di piantare un albero al centro della piazza, come auspicio che il prossimo raccolto possa essere buono e ricco. Per gli antichi popoli pagani l'albero in questa cerimonia era considerato un simbolo fallico che andava a fecondare, nel momento della piantagione, la madre Terra.

Montedinove non ha solo tradizioni di origini remota e pagana, ma anche tradizioni squisitamente cristiane che hanno reso popolare questo piccolo paese, come la fonderia di campane di Francesco Pasqualini, vissuto nel secolo XVIII. Alunno esterno del seminario di Fermo, giovanissimo, volle assistere alla fusione delle campane del duomo fermano, apprendendo l'arte del campanaro. Il Pasqualini, ordinato successivamente sacerdote, non volle abbandonare mai quest'arte, che anzi trasmise ai nipoti, e l'attività familiare, di generazione in generazione, proseguì fino agli anni cinquanta del nostro secolo.

[modifica] Amministrazione comunale

Sindaco: Pietro Mazzoni dal 13/06/2004
Centralino del comune: 0736 829410
Email del comune: info@comune.montedinove.ap.it

[modifica] Collegamenti esterni


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