Papa Sisto V
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Sisto V Papa della Chiesa cattolica |
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Al secolo: | Felice Peretti |
Nato | Grottammare, 13 dicembre 1521 |
Elezione al pontificato |
24 aprile 1585 |
Consacrazione: | 1 maggio 1585 |
Fine del pontificato: |
27 agosto 1590 |
Predecessore: | papa Gregorio XIII |
Successore: | papa Urbano VII |
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Progetti Cattolicesimo e Storia · uso tabella |
Sisto V, nato Felice Peretti (Grottammare, 13 dicembre 1521 - Roma, 27 agosto 1590), fu Papa dal 1585 alla sua morte.
Nato a Grottammare, nelle Marche, venne allevato in povertà. Suo padre era un giardiniere ed era stato in gioventù un porcaro. Felice, in giovane età entrò in un convento francescano a Montalto delle Marche. Diede presto prova di una rara abilità come predicatore e nella dialettica. Attorno al 1552 venne notato dal Cardinal Rodolfo Pio da Carpi (1500-1564), protettore del suo ordine, da Ghislieri (in seguito Papa Pio V) e da Carafa (futuro Papa Paolo IV), e dal quel momento la sua carriera fu assicurata. Venne inviato a Venezia come inquisitore generale, ma fu così severo e si trovò invischiato in tali discussioni che il governo della città ne chiese il richiamo nel 1560. Dopo un breve periodo come procuratore del suo ordine, venne aggregato alla legazione spagnola guidata da Buoncampagno (futuro Papa Gregorio XIII) nel 1565, che venne inviata ad investigare un'accusa di eresia avanzata nei confronti dell'arcivescovo Carranza di Toledo. La violenta antipatia che sviluppò per Buoncampagno, esercitò una marcata influenza sulle sue azioni successive. Si affrettò a rientrare a Roma all'ascesa di Pio V, che lo nominò vicario apostolico del suo ordine, e successivamente (1570) cardinale. Durante il pontificato di Gregorio XIII, il Cardinal Montalto, come veniva generalmente chiamato, visse in ritiro, occupandosi delle cure alla villa eretta da Domenico Fontana sull'Esquilino, che sovrastava le Terme di Diocleziano. La prima parte (1576-80) venne ampliata, dopo che divenne Papa e poté abbattere degli edifici per aprire quattro nuove strade nel 1585-86, suscitando le ire dei romani espropriati. La villa conteneva due residenze, il Palazzo Sistino o "di Termini" (delle Terme) e il casino, chiamato Palazzetto Montalto e Felice. La decisione di costruire la pontificia stazione ferroviaria centrale (nel 1869), sull'area in cui sorgeva la villa, segnò l'inizio della sua distruzione.
L'altra preoccupazione del Cardinal Montalto era per i suoi studi, uno dei cui frutti fu un edizione delle opere di Sant'Ambrogio; senza dimenticare, comunque, di seguire lo svolgimento dei propri affari, ma evitando attentamente ogni possibilità di recare offesa. Questa discrezione contribuì non poco alla sua elezione al papato, il 24 aprile 1585; ma la storia secondo cui finse di essere decrepito al conclave, allo scopo di ottenere dei voti, è una pura invenzione. Una dei fattori che raccomandarono la sua candidatura fu il suo vigore fisico, che sembrava promettere un lungo pontificato.
Le condizioni terribili in cui Gregorio XIII aveva lasciato gli stati ecclesiastici, richiedevano misure pronte e decise. Contro la prevalente assenza di legge, Sisto procedette con una severità quasi feroce, che solo le necessità estreme potevano giustificare. Migliaia di briganti vennero portati davanti alla giustizia: nel giro di un breve periodo la nazione era di nuovo tranquilla e sicura. Il passo successivo di Sisto fu quello di aggiustare le finanze. Con la vendita di uffici, la fondazione di nuovi "Monti", e l'imposizione di nuove tasse, egli accumulò un ampio surplus, che venne accantonato per essere usato in caso di certe determinate emergenze, come una crociata o la difesa della Santa Sede. Sisto era orgoglioso di quanto messo da parte, ma il sistema con cui erano stati ottenuti questi accantonamenti non era "sano": alcune delle tasse si dimostrarono rovinose, e la sottrazione di così tanto denaro dalla circolazione fini col causare tensioni. Somme immense, comunque, vennero spese in opere pubbliche. Sisto non pose limiti ai suoi piani; e cio che ottenne nel suo breve pontificato ha dell'incredibile; il completamento della cupola di San Pietro; la loggia di Sisto a San Giovanni in Laterano; la cappella del Presepe a Santa Maria Maggiore; le aggiunte e le riparazioni al Palazzo del Quirinale, al Laterano e al Vaticano; l'erezione di quattro obelischi, compreso quello in Piazza San Pietro; l'apertura di sei strade; il restauro dell'acquedotto di Settimio Severo ("Acqua Felice"); oltre a numerose vie e ponti, un tentativo si prosciugare le paludi pontine, e l'incentivazione dell'agricoltura e della manifattura. Inoltre integrò Borgo (sino a quel tempo autonomo) come quattordicesimo rione nella città di Roma.
Ma Sisto non apprezzava le opere dell'antichità: le colonne di Traiano e Marco Aurelio vennero usate come piedistalli per le statue di San Pietro e San Paolo; la Minerva del Campidoglio venne convertita in "Roma Cristiana"; il Septizonio di Severo venne demolito per i suoi materiali da costruzione.
Il successivo sistema amministrativo della Chiesa dovette molto a Sisto. Con la costituzione Immensa aeterni Dei del 22 gennaio 1588 limitò il Collegio dei Cardinali a settanta; raddoppiò il numero delle Congregazioni, allargandone le funzioni e assegnando loro il ruolo principale nelle transazioni economiche. Considerava i Gesuiti con sfavore e sospetto; meditò cambiamenti radicali nella loro costituzione, ma la morte impedì l'esecuzione delle sue intenzioni. Nel 1589 iniziò una revisione della Vulgata, la cosiddetta Editio Sixtina.
Nelle sue ampie relazioni politiche, comunque, Sisto si mostrò visionario e vacillante. Nutriva ambizioni fantastiche, come l'annientamento dei turchi, la conquista dell'Egitto, il trasporto del Santo Sepolcro in Italia, e l'ascensione di suo nipote al trono di Francia. La situazione in cui si venne a trovare fu imbarazzante: non poteva approvare i progetti dei principi eretici, eppure non diede fiducia a Filippo II di Spagna, e vide con apprensione qualsiasi ampliamento del suo potere. Così, mentre scomunicò Enrico di Navarra, e contribuì alla Lega Cattolica e all'Armada spagnola, si scottò con l'alleanza forzata con Filippo, cercando una via d'uscita. Le vittorie di Enrico e la prospettiva di una sua conversione al Cattolicesimo suscitarono le sepranze di Sisto, e nella stessa misura determinarono Filippo a stringere la presa sul suo ondeggiante alleato. I negoziati del Papa con i rappresentanti di Enrico evocarono un'amara e minacciosa protesta ed una richiesta categorica per il mantenimento delle promesse fatte. Sisto cercò scampo nella fuga e temporeggiò fin quando la morte lo sollevò dalla necessità di prendere una decisione (27 agosto 1590).
Sisto morì tra le esacrazioni dei suoi sudditi; ma i posteri lo riconoscono come uno dei più grandi Papi. Era impulsivo, ostinato, severo e autocratico, ma la sua mente era aperta e di larghe vedute, e si dedico alle sue imprese con una energia e una determinazione che lo portarono spesso al successo. Poche persone possono vantare imprese o conseguimenti più grandi.
Va menzionata una leggenda secondo la quale Sisto V venne a sapere che c'era un crocefisso che sanguinava, lui allora, recatosi sul posto, prese una scura e spaccò il crocefisso, dicendo "come Cristo ti adoro, come legno ti spacco". Si sarebbero trovate dentro spugne intrise di sangue. Questa leggenda ispirò al Belli dei versetti:
Un'altra curiosità che lega Sisto V alla "vulgata" romana: con la sua riforma delle tasse, non fidandosi dei dipendenti del vaticano, il Papa reclutò suoi fidati compaesani marchigiani per andare a bussare alle porte dei romani. Nacque ben presto il detto, ancora nella memoria dei romani, ma che oggi perde totalmente di significato:
«mejo n'morto dentro casa
cchè n'marchiciano fori daa porta.» |
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