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Dino Campana - Wikipedia

Dino Campana

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Dino Campana
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Dino Campana

Dino Campana (Marradi (FI), 20 agosto 1885 - Scandicci (FI), 1 marzo 1932) è stato un famoso poeta italiano. È noto, oltre che per la composizione di scritti letterari e poetici conosciuta sotto il nome di Canti Orfici, anche per la sua tempestosa relazione sentimentale con la scrittrice Sibilla Aleramo (liaison messa a nudo nell'epistolario intercorso tra il poeta e la poetessa). Il suo nome è stato spesso accostato a quello della corrente dei poeti maledetti. La sua esistenza tormentata ed errabonda fu costellata da difficoltà ed egli conobbe le più tristi esperienze.

Indice

[modifica] Biografia

Dino Campana, era figlio di Giovanni, insegnante di scuola elementare, uomo per bene ma di carattere debole e nevrotico, e di Fanny Luti, donna compulsiva e severa, affetta da mania deambulatoria, attaccata in modo morboso al figlio Manlio, fratello minore di Dino, natole nel 1888.

Trascorre l'infanzia in modo apparentemente sereno a Marradi ma, a circa dodici anni di età, gli vengono diagnosticati i primi disturbi nervosi che non gli impediranno comunque di frequentare i vari cicli di scuola.

Egli compie la quarta e quinta ginnasio presso il collegio dei Salesiani di Faenza, poi gli studi liceali in parte presso il Liceo Torricelli di Faenza, in parte a Carmagnola in Piemonte presso un altro collegio, ma quando rientra a Marradi, le crisi nervose si acutizzano come pure i frequenti sbalzi di umore, sintomi dei difficili rapporti con la famiglia (soprattutto con la madre) e il paese.

Il futuro poeta a Carmagnola ottiene, se pur con difficoltà, la licenza liceale. Nel 1904 si iscrive presso l'Università di Bologna, alla Facoltà di chimica pura, per passare - l'anno seguente - alla Facoltà di chimica farmaceutica a Firenze, ma non riesce a portare a termine la sua carriera scolastica e ha difficoltà a trovare un ordine interiore e una sua vera identificazione. Il suo unico punto di riferimento è la poesia e alla poesia dedicherà e sacrificherà - tra esaltazione e disperata follia - i suoi giorni.

[modifica] La "fuga"

Egli espresse la sua "diversità" con un irrefrenabile bisogno di fuggire e dedicarsi ad una vita errabonda. La prima reazione della famiglia e del paese, e poi dell'autorità pubblica, fu quella di considerare le stranezze di Campana come segni lampanti della sua pazzia. Ad ogni sua "fuga", che si realizzava con viaggi in paesi stranieri dove faceva i mestieri più disparati per sostenersi, seguiva, da parte della polizia (in conformità con il sistema psichiatrico di quei tempi e per le incertezze dei familiari), il ricovero in manicomio.

Tra il maggio e il luglio del 1906, Campana compie una prima fuga in Svizzera e in Francia che si conclude con l'arresto a Bardonecchia e il ricovero ad Imola.

Nel 1907, i genitori di Campana non sanno più che fare di fronte alla follia del figlio e lo mandano in America Latina presso una famiglia di compaesani emigrati (forse dei parenti). Non si tratta di una "fuga" del poeta, che non avrebbe potuto ottenere da solo un passaporto per il Nuovo Mondo in quanto era già ritenuto ufficialmente "pazzo". È la sua famiglia a procurargli il passaporto e ad organizzargli il viaggio, e Dino parte per la paura di dover tornare in manicomio. I coniugi Campana sostengono di averlo mandato in America con la speranza che questo viaggio lo potesse guarire, ma sembra che il passaporto fosse valido solo per l'andata, per cui si trattò probabilmente (anche) di un tentativo di sbarazzarsi di lui, poiché la convivenza con Campana era ormai divenuta insopportabile per tutti. Il viaggio in America rappresenta un punto particolarmente oscuro della biografia di Campana: se alcuni arrivano a chiamarlo "il poeta dei due mondi", c'è anche chi invece sostiene che, in America, Campana non ci andò neppure. Numerose sono anche le opinioni sulla datazione del viaggio e sulle modalità ed il tragitto del ritorno. L'ipotesi più accreditata è che sia partito nell'autunno 1907 da Genova ed abbia vagabondato per l'Argentina fino alla primavera del 1909, quando ricompare a Marradi, dove viene arrestato. Dopo un breve internamento al San Salvi di Firenze, parte per un viaggio in Belgio, ma viene di nuovo arrestato a Bruxelles e viene poi internato nella "maison de santé" di Tournai all'inizio del 1910. Chiede aiuto alla sua famiglia e viene rimandato a Marradi.

Per approfondire, vedi la voce Canti Orfici.

[modifica] Canti Orfici

Tra il 1912 e il 1913 Campana compone i versi che diventeranno poi (dopo alterne vicende e diverse riscritture) la sua opera più significativa: i "Canti Orfici", una raccolta che contiene un poema in due parti (La notte), sette poesie intitolate I notturni, una prosa diaristica su di un viaggio alla Verna e altre dieci fra poesie e prose liriche. Segue una sezione di Varie che comprendono due frammenti, sette prose liriche e (in sette parti) il poemetto Genova.

Nel 1913 si reca a Firenze presentandosi nella redazione della rivista "Lacerba" a Giovanni Papini e ad Ardengo Soffici, cui consegna il suo manoscritto dal titolo "Il giorno più lungo". Non viene preso in considerazione e il manoscritto va perduto (sarà ritrovato solamente nel 1971 tra le carte di Soffici).

Riscrive i suoi testi, con modifiche e aggiunte, che pubblica nel 1914, a proprie spese, con il titolo, appunto, di "Canti Orfici". Il 1915 lo trascorre viaggiando senza una meta fissa: Torino, Domodossola, ancora Firenze.

Nel 1916 ricerca inutilmente un impiego. Scrive a Emilio Cecchi (che sarà, insieme a Giovanni Boine - che comprese subito l'importanza di Campana recensendo i Canti Orfici nel 1951 - e a Giuseppe De Robertis, uno dei suoi pochi estimatori) ed inizia con lo scrittore una breve corrispondenza. Nello stesso anno conosce Sibilla Aleramo, l'autrice del romanzo Una donna ed inizia con lei una intensa e tumultuosa relazione, che si interromperà all'inizio del 1917 dopo un breve incontro nel Natale 1916 a Marradi.

Abbiamo testimonianza della relazione avvenuta tra Dino e Sibilla, da un tragico carteggio pubblicato da Feltrinelli nel 2000: Un viaggio chiamato amore - Lettere 1916-1918.

Il carteggio ha inizio con una lettera della Aleramo datata 10 giugno 1916, nel quale l'autrice esprime la sua ammirazione per i "Canti Orfici", dichiarando di esserne stata incantata e abbagliata insieme. Sibilla era allora in vacanza nella Villa La Topaia a Borgo San Lorenzo, mentre Campana era in una stazione climatica presso Firenzuola per rimettersi in salute dopo essere stato colpito da una leggera paresi al lato destro del corpo.

Nel 1918 viene internato presso l'ospedale psichiatrico di Castel Pulci, presso Scandicci (Firenze), dove vi rimarrà fino alla morte, avvenuta per una forma di setticemia dovuta ad una malattia mai ben chiarita, nel tardo inverno del 1932.

[modifica] La poetica

La poesia di Campana è una poesia nuova nella quale si amalgano i suoni, i colori e la musica in potenti bagliori. Il verso è indefinito, l'articolazione espressiva in un certo senso monotona ma nel contempo ricca di immagini molto forti di annientamento e purezza. Il titolo allude agli inni orfici, genere letterario attestato in Grecia tra il II e il III secolo d.C. e caratterizzato da una diversa teogonia rispetto a quella classica. Inoltre le preghiere agli dei (in particolare al dio Protogono) sono caratterizzate dagli scongiuri dal male e dalle sciagure.

[modifica] I temi fondamentali

Uno dei temi maggiori di Campana, che si trova già all'inizio dei "Canti Orfici" nelle prime parti in prosa - La notte e Il viaggio e il ritorno - è quello dell'oscurità tra il sogno e la veglia. Gli aggettivi e gli avverbi ritornano con una ripetitiva insistenza come di chi detta durante un sogno, sogno però interrotto da forti trasalimenti ( si veda la poesia "l'invetriata", mirabile spleen baudelairiano).

Nella seconda parte - nel notturno di "Genova", ritornano tutti i miti fondamentali che saranno del Campana successivo: le città portuali, la matrona barbarica, le enormi prostitute, le pianure ventose, la schiava adolescente.

Già nella prosa si nota l'uso dell'iterazione, l'uso drammatico dei superlativi, l'effetto d'eco nelle preposizioni, il ricorrere alle parole chiave che creano una forte scenografia.

[modifica] L'interpretazione della poesia

Nel quindicennio che va dalla sua morte alla fine della seconda guerra mondiale (1932-1945) ed anche in seguito, nel periodo dell'espressionismo e del futurismo, l'interpretazione della poesia di Campana si focalizza sullo spessore della parola apparentemente incontrollata, nascosta in una zona psichica di allucinazione e di rovina.

Nei suoi versi, dove vi sono elementi deboli di controllo e di approssimativa scrittura, si avverte - a parere di molti critici - il vitalismo delle avanguardie del primo decennio del XX secolo; dai suoi versi, per la verità, hanno attinto poeti molto differenti tra di loro, come Mario Luzi, Pier Paolo Pasolini, Andrea Zanzotto.

[modifica] Campana e Rimbaud

Il destino di Campana è stato avvicinato a quello di Rimbaud. Ma, in verità, tra Campana e il poeta maledetto il punto di contatto (il bisogno di fuggire, l'idea del viaggio, l'abbandono di un mondo civile estraneo) è affrontato in modo molto diverso. Dove Rimbaud abbandona la letteratura per fuggire in Africa e prestarsi a mestieri poco onesti come il commerciante d'armi, Campana alla fine dei suoi viaggi senza una vera meta trova solamente la follia.

E se Rimbaud aveva fatto una scelta, Campana non scelse ma fu sopraffatto dagli eventi che attraversarono la sua vita diventandone una vittima: senza però mai disertare la poesia, come, differentemente, aveva fatto il poeta francese. Campana, fino al suo internamento a Castel Pulci, lotterà per la sua poesia e per una vita che non era mai riuscita a donargli nulla in termini di serenità e pace; e anche la strada dell'amore, il suo incontro con Sibilla Aleramo, si trasformerà in una sconfitta.

Come scrive Carlo Bo nel saggio "La nuova poesia: Storia della letteratura italiana - il Novecento" (Garzanti, 2001):

"... il destino così doloroso di Dino Campana risponde precisamente ad un problema sollevato dal giovane Victor Hugo, verso il 1834. La domanda di questo allora quasi sconosciuto Hugo era: "Jusqu'à quel point le chant appartient à la voix, et la poésie au poète?". Domanda di una inesauribile novità e contro cui nulla hanno potuto le innumerevoli esperienze poetiche in più di un secolo, anzi direi che rimane confermata dalle maggiori audacie degli esempi più usati: l'autorizzano Baudelaire, Rimbaud e la storia dei surrealisti. Noi sappiamo i nomi che mancano, quello di Dino Campana va fatto senza timore".

[modifica] L' "omaggio" di Eugenio Montale

Eugenio Montale fu tra i primi estimatori ufficiali, il più autorevole ad oggi, delle composizioni di Dino Campana, tanto da dedicargli una poesia o meglio un omaggio a chi meglio di lui aveva saputo piegare le parole fino a renderle ancora più oscure.

Già nel settembre-ottobre del 1942 era uscito su "L'Italia che scrive" un saggio di Montale dal titolo "Sulla poesia di Dino Campana".

Sebbene i canti di Dino Campana affondano ben oltre il simbolismo francese, fatto di audaci freddi e monotoni alessandrini, direttamente nelle radici della nostra terra toscana, Campana guarda al trecento dantesco, al Guido Cavalcanti al Dante della commedia fino ad arrivare ai canti del Foscolo (Giacomo Leopardi ancora non era stato molto diffuso), ed è toccante l'allusione dantesca con cui Eugenio Montale chiude questa struggente lirica di stampo prettamente biografico (di Dino Campana si evitava di citare per motivi piccoli borghesi la sua vita e i suoi amori travagliati nonché il suo pacifismo antinterventista) e proprio per questo ancor più provocatoria: "fino a quando riverso a terra cadde!".

Per riscoprire la raccolta dei "Canti Orfici" bisogna aspettare gli anni settanta in Italia (paradossalmente quando entra in letteratura la psicologia e lo studio delle patologie che hanno accompagnato i nostri più grandi scrittori da Torquato Tasso a Dino Campana appunto) ed il contributo di Eugenio Montale fatto alla fine degli anni '40 acquista per questo ancor più il significato di un dovuto tributo alla memoria letteraria di un amico ammirato anche quale maestro precursore.

[modifica] Opere

  • Poesia e varie:
      • Canti Orfici, Marradi, 1914
      • Inediti, raccolti a cura di E. Falqui, Firenze, 1942
      • Taccuino, a cura di F. Matacotta, Fermo 1949
      • Taccuinetto faentino, a cura di D. De Robertis, prefazione di E.Falqui, Firenze, 1952
      • Fascicolo marradese, a cura di F. Ravigli, Firenze, 1952
      • Il più lungo giorno, Roma-Firenze, 1973, 2 voll. vol.I: riproduzione anastatica del manoscritto ritrovato dei "Canti orfici"; vol. II: prefazione di E. Falqui, testo critico a cura di D.Robertis
  • Epistolari:
      • Dino Campana - Sibilla Aleramo, Lettere, a cura di N. Gallo, prefazione di M.Luzi, Firenze, 1958
      • Le mie lettere sono fatte per essere bruciate, a cura di G. Cacho Miller, Milano, 1978
      • Souvenir d'un pendu. Carteggio 1910-1931, a cura di G. Cacho Miller, Napoli, 1985
      • Un viaggio chiamato amore - Lettere 1916-1918, Sibilla Aleramo, Dino Campana, a cura di Bruna Conti, Feltrinelli, 2000. Da questo carteggio è stato tratto il film Un viaggio chiamato amore (di Michele Placido, 2002) con Stefano Accorsi nel ruolo di Campana e Laura Morante nel ruolo di Sibilla Aleramo.
      • Raccolgono la parte essenziale dell'Opera campaniana a prescindere da "Il più lungo giorno") i due volumi di "Opere e contributi", a cura di E. Falqui, prefazione di M. Luzi, note di D. De Robertis e S. Ramat, carteggio a cura di N. Gallo, Firenze, 1973.
  • L'edizione recente dei "Canti Orfici", con il commento di F. Ceragioli, Firenze, 1985, oltre che per il restauro del testo originario di Marradi 1914, si segnala per il tentativo (inconsueto per opere novecentesche) di un commentario perpetuo, con "cappelli" introduttivi ai singoli testi e note a piè di pagina.
  • Un'ottima bibliografia campaniana (1914-1985) è curata da A. Corsaro e M. Verderelli
  • Il ritrovamento del manoscritto de "Il più lungo giorno" tra le carte di Soffici fu annunciato sul Corriere della sera del 17 giugno 1971 e ha consentito nuove forme di indagini sul complesso degli scritti campaniani
  • Alla vita di Dino Campana è dedicato il libro La notte della cometa di Sebastiano Vassalli (1990), alla cui stesura l'autore dedicò 14 anni di ricerche e di lavoro.

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