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Azione Cattolica - Wikipedia

Azione Cattolica

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L'Azione Cattolica Italiana (abbrev. ACI) è la più ampia e diffusa tra le associazioni cattoliche laicali della Penisola.

Indice

[modifica] Storia

[modifica] L'Ottocento

Le origini dell'Azione Cattolica possono essere fatte risalire al 1867, quando Mario Fani e Giovanni Acquaderni fondano la Società della Gioventù Cattolica Italiana che, con il motto "Preghiera, Azione, Sacrificio" sintetizza la fedeltà a quattro principi fondamentali che sono la devozione alla Santa Sede, lo studio della religione, la vita secondo i principi del cristianesimo e l'esercizio della carità. La costituzione dell'associazione viene approvata nel 1868 da Papa Pio IX con il breve pontificio Dum filii Belial e nel 1874 si tenne a Venezia il primo congresso dei cattolici italiani, iniziativa da cui nacque l'Opera dei Congressi e dei Comitati cattolici in Italia.

Nel 1896 durante il XIV Congresso dei cattolici italiani viene ufficializzata la Federazione Universitari Cattolici Italiani (FUCI), idea nata nel 1894 alla fondazione del circolo universitario di Roma. Nel 1908 viene fondata l'Unione fra le Donne Cattoliche Italiane ad opera di Maria Cristina Giustiniani Bandinim con la collaborazione di Adelaide Coari e nel 1918, per iniziativa di Armida Barelli con il sostegno di Papa Benedetto XV prima e di Papa Pio XI poi, nasce all'interno dell'Unione Donne la Gioventù Femminile di Azione Cattolica.

[modifica] Il primo dopoguerra

La nascita del Partito Popolare Italiano di Don Luigi Sturzo nel primo dopoguerra impone una riorganizzazione del laicato cattolico con una migliore definizione di compiti tra Azione Cattolica, Partito Popolare e sindacato. Nel 1922 le opere degli adulti vengono raggruppate nell'Unione Uomini Cattolici, organizzata da Augusto Ciriaci e monsignor Domenico Tardini su volontà di Pio XI, il quale nel 1923 promuove nuovi statuti per l'Azione Cattolica, che viene organizzata in quattro sezioni:

Però l'attività formativa religiosa esercitata nei circoli dell'Azione Cattolica diventa motivo di scontro con il governo fascista. Quando Mussolini il 9 aprile del 1928 aveva decretato lo scioglimento di tutte le associazioni che non fossero state fasciste era stato costretto, per non compromettere la stabilità faticosa dell'edificio concordatario, a far macchina indietro e ad escludere dal divieto l'Azione Cattolica, "pupilla degli occhi" del Papa. L'Azione Cattolica, sotto la presidenza di Luigi Colombo, un milanese propenso al compromesso clerico-fascista, l'aveva parzialmente ripagato contribuendo al seppellimento della Confederazione italiana del lavoro nell'ingenua illusione che il corporativismo fascista si potesse permeare di principi cristiani grazie ai quadri e agli iscritti cattolici.

L'articolo 43 dei Concordato infine aveva riconosciuto ufficialmente l'Azione Cattolica a patto che essa svolgesse la propria attività fuori di ogni partito, alla dipendenza della Chiesa e per diffondere i principi cattolici. Era un articolo che entrambe le parti avevano accettato con molte riserve e molti sospetti, ciascuno pensando al dopo: il fascismo alla sua Opera Nazionale Balilla e all'allevamento "in batteria" delle nuove leve, come succede in tutte le dittature; la Chiesa badando al suo impegno pastorale che privilegia l'aspetto spirituale e religioso, ma non esclude l'impegno e la responsabilità sociale. Entrambe, con una dichiarata visione totalitaria delle cose, ossia guardando Mussolini al totalitarismo dello Stato e il Papa al totalitarismo dell'anima.

[modifica] Anni trenta

I nodi vennero al pettine all'inizio del 1931. L'A.C. con cinquemila sedi sparse in tutta Italia, man mano espandeva i suoi interventi al di fuori dei compiti strettamente religiosi, con iniziative sociali, attività culturali, ricreative, ecc. L'Opera Balilla dal canto suo era ormai diventata un grande apparato del regime e contava più di un milione e mezzo di iscritti divisi in balilla, avanguardisti, piccole italiane e giovani italiane. L'A.C. riuniva gli universitari nella FUCI, il fascismo nei GUF. Nel giuramento al fascismo, i balilla scandivano la formula: «Nel nome di Dio e dell'Italia, giuro di eseguire gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze, e se necessario col mio sangue, la causa della rivoluzione fascista». Se dunque c'era qualcuno che aveva invaso il campo altrui, questi era forse Mussolini, mobilitando abusivamente Dio per cooptare i ragazzini alla fede del regime ed inculcargli l'idea della "bella morte" fascista. Ciononostante Mussolini non riusciva a "fascistizzare", come avrebbe voluto, la Chiesa. Si lamentava di certi vescovi poco amichevoli e deplorava che la Santa Sede non esprimesse piena solidarietà col fascismo in campo internazionale.

C'era la stampa cattolica (bollettini parrocchiali compresi) che non faceva il gioco del regime, ma soprattutto c'era l'Azione Cattolica nella quale Mussolini, oltre a vedere un concorrente formidabile alla sua ambizione di mettere il "distintivo" anche sulle anime, sospettava che trovassero un ben mimetizzato rifugio transfughi del Partito Popolare e i sindacalisti cattolici. Una quinta colonna, insomma, sotto l'ombrello protettivo e connivente del papato e se vogliamo, dal suo punto di vista, un po' di ragione ce l'aveva. Anche perché l'A.C. aveva preso a distinguere la politica di partito (interdetta dal Concordato) e la politica assoluta (cioè lavorare per il bene comune). Così facendo, effettivamente estendeva l'arco degli interventi cattolici nella vita pubblica, con posizioni critiche verso il fascismo.

Già nel 1930, il 3 agosto, L'Avvenire d'Italia, aveva invitato l'A.C. «ad invadere tutti i settori della vita sociale». Nascono i gruppi professionali. La FUCI rischia di far ombra ai GUF. La commemorazione del quarantesimo anniversario della Rerum novarum suona critica alle corporazioni fasciste e un informatore della polizia la definisce «una manifestazione di mai represso antifascismo».

L'8 aprile Mussolini chiede alla Santa Sede che la stampa cattolica venga moderata, che l'A.C. la faccia finita colle provocazioni sindacali, che i caporioni popolari siano licenziati.

Il 21 aprile l'onorevole Mario Giuriati, in un violento discorso a Milano, rivendica l'assolutismo dello Stato, replica immediatamente il papa, con una lettera a Schuster, in cui si afferma tra l'altro che la Chiesa ha il diritto di entrare nella moralità sociale, che il fascismo erra educando i giovani alla violenza e all'aggressività e che... le gare atletiche delle ragazze sono immorali.
Il Lavoro fascista accusa l'A.C. di formare uomini «domestici e infermicci», di utilizzare i rottami del mondo sturziano, di invadere il campo delle corporazioni. Ormai la corda è tesa. Si spezza in maggio e sarà la più dura repressione fascista mai attuata nei confronti dell'Azione Cattolica. Vengono inscenate violente manifestazioni anticlericali, i giornali intransigenti del regime vomitano ingiurie, sono devastate e saccheggiate le sedi dei circoli cattolici; Il conte Dalla Torre scrive:

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«Furono sopraffazioni, spesso sanguinose, devastazioni che giunsero a sacrileghe profanazioni di crocifissi spezzati, di immagini pie sfregiate, di ritratti del papa stracciati e calpestati fra grida di "abbasso" e di "morte" all'Azione Cattolica e al sommo pontefice, e canzoni blasfeme e oscene, ed offese ai sacerdoti. Studenti e giovani cattolici, anche se gravemente aggrediti da un numero superiore di dimostranti, non si piegarono alle intimidazioni di levare i distintivi, che furono strappati solo con la violenza e dopo resistenze ripetute più volte in uno stesso giorno."»

Per tutto il mese le violenze continuano e preoccupano persino Mussolini che deve raccomandare ai prefetti un'attenta vigilanza perché non accadano incidenti che offendano il sentimento religioso popolare. Ci fu da parte vaticana un'accesa protesta e per tutta risposta Mussolini fa prudenzialmente chiudere le sedi di tutti i circoli della gioventù cattolica e tutte le federazioni universitarie. Il decreto di scioglimento è del 29 maggio 1931. Gli ultimi tre giorni del mese di maggio registrano il sequestro di tutti i circoli cattolici ad opera della polizia. In questo clima di accesa tensione (si imputa persino all'Azione Cattolica di tenere adunanze cospiratrici), ai primi di luglio esce, ma è datata 29 giugno, l'enciclica Non abbiamo bisogno che resta il documento fondamentale per definire la posizione e il giudizio del papa nei confronti di quel regime, con il quale appena due anni prima aveva firmato il Concordato. Per la prima volta infatti, abbandonando i cauti distinguo degli anni precedenti, Pio XI condanna esplicitamente il fascismo come dottrina totalitaria, definendolo «una vera e propria statolatria pagana, non meno in contrasto con i diritti naturali della famiglia che con i diritti soprannaturali della Chiesa... un programma che misconosce, combatte e perseguita l'Azione Cattolica, che è dire quanto la Chiesa e il suo Capo hanno notoriamente di più caro e prezioso». L'enciclica, inoltre, dichiara illecito il giuramento di fedeltà al duce.

Le repliche fasciste furono immediate e ancor più dure dell'enciclica. Ma le violenze cessarono e si vide che il papa aveva colto nel segno, anche perché dopo la requisitoria iniziale l'enciclica chiudeva con un finale da mano tesa pieno di fiduciose speranze. Queste speranze furono alimentate, in campo fascista, da Arnaldo Mussolini, mentre per la Chiesa tornò in scena padre Tacchi-Venturi, l'uomo dei momenti difficili (ed anche Gasparri con un biglietto personale e, non autorizzato a Mussolini).

È di questo periodo, il messaggio che, proprio per il tramite di padre Tacchi, Pio XI inviò a Mussolini e nel quale il papa asseriva senza mezzi termini di aver ormai acquisito la certezza che i programmi, affermazioni e principi fascisti erano in urto con la coscienza cattolica e dichiarava testualmente di dover «addivenire all'esplicita riprovazione di principi che sono in contrasto con la dottrina e con i diritti della Chiesa». Questa dichiarazione è tanto più rilevante in quanto è del 24 luglio, cioè successiva alla enciclica Non abbiamo bisogno. Quindi Pio XI era (sia pur lentamente) giunto alla convinzione che tra fascismo e Chiesa il matrimonio era impossibile. È di questo periodo un incontro burrascoso che l'ambasciatore ebbe con Pio XI. Interrompendo il colloquio il Papa disse: «Gli vada a dire al signor Mussolini, allora, che con i sistemi che usa e i fini che si propone mi fa schifo». Il diplomatico dichiarò che non se la sentiva di riferire un'espressione così spinta. Il pontefice si aggiustò lo zucchetto in testa (era il segnale premonitore dell'esplosione) e riprese:

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«Ah, non le piace? Questa poi è curiosa... Allora gli dica: nausea, vomito"»

Con queste premesse, pareva proprio che il Concordato dovesse andare all'aria. Viceversa, dopo undici giorni di pazienti ricuciture da parte di Tacchi-Venturi, si delineò improvvisamente un compromesso, al quale nonostante tutto entrambe le parti aspiravano. Non fu certo una soluzione eroica. Fu una soluzione realistica.

L'accordo del 2 settembre stabilì che:

  1. l'A.C. è diocesana, dipende dai vescovi che scelgono i dirigenti e mai politici ostili al regime;
  2. non ha gruppi professionali e sindacali perché si propone solo obbiettivi religiosi e forma i giovani alla spiritualità;
  3. i circoli giovanili si chiameranno "Associazioni di A.C." e si asterranno da attività atletiche e sportive.

La crisi del 1931 fece crollare per sempre l'illusione di coloro che volevano cattolicizzare il fascismo. La soluzione indebolì l'Azione Cattolica e confermò che il rapporto Chiesa-fascismo era veramente un matrimonio d'interesse in cui ciascuno guarda alla situazione patrimoniale, cercando di trarre il massimo vantaggio dall'eventuale divorzio.

Più complesso è invece il discorso su quei cattolici (e furono molti anche i preti) che non riuscirono a rendersi conto (o non vollero rendersi conto) della inconciliabilità del regime con l'insegnamento del Vangelo. Il risultato complessivo fu che, fino al 1938, l'armonia fu pressoché completa e scarse furono anche le opposizioni, limitate per lo più ai pochi guelfi, a qualche antifascista non democratico, alle fronde e ai fermenti di libertà che animavano quasi ugualmente la FUCI, e lo stesso GUF.

Indubbiamente Pio XI venne meno a sé stesso quando, l'11 febbraio 1932, nell'anniversario dei Concordato, ricevette Mussolini ed oltre a conferirgli lo "speron d'oro" si lasciò sfuggire il detto che non vedeva contrasto tra il totalitarismo fascista e quello cattolico. Il successo di Mussolini, anche nel 1931, è innegabile. Riuscì infatti a bloccare l'espansione sociale dell'A.C. a tutto vantaggio dell'Opera Balilla. Ma l'A.C., pur costretta ad una vita grama e repressa, sopravvisse, si rinforzò e poté preparare i quadri della futura DC.

[modifica] Il secondo dopoguerra

L'Azione Cattolica conosce un momento di grande espansione nel secondo dopoguerra grazie all'impegno di Papa Pio XII. I primi impegni elettorali successivi alla proclamazione della Repubblica Italiana, poi, aumentano l'impegno nel sociale dell'associazione, fino alla nascita nel 1948 dei Comitati Civici, organizzazioni collaterali all'associazione finalizzata a mobilitare le forze cattoliche per l'impegno elettorale.

Lo spirito di rinnovamento seguito al Concilio Vaticano II del 1962 porta nel 1964 alla nomina di Vittorio Bachelet a Presidente della Giunta Centrale di Azione Cattolica. In questo contesto l'Associazione, pur rimando impegnata nel sociale, torna a riscoprire le proprie origini religiose e l'impegno all'annuncio della Parola come strumento di trasformazione sociale. Sulla base di queste nuove prospettive, nel 1969 viene emanato un nuovo statuto secondo il quale l'Associazione viene organizzata in due Settori, uno per i giovani e uno per gli adulti, al posto dei precedenti quattro Rami (Gioventù Maschile, Gioventù Femminile, Unione Donne, Unione Uomini), mentre le Sezioni minori sono sostituite con l'unica struttura dell'Azione Cattolica dei Ragazzi (ACR).

[modifica] Settori dell'Azione Cattolica

  • L'Azione Cattolica dei Ragazzi (ACR) è un'articolazione dell'Azione Cattolica che traduce l'attenzione dell'Associazione verso i fanciulli e i ragazzi dai 6 ai 14 anni, aiutandoli ad essere protagonisti del loro cammino di fede.

[modifica] Movimenti legati all'Azione Cattolica

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

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