Battaglia di Canne
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Battaglia di Canne | |||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|
Parte Seconda guerra punica | |||||||
|
|||||||
Schieramenti | |||||||
Romani | Cartaginesi | ||||||
Comandanti | |||||||
console Gaio Terenzio Varrone e Lucio Emilio Paolo; | Annibale | ||||||
Effettivi | |||||||
80.000 Romani | ? Cartaginesi, alleati Numidici ed Iberici, mercenari Galli | ||||||
Perdite | |||||||
Romani 50.000 | Galli 5.000 |
Seconda guerra punica |
---|
Ticino – Trebbia – Lago Trasimeno – Canne – 1a Nola – 2a Nola – 3a Nola – 1a Capua – Silaro – 1a Erdonia – Baetis superiore – 2a Capua – 2a Erdonia – Numistro – Ascoli – Baecula – Grumento – Metauro – Ilipa – Crotone – Bagbrades – Zama |
La Battaglia di Canne fu più la grande battaglia della seconda guerra punica, combattuta tra Romani e Cartaginesi. Si svolse il 2 agosto del 216 a.C. con la partecipazione di 80.000 Romani, suddivisi in 8 legioni. Il luogo della battaglia è controverso: sebbene la gran parte degli storici lo identificano con Canne, in Puglia, nei pressi del fiume Ofanto, alcuni studiosi - sulla base dei documenti storici e dei rilevamenti archeologici - sostengono sia da identificarsi più a nord, sulla riva destra del fiume Fortore. Ad ogni modo la battaglia rappresenta uno dei migliori esempi di accerchiamento tattico completo della storia militare. In questa battaglia, vinta dai Cartaginesi comandati da Annibale, perirono 50.000 Romani, tra i quali lo stesso console Lucio Emilio Paolo, e la maggior parte di quelli che sopravvissero, quasi tutti feriti, furono fatti prigionieri. Solo alcuni, rimasti di guardia all'accampamento, fuggirono nella città di Canosa. Annibale perse solo 5.000 uomini, per la maggior parte Galli.
[modifica] Le fasi della battaglia
I Romani, quel giorno, erano comandati dal console Gaio Terenzio Varrone che li schierò a battaglia nonostante il parere contrario dell'altro console, Lucio Emilio Paolo. Annibale pose al centro dello schieramento i contingenti degli alleati Galli ed Iberici, disponendoli a formare un arco proteso in avanti. Lo scopo di questa particolare disposizione era quello di rendere meno compatta la massa d'urto dei Galli, favorendo così i Romani nello scontro diretto per poi farli cadere in un'imboscata.
I Romani si erano disposti in uno schieramento molto compatto, costretti a questo anche dalla natura del terreno, con appena un chilometro e mezzo di fronte. Ciò pose le basi per la vittoria di Annibale limitando la loro mobilità. Alle ali stava la cavalleria, a nord-ovest quella romana (2.400 cavalieri) e a sud-est quella alleata (3.600 cavalieri). Altre circostanze sfavorevoli ai Romani erano una leggera pendenza del terreno in favore dei punici e il vento contrario.
La disposizione delle truppe operata da Annibale prevedeva che i Romani avrebbero tentato di sfondare il centro, tenuto da 19.000 tra Galli ed Iberici, approfittando della schiacciante supremazia numerica (55.000 legionari).
Come Annibale aveva previsto, i Galli presto dovettero soccombere e il centro iniziò a cedere. Ma, nel frattempo, la sconfitta romana si stava consumando sulle ali. Annibale, infatti, aveva disposto le sue truppe di cavalleria in una formazione asimmetrica: un'ala (a sud-est) di cavalleria numida di 3.600 unità con compiti di contenimento; l'altra, a nord-ovest di cavalleria pesante di 6.500 cavalieri con compiti di sfondamento, creando così una netta supremazia numerica e tattica sul fianco ovest, dove tra l'altro la cavalleria romana era pressata tra il fiume e le truppe romane in avanzata.
La cavalleria pesante di Annibale compì tre cariche: con la prima distrusse la cavalleria romana sull'ala ovest, convergendo poi sulla cavalleria alleata sull'ala est e distruggendola; infine, dopo essersi riunita alla cavalleria numida, chiudendo la tenaglia con un attacco alle spalle della massa della fanteria romana.Vale la pena di dire,che prima dell'inizio della battaglia un contingente di cavalleria numida,che contava all' incirca 300 uomini,fece finta di arrendersi ai legionari romani (sotto ordine del medesimo Annibale) per farsi condurre nelle retrovie come prigionieri.Quando la battaglia raggiunse l'apice,gli stessi "prigionieri",approfittando dello sgomento per tirare fuori dalle vesti le spade corte fino ad allora celate ai romani, cominciarono a menar strage tra le ultime file fino all'arrivo della cavalleria.
Contemporaneamente, la fanteria d'elite africana-che era come descrive lo storico Livio nell'Ab urbe condita, equipaggiata con armi ed armature romane requisite dai mercenari dopo le battaglie del Trebbia e del Trasimeno-si trovava ai due lati estremi dello schieramento di fanteria cartaginese.Quasi senza sforzo riuscì ad operare un cambio di fronte che la portò a chiudere i lati dello schieramento romano completando così l'accerchiamento.
Fu un massacro. Come riferì lo storico Livio i Cartaginesi si fermarono solo quando furono stanchi di uccidere.
Era dai tempi della Battaglia del fiume Allia , che precedette il sacco di Roma da parte dei Galli di Brenno nel 386 a.C. che un esercito romano non subiva una disfatta tanto catastrofica.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni